Mediazione obbligatoria
Mediazione obbligatoria. In questo articolo approfondiamo le
questioni connesse con la mediazione obbligatoria.
Anzitutto, quali solo le materie per le quali la mediazione
è appunto obbligatoria?
Come opera tale obbligatorietà quando ci si trovi in
procedimenti come l’ingiunzione e la relativa opposizione a decreto ingiuntivo, la convalida di
licenza o sfratto e la relativa opposizione oppure, ancora, in procedimenti
possessori? Approfondiamo queste ipotesi e verifichiamo quando occorre
procedere alla mediazione obbligatoria in queste materie e chi sia il soggetto
onerato.
Infine, verifichiamo cosa significhi che tale mediazione obbligatoria
è una condizione di procedibilità dell’azione intrapresa.

Mediazione obbligatoria: materie
La mediazione obbligatoria è un istituto di risoluzione
delle controversie alternativo alla tutela giurisdizionale, ed in quanto tale
rientrante nelle Alternative Dispute Resolution c.d. ADR, in forza del quale le
parti si rivolgono ad un soggetto terzo, detto mediatore, affinché le coadiuvi
nella ricerca di un accordo, o eventualmente formuli egli stesso una proposta
di accordo.
Ad oggi, la disciplina della mediazione obbligatoria è contenuta nell’art.5, comma 1-bis, d.lgs.28/2010, in forza della quale la procedura mediativa costituisce condizione di procedibilità per una serie di controversie afferenti questioni:
- di condomino;
- di locazione;
- di comodato;
- di affitto di azienda;
- di diritti reali;
- di divisioni;
- di successioni ereditarie;
- di patti di famiglia;
- di risarcimento dei danni da responsabilità medica e sanitaria;
- responsabilità da diffamazione a mezzo stampa;
- di contratti assicurativi, bancari
e finanziari.
Vista la vastità di materie oggetto di mediazione
obbligatoria sorge spontaneo chiedersi se si tratti di un’elencazione
esemplificativa o tassativa, questione sulla quale dottrina e giurisprudenza
sono da sempre unanimi nel propendere per la seconda soluzione, con la
conseguenza che la disciplina della mediazione obbligatoria non è suscettibile
di estensione o applicazione analogica[1]. Soluzione
condivisibile posto che la mediazione obbligatoria è un’ipotesi di
giurisdizione condizionata che, limitando il diritto delle parti di agire in
giudizio costituisce una deroga ai principi del nostro ordinamento, ed in
quanto tale deve essere limitata alle fattispecie espressamente individuate dal
legislatore.
Mediazione obbligatoria: emergenza covid-19
In seguito all’emergenza sanitaria per la pandemia da
Covid-19 il legislatore, in sede di conversione in legge del d.l. 28/2020 ha
integrato l’art.3 del d.l. 6/2020[2] con il comma 6-ter, con
il quale ha introdotto un’ulteriore ipotesi di mediazione obbligatoria
riguardante tutte le controversie aventi ad oggetto un inadempimento derivante
dall’emergenza sanitaria.
Posto che la norma non elenca tassativamente le controversie
soggette alla mediazione obbligatoria è necessario individuarle in via
interpretativa. La dottrina ritiene dunque che la mediazione obbligatoria sia
oggi applicabile anche alle controversie derivanti da risoluzione del contratto
per inadempimento del debitore, inesatto o tardivo adempimento e sopravvenuta
impossibilità della prestazione per eccessiva onerosità.
Sono assoggettate a mediazione obbligatoria anche le
controversie consequenziali all’esercizio del diritto di recesso, nonché le
controversie per il risarcimento del danno da inadempimento del contratto o
tardivo adempimento, ed in generale tutti i casi in cui l’inadempimento, totale
o parziale del rapporto contrattuale, è diretta conseguenza del rispetto delle
misure di contenimento della pandemia.
La scelta del legislatore di estendere l’applicazione della
mediazione obbligatoria anche a queste materie è apprezzabile, in primo luogo
perché queste tipologie di controversie sono accomunate dal fatto che
riguardano rapporti ad elevata conflittualità, nei quali l’utilizzo della
mediazione obbligatoria ha il pregio di evitare che le parti inaspriscano le
proprie posizioni, mantenendo un rapporto amichevole e pacifico anche una volta
completata la mediazione obbligatoria.
