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Diritto oblio articolo di giornale: quale tutela?

3 febbraio 2023

Esiste il diritto all’oblio di un articolo di giornale? Un articolo di giornale in cui siano riportati fatti di cronaca, magari diffamatori per una persona, può essere deindicizzato o cancellato o modificato in forza del diritto all’oblio? Chiaramente, se l’articolo è diffamatorio, può essere avviata una causa contro il giornale. Ma quando non sia possibile, perché l’articolo di giornale era lecito limitandosi ad esempio a dare conto di una imputazione o di un processo, è possibile a distanza di tempo e in forza al diritto all’oblio chiedere la deindicizzazione, la sua modifica (ad esempio con la cancellazione del nome o con l’inserimento di una nota che riporti il fatto che sia intervenuta una assoluzione) o addirittura la cancellazione? La recente sentenza Cass. 31 gennaio 2023, n. 2893 ripercorre la giurisprudenza sul punto e indica quali tutele abbia il soggetto che chieda l’applicazione del diritto all’oblio in relazione a un articolo di giornale. Lo studio legale dell'avv. prof. Marco Ticozzi assiste i propri clienti nelle causa per l'accertamento della diffamazione a mezzo stampa, quando ve ne sono i presupposti, ma anche per la modifica e deindicizzazione dell'articolo di giornale che contrasti con il diritto all'oblio della persona interessata.

Diritto all’oblio articolo di giornale
Diritto all’oblio articolo di giornale

Diritto all’oblio articolo di giornale: la massima di Cass. 31 gennaio 2023, n. 2893

Partiamo dalla fine e, prima ancora di esaminare le motivazioni, vediamo quale è il principio di diritto indicato da Cass. 31 gennaio 2023, n. 2893 in tema di Diritto all’oblio articolo di giornale.

Possiamo riassumere la sentenza sul diritto all’oblio articolo di giornale con questa massima:

"In tema di trattamento dei dati personali e di diritto all'oblio, è lecita la permanenza di un articolo di stampa, a suo tempo legittimamente pubblicato, nell'archivio informatico di un quotidiano, relativo a fatti risalenti nel tempo oggetto di una inchiesta giudiziaria, poi sfociata nell'assoluzione dell'imputato, purché, a richiesta dell'interessato, l'articolo sia deindicizzato e non sia reperibile attraverso i comuni motori di ricerca, ma solo attraverso l'archivio storico del quotidiano e purché, a richiesta documentata dell'interessato, all'articolo sia apposta una sintetica nota informativa, a margine o in calce, che dia conto dell'esito finale del procedimento giudiziario in forza di provvedimenti passati in giudicato, in tal modo contemperandosi in modo bilanciato il diritto ex art. 21 Cost. della collettività ad essere informata e a conservare memoria del fatto storico con quello del titolare dei dati personali archiviati a non subire una indebita lesione della propria immagine sociale".

Il caso esaminato da Cass. 31 gennaio 2023, n. 2893 in tema di Diritto all’oblio articolo di giornale è dunque quello dell’articolo legittimamente pubblicato al tempo dell’inchiesta o del processo che sia conto dei fatti dell’epoca e della successiva assoluzione della persona indica nell’articolo di giornale.

Per la sentenza non è possibile cancellare o rimuovere l’articolo ma la persona può, in forza del diritto all’oblio, chiedere:

la deindicizzazione dell’articolo, che quindi non sarebbe trovabile con Google o altri motori di ricerca ma solo all’interno del giornale o del suo sito;

l’aggiunta di una nota informativa nell’articolo di giornale, che di atto della successiva assoluzione.

Per la sentenza, come vedremo dalle sue motivazioni, questa soluzione contempera i diritti dei soggetti coinvolti: quello dell’informazione e quello del diritto all’oblio dell’interessato.

Quale motivazione ha Cass. 31 gennaio 2023, n. 2893 in merito a questa soluzione per garantire il diritto all’oblio in relazione a un articolo di giornale?

