19 marzo 2024
Cassazione ordinanza 3 gennaio 2023 n. 61: interessi ex art. 1284 comma 4 per ogni obbligazione (contrattuale, extracontrattuale, risarcimento danni, ripetizione di indebito, ecc.). Il tema è noto e abbiamo dedicato un apposito articolo nel presente esito, nel quale avevamo criticato una precedente sentenza di Cassazione. In questa recente sentenza, la Cassazione, mutando orientamnto, indica che gli interessi ex art. 1284 comma 4 sono applicabili a ogni obbligazione qualunque sia la sua fonte: contrattuale, extracontrattuale, risarcimento danni, ripetizione di indebito, ecc. Vediamo la massima e la motivazione
Interessi ex art. 1284 comma 4 per ogni obbligazione: la massima di Cassazione ordinanza 3 gennaio 2023 n. 61
Ecco la massima non ufficiale di Cassazione ordinanza 3 gennaio 2023 n. 61 su interessi ex art. 1284 comma 4 per ogni obbligazione (contrattuale, extracontrattuale, risarcimento danni, ripetizione di indebito, ecc.):
La disposizione di cui all'art. 1284, comma 4, c.c., individua un tasso legale degli interessi applicabile, in linea generale, a tutte le obbligazioni pecuniarie (salvo diverso accordo delle parti e salva diversa espressa previsione di legge), per il periodo successivo all'inizio del processo avente ad oggetto il relativo credito, fino al momento del pagamento.
La disposizione di cui all'art. 1284, comma 4, c.c. è quindi applicabile, stante il suo carattere generale immediatamente desumibile dalla sua collocazione sistematica e dalla sua ratio, alle obbligazioni di ogni natura, tanto se derivanti da contratti o negozi giuridici, quanto se derivanti da fatti illeciti o altri fatti o atti idonei a produrle.
Cassazione ordinanza 3 gennaio 2023 n. 61 e interessi ex art. 1284 comma 4 per ogni obbligazione: la motivazione
Ecco la motivazione integrale della sentenza Cassazione ordinanza 3 gennaio 2023 n. 61 su interessi ex art. 1284 comma 4 per ogni obbligazione (contrattuale, extracontrattuale, risarcimento danni, ripetizione di indebito, ecc.):
omissis
Ritiene il Collegio che la disposizione di cui all'art. 1284, comma 4, c.c., individui il tasso legale degli interessi, in linea generale, per tutte le obbligazioni pecuniarie (salvo diverso accordo delle parti e salva diversa espressa previsione di legge), per il periodo successivo all'inizio del processo avente ad oggetto il relativo credito, fino al momento del pagamento. Depone nel senso indicato, in primo luogo, la sua stessa ratio. L'art. 1284, comma 4, c.c., è stato introdotto al fine di contenere gli effetti negativi della durata dei processi civili, riducendo il vantaggio, per il debitore convenuto in giudizio, derivante dalla lunga durata del processo, attraverso la previsione di un tasso di interesse più elevato di quello ordinario, dal momento della pendenza della lite: si tratta evidentemente di una disposizione (lato sensu "deflattiva" del contenzioso giudiziario), che ha lo scopo di scoraggiare l'inadempimento e rendere svantaggioso il ricorso ad inutile litigiosità, scopo che prescinde dalla natura dell'obbligazione dedotta in giudizio e che si pone in identici termini per le obbligazioni derivanti da rapporti contrattuali come per tutte le altre. Nel medesimo senso depongono, inoltre, sia la circostanza che si tratta di una disposizione inserita nell'art. 1284 c.c., intitolato «saggio degli interessi», cioè nell'articolo del codice civile che disciplina in linea generale, per tutte le obbligazioni, il tasso legale degli interessi, sia il rilievo che tale articolo non contiene alcuna espressa limitazione di applicabilità delle sue disposizioni a solo alcune categorie di obbligazioni.
3. Nella decisione impugnata viene richiamato un indirizzo di questa stessa Corte, secondo il quale «la norma di cui all'art. 1284, comma 4, c.c. disciplina il saggio degli interessi legali - e come tali dovuti automaticamente senza necessità di apposita precisazione del loro saggio in sentenza - applicato a seguito d'avvio di lite sia giudiziale che arbitrale però in correlazione ad obbligazione pecuniaria che trova la sua fonte in un contratto stipulato tra le parti, anche se afferente ad obbligo restitutorio». Si tratta di un indirizzo che si è formato, in verità, in alcuni precedenti di legittimità relativi alla speciale obbligazione indennitaria gravante sullo Stato in caso di eccessiva durata di un procedimento giudiziale, ai sensi della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'Uomo ed alla legge n. 89 del 2001 (cfr., in particolare: Cass., Sez. 2, Sentenza n. 28409 del 07/11/2018, Rv. 651183 - 01; conf.: Sez. 2, Ordinanza n. 8289 del 25/03/2019; Sez. 2, Ordinanza n. 8050 del 21/03/2019; Sez. 2, Sentenza n. 14512 del 09/05/2022, Rv. 664788 - 01).
