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Mediazione obbligatoria

15 marzo 2025

La mediazione obbligatoria è uno strumento sempre più centrale nella risoluzione delle controversie civili e commerciali. Con la riforma Cartabia, l’ambito di applicazione è stato ampliato e sono state introdotte importanti modifiche procedurali. Ma quali sono le materie per cui la mediazione obbligatoria è richiesta? Quali conseguenze derivano dalla mancata instaurazione o partecipazione al procedimento? In questo articolo analizziamo le materie della mediazione obbligatoria, le regole applicabili e i principali effetti sul processo civile. Vedremo inoltre come la riforma Cartabia ha inciso sulla mediazione obbligatoria, con particolare attenzione ai casi di ingiunzione, opposizione a decreto ingiuntivo, convalida di licenza o sfratto e procedimenti possessori. Approfondiremo le nuove disposizioni, chiarendo quando il ricorso alla mediazione è obbligatorio e chi è tenuto ad avviarla. L’obiettivo è fornire un quadro completo della disciplina attuale, tenendo conto delle recenti innovazioni introdotte dalla riforma Cartabia sulla mediazione obbligatoria.

Mediazione obbligatoria
Mediazione obbligatoria

Cos’è la mediazione obbligatoria?

La mediazione obbligatoria è uno strumento di risoluzione alternativa delle controversie (Alternative Dispute Resolution – ADR) che consente alle parti di tentare una conciliazione prima di rivolgersi al giudice. Si tratta di un procedimento gestito da un soggetto terzo, il mediatore, il cui compito è facilitare il dialogo tra le parti e, se necessario, formulare una proposta di accordo.

La peculiarità della mediazione obbligatoria è che, per determinate materie, il suo esperimento costituisce una condizione di procedibilità della domanda giudiziale. In altre parole, chi intende agire in giudizio deve prima avviare un tentativo di mediazione. Se questo passaggio viene omesso, il giudice non può pronunciarsi nel merito della causa, ma assegna un termine alle parti per attivare la mediazione.

Se, entro il termine concesso (normalmente 15 giorni), la parte non avvia la procedura di mediazione, il giudice potrà dichiarare l’improcedibilità della domanda. In alcuni casi, se la mediazione è già stata avviata ma non conclusa, l’udienza viene rinviata di tre mesi per consentire il completamento del procedimento.

Il modello della mediazione obbligatoria mira a deflazionare il contenzioso, favorendo soluzioni più rapide ed economiche rispetto al giudizio ordinario. La disciplina di riferimento è contenuta nel decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, significativamente modificato dalla riforma Cartabia, che ha ampliato l’elenco delle materie per cui la mediazione è necessaria e ha introdotto nuove regole procedurali.

Mediazione obbligatoria materie: quando è richiesta a pena di improcedibilità?

La disciplina della mediazione obbligatoria è contenuta nell’art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. 28/2010, il quale individua un elenco tassativo di materie e controversie per cui la mediazione è condizione di procedibilità.

Di seguito le materie per cui il tentativo di mediazione è obbligatorio:

  • di condomino;
  • di locazione;
  • di comodato;
  • di affitto di azienda;
  • di diritti reali;
  • di divisioni;
  • di successioni ereditarie;
  • di patti di famiglia;
  • di risarcimento dei danni da responsabilità medica e sanitaria;
  • responsabilità da diffamazione a mezzo stampa;
  • di contratti assicurativi, bancari e finanziari;
  • associazione in partecipazione;
  • consorzio;
  • franchising;
  • opera;
  • rete;
  • somministrazione;
  • società di persone e subfornitura.

Le materie relative alla associazione in partecipazione, consorzio, franchising, opera, rete, somministrazione e società di persone e subfornitura sono state aggiunte dalla riforma Cartabia.

Si tratta di un elenco di ipotesi tassativo?

Vista la vastità di materie oggetto di mediazione obbligatoria sorge spontaneo chiedersi se si tratti di un’elencazione esemplificativa o tassativa, questione sulla quale dottrina e giurisprudenza sono da sempre unanimi nel propendere per la seconda soluzione, con la conseguenza che la disciplina della mediazione obbligatoria non è suscettibile di estensione o applicazione analogica

Soluzione condivisibile posto che la mediazione obbligatoria è un’ipotesi di giurisdizione condizionata che, limitando il diritto delle parti di agire in giudizio costituisce una deroga ai principi del nostro ordinamento, ed in quanto tale deve essere limitata alle fattispecie espressamente individuate dal legislatore.