Vediamo dunque le motivazioni di Cass. 31 gennaio 2023, n. 2893 sul diritto all’oblio articolo di giornale.

Omissis

2. Il Collegio ritiene di dover rimeditare, solo parzialmente, gli orientamenti giurisprudenziali illustrati, secondo il quale la tutela dei diritti dell'interessato, successivamente prosciolto in sede giudiziaria, nel caso di conservazione nell'archivio storico digitale di un giornale delle copie di articoli a suo tempo legittimamente pubblicati nell'esercizio del diritto di cronaca relativi all'inchiesta giudiziaria di pubblico interesse che lo aveva coinvolto, è adeguatamente assicurata dalla deindicizzazione e non può comportare la cancellazione o la manipolazione degli articoli.

Queste regole, cioè, in sostanziale continuità con la giurisprudenza citata, vanno ribadite, ma all'interessato va riconosciuto anche il diritto, a certe condizioni, alla contestuale pubblicazione di un'informazione correttiva.

La deindicizzazione, come ha illustrato efficacemente la citata sentenza n. 3952 del 2022 rappresenta il rimedio atto ad evitare che il nome della persona sia associato dal motore di ricerca ai fatti di cui internet continua a conservare memoria e in tal modo asseconda il diritto della persona a non essere trovata facilmente sulla rete (right not to be found easily).

Questo strumento - è stato detto in quell'occasione - "vale cioè ad escludere azioni di ricerca che, partendo dal nome della persona, portino a far conoscere ambiti della vita passata di questa che siano correlati a vicende che in sè presentino ancora un interesse (e che non possono perciò essere totalmente oscurate), evitando che l'utente di internet, il quale ignori il coinvolgimento della persona nelle vicende in questione, si imbatta nelle relative notizie per ragioni casuali, o in quanto animato dalla curiosità di conoscere aspetti della trascorsa vita altrui di cui la rete ha ancora memoria". D'altro canto, come ben evidenziato dalla ordinanza n. 9147 del 2020, l'utilità del rimedio della deindicizzazione si collega alla particolare offensività delle modalità della permanenza in rete della notizia, che consente l'accesso generalizzato ed indistinto consentito agli utenti del web ai suoi contenuti in seguito alla digitazione sulla query del motore di ricerca del nominativo dell'interessato.

Principi questi confermati anche dalle pronunce successive e da ultimo ancora dall'ordinanza della Sez.1, n. 34658 del 24.11.2022. L'utilità della deindicizzazione appare armonica con l'evoluzione, successiva ai fatti di causa, del nostro ordinamento espressa dall'art. 64 ter disp. att. c.p.p., introdotto dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, art. 41, comma 1, lett. f), in tema di "Diritto all'oblio degli imputati e delle persone sottoposte ad indagini", secondo il quale la persona nei cui confronti sono stati pronunciati una sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere ovvero un provvedimento di archiviazione può richiedere che sia preclusa l'indicizzazione o che sia disposta la deindicizzazione, sulla rete internet, dei dati personali riportati nella sentenza o nel provvedimento, ai sensi e nei limiti dell'art. 17 del regolamento (UE) n. 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016.

Omissis

La disciplina applicabile alla soluzione del caso sul diritto all’oblio di un articolo di giornale

La sentenza Cass. 31 gennaio 2023, n. 2893 sul diritto all’oblio articolo di giornale si chiede se la deindicizzazione sia sufficiente se sia possibile disporre la cancellazione dell’articolo o la cancellazione del nome della persona interessata o almeno l’aggiunta di una nota in cui si indichi che tale soggetto è stato assolto.

Per fa ciò ripercorre la disciplina applicabile, nazionale e comunitaria.

Vediamo la motivazione sul punto:

Omissis

Ci si deve interrogare tuttavia se la sola deindicizzazione, come ritenuto dal Tribunale partenopeo sia sufficiente a garantire in modo adeguato il diritto all'oblio dell'interessato, o se a costui debba essere riconosciuta una tutela ancora più incisiva.