In secondo luogo perché, in un contesto di conclamato
sovraccarico della giustizia civile, ulteriormente aggravato dai ritardi
causati dalla sospensione dell’attività giudiziaria imposta dalla pandemia,
l’unico modo per garantire l’effettività della tutela giurisdizionale senza
appesantirla ulteriormente era quello di creare una condizione di procedibilità
che fungesse da filtro, deviando il contenzioso verso forme di risoluzione delle
controversie che operassero nell’autonomina negoziale delle parti, quali la
mediazione obbligatoria.
Mediazione obbligatoria: materie per le quali l’obbligo è escluso parzialmente (ingiunzione e opposizione a decreto ingiuntivo, convalida di licenza o sfratto, procedimenti possessori)
Il legislatore, oltre a prevedere un nutrito numero di controversie
rispetto alle quali la mediazione è condizione di procedibilità, ha previsto
una serie di materie per le quali la mediazione obbligatoria è esclusa.
Rispetto a queste materie è possibile operare una distinzione tra esclusione
radicale ed eventuale, dove quest’ultima è una conseguenza della natura
speciale di alcuni procedimenti regolati dal libro IV del c.p.c., che possono dipanarsi
secondo un andamento bifasico.
Il primo procedimento oggetto di esclusione eventuale è il procedimento
per ingiunzione, inclusa l’opposizione, rispetto al quale la legge esenta le
parti dalla mediazione obbligatoria fino “alla pronuncia sulle istanze di
concessione e sospensione della provvisoria esecuzione”, con la conseguenza che
la mediazione obbligatoria andrà instaurata endoprocessualmente, su richiesta
delle parti, dopo che il giudice avrà emesso il provvedimento con cui decide
sull’istanza di provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo ex art.648 c.p.c.,
ovvero il provvedimento con cui decide sulla sospensione dell’esecuzione
provvisoria del decreto ex art.649 c.p.c.
Questa peculiare disciplina è dovuta alla struttura del
procedimento di ingiunzione che, nella fase iniziale, permette di ottenere un provvedimento
inaudita altera parte che, stante l’assenza di contraddittorio, è
inconciliabile con la procedura di mediazione obbligatoria, il cui prerequisito
è la presenza delle parti[3]. Da questa premessa
deriva che la mediazione obbligatoria potrà innestarsi nel procedimento di
ingiunzione solo quando il contraddittorio tra le parti sarà effettivo, cioè
quando a fronte dell’insuccesso della fase sommaria viene introdotto, con
l’opposizione, un processo ordinario di cognizione avente ad oggetto l’accertamento
del rapporto creditizio.
Appurato che la mediazione obbligatoria può avere luogo solo
nel momento in cui entrambe le parti sono presenti, è opportuno chiedersi quale
delle due sia onerata di attivare il procedimento di mediazione obbligatoria,
questione sulla quale si sono sviluppati due orientamenti giurisprudenziali.
La giurisprudenza maggioritaria ritiene che l’onere gravi in
capo al debitore opponente in quanto la ratio della mediazione obbligatoria è
di diminuire il contenzioso e, posto che è l’opponente a voler percorrere la
lunga via del processo, è su quest’ultimo che grava l’onere di attivare la
mediazione obbligatoria e, qualora non si attivi, il decreto ingiuntivo
consoliderà i propri effetti ex art.653 c.p.c.[4].
Altra parte della giurisprudenza ritiene che l’onere di
instaurare la mediazione obbligatoria gravi invece sul creditore opposto, in
quanto nei giudizi monitori l’opposizione dà luogo ad un ordinario giudizio di
cognizione nell’ambito del quale il giudice deve statuire sulla pretesa
originariamente fatta valere con la domanda di ingiunzione, pertanto il
giudizio non verterà sulla legittimità dell’ingiunzione, bensì sulla domanda
originariamente proposta dal creditore, con la conseguenza che l’attore
sostanziale sarà il creditore e non il debitore[5]. Questo orientamento,
individuando l’onere di attivare la mediazione obbligatoria in capo all’opposto
ritiene che, in caso di mancata attivazione, la conseguenza sia la caducazione
del decreto ingiuntivo, con conseguente onere del creditore di riattivarsi per
richiedere la tutela del proprio credito.
