3 febbraio 2023
Perizia di parte valore probatorio: nelle controversie si discute con frequenza del valore probatorio di una perizia di parte. È una prova vera e propria in relazione ai fatti riportati dal consulente di parte oppure no? Deve essere confermata testimonialmente dal chi ha fatto la perizia di parte o deve essere avvalorata da una consulenza tecnica d’ufficio. La recente sentenza Cass. 1 febbraio 2023, n. 2980 ci permette di fare chiarezza sulla perizia di parte e il suo valore probatorio.
Perizia di parte valore probatorio: la massima di Cass. 1 febbraio 2023, n. 2980
La sentenza Cass. 1 febbraio 2023, n. 2980 su perizia di parte valore probatorio può essere massimata nel seguente modo, con due diversi principi di diritto:
La perizia stragiudiziale non ha valore di prova nemmeno rispetto ai fatti che il consulente asserisce di aver accertato, ma solo di indizio, al pari di ogni documento proveniente da un terzo, con la conseguenza che la valutazione della stessa è rimessa all'apprezzamento discrezionale del giudice di merito.
Alla parte che ha prodotto la perizia è riconosciuta la facoltà di dedurre prova testimoniale avente ad oggetto le circostanze di fatto accertate dal consulente, che, se confermate dal medesimo in veste di testimone, possono acquisire dignità e valore di prova, sulla quale allora il giudice di merito dovrà, esplicitamente o implicitamente, esprimere la propria valutazione ai fini della decisione.
Il valore probatorio della perizia di parte: la motivazione
La sentenza Cass. 1 febbraio 2023, n. 2980 su perizia di parte valore probatorio motiva in questo modo il principio di diritto sopra riportato:
omissis
6.2.1. Nello scrutinarlo si ritiene, innanzitutto, di dover ribadire - quanto alla censura relativa all'efficacia probatoria delle perizie di parte - il principio secondo cui la "perizia stragiudiziale non ha valore di prova nemmeno rispetto ai fatti che il consulente asserisce di aver accertato, ma solo di indizio, al pari di ogni documento proveniente da un terzo, con la conseguenza che la valutazione della stessa è rimessa all'apprezzamento discrezionale del giudice di merito che, peraltro, non è obbligato in nessun caso a tenerne conto" (Cass. Sez. 5, ord. 27 dicembre 2018, n. 33503, Rv. 651998-02; Cass. Sez. 3, sent. 22 aprile 2009, n. 9551, Rv. 607812- 01).
Non fondata è anche la censura di violazione del principio di non contestazione, giacchè proprio il lamentato carattere "fantasioso" della ricostruzione avversaria circa la natura (e l'origine) del danno patito da XXXX conferma che non vi è stata "generica" contestazione, o meglio, mera negazione dell'esistenza dello stesso, ciò che avrebbe comportato la "relevatio ab onere probandi", ai sensi ed agli effetti di cui all'art. 115, comma 2, c.p.c. (cfr. Cass. Sez. 6-3, ord. 27 agosto 2020, n. 17889, Rv. 658756-01), D'altra parte, neppure può prospettarsi l'avvenuta violazione delle norme sulle presunzioni. Difatti, se è vero che anche il rifiuto di trarre una presunzione dalle risultanze istruttorie è "deducibile senza dubbio come vizio di falsa applicazione delle norme degli artt. 2727 e 2729 c.c.", ciò presuppone che nella motivazione della sentenza di merito si colga, e quindi si denunci, "un'argomentazione motivazionale espressa con cui il giudice violando alcuno dei paradigmi dell'art. 2729 c.c. si rifiuta erroneamente di sussumere la vicenda fattuale (assunta proprio come egli l'ha individuata) sotto la norma stessa e, quindi, di applicare una presunzione che doveva applicare", dovendo il "rifiuto espresso e motivato di individuare una presunzione "hominis"" essere trattato "allo stesso modo dell'applicazione di una presunzione senza rispetto dei paradigmi normativi indicati dall'art. 2729 c.c.", visto che in "entrambi i casi la denuncia in Cassazione è possibile secondo il verso della c.d. falsa applicazione della norma dell'art. 2729 c.c." (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, ord. 6 luglio 2018, n. 17720, Rv. 649663-01). Nel caso di specie, tuttavia, ciò che risulta mancare - nel testo della sentenza impugnata - è proprio tale rifiuto "espresso e motivato", del giudice di appello, di trarre una "presumptio hominis" dagli elementi a sua disposizione.