Materie escluse: quando la mediazione non è obbligatoria

Il legislatore, oltre a prevedere un nutrito numero di controversie rispetto alle quali la mediazione è condizione di procedibilità, ha previsto una serie di materie per le quali la mediazione obbligatoria è esclusa. Rispetto a queste materie è possibile operare una distinzione tra esclusione radicale ed eventuale, dove quest’ultima è una conseguenza della natura speciale di alcuni procedimenti regolati dal libro IV del c.p.c., che possono dipanarsi secondo un andamento bifasico.

Il novellato art. 5 del d.lgs.28/2010 prevede che la mediazione obbligatoria sia esclusa nei seguenti casi:

  • a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l'opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione, secondo quanto previsto dall'articolo 5-bis;
  • b) nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all'articolo 667 del codice di procedura civile;
  • c) nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all'articolo 696-bis del codice di procedura civile;
  • d) nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all'articolo 703, terzo comma, del codice di procedura civile;
  • e) nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all'esecuzione forzata;
  • f) nei procedimenti in camera di consiglio;
  • g) nell'azione civile esercitata nel processo penale;
  • h) nell'azione inibitoria di cui all'articolo 37 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206.

Come anticipato, l’esclusione in alcuni casi è assoluta mentre i altri attiene alla natura bifasica del procedimento, con la previsione della mediazione obbligatoria solo nella fase successiva non cautelare o urgente.

Mediazione obbligatoria e opposizione a decreto ingiuntivo: come e quando si procede?

Il primo procedimento oggetto di esclusione eventuale è il procedimento per ingiunzione, inclusa l’opposizione, rispetto al quale la legge esenta le parti dalla mediazione obbligatoria fino “alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione”, con la conseguenza che la mediazione obbligatoria andrà instaurata endoprocessualmente, su richiesta delle parti, dopo che il giudice avrà emesso il provvedimento con cui decide sull’istanza di provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo ex art.648 c.p.c., ovvero il provvedimento con cui decide sulla sospensione dell’esecuzione provvisoria del decreto ex art.649 c.p.c.

Questa peculiare disciplina è dovuta alla struttura del procedimento di ingiunzione che, nella fase iniziale, permette di ottenere un provvedimento inaudita altera parte che, stante l’assenza di contraddittorio, è inconciliabile con la procedura di mediazione obbligatoria, il cui prerequisito è la presenza delle parti.

Da questa premessa deriva che la mediazione obbligatoria potrà innestarsi nel procedimento di ingiunzione solo quando il contraddittorio tra le parti sarà effettivo, cioè quando a fronte dell’insuccesso della fase sommaria viene introdotto, con l’opposizione, un processo ordinario di cognizione avente ad oggetto l’accertamento del rapporto creditizio.

Appurato che la mediazione obbligatoria può avere luogo solo nel momento in cui entrambe le parti sono presenti, è opportuno chiedersi quale delle due sia onerata di attivare il procedimento di mediazione obbligatoria, questione sulla quale si sono sviluppati due orientamenti giurisprudenziali.

Anticipiamo, però, che oramai la questione è superata sia dall’intervento delle Sezioni Unite e sia dalla riforma Cartabia la quale ha espressamente regolato la questione concernente il soggetto onerato di avviare la mediazione in sede di opposizione a decreto ingiuntivo.

Il nuovo art 5 bis del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, inserito dalla riforma Cartabia, stabilisce che, quando l'azione citata nell'articolo 5, comma 1, viene avviata tramite un ricorso per decreto ingiuntivo, spetta alla parte richiedente il decreto ingiuntivo presentare la domanda di mediazione obbligatoria.

Durante la prima udienza, il giudice valuta le richieste di concessione e sospensione dell'esecuzione provvisoria, se presentate, e controlla se è stato effettuato il tentativo di mediazione obbligatoria. Se non è stato fatto, il giudice fissa un'ulteriore udienza dopo il termine stabilito dall'articolo 6.

In tale udienza, se la mediazione obbligatoria non è stata intrapresa, il giudice dichiara l'improcedibilità dell'azione legale avviata tramite il ricorso per decreto ingiuntivo, revoca il decreto contestato e decide sulle spese processuali.

Quanto alla situazione pregressa alla riforma Cartabia, il risultato ora normato era stato raggiunto anche dalle Sezioni unite che avevano sopito un contrasto di giurisprudenza.