Quest’ultimo orientamento è stato condiviso anche dalla
Corte di Cassazione a Sezioni Unite[6], che ha enunciato il
principio di diritto in forza del quale, nelle controversie per le quali è
prevista la mediazione obbligatoria ed i cui giudizi vengono introdotti con
decreto ingiuntivo, instaurato il giudizio di opposizione e decise le istanze
di concessione o sospensione della provvisoria esecutività del decreto, il
soggetto onerato di attivare la mediazione obbligatoria è la parte opposta, con
la conseguenza che in caso di inerzia del soggetto onerato alla pronuncia di
improcedibilità seguirà la revoca del decreto ingiuntivo.
Le Sezioni Unite sono giunte a questa considerazione sulla
base di tre argomenti: il primo è letterale e fa riferimento ad alcune
disposizioni del d.lgs.28/2010, come l’art.4 comma 2, l’art. 5 comma 1-bis e
comma 6 che, sebbene non si riferiscano espressamente alla questione in esame,
prevedono implicitamente che l’onere di promuovere la mediazione gravi sul
creditore.
Il secondo argomento si basa sulla struttura del
procedimento di opposizione nel quale le parti riprendono le posizioni
processuali originarie, posto che l’opposizione a decreto ingiuntivo ha natura
di giudizio a cognizione piena e non di semplice controllo di legittimità del
decreto ingiuntivo.
Il terzo argomento si fonda su una interpretazione
costituzionalmente orientata della questione in quanto la Suprema Corte ritiene
che la soluzione prospettata sia maggiormente in linea con i principi
costituzionali alla luce del fatto che, la soluzione che pone l’iniziativa in
capo al debitore opposto è maggiormente rispettosa del principio di efficienza
e ragionevole durata del processo, mentre l’orientamento che pone l’iniziativa
in capo all’opponente è maggiormente rispettosa del diritto di difesa il quale,
in un bilanciamento di interessi, assume una posizione preminente che legittima
una compressione del diritto di efficienza e ragionevole durata del processo.
Infine, la Corte ritiene eccessivo che, a causa dell’inerzia
dell’opponente (se lo si considera il soggetto onerato di attivare la mediazione
obbligatoria) il decreto ingiuntivo diventi irrevocabile.
Il secondo procedimento che rientra tra le esclusioni
parziali è il procedimento per convalida di licenza o sfratto rispetto al quale
il legislatore ha previso che solo istaurato il procedimento di opposizione e
disposto il mutamento del rito, da procedimento sommario a processo di merito,
la controversia possa essere oggetto di composizione mediante mediazione
obbligatoria.
La scelta del legislatore è dettata dalle stesse
argomentazioni già illustrate in tema di procedimento di ingiunzione, posto che
anche il procedimento in esame si articola in una prima fase senza
contraddittorio, seguita da una seconda fase eventuale con contraddittorio
pieno.
Appurato che la mediazione obbligatoria può avere luogo solo
alla presenza di entrambe le parti ci si chiede quale sia il soggetto onerato
di attivare la procedura: la giurisprudenza maggioritaria di merito tende ad
individuare questo soggetto nel locatore[7], mentre un indirizzo
minoritario dei giudici di merito ritiene che il soggetto onerato di attivare
la mediazione obbligatoria sia il conduttore[8].
Quanto alle conseguenze in caso di declaratoria di
improcedibilità consequenziale alla mancata attivazione della mediazione
obbligatoria si ritiene che l’ordinanza di rilascio non verrà travolta
dall’improcedibilità in quanto essa integra un provvedimento anticipatorio di
condanna sottoposto alla condizione risolutiva della sentenza di merito
negativa[9].
Infine, l’ultima categoria di procedimenti esclusi
parzialmente dalla mediazione obbligatoria è costituita dai procedimenti
possessori, rispetto ai quali la procedura di mediazione obbligatoria può avere
inizio solo in seguito alla pronuncia del provvedimento ex art.703 comma 3
c.p.c.
Mediazione obbligatoria: condizione di procedibilità
Come affermato in precedenza, l’art.5 comma 1-bis del
d.lgs.28/2010 prevede che, per le materie in esso indicate, la mediazione costituisce
condizione di procedibilità della domanda giudiziale con la conseguenza che, se
la mediazione obbligatoria non viene iniziata o terminata, il giudizio già
instaurato non potrà concludersi con una pronuncia di merito.
