Quando diventa illegale superare l'orario di lavoro?
Tra i diritti irrinunciabili del lavoratore, ha senza dubbio
un’importanza sostanziale il rispetto dell’orario lavorativo e del riposo
settimanale.
L’aspetto centrale di questo asserto, ha sostanzialmente motivazioni che vanno ricondotte a due fatti importantissimi: il primo riguarda la parte meramente economica della faccenda, poiché un lavoratore che veda rispettati i propri orari, le pause ed i riposi settimanali, è certamente più motivato a svolgere la propria mansione con conseguenze positive per la produttività, il secondo è indubbiamente quello più importante perché concerne la qualità della vita del lavoratore nonché la sua salute.
In particolare, come vedremo più approfonditamente nel seguito, la normativa che tratta l’argomento si trova all’interno della Costituzione ed anche in una direttiva specifica dell’Unione europea.

Disciplina generale sull’orario lavorativo
Vediamo a questo punto, qual è il regime generale per ciò
che riguarda gli orari di lavoro. Va innanzitutto detto che con ogni contratto
collettivo si possono decidere le regole da applicare all’orario lavorativo, in
modo flessibile.
Tale flessibilità si spiega e si giustifica tenendo
conto delle esigenze specifiche del settore di produzione in cui si opera,
settore che eventualmente richiede particolari accortezze organizzative, anche
per tutto ciò che concerne i turni e gli orari di lavoro.
Detto questo, esiste una disciplina generale che tiene conto
di quanto si verifichi per la maggioranza dei casi, all’interno delle aziende.
Esso prevede:
- Un orario normale settimanale di 40 ore, massimo 48 da
ripartire su cinque o sei giorni lavorativi;
- Un orario giornaliero in funzione del tipo di mansione e
settore;
- Una pausa giornaliera che sia minimo di 10 minuti;
- Un riposo giornaliero di 11 ore;
- Un riposo settimanale di 35 ore.
Limite legale dell’orario lavorativo giornaliero
Alla luce del fatto che venga lasciata alla contrattazione
collettiva la libertà di scegliere sull’orario lavorativo a seconda delle
specifiche esigenze dell’azienda, e per quanto si è detto finora in merito al
regime generale sugli orari di lavoro, si deduce che la legge non dispone in
modo diretto sull’orario lavorativo giornaliero imponendo un limite, ma lo fa
in maniera indiretta poiché fissa un tempo minimo di riposo pari ad 11 ore.
Ciò avrà come conseguenza rilevante, il fatto che il
lavoratore possa essere chiamato ad eseguire le mansioni per cui è stato
assunto, nelle restanti 13 ore applicando però, le pause necessarie. Va inoltre
detto che a seconda di cosa sia più congeniale all’azienda, il datore di lavoro
sarà libero di optare per un sistema d’orario elastico o rigido.
Col primo sistema, si fornisce una fascia orario entro cui
prestare la propria prestazione lavorativa, stabilendo ad esempio che si entri
in ufficio tra le 8:30/9.00 e che si esca tra le 17:30/18:00. Col secondo
sistema invece, si impone un orario preciso di ingresso e di uscita.
Cosa prevede la legge in merito ai riposi giornalieri e settimanali
Trattiamo ora, in modo più specifico quanto afferma la legge
in merito ai riposi giornalieri e settimanali. In primo luogo, laddove l’orario
lavorativo dovesse superare le sei ore giornaliere, il lavoratore per legge, ha
diritto ad una pausa che consenta sia l’eventuale consumazione del pranzo, sia
il pieno recupero delle energie spezzando i ritmi spesso serrati che il lavoro
richiede.
Tendenzialmente durata e modalità in cui si svolge la
pausa, vengono stabilite dal contratto collettivo, ma resta tuttavia l’obbligo
di rispettare almeno il tempo minimo previsto dalla legge, pari ai dieci minuti
consecutivi.
Nel caso in cui l’orario di lavoro dovesse essere inferiore
alle sei ore giornaliere ed ancora, nel caso di una neomamma che usufruisca dei
permessi che le consentano di allattare il figlio, non viene prevista una
pausa. Per ciò che concerne le ore di riposo consecutive di cui ha diritto il
lavoratore, secondo quanto previsto dalla legge, queste sono pari ad 11.
Se dovesse mancare la consecutività delle ore di riposo, si
potranno prevedere diverse pause nell’arco del singolo giorno di lavoro, purché
la cosa sia frutto di un accordo.
Veniamo ora al riposo settimanale, chiarendo prima un
aspetto importante relativo ai cinque giorni lavorativi, generalmente dal
lunedì al venerdì, definiti con il termine di “settimana corta”.
In questa settimana, il sabato va considerato come giorno
non lavorativo e non come riposo settimanale che corrisponderà invece, alla
domenica.
Inoltre, va detto che il diritto al riposo settimanale
scatta per legge ogni sette giorni e deve avere una durata pari ad almeno 24
ore consecutive.
Cosa accade se si supera l’orario lavorativo
Quando un lavoratore è costretto a prestare la propria
attività oltre il tempo previsto dall’orario di lavoro giornaliero e/o
settimanale, senza che gli venga concesso il riposo settimanale stabilito per
legge, subisce un’azione illecita.
Il dipendente, laddove si dovessero verificare tali circostanze, avrà diritto ad un risarcimento da parte del datore di lavoro, anche nei casi in cui abbia dato il proprio consenso.
Secondo quanto ha ampiamente espresso la Cassazione ed in linea con quanto disposto nella Costituzione, va senz’altro protetto e tutelato l’interesse del lavoratore.