23. Nel caso è evidente l'insorgere di un conflitto fra il diritto dell'interessato alla tutela dei suoi dati personali e alla riservatezza, che si declina nel diritto a essere dimenticato, e il diritto all'informazione, che si esprime, in particolare, nell'esigenza di conservazione della memoria del passato in funzione storica e archivistica.

I ricorrenti, da un lato, avvertono il vulnus della persistenza oggettiva, senza alcuna cautela ripristinatoria della verità, nell'archivio storico del giornale delle notizie, a suo tempo legittimamente pubblicate, dell'indagine nei loro confronti con arresti domiciliari per accuse infamanti, dopo essere stati assolti da ogni accusa e risarciti per l'ingiusta detenzione subita.

Dall'altra, la controricorrente invoca a proprio sostegno la finalità archivistica e di ricerca storica, che, presuppone non solo che la notizia sia conservata e quindi accessibile, ma che la stessa sia anche custodita nella sua struttura originale, senza alterazioni. Ciò, per effetto della recepita deindicizzazione, avviene attraverso più complesse modalità di ricerca, ovverosia l'articolo e la notizia in contestazione sono resi disponibili solo dall'attivazione dello specifico motore di ricerca all'interno del quotidiano, proprio all'esito dalla predetta deindicizzazione nei comuni motori di ricerca on line.

La controricorrente invoca pertanto, ex artt. 21 e 33 Cost., il generale diritto alla conoscenza di tutto quanto in origine lecitamente veicolato al pubblico dalla stampa, con conseguente liceità del fine del trattamento dei dati personali contenuti in un archivio giornalistico (tanto cartaceo, quanto telematico, stante la loro perfetta equiparazione). La controricorrente sostiene altresì che l'archivio giornalistico e l'attività di raccolta e archiviazione delle passate edizioni di un quotidiano accomuna tutti gli accadimenti che si sono verificati nel tempo e che a tale attività deve riconoscersi copertura costituzionale in quanto strumentalmente connessa all'attività di ricerca storica e perchè contestuale espressione del diritto di manifestazione del pensiero.

24. Prima di procedere oltre, è doveroso sgombrare il campo da una difesa proposta dalla controricorrente (cfr controricorso, pag.18; memoria, pag.5) che Spa rge dubbi sulla totale estraneità dei ricorrenti alle accuse a suo tempo rivolte nei loro confronti dagli inquirenti, citando un brano, per vero decontestualizzato, della sentenza assolutoria, che lascerebbe pesanti ombre sulle condotte dei signori XXX, soprattutto, e XXX, e sottolinea come l'assoluzione sia stata pronunciata sulla base di una incertezza probatoria ex art. 530 c.p.p., comma 2.

Non è contestato ed è documentato che i ricorrenti sono stati assolti, con sentenza passata in giudicato, dalle accuse per cui erano stati indagati e sottoposti a misure cautelari e abbiano ottenuto altresì il risarcimento per ingiusta detenzione.

Tanto basta a sopire ogni dubbio circa una loro responsabilità penale per i fatti addebitati che non sono stati ritenuti provati dall'autorità giudiziaria competente e nella sede propria.

25. Per la soluzione del conflitto così delineato è indispensabile procedere a un bilanciamento dei valori in gioco, che va condotto tenendo conto primariamente della disciplina Europea contenuta nel regolamento UE 679/2016 (GDPR), non applicato ratione temporis nei precedenti arresti giurisprudenziali di questa Corte.

Il Considerando 4 del GDPR afferma che il diritto alla protezione dei dati di carattere personale non è una prerogativa assoluta, ma va considerato alla luce della sua funzione sociale e va contemperato con altri diritti fondamentali, in ossequio al principio di proporzionalità, tra i quali la libertà di pensiero, la libertà di espressione e d'informazione e la libertà d'impresa.