La ragione per cui il legislatore ha subordinato il giudizio
allo svolgimento della mediazione obbligatoria è che si vuole incentivare la
definizione della controversia utilizzando strumenti propri dell’autonomina
negoziale privata, deflazionando il contenzioso ed incentivando l’utilizzo di
forme di giustizia alternativa.
Nella mediazione obbligatoria la condizione di procedibilità
fa sì che la parte che vuole ottenere tutela giudiziale di un proprio diritto
debba prima intraprendere la via negoziale e poi, solo in subordine
all’insuccesso della mediazione obbligatoria, adire l’autorità giudiziaria.
Tuttavia, se questa è la situazione fisiologica, altra è quella patologica, che
si verifica quando la parte attrice, ignorando consapevolmente o
inconsapevolmente la condizione di procedibilità, si rivolge all’autorità
giudiziaria senza aver ancora intrapreso o concluso la mediazione obbligatoria,
così che l’autorità giudiziaria non potrà statuire sulla domanda attorea
essendo assoggettata a condizione di improcedibilità.
Posto che le ipotesi patologiche sono tutt’altro che infrequenti,
il legislatore ha ritenuto opportuno introdurre due meccanismi di sanatoria: il
primo opera quando la mediazione obbligatoria non è ancora stata iniziata nel
momento in cui viene instaurato il giudizio, il secondo opera quando la
mediazione obbligatoria non è ancora stata conclusa nel momento in cui è stata
presentata la domanda giudiziale. In quest’ultimo caso il giudice dovrà
limitarsi a fissare la data della successiva udienza dopo tre mesi, concedendo
così alle parti un lasso di tempo idoneo al raggiungimento dell’accordo.
Nella prima ipotesi, invece, in cui la mediazione
obbligatoria non è ancora stata iniziata nel momento in cui viene instaurato il
giudizio, il giudice dovrà fissare la data dell’udienza successiva dopo tre
mesi e contestualmente assegnare alle parti un termine di quindici giorni entro
il quale dovranno presentare la domanda di mediazione obbligatoria.
Quanto ai soggetti che possono far valere l’improcedibilità,
si ritiene che questa possa essere eccepita dal convenuto nell’atto costitutivo
o nel corso della prima udienza, oppure rilevata d’ufficio dal giudice sempre
entro la prima udienza[10].
Il termine per rilevare l’improcedibilità non deve essere
inteso in modo eccessivamente rigido, potendosi considerare tempestivi anche
quei rilievi effettuati nell’udienza, successiva a quella di comparizione,
volta all’espletamento di incombenze preliminari quali l’integrazione del
litisconsorzio necessario o il rinnovo della citazione affetta da nullità,
nonché nell’udienza differita per la chiamata in causa di un terzo.
Se da un lato è possibile interpretare estensivamente il
concetto di prima udienza, dall’altro è pacifico che terminata la fase
processuale iniziale diviene impossibile rilevare il vizio di improcedibilità,
con la conseguenza che l’omesso rilievo tempestivo non determina alcuna
conseguenza sul processo[11]. Da ciò discende che
l’eventuale improcedibilità della domanda non potrà essere rilevata dal giudice
d’appello, il quale, tuttavia, può sempre disporre l’esperimento della
mediazione, sebbene si tratti di una sua scelta discrezionale non sussistendo
un obbligo in tal senso nemmeno nelle materie di cui all’art.5, comma 1-bis,
d.lgs.28/2010, posto che, in grado d’appello la mediazione costituisce
condizione di procedibilità della domanda solo quando è disposta dal giudice ai
sensi dell’art.5, comma 2, d.lgs.28/2010[12].
[1]
Trib. Varese, sez.I, 9 aprile 2010, con nota di R. MASONI, “Le controversie
suscettibili di mediazione civile ai sensi del d.lg. n.28 del 2010 (e quelle
escluse)”, in Giur. merito, 2010, pag.2154; Trib. Pavia, sez.I, 27
ottobre 2011, in www.dejure.it esclude la mediazione obbligatoria per i giudizi
aventi ad oggetto un’azione revocatoria ordinaria ex art.2901 c.c.; Trib.
Cassino, 11 novembre 2011, in www.dejure.it esclude la mediazione obbligatoria
per una controversia relativa al risarcimento danni derivante da diffamazione
non a mezzo stampa; Trib. Bergamo, sez.III, 23 giugno 2021.
