Quale valore probatorio ha la perizia di parte?
Perizia di parte valore probatorio: nelle controversie si discute
con frequenza del valore probatorio di una perizia di parte. È una prova vera e
propria in relazione ai fatti riportati dal consulente di parte oppure no?
Deve essere confermata testimonialmente dal chi ha fatto la
perizia di parte o deve essere avvalorata da una consulenza tecnica d’ufficio.
La recente sentenza Cass. 1 febbraio 2023, n. 2980 ci
permette di fare chiarezza sulla perizia di parte e il suo valore probatorio.

Perizia di parte valore probatorio: la massima di Cass. 1 febbraio 2023, n. 2980
La sentenza Cass. 1 febbraio 2023, n. 2980 su perizia
di parte valore probatorio può essere massimata nel seguente modo, con due
diversi principi di diritto:
La perizia stragiudiziale non ha valore di prova nemmeno
rispetto ai fatti che il consulente asserisce di aver accertato, ma solo di
indizio, al pari di ogni documento proveniente da un terzo, con la conseguenza
che la valutazione della stessa è rimessa all'apprezzamento discrezionale del
giudice di merito.
Alla parte che ha prodotto la perizia è riconosciuta la
facoltà di dedurre prova testimoniale avente ad oggetto le circostanze di fatto
accertate dal consulente, che, se confermate dal medesimo in veste di
testimone, possono acquisire dignità e valore di prova, sulla quale allora il
giudice di merito dovrà, esplicitamente o implicitamente, esprimere la propria
valutazione ai fini della decisione.
Il valore probatorio della perizia di parte: la motivazione
La sentenza Cass. 1 febbraio 2023, n. 2980 su perizia
di parte valore probatorio motiva in questo modo il principio di diritto sopra riportato:
omissis
6.2.1. Nello scrutinarlo si ritiene, innanzitutto, di dover
ribadire - quanto alla censura relativa all'efficacia probatoria delle perizie
di parte - il principio secondo cui la "perizia stragiudiziale non ha
valore di prova nemmeno rispetto ai fatti che il consulente asserisce di aver
accertato, ma solo di indizio, al pari di ogni documento proveniente da un
terzo, con la conseguenza che la valutazione della stessa è rimessa
all'apprezzamento discrezionale del giudice di merito che, peraltro, non è
obbligato in nessun caso a tenerne conto" (Cass. Sez. 5, ord. 27 dicembre
2018, n. 33503, Rv. 651998-02; Cass. Sez. 3, sent. 22 aprile 2009, n. 9551, Rv.
607812- 01).
Non fondata è anche la censura di violazione del principio
di non contestazione, giacchè proprio il lamentato carattere
"fantasioso" della ricostruzione avversaria circa la natura (e
l'origine) del danno patito da XXXX conferma che non vi è stata
"generica" contestazione, o meglio, mera negazione dell'esistenza
dello stesso, ciò che avrebbe comportato la "relevatio ab onere
probandi", ai sensi ed agli effetti di cui all'art. 115, comma 2, c.p.c.
(cfr. Cass. Sez. 6-3, ord. 27 agosto 2020, n. 17889, Rv. 658756-01), D'altra
parte, neppure può prospettarsi l'avvenuta violazione delle norme sulle
presunzioni. Difatti, se è vero che anche il rifiuto di trarre una presunzione
dalle risultanze istruttorie è "deducibile senza dubbio come vizio di
falsa applicazione delle norme degli artt. 2727 e 2729 c.c.", ciò
presuppone che nella motivazione della sentenza di merito si colga, e quindi si
denunci, "un'argomentazione motivazionale espressa con cui il giudice violando
alcuno dei paradigmi dell'art. 2729 c.c. si rifiuta erroneamente di sussumere
la vicenda fattuale (assunta proprio come egli l'ha individuata) sotto la norma
stessa e, quindi, di applicare una presunzione che doveva applicare",
dovendo il "rifiuto espresso e motivato di individuare una presunzione
"hominis"" essere trattato "allo stesso modo
dell'applicazione di una presunzione senza rispetto dei paradigmi normativi
indicati dall'art. 2729 c.c.", visto che in "entrambi i casi la denuncia
in Cassazione è possibile secondo il verso della c.d. falsa applicazione della
norma dell'art. 2729 c.c." (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, ord. 6
luglio 2018, n. 17720, Rv. 649663-01). Nel caso di specie, tuttavia, ciò che
risulta mancare - nel testo della sentenza impugnata - è proprio tale rifiuto
"espresso e motivato", del giudice di appello, di trarre una
"presumptio hominis" dagli elementi a sua disposizione.
