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Art 1189 cc: Pagamento al creditore apparente

21 ottobre 2025

Art. 1189 c.c. e pagamento al creditore apparente: cos’è e quando libera il debitore Quando il debitore paga qualcuno che non è il vero creditore, può comunque liberarsi dall’obbligazione? L’art. 1189 c.c. disciplina proprio il pagamento al creditore apparente: una norma che tutela chi, in buona fede, paga a chi sembra legittimato a ricevere la somma. La legge, infatti, prevede che il pagamento sia liberatorio se il debitore prova di essere stato in buona fede e se esistono circostanze univoche che facciano apparire il ricevente come creditore. In questo articolo analizziamo cosa prevede l’art. 1189 c.c., come si applica nella prassi e quali sono i limiti di questa tutela.

Art 1189 cc: Pagamento al creditore apparente

Art 1189 cc: cosa prevede il codice civile?

Come noto, l’art 1189 cc prevede che “il debitore che esegue il pagamento a chi appare legittimato a riceverlo in base a circostanze univoche, è liberato se prova di essere stato in buona fede.

Chi ha ricevuto il pagamento è tenuto alla restituzione verso il vero creditore, secondo le regole stabilite per la ripetizione dell'indebito”.

L’art 1189 cc in esame non è di facilissima applicazione, discutendosi poi nel caso concreto di quali circostanze debbano esistere per poter invocare la liberazione avendo pagato al creditore apparente ex art 1189 cc.

Vediamo nel dettaglio le questioni più rilevanti.

Pagamento al creditore apparente: introduzione sull'art 1189 cc

L’art 1189 cc prevede la liberazione del debitore dall’obbligazione quando l’adempimento è eseguito in favore di un soggetto che, senza essere il creditore o comunque un soggetto legittimato ex art. 1188 c.c., appaia essere legittimato in base a circostanze univoche.

La regola fissata dall’art 1189 cc vale sia nell’ipotesi in cui l’apparenza coinvolge il creditore direttamente e sia quando l’apparenza coinvolge un altro soggetto appunto legittimato in luogo del creditore (Cass., 4 giugno 2013, n. 14028; Cass., 13 settembre 2012, n. 15339; Cass., 3 settembre 2005, n. 17742).

Perché l’adempimento in favore di un soggetto diverso da quello legittimato porti alla liberazione ex art 1189 cc, occorre che ricorrano due presupposti: uno di carattere soggettivo, rappresentato dalla buona fede del debitore, e l’altro di carattere oggettivo, rappresentato dalla ricorrenza di circostanze univoche che facciano apparire il ricevente come legittimato. La funzione della disposizione risiede nell’esigenza di tutelare l’affidamento incolpevole del debitore il quale, essendo appunto in buona fede, ritenga di pagare nelle mani del creditore.

Buona fede e apparenza secondo circostanze univoche

L’art. 1189 cc richiede la buona fede. La buona fede è rappresentata dalla credenza del debitore che il ricevente sia il vero creditore o, comunque, sia il vero destinatario del pagamento (Bianca, L'obbligazione, Milano, rist. 2015, p. 311; Di Majo, Adempimento in generale, in Comm. Scialoja, Branca, sub artt. 1177-1200, p. 278).

Tale affidamento deve però essere incolpevole, per cui non sarà invocabile la disposizione in esame quando vi sia un atteggiamento colposo o un errore non scusabile da parte del debitore adempiente (Giorgianni, Creditore apparente, in Novissimo Dig. It., Torino, 1959, p. 1156; in questo senso anche la giurisprudenza: Cass., 5 novembre 2012, n. 18916; Cass., 5 giugno 2009, n. 13075; Cass., 27 ottobre 2005, n. 20906).

La valutazione circa la ricorrenza della scusabilità dell’errore ex art 1189 cc deve essere compiuta nel caso concreto.

Generalmente la giurisprudenza non ritiene scusabile l’errore laddove vi sia un regime di pubblicità, essendovi modo di verificare se effettivamente chi riceve la prestazione sia legittimato (Breccia, Le Obbligazioni, in Trattato di diritto Privato Iudica, Zatti, 1991, p. 542; Cass., 29 aprile 2010, n. 10297; Cass., 27 ottobre 2005, n. 20906).

