Il Blog dell' Avv. Prof.
Marco Ticozzi

Patto quota lite

10 ottobre 2022

Patto quota lite con l’avvocato: in cosa consiste? È vietato e nullo oppure può essere pattuito?

La questione, anche a seguito di alcune modifiche del codice civile, è controversa.

Di recente una sentenza di Cassazione ha affrontato in modo compiuto la questione del patto di quota lite dell’avvocato e della sua validità e nullità.

Vediamo le motivazioni e la conclusione.

Patto di quota lite
Patto di quota lite

Patto di quota lite dell'avvocato: è nullo o vietato e comunque contestabile

 

Rinviamo alla successiva analitica disamina.

In sintesi la recente sentenza Cass. 5 ottobre 2022, n. 28914:

  • ricorda che per certi periodi vi fosse un espresso divieto di stipulare un patto di quota lite;
  • indica però che, anche quando il divieto non c’era, rientrava nei comuni poteri del giudice valutare ai senti dell’art. 2233 cc. l’adeguatezza e la proporzionalità della misura del compenso rispetto all'opera prestata.

La decisione è di rilievo perché lo stesso potere potrebbe portare a valutare e disapplicare un accordo sulla misura del compenso pattuito senza la previsione di un patto di quota lite, ma con una misura del tutto sproporzionata.

 

Patto quota lite: il caso esaminato da Cass. 5 ottobre 2022, n. 28914

 

La sentenza Cass. 5 ottobre 2022, n. 28914 si sofferma sulla questione della validità e nullità di un patto di quota lite concluso tra un avvocato e un cliente.

In particolare, in causa il cliente aveva dedotto “la nullità del patto di quota per cui è causa, stante la inderogabilità dell'art. 2233 c.c., comma 2, ("(i)n ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all'importanza dell'opera e al decoro della professione"), in relazione agli artt. 43 e 45 del codice deontologico forense”.

Ricorda peraltro la sentenza che la vicenda coinvolgeva la validità un patto di quota lite stipulato il 12 gennaio 2009, vale a dire dopo:

  • l'entrata in vigore del D.L. n. 223 del 2006, art. 2, comma 1, lett. a), come modificato in sede di conversione dalla L. n. 248 del 2006 (il quale aveva disposto l'abrogazione delle disposizioni normative che, con riferimento alle attività libero professionali e intellettuali, prevedessero "il divieto di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti");
  • nonché dopo, quindi, la riformulazione dell'art. 2233 c.c., comma 3, operata dal medesimo D.L. n. 223 del 2006, convertito in L. n. 248 del 2006, (che aveva abrogato il testo previgente secondo cui "(g)li avvocati, i procuratori e i patrocinatori non possono, neppure per interposta persona, stipulare con i loro clienti alcun patto relativo ai beni che formano oggetto delle controversie affidate al loro patrocinio, sotto pena di nullità e dei danni");
  • e prima, invece, dell'entrata in vigore della L. 31 dicembre 2012, n. 247, art. 13, (Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense). La L. n. 247 del 2012, art. 13, invero, dapprima, al comma 3, stabilisce che "Dia pattuizione dei compensi è libera: è ammessa la pattuizione a tempo, in misura forfetaria, per convenzione avente ad oggetto uno o più affari, in base all'assolvimento e ai tempi di erogazione della prestazione, per singole fasi o prestazioni o per l'intera attività, a percentuale sul valore dell'affare o su quanto si prevede possa giovarsene, non soltanto a livello strettamente patrimoniale, il destinatario della prestazione"; di seguito, tuttavia, all'art. 13, comma 4, cit. dispone: "(s)ono vietati i patti con i quali l'avvocato percepisca come compenso in tutto o in parte una quota del bene oggetto della prestazione o della ragione litigiosa".

 

Codice deontologico forense dell'avvocato e patto di quota lite

 

Sempre la sentenza sul patto di quota lite dell’avvocato, ricorda che l'art. 45 del codice deontologico forense nel testo modificato con la delibera C.N. F. del 18 gennaio 2007 (tramutatosi poi nel novellato art. 29, comma 4) consentiva all'avvocato di pattuire con il cliente compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti, fermo il divieto dell'art. 1261 c.c., ma sempre che gli stessi compensi fossero "proporzionati all'attività svolta".

