Diritto oblio articolo di giornale: quale tutela?
Esiste il diritto all’oblio di un articolo di giornale? Un articolo
di giornale in cui siano riportati fatti di cronaca, magari diffamatori per una
persona, può essere deindicizzato o cancellato o modificato in forza del
diritto all’oblio?
Chiaramente, se l’articolo è diffamatorio, può essere
avviata una causa contro il giornale.
Ma quando non sia possibile, perché l’articolo di giornale era
lecito limitandosi ad esempio a dare conto di una imputazione o di un processo,
è possibile a distanza di tempo e in forza al diritto all’oblio chiedere la
deindicizzazione, la sua modifica (ad esempio con la cancellazione del nome o con
l’inserimento di una nota che riporti il fatto che sia intervenuta una
assoluzione) o addirittura la cancellazione?
La recente sentenza Cass. 31 gennaio 2023, n. 2893 ripercorre la giurisprudenza sul punto e indica quali tutele abbia il soggetto che chieda l’applicazione del diritto all’oblio in relazione a un articolo di giornale.
Lo studio legale dell'avv. prof. Marco Ticozzi assiste i propri clienti nelle causa per l'accertamento della diffamazione a mezzo stampa, quando ve ne sono i presupposti, ma anche per la modifica e deindicizzazione dell'articolo di giornale che contrasti con il diritto all'oblio della persona interessata.

Diritto all’oblio articolo di giornale: la massima di Cass. 31 gennaio 2023, n. 2893
Partiamo dalla fine e, prima ancora di esaminare le
motivazioni, vediamo quale è il principio di diritto indicato da Cass. 31 gennaio
2023, n. 2893 in tema di Diritto all’oblio articolo di giornale.
Possiamo riassumere la sentenza sul diritto all’oblio
articolo di giornale con questa massima:
"In tema di trattamento dei dati personali e di diritto
all'oblio, è lecita la permanenza di un articolo di stampa, a suo
tempo legittimamente pubblicato, nell'archivio informatico di un
quotidiano, relativo a fatti risalenti nel tempo oggetto di una inchiesta
giudiziaria, poi sfociata nell'assoluzione dell'imputato, purché, a
richiesta dell'interessato, l'articolo sia deindicizzato e non sia reperibile
attraverso i comuni motori di ricerca, ma solo attraverso l'archivio storico
del quotidiano e purché, a richiesta documentata dell'interessato,
all'articolo sia apposta una sintetica nota informativa, a margine o in calce,
che dia conto dell'esito finale del procedimento giudiziario in forza di
provvedimenti passati in giudicato, in tal modo contemperandosi in modo
bilanciato il diritto ex art. 21 Cost. della collettività ad essere informata e
a conservare memoria del fatto storico con quello del titolare dei dati
personali archiviati a non subire una indebita lesione della propria immagine
sociale".
Il caso esaminato da Cass. 31 gennaio 2023, n. 2893
in tema di Diritto all’oblio articolo di giornale è dunque quello dell’articolo
legittimamente pubblicato al tempo dell’inchiesta o del processo che sia conto dei
fatti dell’epoca e della successiva assoluzione della persona indica nell’articolo
di giornale.
Per la sentenza non è possibile cancellare o rimuovere l’articolo
ma la persona può, in forza del diritto all’oblio, chiedere:
la deindicizzazione dell’articolo, che quindi non sarebbe
trovabile con Google o altri motori di ricerca ma solo all’interno del giornale
o del suo sito;
l’aggiunta di una nota informativa nell’articolo di giornale,
che di atto della successiva assoluzione.
Per la sentenza, come vedremo dalle sue motivazioni, questa
soluzione contempera i diritti dei soggetti coinvolti: quello dell’informazione
e quello del diritto all’oblio dell’interessato.
Quale motivazione ha Cass. 31 gennaio 2023, n. 2893 in merito a questa soluzione per garantire il diritto all’oblio in relazione a un articolo di giornale?
Vediamo dunque le motivazioni di Cass. 31 gennaio 2023, n.
2893 sul diritto all’oblio articolo di giornale.
Omissis
2. Il Collegio ritiene di dover rimeditare, solo
parzialmente, gli orientamenti giurisprudenziali illustrati, secondo il quale
la tutela dei diritti dell'interessato, successivamente prosciolto in sede
giudiziaria, nel caso di conservazione nell'archivio storico digitale di un
giornale delle copie di articoli a suo tempo legittimamente pubblicati
nell'esercizio del diritto di cronaca relativi all'inchiesta giudiziaria di
pubblico interesse che lo aveva coinvolto, è adeguatamente assicurata dalla
deindicizzazione e non può comportare la cancellazione o la manipolazione degli
articoli.
Queste regole, cioè, in sostanziale continuità con la
giurisprudenza citata, vanno ribadite, ma all'interessato va riconosciuto anche
il diritto, a certe condizioni, alla contestuale pubblicazione di
un'informazione correttiva.