Il considerando 65 afferma che un interessato dovrebbe avere il diritto di ottenere la rettifica dei dati personali che lo riguardano e il "diritto all'oblio" se la conservazione di tali dati violi il regolamento o il diritto dell'Unione o degli Stati membri cui è soggetto il titolare del trattamento.

In particolare, l'interessato dovrebbe avere il diritto di chiedere che siano cancellati e non più sottoposti a trattamento i propri dati personali che non siano più necessari per le finalità per le quali sono stati raccolti o altrimenti trattati, quando abbia revocato il proprio consenso o si sia opposto al trattamento dei dati personali che lo riguardano o quando il trattamento dei suoi dati personali non sia altrimenti conforme al regolamento. Tuttavia, dovrebbe essere lecita l'ulteriore conservazione dei dati personali qualora sia necessaria per esercitare il diritto alla libertà di espressione e di informazione, per adempiere un obbligo legale, per eseguire un compito di interesse pubblico o nell'esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento, per motivi di interesse pubblico nel settore della sanità pubblica, a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici, ovvero per accertare, esercitare o difendere un diritto in sede giudiziaria.

Per il considerando 66 per rafforzare il "diritto all'oblio" nell'ambiente online, è opportuno che il diritto di cancellazione sia esteso in modo tale da obbligare il titolare del trattamento che ha pubblicato dati personali a informare i titolari del trattamento che trattano tali dati personali di cancellare qualsiasi link verso tali dati personali o copia o riproduzione di detti dati personali. Nel fare ciò, è opportuno che il titolare del trattamento adotti misure ragionevoli, tenendo conto della tecnologia disponibile e dei mezzi a disposizione del titolare del trattamento, comprese misure tecniche, per informare della richiesta dell'interessato i titolari del trattamento che trattano i dati personali.

Stando al considerando 156, il trattamento di dati personali a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici dovrebbe essere soggetto a garanzie adeguate per i diritti e le libertà dell'interessato, in conformità del regolamento, che dovrebbero assicurare che siano state predisposte misure tecniche e organizzative al fine di garantire, in particolare, il principio della minimizzazione dei dati. L'ulteriore trattamento di dati personali a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici è da effettuarsi quando il titolare del trattamento ha valutato la fattibilità di conseguire tali finalità trattando dati personali che non consentono o non consentono più di identificare l'interessato, purchè esistano garanzie adeguate (come ad esempio la pseudonimizzazione dei dati personali). Gli Stati membri dovrebbero prevedere garanzie adeguate per il trattamento di dati personali per finalità di archiviazione nel pubblico interesse, per finalità di ricerca scientifica o storica o per finalità statistiche.

26. L'art. 5, par.1, lett. b), del GDPR prescrive che i dati personali, raccolti per finalità determinate, esplicite e legittime, siano successivamente trattati in modo che non sia incompatibile con tali finalità ed ammette un ulteriore trattamento dei dati personali a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici che non è, conformemente all'art. 89, paragrafo 1, incompatibile con le finalità iniziali.

Alla successiva lett. c) viene formulato il principio della "minimizzazione dei dati", per cui essi debbono essere adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati.

La lett. d) dello stesso articolo esige che i dati siano esatti e, se necessario, aggiornati e prescrive l'adozione di tutte le misure ragionevoli per cancellare o rettificare tempestivamente i dati inesatti rispetto alle finalità per le quali sono trattati (principio dell'"esattezza").

La lettera e), infine, ammette l'identificazione degli interessati per un arco di tempo non superiore al conseguimento delle finalità per le quali i dati sono trattati; i dati personali possono essere conservati per periodi più lunghi a condizione che siano trattati esclusivamente a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici, conformemente all'art. 89, paragrafo 1, fatta salva l'attuazione di misure tecniche e organizzative adeguate richieste dal presente regolamento a tutela dei diritti e delle libertà dell'interessato (principio della "limitazione della conservazione").

Ai sensi dell'art. 16 l'interessato ha il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la rettifica dei dati personali inesatti che lo riguardano senza ingiustificato ritardo.