Cosa accade nel procedimento di convalida di licenza o sfratto

Il secondo procedimento che rientra tra le esclusioni parziali è il procedimento per convalida di licenza o sfratto rispetto al quale il legislatore ha previso che solo istaurato il procedimento di opposizione e disposto il mutamento del rito, da procedimento sommario a processo di merito, la controversia possa essere oggetto di composizione mediante mediazione obbligatoria.

La scelta del legislatore è dettata dalle stesse argomentazioni già illustrate in tema di procedimento di ingiunzione, posto che anche il procedimento in esame si articola in una prima fase senza contraddittorio, seguita da una seconda fase eventuale con contraddittorio pieno.

Appurato che la mediazione obbligatoria può avere luogo solo alla presenza di entrambe le parti ci si chiede quale sia il soggetto onerato di attivare la procedura: la giurisprudenza maggioritaria di merito tende ad individuare questo soggetto nel locatore, mentre un indirizzo minoritario dei giudici di merito ritiene che il soggetto onerato di attivare la mediazione obbligatoria sia il conduttore

Quanto alle conseguenze in caso di declaratoria di improcedibilità consequenziale alla mancata attivazione della mediazione obbligatoria si ritiene che l’ordinanza di rilascio non verrà travolta dall’improcedibilità in quanto essa integra un provvedimento anticipatorio di condanna sottoposto alla condizione risolutiva della sentenza di merito negativa

Infine, l’ultima categoria di procedimenti esclusi parzialmente dalla mediazione obbligatoria è costituita dai procedimenti possessori, rispetto ai quali la procedura di mediazione obbligatoria può avere inizio solo in seguito alla pronuncia del provvedimento ex art.703 comma 3 c.p.c.

Cosa significa che la Mediazione è una condizione di procedibilità per le materie indicate?

Come affermato in precedenza, l’art.5 comma 1-bis del d.lgs.28/2010 prevede che, per le materie in esso indicate, la mediazione obbligatoria costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale con la conseguenza che, se la mediazione obbligatoria non viene iniziata o terminata, il giudizio già instaurato non potrà concludersi con una pronuncia di merito.

La ragione per cui il legislatore ha subordinato il giudizio allo svolgimento della mediazione obbligatoria è che si vuole incentivare la definizione della controversia utilizzando strumenti propri dell’autonomina negoziale privata, deflazionando il contenzioso ed incentivando l’utilizzo di forme di giustizia alternativa.

Nella mediazione obbligatoria la condizione di procedibilità fa sì che la parte che vuole ottenere tutela giudiziale di un proprio diritto debba prima intraprendere la via negoziale e poi, solo in subordine all’insuccesso della mediazione obbligatoria, adire l’autorità giudiziaria. Tuttavia, se questa è la situazione fisiologica, altra è quella patologica, che si verifica quando la parte attrice, ignorando consapevolmente o inconsapevolmente la condizione di procedibilità, si rivolge all’autorità giudiziaria senza aver ancora intrapreso o concluso la mediazione obbligatoria, così che l’autorità giudiziaria non potrà statuire sulla domanda attorea essendo assoggettata a condizione di improcedibilità.

Posto che le ipotesi patologiche sono tutt’altro che infrequenti, il legislatore ha ritenuto opportuno introdurre due meccanismi di sanatoria: il primo opera quando la mediazione obbligatoria non è ancora stata iniziata nel momento in cui viene instaurato il giudizio, il secondo opera quando la mediazione obbligatoria non è ancora stata conclusa nel momento in cui è stata presentata la domanda giudiziale. In quest’ultimo caso il giudice dovrà limitarsi a fissare la data della successiva udienza dopo tre mesi, concedendo così alle parti un lasso di tempo idoneo al raggiungimento dell’accordo.

Nella prima ipotesi, invece, in cui la mediazione obbligatoria non è ancora stata iniziata nel momento in cui viene instaurato il giudizio, il giudice dovrà fissare la data dell’udienza successiva dopo tre mesi e contestualmente assegnare alle parti un termine di quindici giorni entro il quale dovranno presentare la domanda di mediazione obbligatoria.

Quanto ai soggetti che possono far valere l’improcedibilità, si ritiene che questa possa essere eccepita dal convenuto nell’atto costitutivo o nel corso della prima udienza, oppure rilevata d’ufficio dal giudice sempre entro la prima udienza.