3.1 Il Collegio non ritiene, in realtà, che possa condividersi l'argomento logico-giuridico posto a fondamento di tale indirizzo e cioè l'osservazione per cui l'incipit della disposizione di cui all'art. 1284, comma 4, c.c., avrebbe «la funzione di delimitazione dell'ambito di applicabilità della norma correlandola ad un ben determinato tipo di obbligazioni pecuniarie ossia quelle che trovano la loro fonte genetica nel contratto» in quanto essa «apparirebbe altrimenti inutile ripetizione della compiuta disciplina in tema di danni da inadempimento nelle obbligazioni pecuniarie portata nell'art. 1224 c.c., che opera richiamo all'uopo agli interessi legali ed espressamente prevede il rispetto del saggio d'interesse superiore a quello legale pattuito dalle parti».
Anche riconoscendo alla norma in esame il carattere generale immediatamente desumibile dalla sua collocazione sistematica e dalla sua ratio e, quindi, ritenendola applicabile alle obbligazioni di ogni natura, tanto se derivanti da contratti o negozi giuridici, quanto se derivanti da fatti illeciti o altri fatti o atti idonei a produrle, il riferimento ad un possibile diverso accordo tra le parti, con prevalenza sul suo dettato, ha comunque un senso ed un concreto significato normativo, onde esso non pare potersi ritenere affatto una superflua ripetizione del disposto dell'art. 1224 c.c.
3.1.1 In primo luogo, si deve tenere conto del fatto che le previsioni di cui all'art. 1224 c.c. hanno ad oggetto il tasso di mora nelle obbligazioni pecuniarie, cioè il tasso di interessi applicabile, in tale categoria di obbligazioni, dal giorno della mora ( che può ovviamente essere anteriore a quello di inizio del processo), mentre l'art. 1284, comma 4, c.c., riguarda invece solo il tasso degli interessi di mora per il periodo successivo all'inizio del processo: le due disposizioni hanno, quindi, un campo di applicazione differente, il che esclude che possano essere una la duplicazione dell'altra. Basti considerare che, se le parti avessero previsto un tasso di interesse di mora superiore al tasso legale ordinario ( cioè a quello dell'art. 1284, comma 1, c.c.), ma inferiore a quello cd. ' ' commerciale, in mancanza della clausola di salvezza prevista nella parte iniziale dell'art. 1284, comma 4, c.c., dovrebbe operare quello fissato dalle parti per il periodo di mora anteriore al processo e, poi, quello dell'art. 1284, comma 4, c.c., per il periodo del processo: in base all'incipit dell'art. 1284, comma 4, c.c., invece, se vi è un accordo delle parti sul tasso di mora, va applicato tale tasso, anche dopo l'inizio del processo.
3.1.2 D'altra parte, trattandosi di norme con campi di applicazione differenti ( come già osservato, l'art. 1224 c.c. disciplina il tasso degli interessi dal giorno della mora, anche se anteriore all'inizio del processo, mentre· l'art. 1284, comma 4, c.c., quello del solo periodo successivo all'inizio del processo), deve ritenersi comunque ragionevole che nell'art. 1284, comma 4, c.c., si sia inteso specificare e ribadire espressamente (con riguardo al suo specifico campo di applicazione) che la volontà delle parti in ordine alla determinazione del tasso degli interessi di mora prevale sul tasso legale di regola previsto per il periodo di tempo successivo all'inizio del processo, senza che questo debba necessariamente intendersi come un riferimento ad un particolare e limitato campo di applicazione della disposizione, idoneo a circoscriverne non solo i presupposti, ma soprattutto lo stesso ambito.
