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Licenziamento per giusta causa

30 novembre 2022

Il licenziamento per giusta causa: si tratta di una questione che capita con frequenza. Affrontiamo in questa breve guida i vari aspetti problematici del licenziamento per giusta causa. Ad esempio, quando si può procedere al licenziamento per giusta causa e quando può essere contestato? Esaminiamo i vari aspetti della questione esaminando le più recenti sentenze di Cassazione.

Licenziamento per giusta causa
Licenziamento per giusta causa

Licenziamento per giusta causa: cosa significa

Il licenziamento è l’atto mediante cui il datore di lavoro procede alla recessione del contratto lavorativo in modo unilaterale. Affinché venga licenziato un dipendente, debbono sussistere diverse condizioni che possono dipendere direttamente dalla condotta assunta dal lavoratore, o dalla specifica situazione in cui riversa l’azienda per cui egli lavora, secondo quanto stabilisce la legge numero 604 del 15 luglio1966 e la numero 108 dell’11 maggio 1990.

Nello specifico per ciò che riguarda la condotta del lavoratore dipendente, ad essa vengono ricondotte le motivazioni poste alla base del licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo. mentre per ciò che concerne la situazione relativa all’azienda, ad essa si riconducono le cause di licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Ma cosa si intende per licenziamento per “giusta causa”? Vediamolo nel seguito.

Nozione di giusta causa nel licenziamento

La nozione di giusta causa compare all’articolo 2119 del Codice Civile in cui si dispone che il datore di lavoro possa recedere il contratto a tempo interminato, senza che vi sia necessità di preavviso qualora si verifichino trasgressioni o gravi inadempienze che non permettano di proseguire il rapporto lavorativo.

Si tratterebbe dunque, di circostanze che abbiano di fatto pregiudicato la fiducia tra le parti, e che nella sostanza, non consentano l’applicazione di una sanzione che non sia il licenziamento. Data la gravità della inadempienza che legittima il licenziamento per giusta causa, non è inoltre prevista l’erogazione dell’indennità di preavviso da parte del datore di lavoro che in tal caso, è tenuto a tutelare i propri interessi.

Licenziamento per giusta causa: l’attivazione del procedimento disciplinare

Va detto che il licenziamento per giusta causa rientra nelle sanzioni disciplinari ed in quanto tale affinché sia applicato, necessita dell’attivazione di un procedimento disciplinare. Il primo passo dell’iter prevede che venga comunicata al lavoratore tramite lettera formale, la contestazione di addebito perché possa dunque difendersi dall’accusa. Il dipendente ha cinque giorni di tempo per richiedere di essere ascoltato e per presentare la propria difesa.

Trascorso questo tempo, il datore di lavoro potrà trasmettere la lettera di licenziamento. Il dipendente a questo punto può comunque impugnare il licenziamento per giusta causa attraverso comunicazione per mezzo di lettera scritta, che dovrà inviare entro 60 giorni. Il ricorso in tribunale potrà invece essere presentato nei 180 giorni successivi, tramite avvocato.

In questo senso, la Cassazione in tema di licenziamento per giusta causa evidenzia che “In tema di sanzioni disciplinari, il parametro normativo di cui all'art. 7, comma 2, della legge n. 300 del 1970 che pone a carico del datore di lavoro il divieto di adottare un provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l'addebito e senza averlo sentito a sua difesa, esige che la contestazione mossa contenga le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella sua materialità, il fatto o i fatti nei quali il datore di lavoro abbia ravvisato infrazioni disciplinari ai fini dell'esercizio, da parte del lavoratore, del predetto diritto di difesa (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso di parte datoriale avverso la sentenza impugnata che, in riforma della pronunzia di primo grado, aveva accolto l'azione proposta dal lavoratore, dichiarando l'illegittimità del licenziamento al medesimo intimato per giusta causa, la Suprema Corte, cassando con rinvio, ha ritenuto che i giudici d'appello avessero nella circostanza del tutto trascurato di valutare l'incidenza della asserita mancata specificazione dei fatti sull'esercizio del diritto di difesa, onde l'integrazione del vizio di violazione di legge denunciato in sede di legittimità)” (Cassazione 25 ottobre 2022, n. 31526 in tema di licenziamento per giusta causa).

Per altro verso, la Cassazione in tema di licenziamento per giusta causa richiede anche che la contestazione venga mossa in prossimità della violazione e non a distanza di un tempo troppo ampio: infatti “Il principio dell'immediatezza della contestazione disciplinare, la cui ratio riflette l'esigenza dell'osservanza della regola della buona fede e della correttezza nell'attuazione del rapporto di lavoro, non consente all'imprenditore-datore di lavoro di procrastinare la contestazione medesima in modo da rendere difficile la difesa del dipendente o perpetuare l'incertezza sulla sorte del rapporto, in quanto nel licenziamento per giusta causa l'immediatezza della contestazione si configura quale elemento costitutivo del diritto di recesso del datore di lavoro. Si tratta tuttavia di nozione che deve essere intesa in senso relativo, dovendosi tener conto della specifica natura dell'illecito disciplinare, nonché del tempo occorrente per l'espletamento delle indagini, tanto maggiore quanto più è complessa l'organizzazione aziendale. È onere del datore di lavoro dare conto delle ragioni che possono cagionare il ritardo (quali il tempo necessario per l'accertamento dei fatti o la complessità della struttura organizzativa dell'impresa), e la valutazione delle allegazioni e delle prove è riservata al giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità se non nei limiti in cui è ancora consentita la denuncia del vizio di motivazione” (Cass. 14 ottobre 2022, n. 30271 in tema di licenziamento per giusta causa)

Licenziamento per giustificato motivo

È necessario sottolineare che il licenziamento per giusta causa e il licenziamento per giustificato motivo, non sono la stessa cosa e non vanno pertanto confusi. In particolare va fatta una distinzione, secondo quanto espresso nell’art. 3 della legge 604/1966, tra le circostanze che ricadono nel giustificato motivo oggettivo e quelle che invece rientrano nel giustificato motivo soggettivo.