La deindicizzazione, come ha illustrato efficacemente la
citata sentenza n. 3952 del 2022 rappresenta il rimedio atto ad evitare che il
nome della persona sia associato dal motore di ricerca ai fatti di cui internet
continua a conservare memoria e in tal modo asseconda il diritto della persona
a non essere trovata facilmente sulla rete (right not to be found easily).
Questo strumento - è stato detto in quell'occasione -
"vale cioè ad escludere azioni di ricerca che, partendo dal nome della
persona, portino a far conoscere ambiti della vita passata di questa che siano
correlati a vicende che in sè presentino ancora un interesse (e che non possono
perciò essere totalmente oscurate), evitando che l'utente di internet, il quale
ignori il coinvolgimento della persona nelle vicende in questione, si imbatta
nelle relative notizie per ragioni casuali, o in quanto animato dalla curiosità
di conoscere aspetti della trascorsa vita altrui di cui la rete ha ancora
memoria". D'altro canto, come ben evidenziato dalla ordinanza n. 9147 del
2020, l'utilità del rimedio della deindicizzazione si collega alla particolare
offensività delle modalità della permanenza in rete della notizia, che consente
l'accesso generalizzato ed indistinto consentito agli utenti del web ai suoi
contenuti in seguito alla digitazione sulla query del motore di ricerca del
nominativo dell'interessato.
Principi questi confermati anche dalle pronunce successive e
da ultimo ancora dall'ordinanza della Sez.1, n. 34658 del 24.11.2022. L'utilità
della deindicizzazione appare armonica con l'evoluzione, successiva ai fatti di
causa, del nostro ordinamento espressa dall'art. 64 ter disp. att. c.p.p.,
introdotto dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, art. 41, comma 1, lett. f), in
tema di "Diritto all'oblio degli imputati e delle persone sottoposte ad
indagini", secondo il quale la persona nei cui confronti sono stati
pronunciati una sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere ovvero
un provvedimento di archiviazione può richiedere che sia preclusa l'indicizzazione
o che sia disposta la deindicizzazione, sulla rete internet, dei dati personali
riportati nella sentenza o nel provvedimento, ai sensi e nei limiti dell'art.
17 del regolamento (UE) n. 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del
27 aprile 2016.
Omissis
La disciplina applicabile alla soluzione del caso sul diritto all’oblio di un articolo di giornale
La sentenza Cass. 31 gennaio 2023, n. 2893 sul diritto
all’oblio articolo di giornale si chiede se la deindicizzazione sia sufficiente
se sia possibile disporre la cancellazione dell’articolo o la cancellazione del
nome della persona interessata o almeno l’aggiunta di una nota in cui si
indichi che tale soggetto è stato assolto.
Per fa ciò ripercorre la disciplina applicabile, nazionale e
comunitaria.
Vediamo la motivazione sul punto:
Omissis
Ci si deve interrogare tuttavia se la sola deindicizzazione,
come ritenuto dal Tribunale partenopeo sia sufficiente a garantire in modo
adeguato il diritto all'oblio dell'interessato, o se a costui debba essere
riconosciuta una tutela ancora più incisiva.
23. Nel caso è evidente l'insorgere di un conflitto fra il
diritto dell'interessato alla tutela dei suoi dati personali e alla
riservatezza, che si declina nel diritto a essere dimenticato, e il diritto
all'informazione, che si esprime, in particolare, nell'esigenza di
conservazione della memoria del passato in funzione storica e archivistica.
I ricorrenti, da un lato, avvertono il vulnus della
persistenza oggettiva, senza alcuna cautela ripristinatoria della verità,
nell'archivio storico del giornale delle notizie, a suo tempo legittimamente
pubblicate, dell'indagine nei loro confronti con arresti domiciliari per accuse
infamanti, dopo essere stati assolti da ogni accusa e risarciti per l'ingiusta
detenzione subita.
Dall'altra, la controricorrente invoca a proprio sostegno la
finalità archivistica e di ricerca storica, che, presuppone non solo che la
notizia sia conservata e quindi accessibile, ma che la stessa sia anche
custodita nella sua struttura originale, senza alterazioni. Ciò, per effetto
della recepita deindicizzazione, avviene attraverso più complesse modalità di
ricerca, ovverosia l'articolo e la notizia in contestazione sono resi
disponibili solo dall'attivazione dello specifico motore di ricerca all'interno
del quotidiano, proprio all'esito dalla predetta deindicizzazione nei comuni
motori di ricerca on line.
La controricorrente invoca pertanto, ex artt. 21 e 33 Cost.,
il generale diritto alla conoscenza di tutto quanto in origine lecitamente
veicolato al pubblico dalla stampa, con conseguente liceità del fine del
trattamento dei dati personali contenuti in un archivio giornalistico (tanto
cartaceo, quanto telematico, stante la loro perfetta equiparazione). La
controricorrente sostiene altresì che l'archivio giornalistico e l'attività di
raccolta e archiviazione delle passate edizioni di un quotidiano accomuna tutti
gli accadimenti che si sono verificati nel tempo e che a tale attività deve
riconoscersi copertura costituzionale in quanto strumentalmente connessa
all'attività di ricerca storica e perchè contestuale espressione del diritto di
manifestazione del pensiero.