Nè, infine, può dirsi che siano stati disattesi i principi
sull'onere della prova in tema di responsabilità medica, giacchè il ricorrente
sembra ignorare che - secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte sul
"doppio ciclo causale" in tema di malpractice sanitaria - è a carico
del paziente/danneggiato la prova del nesso causale fra l'aggravamento della
situazione patologica (o l'insorgenza di nuove patologie) e la condotta del
sanitario (Cass. Sez. 3, sent. 11 novembre 2019, n. 28991, Rv. 655828-01; in
senso conforme Cass. Sez. 6-3, ord. 31 agosto 2020, n. 18102, Rv. 658517-01;
Cass. Sez. 6-3, ord. 26 novembre 2020, n. 26907, Rv. 659901-01).
omissis
La possibilità di provare per testimoni o di disporre una CTU a conferma dei fatti e delle valutazione della perizia di parte per confermarne il valore probatorio
La sentenza Cass. 1 febbraio 2023, n. 2980 su perizia
di parte valore probatorio ritiene però errata la sentenza impugnata, che non
ha accolto la richiesta di sentire come testimoni i consulenti.
Se la perizia di parte ha un valore probatorio non di prova
piena, resta la possibilità per la parte e la doverosità per il giudice di
sentire quali testimoni i periti di parte che hanno predisposto la perizia.
La testimonianza, infatti, è la modalità attraverso la quale
tipicamente si acquisiscono le prove di fatti di cui i terzi sono a conoscenza:
perché non può riguardare i fatti di cui sono a conoscenza i periti di parte?
Chiaramente l’oggetto della testimonianza dovrebbe essere il
fatto conosciuto dal perito e non tanto le valutazioni tecniche che da questo
se ne traggono: però, come indica la sentenza, su questo, dopo la testimonianza,
potrebbe pronunciarsi una consulenza tecnica d’ufficio.
Ecco la motivazione sul punto
omissis
6.3. Il terzo motivo è, invece, fondato, nella parte in censura
- ipotizzandone la nullità, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) - la
decisione di non dare corso all'esame testimoniale degli autori delle perizie.
6.3.1. Si è detto come la perizia giurata, depositata da una
parte, non sia dotata di efficacia probatoria nemmeno rispetto ai fatti che il
consulente asserisce di aver accertato, avendo valore di semplice indizio;
nondimeno, alla parte che ha prodotto la perizia è "riconosciuta la facoltà
di dedurre prova testimoniale avente ad oggetto le circostanze di fatto
accertate dal consulente, che, se confermate dal medesimo in veste di
testimone, possono acquisire dignità e valore di prova, sulla quale allora il
giudice di merito dovrà, esplicitamente o implicitamente, esprimere la propria
valutazione ai fini della decisione" (Cass. Sez. 2, sent. 19 maggio 1997,
n. 4437, Rv. 504491-01; in senso conforme; Cass. Sez. 3, sent. 25 febbraio
2002, n. 2737, Rv. 552518-01).
Sotto questo profilo, risulta errata l'affermazione della
Corte territoriale, la quale ha addebitato all'odierno ricorrente di non aver
fornito prova della responsabilità della struttura sanitaria, presupposto
necessario per poter ascrivere, al già legale del XXX, la responsabilità, a propria
volta, di aver fatto prescrivere il credito risarcitorio del suo assistito in
relazione alla procurata incapacità a procreare della consorte, ovvero ad
un'evenienza che, "lungi dal provocare un pregiudizio indiretto sul
coniuge, è in grado di riverberare i suoi effetti, in via immediata e riflessa,
nella relazione di coppia, e pertanto di incidere direttamente anche sul
coniuge, egualmente privato di un aspetto importante e caratterizzante del
rapporto di coppia, collegato ai diritti e obblighi sanciti nell'art. 142,
comma 2, c.c." (cfr., in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 23 ottobre 2018,
n. 26728, Rv. 651140-02). In particolare, ha errato la Corte ambrosiana nel
ritenere che a tale deficit probatorio non potessero "supplire le dedotte prove
testimoniali, perché finalizzate alla conferma di atti di parte". Scopo
della prova testimoniale, per contro, era di assicurare che quei documenti,
fino ad allora dotati di valore meramente indiziario, potessero -grazie
all'esame dei loro autori - "acquisire dignità e valore di prova",
sulla quale allora il giudice di merito avrebbe dovuto "esplicitamente o
implicitamente, esprimere la propria valutazione".
La decisione, dunque, di escludere siffatta prova
testimoniale - sull'errato presupposto che essa fosse diretta a confermare atti
di parte - inficia di nullità la sentenza impugnata, se è vero che "la
motivazione deve ritenersi affetta dal vizio di contraddittorietà insanabile e
viola, quindi, il "minimo costituzionale", qualora il giudice di merito
rigetti la domanda ritenendola non provata dopo aver respinto una richiesta non
inammissibile di prova" (Cass. Sez. 3, ord. 9 novembre 2017, n. 26538, Rv.
646837-01; cfr. anche Cass. Sez. 3, sent. 22 giugno 2016, n. 12884, Rv.
640419-01).
6.3.2. Il terzo motivo va, dunque, accolto, con assorbimento
del quarto e del quinto, atteso il carattere pregiudiziale che la censura
oggetto del presente motivo presenta rispetto ad essi, anche in ragione della
possibilità che, all'esito dell'escussione testimoniale degli autori delle
perizie stragiudiziali (e sulla base delle sue risultanze), il giudice del
rinvio assuma una diversa decisione in ordine all'ordine di esibizione e allo
svolgimento di consulenza tecnica d'ufficio.
omissis