Secondo l'art. 17 l'interessato ha il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati personali che lo riguardano senza ingiustificato ritardo e il titolare del trattamento ha l'obbligo di cancellare senza ingiustificato ritardo i dati personali, quando essi non sono più necessari rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti o altrimenti trattati (lettera a), o l'interessato si oppone al trattamento nei casi previsti (lettera c), o ancora i dati personali sono stati trattati illecitamente (lettera d).

In forza del terzo paragrafo dell'art. 17 fanno eccezione, tra l'altro e per quanto qui rileva, i casi in cui il trattamento sia necessario: a) per l'esercizio del diritto alla libertà di espressione e di informazione, o d) a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici conformemente all'art. 89, paragrafo 1, nella misura in cui il diritto di cui al paragrafo 1 rischi di rendere impossibile o di pregiudicare gravemente il conseguimento degli obiettivi di tale trattamento.

La norma chiave è contenuta proprio nell'art. 89, che riguarda le garanzie e deroghe relative al trattamento a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici, che prevede che il trattamento a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici è soggetto a garanzie adeguate per i diritti e le libertà dell'interessato, in conformità al regolamento.

Tali garanzie assicurano che siano state predisposte misure tecniche e organizzative, in particolare al fine di garantire il rispetto del principio della minimizzazione dei dati.

Tali misure possono includere la pseudonimizzazione, purchè le finalità in questione possano essere conseguite in tal modo. Qualora possano essere conseguite attraverso il trattamento ulteriore che non consenta o non consenta più di identificare l'interessato, tali finalità devono essere conseguite in tal modo.

27. Quanto alla disciplina nazionale, attuativa del GDPR, il D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 4 ("Codice della privacy", ovvero Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al regolamento UE n. 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonchè alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE) all'art. 4, comma 4, precisa che ai fini del codice si intende per: a) "scopi storici", le finalità di studio, indagine, ricerca e documentazione di figure, fatti e circostanze del passato; b) "scopi statistici", le finalità di indagine statistica o di produzione di risultati statistici, anche a mezzo di sistemi informativi statistici; c) "scopi scientifici", le finalità di studio e di indagine sistematica finalizzata allo sviluppo delle conoscenze scientifiche in uno specifico settore.

L'art. 11 del Codice, sempre in armonia con la disciplina Europea, prescrive che i dati personali oggetto di trattamento sono: a) trattati in modo lecito e secondo correttezza; b) raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, ed utilizzati in altre operazioni del trattamento in termini compatibili con tali scopi; c) esatti e, se necessario, aggiornati; d) pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono raccolti o successivamente trattati; e) conservati in una forma che consenta l'identificazione dell'interessato per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati.

L'art. 99, in tema di durata del trattamento, dispone che il trattamento di dati personali a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici può essere effettuato anche oltre il periodo di tempo necessario per conseguire i diversi scopi per i quali i dati sono stati in precedenza raccolti o trattati. Inoltre, ai fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici possono comunque essere conservati o ceduti ad altro titolare i dati personali dei quali, per qualsiasi causa, è cessato il trattamento nel rispetto di quanto previsto dall'art. 89, paragrafo 1, del Regolamento.

Omissis

Diritto all'oblio articolo di giornale: la soluzione del caso e le tutele per il soggetto leso

Cass. 31 gennaio 2023, n. 2893 sul diritto all’oblio articolo di giornale, alla luce della disciplina ora richiamata, offre questa soluzione per contemperare gli interessi coinvolti nella questione, da un lato quello dell’informazione e dall’altro quello del diritto all’oblio di un articolo di giornale.

La soluzione è quella indicata nella massima e ciò per le motivazioni che seguono:

Omissis

28. La Corte, come già anticipato, ritiene che l'equo contemperamento dei diritti in conflitto non possa essere raggiunto attraverso l'accoglimento della richiesta principale dei ricorrenti, ossia la cancellazione tout court degli articoli in questione dall'archivio on line del quotidiano, che annichilerebbe con l'iperprotezione dei diritti alla riservatezza degli interessati la funzione di memoria storica e documentale dell'archivio del giornale, che è oggetto di un rilevante interesse pubblico, di rilievo anch'esso costituzionale ex artt. 21 e 33 Cost., come rammenta esattamente la controricorrente.

