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Legittimazione passiva Intesa Sanpaolo spa: Corte d'Appello di Venezia 7 novembre 2022

7 novembre 2022

Legittimazione Intesa Sanpaolo: Corte Appello 7 novembre 2022 n. 2375 Presidente Rel. Passarelli. In altri articoli, che si trovano citati alla fine della pagina, abbiamo evidenziato la presenza di diversi orientamenti sulla nota questione della legittimazione passiva di Intesa Sanpaolo spa per i contenziosi pregressi di Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca. Quali sono i contenziosi pregressi nei quali è subentrata? Tutti oppure solo una parte, valendo l'indicazione del contratto di cessione che ne esclude alcuni (rapporti deteriorati, a sofferenza, chiusi, estinti, ecc.). In un precedente articolo avevamo messo in luce ad esempio una sentenza della Corte d'Appello di Trieste, che era per la seconda lettura più restrittiva. In passato la Corte d'Appello di Venezia si era espressa in modo non univoco (rinviamo ai precedenti articoli): la sentenza la cui motivazione si riporta qui di seguito ha confermato l'interpretazione più restrittiva, vale a dire quella per il quale la legittimazione passiva di Intesa Sanpaolo spa non vi è per tutti i conteziosi pregressi di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, essendo in particolare esclusa nei rapporti deteriorati, a sofferenza, estinti, chiusi, ecc. come previsto nel contratto di cessione e nella normativa che lo ha autorizzato.

Legittimazione passiva Intesa Sanpaolo spa e Corte d'Appello di Venezia
Legittimazione passiva Intesa Sanpaolo spa e Corte d'Appello di Venezia

Legittimazione Intesa Sanpaolo: Corte Appello 7 novembre 2022 n. 2375 Presidente Rel. Passarelli

Per praticità, avendo affrontato la questione in più articoli (che si trovano citati alla fine della pagina) ci limitiamo a riportare la motivazione della sentenza Corte Appello 7 novembre 2022 n. 2375 Presidente Rel. Passarelli:

"[...] Va ricordato che Intesa Sanpaolo non è succeduta in tutti i rapporti giuridici già facenti capo a BPVi secondo il dettato della cessione volontaria di azienda ex art. 2560 cc, ma solamente in quelli espressamente indicati nel DL 99/17 e nel contratto di cessione d’azienda 26/6/2017, atti questi la cui efficacia verso i terzi è statuita proprio dalla regolamentazione ivi contenuta, in applicazione della normativa speciale dettata in materia di liquidazione coatta amministrativa.

E con DL n. 99 del 25 giugno 2017 (pubblicato sulla G.U. n. 146 del 25 giugno 2017, entrato in vigore il giorno stesso e poi convertito, senza modificazioni, dall’art. 1, comma 1 della l. 31 luglio 2017, n. 121) sono stati disciplinati l’avvio e lo svolgimento della liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di Vicenza spa (e di Veneto Banca s.p.a.), nonché le modalità e le condizioni delle misure a sostegno delle medesime. Dello stesso giorno è il decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze di messa in liquidazione coatta amministrativa delle Banche venete, come previsto dall’art. 2, comma 1 del d.l. n. 99/17, norma che alla lettera c) dispone altresì che i commissari liquidatori procedano “alla cessione di cui all’articolo 3 in conformità all’offerta vincolante formulata dal cessionario individuato ai sensi dell'articolo 3, comma 3”.

L’art. 3 appena citato, al comma 1°, stabilisce che “I commissari liquidatori, in conformità con quanto previsto dal decreto adottato ai sensi dell'articolo 2, comma 1, provvedono a cedere ad un soggetto, individuato ai sensi del comma 3, l’azienda, suoi singoli rami, nonché beni, diritti e rapporti giuridici individuabili in blocco, ovvero attività e passività, anche parziali o per una quota di ciascuna di esse...” e prosegue affermando che “restano esclusi dalla cessione, anche in deroga all'articolo 2741 del codice civile: …c) le controversie relative ad atti o fatti occorsi prima della cessione, sorte successivamente ad essa, e le relative passività…”.

Al comma 2 è poi stabilito che “… Il cessionario risponde solo dei debiti ricompresi nel perimetro della cessione ai sensi del comma 1…”.

