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Recesso e Risoluzione

19 marzo 2024

Recesso e risoluzione: quale differenza tra i due istituti applicabili in caso di inadempimento di una parte? Vediamo in cosa consistono recesso e risoluzione e ci soffermiamo sulla differenza tra i due. Ci soffermiamo poi su una questione particolare: se il contratto si è già risolto di diritto è possibile recedere dallo stesso trattando la caparra?

Recesso E Risoluzione
Recesso E Risoluzione

Che cosa è il recesso per inadempimento?

Il recesso, in ambito legale, rappresenta la possibilità di una parte di sciogliersi da un contratto in caso di inadempimento dell’altra parte. È una facoltà riconosciuta per legge o per accordo tra le parti, che consente ad una di esse di recedere dall’accordo stipulato, senza incorrere in penalità o sanzioni. Un caso particolare si verifica quando è stata versata una caparra confirmatoria. Questa è una somma di denaro che una parte consegna all'altra al momento della stipula del contratto, a conferma dell'accordo concluso. La caparra confirmatoria ha una doppia funzione: da un lato, rappresenta una garanzia per la parte che la riceve, dall'altro lato, costituisce un anticipo sul prezzo dovuto. In presenza di una caparra confirmatoria, il recesso dal contratto comporta delle conseguenze economiche specifiche. Se il recesso è effettuato da chi ha versato la caparra, questa sarà trattenuta dalla controparte. Se invece è la controparte a non rispettare gli obblighi contrattuali, chi ha versato la caparra ha diritto al doppio di quanto versato.

In cosa consiste la risoluzione per inadempimento?

La risoluzione per inadempimento è un istituto giuridico che permette di porre fine a un contratto quando una delle parti non adempie alle proprie obbligazioni contrattuali. Si tratta di una facoltà riconosciuta alla parte che ha correttamente adempiuto ai propri obblighi contrattuali, e che a causa dell'inadempimento dell'altra parte, può decidere di risolvere il contratto. La risoluzione per inadempimento, oltre a liberare le parti dagli obblighi derivanti dal contratto, dà anche diritto alla parte adempiente di chiedere il risarcimento dei danni subiti a causa dell'inadempimento dell'altra parte. Questi danni devono essere dimostrati dalla parte che li richiede, salvo il caso in cui sia stata pattuita una penale, cioè una somma di denaro che la parte inadempiente dovrà versare in caso di mancato adempimento, senza necessità di dimostrare l'effettivo danno subito. La presenza di una clausola penale, quindi, facilita la dimostrazione del danno subito dalla parte adempiente in caso di inadempimento della controparte.

Recesso e risoluzione: quale differenza?

Recesso e risoluzione sono due rimedi giuridici che permettono di sciogliersi da un contratto in presenza di un inadempimento della controparte, e entrambi possono essere utilizzati quando è prevista una caparra confirmatoria. Tuttavia, presentano delle differenze significative. Il recesso, come abbiamo visto, consente alla parte adempiente di sciogliersi dal contratto trattenendo (o ricevendo il doppio) della caparra versata, forfettizzando in tal modo il danno subito. La risoluzione, invece, permette di sciogliersi dal contratto e di chiedere il risarcimento del danno effettivamente subito. Quindi, la principale differenza tra i due istituti è che mentre il recesso forfettizza il danno, la risoluzione impone la prova dello stesso. Di solito, è conveniente optare per la risoluzione se si ritiene di poter provare il danno subito (anche grazie alla presenza di una penale) e se questo è maggiore della caparra versata. Inoltre, salvo non ci sia una clausola contrattuale specifica, se si sceglie la risoluzione, chi ha pagato la caparra ha diritto alla restituzione della stessa. Pertanto, può essere opportuno pattuire una clausola che permetta a chi sceglie di risolvere il contratto di trattenere la caparra in attesa della sentenza sulla richiesta dei danni. In sintesi, la scelta tra recesso e risoluzione dipende dalla situazione specifica e dalla capacità di dimostrare il danno subito. Sta alla parte adempiente valutare quale rimedio sia più conveniente utilizzare.

Si può recedere dal contratto e trattenere la caparra se il contratto è già risolto?

Spesso si nota confusione nell'esercizio dei rimedi attinenti tali istituti di recesso e risoluzione del contratto. Talvolta -forse erroneamente- i contratti prevedono contemporaneamente il versamento di una caparra, che consente di recedere, e la fissazione di un termine essenziale oppure la pattuizione di una clausola risolutiva espressa.