L’onere di provare la buona fede, in virtù della regola generale di cui all’art. 2697 c.c., sembrerebbe dover ricadere sul debitore che la invochi per liberarsi dall’obbligazione (Galgano, Trattato di diritto civile, II, 2010, p. 43; Bianca, L'obbligazione, cit., p. 311; Breccia, Le Obbligazioni, cit. p. 540; Cass., 5 novembre 2012, n. 18916). In senso contrario però sembrerebbe Cass., 3 aprile 1999, n. 3287 per la quale, quando risultino elementi idonei a configurare una situazione di apparenza giuridica, spetta a chi contesta l’efficacia in suo danno della medesima, l’onere della prova contraria. Ma, in realtà, tale principio è espresso dalla sentenza laddove già vi siano circostanze idonee, vale a dire quando quantomeno presuntivamente vi sia la prova della apparenza.

L’elemento oggettivo fissato dall’art. 1189 cc, invece, ricorre quando si possa ritenere che il pagamento è stato eseguito in favore di un soggetto che appaia legittimato a riceverlo in base a circostanze univoche, vale a dire ove ricorrano circostanze che nella valutazione di un soggetto di normale diligenza inducano a ritenere effettivamente esistente la legittimazione del ricevente (Bianca, L'obbligazione, cit., p. 312). Si discute sia in dottrina che in giurisprudenza dell’applicabilità della previsione anche alle ipotesi di pagamento in favore di un rappresentante apparente.

Pagamento al rappresentante apparente

L’art 1189 cc non si riferisce al pagamento in favore del creditore apparente ma al pagamento in favore di chi appaia legittimato a riceverlo in base a circostanze univoche: dunque, riferendo la possibilità di liberazione al pagamento eseguito all’apparente soggetto che ai sensi dell’art. 1188 c.c. possa ricevere la prestazione con efficacia liberatoria (Cannata, L'adempimento delle obbligazioni, in Tratt. Rescigno, 9, I, Torino, 1984, p. 93).

Nel caso, però, in cui si invochi la liberazione in forza del pagamento eseguito nella mani del rappresentante apparente la giurisprudenza richiede un requisito ulteriore.

La liberazione sarà possibile a condizione che il debitore, che invoca il principio dell’apparenza giuridica, fornisca la prova non solo di avere confidato senza sua colpa nella situazione apparente, ma anche che il suo erroneo convincimento è stato determinato da un comportamento colposo del creditore, che abbia fatto sorgere nel solvens in buona fede una ragionevole presunzione sulla rispondenza alla realtà dei poteri rappresentativi dell’accipiens (Cass., 4 giugno 2013, n. 14028; Cass., 9 agosto 2007, n. 17484; Cass., 3 settembre 2005, n. 17742; Cass., 7 marzo 1997, n. 2093; Cass. 7 maggio 1992, n. 5436; sul tema anche Galgano, Trattato di diritto civile, cit., p. 42).

Azione del creditore verso il creditore apparente

Quando il debitore adempie nelle mani del creditore apparente il pagamento si deve considerare appunto liberatorio ove ricorrano i presupposti stabiliti dalla disposizione di cui all’art 1189 cc in esame.

In tale ipotesi il debitore sarà dunque liberato e il creditore potrà agire verso il creditore apparente per ricevere la prestazione, con un’azione disciplinata dalla disposizioni sulla ripetizione di indebito (Cass., 16 luglio 2004, n. 13162).

È la stessa disposizione dell’art 1189 cc in esame che qualifica in tal modo l’azione del creditore: peraltro, la dottrina ha evidenziato come in verità, se indebito fosse, l’azione di ripetizione spetterebbe al debitore che ha adempiuto in favore di chi non era legittimato e non, come invece espressamente previsto dalla disposizione in esame, al creditore (Cannata, L'adempimento delle obbligazioni, cit., p. 117).

Conclusione sul pagamento al creditore apparente

L’art. 1189 c.c. offre una soluzione equilibrata tra la tutela dell’affidamento del debitore e la protezione del vero creditore. Tuttavia, l’applicazione pratica della norma richiede cautela: non ogni pagamento al creditore apparente è automaticamente liberatorio. Occorre verificare, nel caso concreto, se il debitore fosse realmente in buona fede e se le circostanze rendessero plausibile l’apparenza di legittimazione.

Nella pratica professionale, i dubbi più frequenti riguardano proprio la prova della buona fede e la valutazione delle “circostanze univoche”. È per questo che, in caso di contestazioni o di rapporti complessi (soprattutto quando intervengono rappresentanti, mandatari o più soggetti che si dichiarano creditori), è consigliabile rivolgersi a un avvocato esperto in diritto civile, per evitare che un pagamento non produca gli effetti liberatori sperati.

Marco Ticozzi Avvocato Venezia

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