In forza delle previsioni di cui agli artt. 2 e 3, commi 1 e 2, DL n.99/2017, sopra riportati, dunque, BPVi spa in l.c.a., in data 26 giugno 2017 ha stipulato con Intesa Sanpaolo s.p.a. il contratto di cessione di azienda, in conformità alla “Offerta vincolata” formulata da quest’ultima.

In tale contratto, per quello che qui interessa ai fini della definizione del perimetro della cessione, l’art. 3.1.4, lett. a cap. (i) del contratto di cessione indica espressamente, quali “attività escluse”, “i crediti di BPVI… classificati o classificabili in base ai Principi Contabili alla Data di Esecuzione come “sofferenze”, come “inadempienze probabili” (c.d. “unlikely to pay”) e/o come “esposizioni scadute” (c.d. “past due”) e i relativi rapporti contrattuali” da cui emerge la inequivoca volontà del legislatore di lasciare fuori dal perimetro della cessione quelle esposizioni debitorie scadute la cui riscossione appare difficile ed incerta.

Né può dirsi che il rapporto in questione rientri tra le controversie pregresse incluse nella cessione ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. c) DL 99/17 sul presupposto che tale disposizione, escludendo dalla cessione le controversie relative ad atti o fatti occorsi prima della cessione, sorte successivamente ad essa, e le relative passività, vi include necessariamente tutte quelle controversie che invece sono sorte anteriormente ad essa, come se detto criterio temporale debba ritenersi prevalente rispetto a quello dell’oggetto dei rapporti trasferiti ed individuati al momento della cessione. Infatti, la corretta interpretazione della norma impone di riferire questo criterio temporale, costituito dalla pendenza della lite, alle sole controversie inerenti rapporti oggetto di cessione poiché, diversamente, si verificherebbe una contraddizione ed una disparità di trattamento - fra soggetti titolari di crediti aventi la medesima natura e qualità - che la stessa norma mira ad evitare, laddove il legislatore ha voluto escludere dal perimetro della cessione vicende afferenti alle esposizioni scadute ed ai relativi rapporti contrattuali.

Del resto, all’art. 3 del contratto, si legge, a completamento dell’interpretazione offerta, che: “…Per evitare equivoci, si precisa che le situazioni passive attuali e potenziali, anche litigiose, che (x) non siano riferite ad Attività incluse, Passività incluse e in genere a rapporti giuridici ceduti e (y) alla data odierna non siano oggetto di contenzioso pregresso, sono e dovranno essere considerati come esclusi dall’Insieme Aggregato e come rientranti, secondo il caso, tra le Attività escluse e/o le Passività escluse e in genere ai rapporti giuridici non ceduti…”.

Ad ulteriore precisazione, l’art. 3.2 del contratto è dedicato alla regolamentazione del contenzioso così prevedendo: “Le Banche in LCA e gli organi della liquidazione coatta amministrativa faranno tutto quanto necessario ed opportuno affinché ISP venga liberata e conseguentemente estromessa da qualsiasi contenzioso escluso (e relativi effetti negativi, anche per oneri e spese legali). Le banche in LCA, i sensi e per gli effetti di cui all’articolo 3, primo comma, lettera c), del Decreto-legge Banche Venete e comunque per l’effetto di quanto previsto da questo contratto, sono e saranno i soli soggetti legittimati passivamente (sostanzialmente e processualmente) sia verso i terzi sia nei rapporti interni con ISP rispetto al predetto contenzioso escluso; quindi, in caso di coinvolgimento di ISP, le banche nelle CA e gli organi delle liquidazione coatta amministrativa e dovranno dichiarare la propria legittimazione passiva e partì che ISP venga sostituita nella posizione sostanziale processuale passiva anche attraverso ogni atto iniziativa utile per l’assunzione da parte della relativa Banca i nelle CA del singolo contenzioso…”. E, in effetti BPVi spa in lca, in primo grado, aveva aderito alla richiesta declaratoria del difetto di legittimazione passiva di ISP.

Ora, la particolarità del caso di specie deriva dal fatto che il credito in questione è rappresentato dalla domanda ex art. 67, comma 2, lf proposta dal fallimento in relazione alla somma di € 253.952,28, annotata in data 08/01/2013 sul conto di corrispondenza n. XXXXX, presso la filiale di San Giorgio in Bosco di Banca Popolare di Vicenza, già intestato alla XXXXX spa e ricadente nel periodo sospetto in quanto intervenuta in data 13/5/2013, ossia nei sei mesi precedenti, la pubblicazione nel Registro delle Imprese della domanda di concordato preventivo.