Il termine per rilevare l’improcedibilità non deve essere inteso in modo eccessivamente rigido, potendosi considerare tempestivi anche quei rilievi effettuati nell’udienza, successiva a quella di comparizione, volta all’espletamento di incombenze preliminari quali l’integrazione del litisconsorzio necessario o il rinnovo della citazione affetta da nullità, nonché nell’udienza differita per la chiamata in causa di un terzo.

Se da un lato è possibile interpretare estensivamente il concetto di prima udienza, dall’altro è pacifico che terminata la fase processuale iniziale diviene impossibile rilevare il vizio di improcedibilità, con la conseguenza che l’omesso rilievo tempestivo non determina alcuna conseguenza sul processo.

Da ciò discende che l’eventuale improcedibilità della domanda non potrà essere rilevata dal giudice d’appello, il quale, tuttavia, può sempre disporre l’esperimento della mediazione, sebbene si tratti di una sua scelta discrezionale non sussistendo un obbligo in tal senso nemmeno nelle materie di cui all’art.5, comma 1-bis, d.lgs.28/2010, posto che, in grado d’appello la mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda solo quando è disposta dal giudice ai sensi dell’art.5, comma 2, d.lgs.28/2010

Quanto ora indicato si basava sulla disciplina preesistente alla riforma Cartabia: quest’ultima non ha nella sostanza modificato le cose ma precisato alcuni aspetti.

Mediazione Obbligatoria e riforma Cartabia: il nuovo art. 5 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 sulla condizione di procedibilità

Come detto la mediazione obbligatoria è condizione di procedibilità della causa perché la controversia non può proseguire se la mediazione non è stata fatta o non viene fatta in corso di giudizio quando richiesto dal giudice.

La riforma Cartabia sulla mediazione obbligatoria ha apportato modifiche all'art. 5 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28.

La norma nella versione attuale prevede che chi vuole avviare un'azione legale nelle materie oggetto di mediazione obbligatoria deve prima intraprendere il procedimento di mediazione.

L'improcedibilità può essere sollevata dal convenuto, con conseguente decadenza, o dal giudice entro la prima udienza.

Se il giudice verifica che la mediazione obbligatoria non è stata intrapresa o è in corso ma non conclusa, rinvia l'udienza e l'udienza successiva viene fissata dopo il termine previsto dall'articolo 6. In tale udienza, il giudice verifica se la condizione di procedibilità sia stata soddisfatta e, in caso contrario, dichiara l'improcedibilità della domanda giudiziale.

Il nuovo art. 5 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 indica anche che, quando la procedura di mediazione è obbligatoria, tale requisito si considera soddisfatto se il primo incontro con il mediatore si conclude senza raggiungere un accordo di conciliazione.

La medesima disposizione precisa che, in ogni caso, il processo di mediazione obbligatoria non impedisce l'emissione di provvedimenti d'urgenza o cautelari, né la registrazione dell'azione legale.

Sanzioni ulteriori in mancanza di partecipazione al procedimento

La riforma Cartabia sulla mediazione obbligatoria ha introdotto una norma specifica riguardo alle conseguenze legali derivanti dalla mancata partecipazione al processo di mediazione.

Chiaramente, se la parte onerata, non svolge la mediazione obbligatoria vi sarà improcedibilità della domanda.

Il nuovo art 12 bis del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 stabilisce ulteriori sanzioni e non solo per la parte onerata di avviare la mediazione obbligatoria: si tratta ora di sanzioni connesse alla mancata partecipazione alla mediazione obbligatoria che gravano su tutte le parti partecipanti.

La previsione sopra richiamata indica che, se una parte non partecipa senza giustificato motivo al primo incontro di mediazione obbligatoria, il giudice può trarre elementi probatori nel successivo giudizio ai sensi del secondo comma dell'articolo 116 del codice di procedura civile.

Quando la mediazione è un requisito di procedibilità, essendo quindi obbligatoria, il giudice obbliga la parte che non ha partecipato al primo incontro senza giustificato motivo a versare una somma doppia del contributo unificato dovuto per il giudizio all'entrata del bilancio dello Stato.

Nel caso del comma 2, su richiesta, il giudice può anche condannare la parte soccombente che non ha partecipato alla mediazione obbligatoria al pagamento di una somma a favore della controparte, determinata equitativamente e non superiore al massimo delle spese del giudizio maturate dopo la conclusione del procedimento di mediazione.