Recesso e risoluzione: quale differenza? Il tema riguarda tutte le ipotesi in cui la risoluzione possa avvenire di diritto: come conseguenza della diffida ad adempiere in cui si manifesti la volontà di considerare il contratto risolto; come conseguenza della scadenza di un termine essenziale; o, ancora, nell'ipotesi in cui la parte si avvalga della clausola risolutiva espressa.
In tutti questi casi la risoluzione del contratto avviene stragiudizialmente, per cui astrattamente si potrebbe dubitare della possibilità di esercitare il recesso.

Differenza tra Recesso e Risoluzione: orientamenti risalenti e le Sezioni Unite della Cassazione.

In passato Cass. 10 febbraio 2003, n. 1952 (peraltro in una causa seguita dal nostro) aveva indicato, in una controversia in cui l'attore aveva in un primo momento agito con la risoluzione e poi modificato la domanda in recesso (con rito vecchio, quando era possibile), che "rientra nell’autonomia privata la facoltà di rinunciare agli effetti della risoluzione del contratto per inadempimento".
Dunque, da tale profilo, il fatto che si sia verificata la risoluzione del contratto non sembrerebbe d'ostacolo alla possibilità di esercitare il recesso essendo possibile, in luogo di agire per il risarcimento del danno, rinunciare alla risoluzione e esercitare il recesso trattenendo la caparra (o richiedendo il doppio).
Ma si tratta, in realtà, di un orientamento superato giacché le Sezioni Unite, sempre in merito al rapporto tra il recesso e il contratto già risolto, hanno poi indicato che "la rinuncia all'effetto risolutorio da parte del contraente non adempiente non può ritenersi in alcun modo ammissibile, trattandosi di effetto sottratto, per evidente voluntas legis, alla libera disponibilità del contraente stesso" (Cass. Sez. Un., 14 gennaio 2009. n. 553).

Recesso e Risoluzione: differenza e orientamenti più recenti.

Nonostante tale indicazione delle Sezioni Unite in merito a recesso e risoluzione, in recenti contenziosi si è indicato che, nonostante la risoluzione di diritto, la parte non inadempiente è libera di agire in giudizio invocando il recesso e il diritto di trattenere la caparra.
In questo senso ad esempio Cass. 6.6.2017, n. 14014 indica che “la risoluzione del contratto di diritto per una delle cause previste dagli art. 1454, 1455 e 1457 c.c., non preclude alla parte adempiente, nel caso in cui sia stata contrattualmente prevista una caparra confirmatoria, l'esercizio della facoltà di recesso ai sensi dell'art. 1385 c.c. per ottenere, invece del risarcimento del danno, la ritenzione della caparra o la restituzione del suo doppio, poiché dette domande hanno una minore ampiezza rispetto a quella di risoluzione e possono perciò essere proposte anche nel caso in cui si sia verificata di diritto la risoluzione stessa”.
In modo analogo Cass 3.11.2017, n. 26206 ha statuito che “in tema di contratto preliminare cui acceda il versamento di una caparra confirmatoria, la parte adempiente che si sia avvalsa della facoltà di provocarne la risoluzione mediante diffida ad adempiere, ai sensi dell'art. 1454 c.c., può agire in giudizio esercitando il diritto di recesso ex art. 1385, 2º comma, c.c., e in tal caso, ove abbia ricevuto la caparra, ha diritto di ritenerla definitivamente mentre, ove l'abbia versata, ha diritto di ricevere la restituzione del doppio di essa, con esclusione del diritto al risarcimento del danno cagionato dall'inadempimento che ha giustificato il recesso”.
In realtà sembra esserci una certa contraddizione tra la posizione delle Sezioni Unite e quelle delle più recenti sentenze ora richiamate sul rapporto tra recesso e risoluzione: se dal profilo pratico sembra ragionevole consentire la scelta alla parte quando agisce, dal profilo giuridico resta comunque la difficoltà di consentire un rimedio (il recesso) che porta allo sciglimento del contratto, che però è già privo di effetti per l'intervenuta risoluzione.
di Marco Ticozzi
Studio Legale Avvocati Mestre Venezia Treviso e Vicenza

Marco Ticozzi Avvocato Venezia

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