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Quando diventa illegale superare l'orario di lavoro?

29 dicembre 2022

Tra i diritti irrinunciabili del lavoratore, ha senza dubbio un’importanza sostanziale il rispetto dell’orario lavorativo e del riposo settimanale. L’aspetto centrale di questo asserto, ha sostanzialmente motivazioni che vanno ricondotte a due fatti importantissimi: il primo riguarda la parte meramente economica della faccenda, poiché un lavoratore che veda rispettati i propri orari, le pause ed i riposi settimanali, è certamente più motivato a svolgere la propria mansione con conseguenze positive per la produttività, il secondo è indubbiamente quello più importante perché concerne la qualità della vita del lavoratore nonché la sua salute. In particolare, come vedremo più approfonditamente nel seguito, la normativa che tratta l’argomento si trova all’interno della Costituzione ed anche in una direttiva specifica dell’Unione europea.

Quando diventa illegale superare l'orario di lavoro?
Quando diventa illegale superare l'orario di lavoro?

Disciplina generale sull’orario lavorativo

Vediamo a questo punto, qual è il regime generale per ciò che riguarda gli orari di lavoro. Va innanzitutto detto che con ogni contratto collettivo si possono decidere le regole da applicare all’orario lavorativo, in modo flessibile.

Tale flessibilità si spiega e si giustifica tenendo conto delle esigenze specifiche del settore di produzione in cui si opera, settore che eventualmente richiede particolari accortezze organizzative, anche per tutto ciò che concerne i turni e gli orari di lavoro.

Detto questo, esiste una disciplina generale che tiene conto di quanto si verifichi per la maggioranza dei casi, all’interno delle aziende. Esso prevede:

  • Un orario normale settimanale di 40 ore, massimo 48 da ripartire su cinque o sei giorni lavorativi;
  • Un orario giornaliero in funzione del tipo di mansione e settore;
  • Una pausa giornaliera che sia minimo di 10 minuti;
  • Un riposo giornaliero di 11 ore;
  • Un riposo settimanale di 35 ore.

Limite legale dell’orario lavorativo giornaliero

Alla luce del fatto che venga lasciata alla contrattazione collettiva la libertà di scegliere sull’orario lavorativo a seconda delle specifiche esigenze dell’azienda, e per quanto si è detto finora in merito al regime generale sugli orari di lavoro, si deduce che la legge non dispone in modo diretto sull’orario lavorativo giornaliero imponendo un limite, ma lo fa in maniera indiretta poiché fissa un tempo minimo di riposo pari ad 11 ore.

Ciò avrà come conseguenza rilevante, il fatto che il lavoratore possa essere chiamato ad eseguire le mansioni per cui è stato assunto, nelle restanti 13 ore applicando però, le pause necessarie. Va inoltre detto che a seconda di cosa sia più congeniale all’azienda, il datore di lavoro sarà libero di optare per un sistema d’orario elastico o rigido.

Col primo sistema, si fornisce una fascia orario entro cui prestare la propria prestazione lavorativa, stabilendo ad esempio che si entri in ufficio tra le 8:30/9.00 e che si esca tra le 17:30/18:00. Col secondo sistema invece, si impone un orario preciso di ingresso e di uscita.

Cosa prevede la legge in merito ai riposi giornalieri e settimanali

Trattiamo ora, in modo più specifico quanto afferma la legge in merito ai riposi giornalieri e settimanali. In primo luogo, laddove l’orario lavorativo dovesse superare le sei ore giornaliere, il lavoratore per legge, ha diritto ad una pausa che consenta sia l’eventuale consumazione del pranzo, sia il pieno recupero delle energie spezzando i ritmi spesso serrati che il lavoro richiede.

Tendenzialmente durata e modalità in cui si svolge la pausa, vengono stabilite dal contratto collettivo, ma resta tuttavia l’obbligo di rispettare almeno il tempo minimo previsto dalla legge, pari ai dieci minuti consecutivi.

Nel caso in cui l’orario di lavoro dovesse essere inferiore alle sei ore giornaliere ed ancora, nel caso di una neomamma che usufruisca dei permessi che le consentano di allattare il figlio, non viene prevista una pausa. Per ciò che concerne le ore di riposo consecutive di cui ha diritto il lavoratore, secondo quanto previsto dalla legge, queste sono pari ad 11.

Se dovesse mancare la consecutività delle ore di riposo, si potranno prevedere diverse pause nell’arco del singolo giorno di lavoro, purché la cosa sia frutto di un accordo.

Veniamo ora al riposo settimanale, chiarendo prima un aspetto importante relativo ai cinque giorni lavorativi, generalmente dal lunedì al venerdì, definiti con il termine di “settimana corta”.

In questa settimana, il sabato va considerato come giorno non lavorativo e non come riposo settimanale che corrisponderà invece, alla domenica.

Inoltre, va detto che il diritto al riposo settimanale scatta per legge ogni sette giorni e deve avere una durata pari ad almeno 24 ore consecutive.

Cosa accade se si supera l’orario lavorativo

Quando un lavoratore è costretto a prestare la propria attività oltre il tempo previsto dall’orario di lavoro giornaliero e/o settimanale, senza che gli venga concesso il riposo settimanale stabilito per legge, subisce un’azione illecita.

Il dipendente, laddove si dovessero verificare tali circostanze, avrà diritto ad un risarcimento da parte del datore di lavoro, anche nei casi in cui abbia dato il proprio consenso.

Secondo quanto ha ampiamente espresso la Cassazione ed in linea con quanto disposto nella Costituzione, va senz’altro protetto e tutelato l’interesse del lavoratore.

Marco Ticozzi Avvocato Venezia

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