Il procedimento di mediazione obbligatoria: come si svolge e quanto dura?

La riforma Cartabia relativa alla mediazione obbligatoria ha introdotto una disposizione specifica concernente la durata del procedimento nell'art 6 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28. La durata del procedimento di mediazione non deve eccedere i tre mesi, ma può essere prolungata di altri tre mesi se le parti acconsentono per iscritto prima della scadenza iniziale.

Il termine menzionato nel primo comma inizia dalla data di presentazione della domanda di mediazione o dalla scadenza del termine stabilito dal giudice per il deposito della stessa. Anche se il giudice rimanda il caso in base all'articolo 5, comma 2, o all'articolo 5-quater, comma 1, il termine non viene sospeso durante il periodo estivo. Se è in corso un processo, le parti informano il giudice dell'estensione del termine menzionato nel primo comma.

Come si svolge il procedimento?

Al momento della presentazione della domanda di mediazione obbligatoria, il responsabile dell'organismo di mediazione assegna un mediatore e organizza il primo incontro tra le parti, che deve svolgersi tra 20 e 40 giorni dopo la presentazione della domanda, a meno che le parti non concordino diversamente. L'organismo comunica alle parti la domanda di mediazione, la nomina del mediatore, il luogo e l'ora dell'incontro, le procedure, la data del primo incontro e altre informazioni pertinenti tramite mezzi idonei per garantirne la ricezione. Se la disputa richiede competenze tecniche specifiche, l'organismo può nominare uno o più mediatori aggiuntivi.

Ricevendo la comunicazione menzionata nel primo comma, la domanda di mediazione produce gli stessi effetti di una domanda giudiziale sulla prescrizione e previene la decadenza una sola volta. A tal fine, una parte può informare l'altra parte della domanda già presentata all'organismo, mantenendo l'obbligo dell'organismo di agire secondo il primo comma.

Il procedimento si svolge informalmente presso la sede dell'organismo di mediazione o nel luogo indicato nel suo regolamento di procedura. Le parti partecipano personalmente al processo di mediazione e, per motivi giustificati, possono delegare un rappresentante informato sui fatti e con i poteri necessari per risolvere la controversia. Le entità non fisiche partecipano alla mediazione attraverso rappresentanti o delegati informati sui fatti e con i poteri necessari per risolvere la controversia. Se necessario, il mediatore chiede alle parti di dichiarare i poteri di rappresentanza e ne prende atto nel verbale.

Nei casi previsti dall'articolo 5, comma 1, e anche quando la mediazione non è obbligatoria ma è richiesta dal giudice, le parti sono assistite dai loro avvocati. Al primo incontro, il mediatore spiega la funzione e le modalità della mediazione e si impegna affinché le parti raggiungano un accordo conciliativo. Le parti e gli avvocati che li assistono collaborano in buona fede e lealmente per un confronto effettivo sulle questioni controverse. Del primo incontro viene redatto un verbale dal mediatore, firmato da tutti i partecipanti.

Il mediatore può avvalersi di esperti iscritti negli elenchi dei consulenti presso i tribunali. Il regolamento di procedura dell'organismo deve stabilire le modalità di calcolo e liquidazione dei compensi dovuti agli esperti. Al momento della nomina dell'esperto, le parti possono concordare la producibilità in giudizio della sua relazione, anche in deroga all'articolo 9. In tal caso, la relazione è valutata ai sensi dell'articolo 116, comma primo, del codice di procedura civile.

La conclusione del procedimento

La riforma Cartabia riguardante la mediazione obbligatoria introduce una norma specifica sulla conclusione del procedimento nell'art 11 bis del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28. Se le parti giungono a un accordo di conciliazione, il mediatore redige un verbale con l'accordo allegato. In caso contrario, il mediatore prende nota nel verbale e può elaborare una proposta di conciliazione da allegare. Il mediatore può formulare una proposta su richiesta concorde delle parti in qualsiasi momento del procedimento, informando sulle possibili conseguenze dell'articolo 13.

La proposta di conciliazione è redatta per iscritto e comunicata alle parti, che devono accettare o rifiutare per iscritto entro sette giorni o un termine più lungo stabilito dal mediatore. In caso di mancata risposta, la proposta è considerata rifiutata. Salvo diverso accordo, la proposta non può includere riferimenti a dichiarazioni fatte o informazioni ottenute durante il procedimento.