Nè, infine, può dirsi che siano stati disattesi i principi sull'onere della prova in tema di responsabilità medica, giacchè il ricorrente sembra ignorare che - secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte sul "doppio ciclo causale" in tema di malpractice sanitaria - è a carico del paziente/danneggiato la prova del nesso causale fra l'aggravamento della situazione patologica (o l'insorgenza di nuove patologie) e la condotta del sanitario (Cass. Sez. 3, sent. 11 novembre 2019, n. 28991, Rv. 655828-01; in senso conforme Cass. Sez. 6-3, ord. 31 agosto 2020, n. 18102, Rv. 658517-01; Cass. Sez. 6-3, ord. 26 novembre 2020, n. 26907, Rv. 659901-01).
omissis
La possibilità di provare per testimoni o di disporre una CTU a conferma dei fatti e delle valutazione della perizia di parte per confermarne il valore probatorio
La sentenza Cass. 1 febbraio 2023, n. 2980 su perizia di parte valore probatorio ritiene però errata la sentenza impugnata, che non ha accolto la richiesta di sentire come testimoni i consulenti.
Se la perizia di parte ha un valore probatorio non di prova piena, resta la possibilità per la parte e la doverosità per il giudice di sentire quali testimoni i periti di parte che hanno predisposto la perizia.
La testimonianza, infatti, è la modalità attraverso la quale tipicamente si acquisiscono le prove di fatti di cui i terzi sono a conoscenza: perché non può riguardare i fatti di cui sono a conoscenza i periti di parte?
Chiaramente l’oggetto della testimonianza dovrebbe essere il fatto conosciuto dal perito e non tanto le valutazioni tecniche che da questo se ne traggono: però, come indica la sentenza, su questo, dopo la testimonianza, potrebbe pronunciarsi una consulenza tecnica d’ufficio.
Ecco la motivazione sul punto
omissis
6.3. Il terzo motivo è, invece, fondato, nella parte in censura - ipotizzandone la nullità, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) - la decisione di non dare corso all'esame testimoniale degli autori delle perizie.
6.3.1. Si è detto come la perizia giurata, depositata da una parte, non sia dotata di efficacia probatoria nemmeno rispetto ai fatti che il consulente asserisce di aver accertato, avendo valore di semplice indizio; nondimeno, alla parte che ha prodotto la perizia è "riconosciuta la facoltà di dedurre prova testimoniale avente ad oggetto le circostanze di fatto accertate dal consulente, che, se confermate dal medesimo in veste di testimone, possono acquisire dignità e valore di prova, sulla quale allora il giudice di merito dovrà, esplicitamente o implicitamente, esprimere la propria valutazione ai fini della decisione" (Cass. Sez. 2, sent. 19 maggio 1997, n. 4437, Rv. 504491-01; in senso conforme; Cass. Sez. 3, sent. 25 febbraio 2002, n. 2737, Rv. 552518-01).
Sotto questo profilo, risulta errata l'affermazione della Corte territoriale, la quale ha addebitato all'odierno ricorrente di non aver fornito prova della responsabilità della struttura sanitaria, presupposto necessario per poter ascrivere, al già legale del XXX, la responsabilità, a propria volta, di aver fatto prescrivere il credito risarcitorio del suo assistito in relazione alla procurata incapacità a procreare della consorte, ovvero ad un'evenienza che, "lungi dal provocare un pregiudizio indiretto sul coniuge, è in grado di riverberare i suoi effetti, in via immediata e riflessa, nella relazione di coppia, e pertanto di incidere direttamente anche sul coniuge, egualmente privato di un aspetto importante e caratterizzante del rapporto di coppia, collegato ai diritti e obblighi sanciti nell'art. 142, comma 2, c.c." (cfr., in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 23 ottobre 2018, n. 26728, Rv. 651140-02). In particolare, ha errato la Corte ambrosiana nel ritenere che a tale deficit probatorio non potessero "supplire le dedotte prove testimoniali, perché finalizzate alla conferma di atti di parte". Scopo della prova testimoniale, per contro, era di assicurare che quei documenti, fino ad allora dotati di valore meramente indiziario, potessero -grazie all'esame dei loro autori - "acquisire dignità e valore di prova", sulla quale allora il giudice di merito avrebbe dovuto "esplicitamente o implicitamente, esprimere la propria valutazione".
La decisione, dunque, di escludere siffatta prova testimoniale - sull'errato presupposto che essa fosse diretta a confermare atti di parte - inficia di nullità la sentenza impugnata, se è vero che "la motivazione deve ritenersi affetta dal vizio di contraddittorietà insanabile e viola, quindi, il "minimo costituzionale", qualora il giudice di merito rigetti la domanda ritenendola non provata dopo aver respinto una richiesta non inammissibile di prova" (Cass. Sez. 3, ord. 9 novembre 2017, n. 26538, Rv. 646837-01; cfr. anche Cass. Sez. 3, sent. 22 giugno 2016, n. 12884, Rv. 640419-01).
6.3.2. Il terzo motivo va, dunque, accolto, con assorbimento del quarto e del quinto, atteso il carattere pregiudiziale che la censura oggetto del presente motivo presenta rispetto ad essi, anche in ragione della possibilità che, all'esito dell'escussione testimoniale degli autori delle perizie stragiudiziali (e sulla base delle sue risultanze), il giudice del rinvio assuma una diversa decisione in ordine all'ordine di esibizione e allo svolgimento di consulenza tecnica d'ufficio.
omissis
Richiedi una consulenza