[2]
Il d.l. 23 febbraio 2020 n.6 è stato convertito, con modificazioni, dalla l. 5
marzo 2020 n.13.
[3]
Trib. Firenze, sez.III, 30 ottobre 2014, n.3902, in www.dejure.it.
[4]Cass.
civ., sez. III, 3 dicembre 2015, n.24629, in www.dejure.it; in senso conforme
Trib. Rimini, sez. unica, 5 agosto 2014, in www.paleggiditalia.it; Trib.
Firenze, sez. III, 30 ottobre 2014, in www.dejure.it; Trib. Firenze, sez. III,
30 ottobre 2014 con nota di E. BENIGNI, “Mediazione – incombe sull’opponente
ex art.645 c.p.c. l’onere di proporre l’istanza di mediazione”, in Giur.
it., 2015, pag.1123; Trib. Termini Imerese, 15 novembre 2017, n.1175, in www.ilprocessocivile.it;
Trib. Torino, sez.I, 4 ottobre 2017, n.4613, in www.ilprocessocivile.it; Trib.
Bologna, sez. II, 19 luglio 2017 con nota di G. DI MARCO, S. CAMPIDELLI, “Chi
è onerato di promuovere la mediazione delegata nel processo d’opposizione a
decreto ingiuntivo?”, in www.dejure.it; Trib. Bologna, sez.II, 8 marzo
2018, n.769, in www.dejure.it; Trib. Napoli Nord, sez.III, 28 giugno 2018, in www.dejure.it;
Trib. Roma, sez.VI, 28 dicembre 2018, n.24835, in www.dejure.it;
R. MASONI, La
mediazione nel processo; con un commetto alla negoziazione assistita di cui al
D.L. n.132/2014, Giuffrè, Milano, 2015, pag.124.
[5]
Cass. civ., sez.III, 3 dicembre 2015, n.24629 con commento di G. MINELLI, “Permane
il contrasto su chi sia onerato tra proponente ed opposto ad introdurre il
tentativo obbligatori di mediazione – il commento”, in Società, 2016, pag.1145; in senso conforme
Trib. Varese, 18 maggio 2012, in www.ilcaso.it; Trib. Ferrara, 7 gennaio 2015,
in Foro it., 2015, pag.3732; Trib. Cuneo, 1 ottobre 2015, in www.dejure.it;
Trib. Firenze, sez. spec. impresa, 16 febbraio 2016;.
[6]
La Sezione Terza della Corte di Cassazione è stata investita della questione
dopo che sia il giudice di primo grado, sia il giudice d’appello,
rispettivamente Trib. Treviso, 29 dicembre 2016. n.3161, e Corte d’Appello di
Venezia, ord. 20 luglio 2017, hanno condiviso l’orientamento enunciato dalla
Corte di Cassazione nella pronuncia n.24629/2015. Poiché la Sezione Terza
riteneva fondati e condivisibili entrambi gli orientamenti il Primo Presidente
ha ritenuto opportuno rimettere la questione alle Sezioni Unite, vista la
questione di massima e particolare importanza, nonché il dissenso ancora
presente in dottrina e giurisprudenza.
La Corte di
Cassazione Sezioni Unite ha risolto il contrasto con la sent. 18 settembre
2020, n.19596.
[7]
Trib. Busto Arsizio, sez.III, 20 marzo 2018, n.546, in Arch. loc., 2018,
vol.IV, pag.396; Trib. Roma, sez.VI, 29 maggio 2019, n.11506, in www.dejure.it;
Trib. Torino, sez.VIII, 16 ottobre 2020, in www.condominioelocazione.it.
[8]
Trib. Monza, 1 dicembre 2017, n.3624, in www.dejure.it.
[9]
Trib. Bologna, sez. II, 17 novembre 2015, n.21324, in www.dejure.it; Trib.
Monza, 1 dicembre 2017, n.3624, in www.dejure.it.
[10]
Cass. civ., sez.III, 13 novembre 2018, n.29017.
[11]
Cass. civ., sez.III, 13 dicembre 2019, n.32797, in Guida al dir., 2020,
pag.40; Trib. Caltagirone, 4 agosto 2020, n. 233, in www.dejure.it .
[12]
Cass. civ., sez.III, 10 novembre 2020, n.25155; Cass. civ., sez. III, 13 maggio
2021, n.12896.