Secondo questa Corte, contrariamente a quanto sostenuto dal primo giudice, la pretesa restitutoria in questione non può rientrare tra le passività incluse nel perimetro della cessione e, ciò, in base alla disciplina appena riportata che esclude dal perimetro della cessione i rapporti deteriorati.

E che il credito conseguente alla revocatoria azionata dal Fallimento debba farsi rientrare tra i crediti classificati o classificabili in base ai Principi Contabili alla Data di Esecuzione come “sofferenze”, come “inadempienze probabili” (c.d. “unlikely to pay”) e/o come “esposizioni scadute” (c.d. “past due”) e i relativi rapporti contrattuali è dimostrato dal fatto che il pagamento è stato eseguito dalla società, allora in bonis, mentre si trovava in stato di insolvenza tanto da essere dichiarata fallita in data 23/8/2013, non avendo risolto la propria crisi con il concordato preventivo presentato il 13/5/2013.

Considerato che, in base alla Circolare n. 272 del 30 luglio 2008 e successivi aggiornamenti di Banca d’Italia, è da classificare come credito in sofferenza “il complesso delle esposizioni … nei confronti di un soggetto in stato di insolvenza anche non accertato giudizialmente o in situazioni sostanzialmente equiparabili, indipendentemente dalle eventuali previsioni di perdita formulate dalla banca”, tanto basta per ritenere il credito da cui è originata la pretesa restitutoria del fallimento, come credito deteriorato in quanto di difficile esazione. In tale concetto, infatti, deve essere ricompresa anche la stabilità ed efficacia del pagamento eseguito.

Del resto, va osservato che la sentenza non è stata oggetto di impugnazione - da BPVi spa in lca - nella parte in cui è stata accertata la conoscenza dello stato di insolvenza del predetto istituto bancario che, dunque, ha ricevuto la rimessa solutoria in data 8/1/13 nella consapevolezza dello stato di irreversibile crisi in cui versava XXXXX spa (v. pag. 23 sentenza: “i rappresentanti delle banche… vennero informati delle gravi difficoltà in cui versava la società…” e pag. 24, laddove, dopo aver dato atto che al rappresentante di ogni banca era stata consegnata copia della situazione di liquidazione al 31/12/2012, è richiamata la Ctu nella parte in cui è precisato che quel documento non poteva “lasciare dubbi in merito alle condizioni di grave insolvenza della XXXX” e che “fin dall'analisi del bilancio del 2011 la banca avrebbe potuto comprendere lo stato di crisi di liquidità e notevole difficoltà finanziaria”).

Pertanto, il pagamento oggetto di revocatoria è avvenuto, sì, nell’ambito di un rapporto inerente o funzionale all’impresa bancaria, ma in adempimento di un credito deteriorato, come tale escluso dalla cessione; infatti, ai fini della individuazione del perimetro di questa, non rileva tanto l’intervenuto scioglimento del rapporto ex art. 78 lf a seguito del fallimento, quanto il fatto che si tratta di un conto corrente da cui era derivata una più ampia esposizione debitoria qualificabile come “unlikely to pay” e, come tale, esclusa dal perimetro della cessione. Del resto, in generale, per l’azione revocatoria, la legittimazione passiva sussiste in capo alla cessionaria soltanto ove risulti che con l'azienda bancaria siano state trasferite tutte le attività e passività aziendali, dunque, anche i debiti futuri derivanti dall'azione revocatoria, in quanto obbligazioni ad oggetto determinabile, perché all'atto della convenzione erano identificabili gli eventuali debiti, risultanti dalla contabilità, in relazione ai pagamenti eseguiti dai debitori poi falliti (Cass. 13308/2018), e, nella specie, le esposizioni di difficile esazione non erano state trasferite a ISP; peraltro, va considerato che dalla restituzione conseguente all’inefficacia del pagamento deriva la facoltà dell’originario creditore di insinuarsi al passivo del fallimento per la soddisfazione del credito, secondo le regole del concorso.

Ne consegue che, in accoglimento dell’appello, deve essere dichiarata la carenza di legittimazione passiva in capo a Intesa San Paolo spa, dando atto che nessuna domanda è stata proposta nei confronti di BPVi spa in lca, del resto, improcedibile".

di Marco Ticozzi

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Marco Ticozzi Avvocato Venezia

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