Peraltro, su tale previsione le Sezioni Unite hanno ritenuto che la prescrizione dell'art. 45 del codice deontologico (che faceva il paio con la previsione dell'art. 43, punto II dello stesso codice) avesse inteso "prevenire il rischio di abusi commessi a danno del cliente e a precludere la conclusione di accordi iniqui", nel senso che "(I)a proporzione e la ragionevolezza nella pattuizione del compenso" rimanessero "l'essenza comportamentale richiesta all'avvocato, indipendentemente dalle modalità di determinazione del corrispettivo a lui spettante". Di tal che, "(l)'aleatorietà dell'accordo quotalizio non esclude la possibilità di valutarne l'equità: se, cioè, la stima effettuata dalle parti era, all'epoca della conclusione dell'accordo che lega compenso e risultato, ragionevole o, al contrario, sproporzionata per eccesso rispetto alla tariffa di mercato, tenuto conto di tutti i fattori rilevanti, in particolare del valore e della complessità della lite e della natura del servizio professionale, comprensivo dell'assunzione del rischio" (così Cass. Sez. Unite, 25/11/2014, n. 25012; conforme Cass. Sez. Unite, 04/03/2021, n. 6002).

Cass. 5 ottobre 2022, n. 28914 su patto di quota lite dell’avvocato sottolinea che “nella interpretazione prescelta dalle Sezioni Unite, dunque, la proporzionalità, deontologicamente imposta, del compenso pattuito dall'avvocato "quotista" attiene a valutazione non solo sul quantum, ma anche sulle modalità comportamentali dell'accordo concluso col cliente, sotto un profilo di "equità" della stima effettuata dalle parti al momento della stipula, ovvero di complessivo equilibrio contrattuale, prospettiva che attiene alla causa del contratto e dischiude evidentemente la tutela di interessi generali (arg. da Cass. Sez. Unite, 12/12/2014, n. 26243). L'imposto controllo di ragionevolezza del patto di quota lite, teso a scongiurare l'iniquità dell'accordo concluso, non appare limitato al rispetto di doveri di comportamento ad opera dell'avvocato nella fase antecedente o coincidente con la stipulazione del contratto, doveri la cui violazione potrebbe essere unicamente fonte di responsabilità risarcitoria; esso, piuttosto, guarda allo squilibrio significativo tra i diritti e gli obblighi delle parti ed alla giustificazione dei reciproci spostamenti patrimoniali, e, dunque, alla verifica in concreto del requisito causale (la "ragion d'essere dell'operazione", valutata nella sua individualità) sotto il profilo della liceità e dell'adeguatezza dell'assetto sinallagmatico rispetto agli specifici interessi perseguiti dai contraenti (si vedano indicativamente Cass. Sez. 3, 09/07/2020, n. 14595; Cass. Sez. 2, 29/05/2020, n. 10324; Cass. Sez. Unite, 24/09/2018, n. 22437)”.

 

Contestabilità in sede civile della misura del compenso pattuito, non solo in caso di patto di quota lite con l’avvocato

 

Ciò che è di particolare interesse nella sentenza Cass. 5 ottobre 2022, n. 28914 sul patto di quota lite è che il controllo di ragionevolezza della misura del compenso -per tale sentenza- non attiene alla sola regola disciplinare ma anche ai rapporti privatistici, potendo mettersi in discussione la proporzionalità tra la misura del compenso pattuita e l’opera prestata.

Il ruolo del giudice fissato dall’art. 2233 cc, per tale decisione, non è relegato alla sola liquidazione di un compenso non pattuito ma anche alla valutazione di quello pattuito: “il sindacato giudiziale sull'adeguatezza e sulla proporzionalità della misura del compenso rispetto all'opera prestata trova fondamento nell'art. 2233 c.c., comma 2, (intendendosi lo stesso non come intervento soltanto suppletivo del giudice, ove manchi una valutazione pattizia dei contraenti) e nell'art. 45 del codice deontologico. L'indagine è portata sulla causa concreta del contratto e sull'equilibrio sinallagmatico (non meramente economico) delle prestazioni, ovvero sullo scopo pratico del regolamento negoziale, ed ha come approdo eventuale la nullità del patto di quota lite, ai sensi dell'art. 1418 c.c., comma 2. Tale nullità non concerne l'intero contratto di patrocinio, ma soltanto la clausola relativa, ai sensi dell'art. 1419 c.c., comma 2, (Cass. Sez. 2, 30/07/2018, n. 20069)” (Cass. 5 ottobre 2022, n. 28914 su patto di quota lite avvocato).

