Compenso avvocato sproporzionato
Compenso avvocato sproporzionato. Come noto le tariffe
professionali sono state abrogate e sono oggi in vigore i parametri forensi, che avrebbero anzitutto la funzione di consentire al giudice di liquidare le
spese legali secondo dei criteri prestabiliti.
L’eliminazione delle tariffe obbligatore, consente oggi ai
sensi dell’art. 2233 cc a cliente e avvocato di pattuire liberamente il compenso,
senza che i parametri forensi impediscano la pattuizione non avendo natura di
tariffa e non essendo vincolanti.
Ma è sempre valida qualunque pattuizione sulla misura dell’onorario
dell’avvocato anche laddove sia sproporzionato?
Una recente sentenza della Cassazione ritiene che la libertà
negoziale non sia assoluta e il giudice abbia il potere di valutare ai sensi
dell’art. 2233 cc. l’adeguatezza e la proporzionalità della misura del compenso
rispetto all'opera prestata.
È dunque possibile impugnare l’accordo concluso che contenga
un compenso del tutto sproporzionato o eccessivo?

L'art 2233 cc e il compenso sproporzionato dell'avvocato
L’art. 2233 cc sul compenso dell’avvocato prevede nei primi
due commi che “il compenso, se non è convenuto dalle parti e non può essere
determinato secondo le tariffe o gli usi, è determinato dal giudice. In ogni
caso la misura del compenso deve essere adeguata all'importanza dell'opera e al
decoro della professione”.
La giurisprudenza da tempo evidenzia che la previsione
contiene una gerarchia nei criteri di determinazione del compenso professionale
dell’avvocato. Ad esempio Cass. 23 maggio 2000, n. 6732 indica proprio che “in
tema di compensi spettanti ai prestatori d'opera intellettuale, l'art. 2233
c.c. pone una gerarchia di carattere preferenziale riguardo ai relativi criteri
di liquidazione, indicando, in primo luogo, l'accordo delle parti, in via
soltanto subordinata le tariffe professionali ovvero gli usi, in estremo
subordine, infine, la decisione del giudice, previo parere obbligatorio (anche
se non vincolante) delle associazioni professionali; pertanto, il ricorso a
tali criteri di carattere sussidiario è precluso al giudice quando esista uno
specifico accordo tra le parti, le cui pattuizioni risultano preminenti su ogni
altro criterio di liquidazione”.
Venute meno le tariffe, che in passato ponevano una
questione di inderogabilità, tanto più oggi è confermata l’indicazione per la
quale è l’accordo delle parti lo strumento principale per la fissazione della
misura del compenso dell’avvocato.
Ma sempre, anche quando è sproporzionato?
Cosa accade se le parti pattuiscono un onorario dell’avvocato
all’evidenza molto elevato o, comunque, appunto sproporzionato?
La risposta più semplice, ma oggi messa in discussione dalla
Cassazione, è che spetta alle parti, nella loro autonomia contrattuale,
accordarsi sulla misura del compenso, restando quindi irrilevante il fatto che
sia sproporzionato (salvo immaginare la presenza di un vizio del consenso o gli
estremi per la rescissione). Insomma, come per qualsiasi contratto la risposta potrebbe
essere che il prezzo sproporzionato (diverso da quello di mercato) non è
contestabile salvo che ricorrano delle patologie che coinvolgono il consenso.
Ma Cass. 5 ottobre 2022, n. 28914 offre una soluzione
differente, come vedremo subito.
Compenso sproporzionato avvocato: il codice deontologico
Prima di vedere quale soluzione offra Cass. 5 ottobre 2022,
n. 28914, occorre ricordare che il codice deontologico forense contiene
una previsione sull’onorario sproporzionato dell’avvocato.
L’art. 29 al n. 4 indica che “l’avvocato non deve
richiedere compensi o acconti manifestamente sproporzionati all’attività svolta
o da svolgere”.
Per cui la richiesta o anche la pattuizione di un compenso sproporzionato,
magari accettato, può comunque essere fonte di responsabilità disciplinare.
Ma questo incide anche dal profilo civilistico?
Pur se Cass. 5 ottobre 2022, n. 28914 sottolinea che
la norma deontologica potrebbe integrare in qualche modo la previsione codicistica,
ci pare che in ogni caso non possa arrivare a far ritenere invalido un
contratto in assenza di una previsione codicistica che limiti l’autonomia
contrattuale delle parti nello stabilire la misura del compenso anche
sproporzionato dell’avvocato.