Nella prima categoria troviamo le ragioni riguardanti le attività produttive ed organizzative dell’azienda e quindi le questioni di ordine economico-organizzativo, nella seconda categoria invece, ricadono gli inadempimenti degli obblighi contrattuali di cui è responsabile il lavoratore dipendente. Per quanto abbiamo precedentemente trattato, appare dunque evidente che il concetto di licenziamento per giusta causa, sia proprio connesso a quello di giustificato motivo soggettivo ma non sono la stessa cosa. Vediamo a questo punto, maggiormente nel dettaglio, quali possono essere i casi che nella sostanza costituiscono giusta causa per il licenziamento.

Il licenziamento e la clausola generale della giusta causa secondo la Cassazione

A questo punto, affinché quanto espresso non resti solo una trattazione teorica, non ci resta che presentare quelle che sono le circostanze in cui più frequentemente si può far ricorso al licenziamento per giusta causa.

Come evidenzia la Cassazione in tema di licenziamento per giusta causa, infatti, la regola generale sul licenziamento per giusta causa poi va calata nel contesto concreto al fine di dettagliare in cosa consista, appunto in concreto, questa clausola generale della giusta causa. Si è, infatti, sottolineato che “la giusta causa di licenziamento è una nozione che la legge, allo scopo di un adeguamento delle norme alla realtà da disciplinare, articolata e mutevole nel tempo, configura con una disposizione (ascrivibile alla tipologia delle c.d. clausole generali) di limitato contenuto, delineante un modello generico che richiede di essere specificato in sede interpretativa mediante la valorizzazione sia di fattori esterni relativi alla coscienza generale, sia di principi che la stessa disposizione tacitamente richiama. Tali specificazioni del parametro normativo hanno natura giuridica e la loro disapplicazione è quindi deducibile in sede di legittimità come violazione di legge, mentre l'accertamento della concreta ricorrenza, nel fatto dedotto in giudizio, degli elementi che integrano il parametro normativo e le sue specificazioni, e della loro concreta attitudine a costituire giusta causa di licenziamento, si pone sul diverso piano del giudizio di fatto, demandato al giudice di merito e incensurabile in cassazione se privo di errori logici o giuridici” (Cass. 30 settembre 2022, n. 28515 in tema di licenziamento per giusta causa).

Allo stesso modo, sempre la Cassazione in tema di licenziamento per giusta causa indica che “in tema di licenziamento i concetti di giusta causa e di proporzionalità della sanzione disciplinare costituiscono clausole generali, vale a dire disposizioni di limitato contenuto, che richiedono di essere concretizzate dall'interprete tramite valorizzazione sia di fattori esterni relativi alla coscienza generale, sia di principi tacitamente richiamati dalla norma, quindi mediante specificazioni che hanno natura giuridica e la cui disapplicazione è deducibile in sede di legittimità come violazione di legge, a condizione però che la contestazione in tale sede contenga una specifica denuncia di incoerenza del giudizio rispetto agli "standards" esistenti nella realtà sociale e non si traduca in una richiesta di accertamento della concreta ricorrenza degli elementi fattuali che integrano il parametro normativo, accertamento che è riservato ai giudici di merito” (Cass. 06 settembre 2022, n. 26198 28515 in tema di licenziamento per giusta causa)

Il licenziamento per giusta causa: i casi concreti

Ecco dunque, espressi per punti, i maggiori motivi per cui si licenzia per giusta causa:

  • Uso scorretto dei permessi secondo quanto stabilito dalla ex legge 104 del 1992;
  • Dichiarazione di falsa malattia e/o falso infortunio da parte del lavoratore dipendente;
  • Violazione dell’accordo sul patto di non concorrenza;
  • Timbrature false del cartellino (per se stesso o per conto di terzi);
  • Il dipendente si rifiuta senza alcuna giustificazione e in modo reiterato di eseguire la prestazione lavorativa richiesta;
  • Il dipendente abbandona in modo ingiustificato il luogo di lavoro lasciando eventualmente attrezzature ed impianti senza l’adeguata messa in sicurezza con rischio concreto per l’incolumità altrui;
  • Il dipendente assume atteggiamenti di insubordinazione ad esempio per mezzo di minacce ai propri superiori;
  • Il lavoratore dipendente si rifiuta di tornare al lavoro dopo che mediante visita medica fiscale sia stata appurata l’insussistenza di malattia;
  • Il dipendente, pregiudicando la propria guarigione, esegue prestazioni lavorative per terzi, durante il periodo di malattia;
  • Il dipendente durante il periodo lavorativo, sottrae beni all’azienda;
  • Il lavoratore dipendente assume una condotta ed un atteggiamento penalmente rilevanti, tali da far cessare ogni vincolo di fiducia tra le parti.

Non possono invece considerarsi motivi validi ai fini del licenziamento per giusta causa, le situazioni di cui è responsabile il datore di lavoro o che riguardino eventuali cessioni dell’azienda e/o il fallimento della stessa. Non sono altresì validi, i motivi legati all’incapacità del lavoratore.

Marco Ticozzi Avvocato Venezia

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