In altri termini, non sarebbe più possibile accedere all'originario contenuto degli articoli ad uno studioso, storico o sociologo, intenzionato a ricostruire l'andamento dei processi per reati contro la pubblica amministrazione in quell'epoca, per esaminare il contenuto delle accuse e il loro esito; e ciò anche se, poniamo, l'obiettivo della sua inchiesta fosse rivolto a dimostrare gli eccessi di repressione giudiziaria o gli abusi della carcerazione preventiva in un certo contesto Spa zio-temporale oppure l'atteggiamento, più o meno "giustizialista" o "garantista", della stampa e dell'opinione pubblica in quel contesto.

29. Una via adeguata di contemperamento non è neppure quella della manipolazione del testo con l'introduzione di pseudonimi sostitutivi o omissioni nominative, pur astrattamente contemplata dal GDPR. Infatti, lo stesso art. 89 GDPR consente tali accorgimenti solo se le finalità in questione possano essere conseguite in tal modo e non è questo il caso.

La memoria storica dell'archivio diverrebbe incompleta e falsata e così se ne perderebbe la funzione.

30. Non è così per la richiesta di aggiornamento mediante la mera apposizione agli articoli, su istanza dell'interessato, di una nota informativa volta a dar conto del successivo esito dei procedimenti giudiziari con l'assoluzione degli interessati e il risarcimento del danno per ingiusta detenzione.

In tal modo l'identità dell'articolo, che in sè e per sè rimane intonso, è adeguatamente preservata a fini di ricerca storico-documentaristica, ma al contempo vengono rispettati i fondamentali principi di minimizzazione ed esattezza sopra illustrati.

La soluzione accolta è inoltre conforme al principio di contestualizzazione e aggiornamento dell'informazione.

Non paiono pertinenti rispetto a questo accorgimento le critiche sopra riassunte nel p. 15: non si richiede infatti al gestore dell'archivio di attivarsi in via generale per l'aggiornamento delle informazioni alla luce degli sviluppi giudiziari successivi, che genererebbe effettivamente costi ingenti e probabilmente insostenibili, incompatibili con la persistente economicità degli archivi, ma solo di corrispondere senza ritardo a puntuali e specifiche richieste degli interessati, documentalmente suffragate, non solo con la deindicizzazione ma anche con l'apposizione di una breve nota informativa sull'esito finale della vicenda giudiziaria, in calce o a margine della pagina ove figura l'articolo.

31. La regola fondamentale per ogni bilanciamento di diritti richiede la valutazione comparativa della gravità del sacrificio imposto agli interessi in conflitto: la normale tollerabilità di una ingerenza nel diritto altrui, secondo una risalente ma autorevolissima dottrina, va accertata anche alla luce dei costi necessari per prevenirla.

E nel caso è sufficiente un costo modesto (l'inserzione di una breve nota in calce o a margine e solo su richiesta di parte, che non altera la funzione tipica dell'archivio) per la prevenzione di un pregiudizio ben più consistente per l'interessato.

Tale modesto sacrificio ben può essere accollato a chi gestisce l'impresa giornalistica, in logica di profitto, quale onere accessorio all'attività imprenditoriale, che scatta solo se ed in quanto l'interessato richieda la rettifica esplicativa del dato personale e l'inesattezza del dato viene dedotta sulla base di accertamenti obiettivi e incontrovertibili quali quelli provenienti da un documentato accertamento giudiziario passato in giudicato.

Naturalmente questa tutela si aggiunge a quella consistente nella deindicizzazione, nel caso accordata dalla attuale controricorrente tempestivamente secondo la sentenza del Tribunale, non impugnata al riguardo.

Omissis

Marco Ticozzi Avvocato Venezia

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