Compenso avvocato sproporzionato: per Cass. 5 ottobre 2022, n. 28914 è invalido
La sentenza Cass. 5 ottobre 2022, n. 28914 ritiene
che le parti non siano libere di fissare un qualsiasi compenso dell’avvocato,
anche ad esempio sproporzionato.
Valorizza il secondo comma dell’art. 2233 cc: la previsione,
dopo aver indicato al primo comma che l’accordo delle parti è il criterio principale
per la determinazione del compenso professionale e aver indicato dei criteri
supplettivi, indica che “in ogni caso la misura del compenso deve essere
adeguata all'importanza dell'opera e al decoro della professione”.
Previsione che per Cass. 5 ottobre 2022, n. 28914 non
vale solo a guidare il giudice quando debba lui direttamente liquidare l’onorario
in assenza di accordo, ma che potrebbe rappresentare uno strumento di controllo
dell’autonomia contrattuale: non solo per tutelare l’avvocato da accordi iniqui
perché troppo bassi (magari conclusi con clienti forti) ma anche i clienti da
accordi con un compenso molto elevato e sproporzionato.
Si tratta di una lettura ad oggi non valorizzata fino a tal
punto, ma che è possibile in relazione alla lettera della norma.
La motivazione di Cass. 5 ottobre 2022, n. 28914 sul compenso sproporzionato dell’avvocato
La sentenza, per giustificare la ritenuta invalidità della
pattuizione concernente il compenso sproporzionato pattuito con l’avvocato (pur
affrontando la questione in relazione alla riducibilità del patto di quota lite
quando questo era valido) evidenzia che “il sindacato giudiziale sull'adeguatezza e sulla proporzionalità
della misura del compenso rispetto all'opera prestata trova fondamento nell'art.
2233 c.c., comma 2, (intendendosi lo stesso non come intervento soltanto
suppletivo del giudice, ove manchi una valutazione pattizia dei contraenti) e
nell'art. 45 del codice deontologico. L'indagine è portata sulla causa concreta
del contratto e sull'equilibrio sinallagmatico (non meramente economico) delle
prestazioni, ovvero sullo scopo pratico del regolamento negoziale, ed ha come
approdo eventuale la nullità del patto di quota lite, ai sensi dell'art. 1418 c.c.,
comma 2. Tale nullità non concerne l'intero contratto di patrocinio, ma
soltanto la clausola relativa, ai sensi dell'art. 1419 c.c., comma 2, (Cass.
Sez. 2, 30/07/2018, n. 20069)” (Cass. 5 ottobre 2022, n. 28914 su patto
di quota lite avvocato)” (Cass. 5 ottobre 2022, n. 28914 sull’onorario
sproporzionato con l’avvocato).
La conclusione della sentenza Cass. 5 ottobre 2022, n. 28914
sull’onorario pattuito con l’avvocato “è valido se, valutato sotto il
profilo causale della liceità e dell'adeguatezza dell'assetto sinallagmatico
rispetto agli specifici interessi perseguiti dai contraenti, nonchè sotto il
profilo dell'equità alla stregua della regola integrativa di cui all'art.
45 del codice
deontologico forense, nel testo deliberato il 18 gennaio 2007, la stima tra
compenso e risultato effettuata dalle parti all'epoca della conclusione
dell'accordo non risulta sproporzionata per eccesso rispetto alla tariffa di
mercato, rispondendo lo scopo di prevenire eventuali abusi a danno del cliente
e di impedire la stipula di accordi iniqui alla tutela di interessi generali”
(Cass. 5 ottobre 2022, n. 28914 sull’onorario sproporzionato con l’avvocato).
Compenso avvocato sproporzionato: conclusioni
In conclusione la sentenza ritiene che il secondo comma dell’art.
2233 cc abbia natura imperativa e sia destinato a trovare applicazione non solo
come guida per il giudice che debba liquidare l’onorario ma anche per la
valutazione della validità dell’accordo tra cliente e avvocato sulla misura del
compenso.
Chiaramente la nullità dell’accordo sulla misura del
compenso non potrà essere valutata in astratto o derivare da un qualunque scostamento
dai parametri forensi: occorrerà verificare se sia sproporzionato in modo
considerevole e tener conto delle altre circostanze del caso concreto.
di Marco Ticozzi