L'accordo di conciliazione raggiunto nell'ambito di una conciliazione anche obbligatoria deve indicare il valore relativo. Il verbale finale, contenente l'accordo se presente, è firmato dalle parti, avvocati, altri partecipanti e mediatore, che certifica l'autenticità delle firme o l'impossibilità di firmare e deposita il verbale presso la segreteria dell'organismo. Il mediatore attesta la presenza dei partecipanti e l'assenza delle parti regolarmente invitate.

Il verbale con l'accordo, se presente, è redatto in formato digitale o cartaceo, con originali per ogni partecipante e un originale per l'organismo. Su richiesta, viene rilasciata copia del verbale depositato presso la segreteria. L'organismo conserva copia degli atti per almeno tre anni dalla conclusione.

Se l'accordo prevede contratti o atti dell'articolo 2643 del codice civile, la firma dell'accordo deve essere autenticata da un pubblico ufficiale autorizzato. L'accordo può stabilire il pagamento di una somma di denaro per violazioni, inadempimenti o ritardi nel loro adempimento.

L’accordo come titolo esecutivo

La riforma Cartabia sulla mediazione obbligatoria ha introdotto una norma specifica riguardo alla validità dell'accordo di mediazione come titolo esecutivo. Il nuovo articolo 12 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, prevede un nuovo primo comma e ne aggiunge uno successivo (comma 1 bis).

Il nuovo primo comma dell'art. 12 stabilisce che se tutte le parti coinvolte nella mediazione sono rappresentate da avvocati e l'accordo è firmato sia dalle parti che dagli avvocati, anche seguendo le modalità previste dall'articolo 8-bis, esso costituisce titolo esecutivo per l'espropriazione forzata, l'esecuzione per consegna e rilascio, l'esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché per l'iscrizione di ipoteca giudiziale. Gli avvocati attestano e certificano la conformità dell'accordo alle norme imperative e all'ordine pubblico. L'accordo citato nel periodo precedente deve essere trascritto integralmente nel precetto, come stabilito dall'articolo 480, comma secondo, del codice di procedura civile.

Il nuovo comma 1 bis dell'art. 12 stabilisce che, in tutti gli altri casi, l'accordo allegato al verbale viene omologato, su richiesta di una parte, con decreto del presidente del tribunale, previa verifica della regolarità formale e del rispetto delle norme imperative e dell'ordine pubblico.

Altre novità della riforma Cartabia sulla Mediazione obbligatoria

La recente riforma Cartabia ha previsto ulteriori novità.

Ecco le principali per punti:

Legittimazione dell’amministratore di condominio: La riforma Cartabia ha introdotto una norma specifica riguardo alla legittimazione dell'amministratore di condominio nella mediazione obbligatoria. L'art 5 ter del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 stabilisce che l'amministratore può avviare, aderire e partecipare alla mediazione obbligatoria. L'accordo di conciliazione o la proposta del mediatore devono essere approvati dall'assemblea condominiale seguendo le maggioranze previste dall'articolo 1136 del codice civile. Se l'approvazione non avviene entro il termine stabilito, la conciliazione si considera non conclusa.

La mediazione demandata dal giudice anche quando non obbligatoria: La riforma Cartabia ha introdotto una norma specifica sulla mediazione (non obbligatoria dall'origine) demandata dal giudice. L'art 5 quater del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 stabilisce che il giudice può valutare vari fattori e decidere di richiedere un tentativo di mediazione tramite un'ordinanza motivata. La mediazione disposta dal giudice diventa un requisito di procedibilità, e se non effettuata, il giudice dichiara l'improcedibilità della domanda giudiziale.

La mediazione prevista in un contratto o statuto: La riforma Cartabia introduce l'art 5 sexies, che stabilisce che se un contratto, statuto o atto costitutivo prevede una clausola di mediazione, il tentativo di mediazione diventa un requisito per la procedibilità della domanda giudiziale. Se il tentativo di conciliazione non è stato effettuato, il giudice o l'arbitro agisce di conseguenza. La domanda di mediazione viene presentata all'organismo specificato nella clausola o, se non iscritto nel registro, all'organismo individuato secondo l'articolo 4.