3.1.3 Infine, e in ogni caso, anche per le obbligazioni che nascono da fatto illecito o da altro fatto o atto idoneo a produrle, nulla esclude che le parti stabiliscano, con una apposita convenzione tra loro ( eventualmente successiva al sorgere dell'obbligazione non derivante da rapporto contrattuale, ed eventualmente anteriore al processo), un tasso degli interessi di mora diverso da quello legale "ordinario" di cui all'art. 1284 c.c.: quindi, il riferimento alla possibilità di un diverso accordo tra le parti, contenuto nell'art. 1284, comma 4, c.c., implica certamente che tale ultima disposizione non può ritenersi di carattere imperativo e inderogabile, ma non è invece assolutamente da ritenere indice dell'intenzione del legislatore di delimitare il suo campo di applicazione e, tanto meno, un argomento a sostegno della tesi per cui tale campo di applicazione debba intendersi limitato alle sole obbligazioni di fonte negoziale. 3.2 Sarà naturalmente sempre possibile ricavare, in via interpretativa o sistematica, limiti normativi all'applicabilità dell'art. 1284, comma 4, c.c., in relazione a determinate e specifiche tipologie di obbligazioni, sulla base della speciale natura o delle particolari caratteristiche di dette obbligazioni, come del resto sembrerebbe emergere dai precedenti di legittimità più sopra richiamati, in cui è ripetuto il riferimento alla speciale natura dell'obbligazione indennitaria a carico dello Stato per l'eccessiva durata del processo: questa Corte non ritiene, però, che sia possibile affermare, in generale, che l'art. 1284, comma 4, c.c., abbia di per sé un campo di applicazione limitato alle sole obbligazioni nascenti da rapporti negoziali.
4. Fatte le precisazioni che precedono, che hanno carattere generale ed astratto, la Corte osserva che, comunque, in concreto e nel caso di specie, anche in base all'indirizzo da cui si sono appena prese le distanze avrebbero dovuto riconoscersi come dovuti gli interessi al tasso cd. commerciale di cui all'art. 1284, comma 4, c.c.. Anche in base al suddetto indirizzo, infatti, non è affatto esclusa, anzi è espressamente riconosciuta l'applicabilità dell'art. 1284, comma 4, c.c., alle obbligazioni restitutorie, quando esse trovano la loro fonte in un rapporto contrattuale, essendosi in quella sede affermato, infatti, che «il saggio d'interesse legale stabilito nella disposizione normativa presente nell'art. 1284, comma 4, c.c., trova applicazione esclusivamente quando la lite giudiziale ovvero arbitrale ha ad oggetto l'inadempimento di un accordo contrattuale anche in relazione alle relative obbligazioni restitutorie».
Pare evidente che, con tale ultima precisazione, si sia inteso fare riferimento (quanto meno) alle obbligazioni restitutorie derivanti dalla eventuale invalidità di un contratto o di determinate clausole contrattuali che abbiano dato luogo a prestazioni rimaste prive di causa (cd. condictio ob causam finitam).
Orbene, la specifica obbligazione oggetto del titolo esecutivo posto a base del precetto opposto, qualunque natura si possa attribuire all'azione esperita dalla società attrice nel sottostante giudizio di merito ed al genus cui essa potrebbe in astratto ricondursi, è certamente un'obbligazione che trova la sua fonte in un sottostante rapporto contrattuale.
Per quanto emerge dagli atti, infatti, si tratta del credito al pagamento del saldo attivo di un rapporto bancario in conto corrente, in favore del correntista, quindi di un credito certamente di fonte negoziale, in quanto esso trova titolo nel rapporto contrattuale tra banca e cliente. Il fatto che alla base della (ri)determinazione del predetto saldo vi sia stato il riconoscimento della illegittimità di una serie di addebiti effettuati dalla banca sul conto non muta certamente tale natura. In ogni caso, per quanto più sopra esposto, deve ritenersi che anche la mera azione di ripetizione di indebito eventualmente esperita dal correntista per ottenere la restituzione di importi illegittimamente trattenuti dalla banca sulle sue disponibilità, sulla base di clausole contrattuali dichiarate nulle, costituirebbe, comunque, un'azione restitutoria che trova la sua base nel rapporto contrattuale tra banca e cliente (condictio ob causam finitam), cioè si tratterebbe, in ogni caso, di un'azione restitutoria relativa all'inadempimento di un accordo contrattuale, di modo che, persino in base all'indirizzo più restrittivo richiamato dalla corte d'appello (ed il cui fondamento non si condivide, come già chiarito), il relativo credito resterebbe comunque assoggettato alla disposizione di cui all'art. 1284, comma 4, c.c..
In altri termini, anche a volere, solo per un momento, ritenere condivisibile l'indirizzo fatto proprio dalla corte d'appello e da cui più sopra si sono prese le distanze, la conclusione conforme a diritto, nel caso di specie, non avrebbe potuto essere quella cui la stessa corte d'appello è giunta, ma quella esattamente contraria, cioè quella dell'applicabilità del tasso legale degli interessi moratori successivi all'inizio del processo di cui all'art. 1284, comma 4, c.c.
omissis
Richiedi una consulenza