Da tale prospettiva ha un rilievo, anche sul piano civilistico, la regola deontologica sopra richiamata: “la norma deontologica che fissa il criterio di proporzionalità dei compensi dell'avvocato, del resto, non rivela una portata limitata al rapporto corrente tra il professionista e l'ordine di appartenenza, e perciò rientra tra le fonti secondarie di integrazione del contratto di patrocinio ex art. 1374 c.c., sì da contemperare gli opposti interessi delle parti e da imporre una verifica di adeguatezza delle clausole pattuite a garantire l'equilibrio economico dell'accordo” (Cass. 5 ottobre 2022, n. 28914 su patto di quota lite avvocato).

Sottolineiamo che la motivazione è riferita a un patto di quota di lite ma potrebbe avere rilievo per qualunque pattuizione sproporzionata.

Nella sostanza la Cassazione indica che, anche nel periodo in cui non c’era il divieto di patto di quota lite, al giudice spetta valutare (perché queto lo può sempre fare) l'adeguatezza e la proporzionalità della misura del compenso rispetto all'opera prestata. Ma questo potere, a ritenerlo sussistente e fondato sull’art. 2233 c.c., ben può applicarsi anche a un compenso non contenente un patto di quota lite ma solamente un compenso del tutto sproporzionato.

 

Patto quota lite avvocato: vietato e nullo e valutabile nel breve periodo in cui prevista validità

 

Come detto, quindi, per Cass. 5 ottobre 2022, n. 28914, anche nel periodo in cui non vi era una previsione espressa che prevedeva che il patto di quita lite fosse nullo e vietato, resta da discutere di una sua validità.

Nel periodo di mancanza di divieto, il patto di quota lite non era vietato e nullo atomicamente, ma vi era comunque il potere del giudice di sindacare la pattuizione.

La sentenza indica che “il Collegio ritiene pertanto di non condividere quanto affermato nella motivazione della sentenza della Terza sezione civile 6 luglio 2018, n. 17726, secondo cui il patto di quota lite stipulato durante la vigenza del D.L. n. 223 del 2006, art. 2, comma 1, lett. a), conv., con modif., in L. n. 248 del 2006, e prima dell'entrata in vigore della L. n. 247 del 2012, art. 13, comma 4, può ex se validamente prevedere compensi maggiori rispetto ai massimi tariffari, non deponendo in senso contrario nè precetti riferibili ad un interesse generale, nè le violazioni del codice deontologico, nè le eventuali sproporzioni fra il compenso pattuito e la prestazione professionale resa, mai potendo tale sproporzione comportare "una non prevista nullità del patto, ma, al limite, una riconduzione ad equità” (Cass. 5 ottobre 2022, n. 28914 su patto di quota lite avvocato).

 

Conclusioni su patto quota lite avvocato

 

Alla luce di tutte queste indicazioni Cass. 5 ottobre 2022, n. 28914 su patto di quota lite avvocato ha enunciato il seguente principio di diritto “il patto di quota lite, stipulato dopo la riformulazione dell'art. 2233 c.c., comma 3, operata dal D.L. n. 223 del 2006, convertito in L. n. 248 del 2006, e prima dell'entrata in vigore della L. n. 247 del 2012, art. 13, comma 4, che non violi il divieto di cessione dei crediti litigiosi di cui all'art. 1261 c.c., è valido se, valutato sotto il profilo causale della liceità e dell'adeguatezza dell'assetto sinallagmatico rispetto agli specifici interessi perseguiti dai contraenti, nonché sotto il profilo dell'equità alla stregua della regola integrativa di cui all'art. 45 del codice deontologico forense, nel testo deliberato il 18 gennaio 2007, la stima tra compenso e risultato effettuata dalle parti all'epoca della conclusione dell'accordo non risulta sproporzionata per eccesso rispetto alla tariffa di mercato, rispondendo lo scopo di prevenire eventuali abusi a danno del cliente e di impedire la stipula di accordi iniqui alla tutela di interessi generali”.

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