Gli incontri telematici: La riforma Cartabia ha introdotto una norma specifica che legittima le parti a chiedere che l’incontro avvenga in modalità telematica con collegamenti audiovisivi da remoto, i quali da modo da garantire la contemporanea, reale e reciproca udibilità e visibilità dei partecipanti. Gli atti vengono creati e firmati digitalmente: il mediatore crea un documento digitale contenente il verbale e l'eventuale accordo, che viene firmato e inviato alle parti e, se necessario, agli avvocati. La conservazione e presentazione dei documenti avvengono in conformità alle normative sull'amministrazione digitale.

Il credito di imposta: Il nuovo art. 20 del decreto legislativo introduce nuove disposizioni sul credito di imposta per parti e organismi di mediazione. Alle parti che raggiungono un accordo di conciliazione viene riconosciuto un credito d'imposta proporzionale all'indennità pagata, fino a 600 euro. In alcuni casi, viene riconosciuto anche un credito d'imposta proporzionale al compenso versato all'avvocato. I crediti d'imposta sono utilizzabili fino a un totale di 600 euro per procedura e con un massimo annuo. In caso di mediazione fallita, i crediti sono ridotti della metà. Viene riconosciuto un ulteriore credito d'imposta proporzionale al contributo unificato versato, fino a 518 euro.

FAQ sulla mediazione obbligatoria

1. Cos’è la mediazione obbligatoria e come funziona?

La mediazione obbligatoria è un procedimento di risoluzione delle controversie che, per determinate materie, costituisce una condizione di procedibilità prima di poter avviare una causa in tribunale. Le parti devono tentare una conciliazione con l’aiuto di un mediatore professionista. Se la mediazione non porta a un accordo, si può proseguire con l’azione giudiziaria.

2. Quali sono le materie per cui è richiesta la mediazione obbligatoria?

Le materie della mediazione obbligatoria sono indicate nell’art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. 28/2010. Tra queste rientrano le controversie in ambito condominiale, locatizio, successioni, divisioni, diritti reali, contratti bancari, finanziari, assicurativi, responsabilità medica e diffamazione a mezzo stampa. La riforma Cartabia ha ampliato l’elenco, includendo nuove categorie di rapporti contrattuali.

3. Quali novità ha introdotto la riforma Cartabia sulla mediazione obbligatoria?

La riforma Cartabia ha apportato modifiche significative alla disciplina della mediazione obbligatoria, ampliando le materie in cui è richiesta e introducendo nuove regole procedurali. Tra le principali novità, vi è l’obbligo di mediazione anche per alcune controversie societarie e commerciali, nuove sanzioni per chi non partecipa e l’estensione delle modalità telematiche per lo svolgimento degli incontri.

4. Mediazione obbligatoria e opposizione a decreto ingiuntivo: quando è necessaria?

Nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo, la mediazione obbligatoria è richiesta solo dopo che il giudice si è pronunciato sulle istanze di sospensione o concessione della provvisoria esecuzione. Questo significa che, inizialmente, la parte opponente può contestare il decreto senza avviare la mediazione, ma successivamente il giudice può imporre il tentativo conciliativo come condizione di procedibilità.

5. Cosa accade se non si svolge la mediazione obbligatoria?

Se la mediazione obbligatoria non viene avviata, il giudice non può decidere nel merito della controversia e assegna un termine di 15 giorni per avviare il procedimento. Se entro questo termine la mediazione non viene esperita, la domanda giudiziale può essere dichiarata improcedibile.

6. Quali sono le conseguenze dell’improcedibilità per mancata mediazione obbligatoria?

Quando una causa rientra tra quelle soggette a mediazione obbligatoria, il mancato rispetto di questo obbligo può comportare l’improcedibilità dell’azione legale. Se le parti non avviano la mediazione entro i termini assegnati dal giudice, quest’ultimo può dichiarare improcedibile la domanda, revocare eventuali provvedimenti già emessi e condannare la parte inadempiente al pagamento delle spese processuali.

7. Quali sono i vantaggi della mediazione obbligatoria rispetto alla causa in tribunale?

La mediazione obbligatoria offre diversi vantaggi rispetto al processo giudiziario:

  • Tempi più rapidi: una mediazione dura in media tre mesi, mentre una causa civile può protrarsi per anni.
  • Costi inferiori: le spese della mediazione sono generalmente più contenute rispetto a quelle di un contenzioso in tribunale.
  • Soluzioni più flessibili: le parti possono raggiungere accordi personalizzati che un giudice non potrebbe imporre.
  • Minor conflittualità: il mediatore aiuta a trovare una soluzione condivisa, evitando lo scontro giudiziario.
Marco Ticozzi Avvocato Venezia

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