24. Prima di procedere oltre, è doveroso sgombrare il campo
da una difesa proposta dalla controricorrente (cfr controricorso, pag.18;
memoria, pag.5) che Spa rge dubbi sulla totale estraneità dei ricorrenti alle
accuse a suo tempo rivolte nei loro confronti dagli inquirenti, citando un
brano, per vero decontestualizzato, della sentenza assolutoria, che lascerebbe
pesanti ombre sulle condotte dei signori XXX, soprattutto, e XXX, e sottolinea
come l'assoluzione sia stata pronunciata sulla base di una incertezza
probatoria ex art. 530 c.p.p., comma 2.
Non è contestato ed è documentato che i ricorrenti sono
stati assolti, con sentenza passata in giudicato, dalle accuse per cui erano
stati indagati e sottoposti a misure cautelari e abbiano ottenuto altresì il
risarcimento per ingiusta detenzione.
Tanto basta a sopire ogni dubbio circa una loro
responsabilità penale per i fatti addebitati che non sono stati ritenuti
provati dall'autorità giudiziaria competente e nella sede propria.
25. Per la soluzione del conflitto così delineato è
indispensabile procedere a un bilanciamento dei valori in gioco, che va
condotto tenendo conto primariamente della disciplina Europea contenuta nel
regolamento UE 679/2016 (GDPR), non applicato ratione temporis nei precedenti
arresti giurisprudenziali di questa Corte.
Il Considerando 4 del GDPR afferma che il diritto alla
protezione dei dati di carattere personale non è una prerogativa assoluta, ma
va considerato alla luce della sua funzione sociale e va contemperato con altri
diritti fondamentali, in ossequio al principio di proporzionalità, tra i quali
la libertà di pensiero, la libertà di espressione e d'informazione e la libertà
d'impresa.
Il considerando 65 afferma che un interessato dovrebbe avere
il diritto di ottenere la rettifica dei dati personali che lo riguardano e il
"diritto all'oblio" se la conservazione di tali dati violi il
regolamento o il diritto dell'Unione o degli Stati membri cui è soggetto il
titolare del trattamento.
In particolare, l'interessato dovrebbe avere il diritto di
chiedere che siano cancellati e non più sottoposti a trattamento i propri dati
personali che non siano più necessari per le finalità per le quali sono stati
raccolti o altrimenti trattati, quando abbia revocato il proprio consenso o si
sia opposto al trattamento dei dati personali che lo riguardano o quando il
trattamento dei suoi dati personali non sia altrimenti conforme al regolamento.
Tuttavia, dovrebbe essere lecita l'ulteriore conservazione dei dati personali
qualora sia necessaria per esercitare il diritto alla libertà di espressione e
di informazione, per adempiere un obbligo legale, per eseguire un compito di
interesse pubblico o nell'esercizio di pubblici poteri di cui è investito il
titolare del trattamento, per motivi di interesse pubblico nel settore della
sanità pubblica, a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca
scientifica o storica o a fini statistici, ovvero per accertare, esercitare o
difendere un diritto in sede giudiziaria.
Per il considerando 66 per rafforzare il "diritto
all'oblio" nell'ambiente online, è opportuno che il diritto di
cancellazione sia esteso in modo tale da obbligare il titolare del trattamento
che ha pubblicato dati personali a informare i titolari del trattamento che
trattano tali dati personali di cancellare qualsiasi link verso tali dati
personali o copia o riproduzione di detti dati personali. Nel fare ciò, è
opportuno che il titolare del trattamento adotti misure ragionevoli, tenendo
conto della tecnologia disponibile e dei mezzi a disposizione del titolare del
trattamento, comprese misure tecniche, per informare della richiesta
dell'interessato i titolari del trattamento che trattano i dati personali.
Stando al considerando 156, il trattamento di dati personali
a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o
storica o a fini statistici dovrebbe essere soggetto a garanzie adeguate per i
diritti e le libertà dell'interessato, in conformità del regolamento, che
dovrebbero assicurare che siano state predisposte misure tecniche e
organizzative al fine di garantire, in particolare, il principio della
minimizzazione dei dati. L'ulteriore trattamento di dati personali a fini di
archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini
statistici è da effettuarsi quando il titolare del trattamento ha valutato la
fattibilità di conseguire tali finalità trattando dati personali che non
consentono o non consentono più di identificare l'interessato, purchè esistano
garanzie adeguate (come ad esempio la pseudonimizzazione dei dati personali).
Gli Stati membri dovrebbero prevedere garanzie adeguate per il trattamento di
dati personali per finalità di archiviazione nel pubblico interesse, per
finalità di ricerca scientifica o storica o per finalità statistiche.
26. L'art. 5, par.1, lett. b), del GDPR prescrive che i dati
personali, raccolti per finalità determinate, esplicite e legittime, siano
successivamente trattati in modo che non sia incompatibile con tali finalità ed
ammette un ulteriore trattamento dei dati personali a fini di archiviazione nel
pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici che
non è, conformemente all'art. 89, paragrafo 1, incompatibile con le finalità
iniziali.
Alla successiva lett. c) viene formulato il principio della
"minimizzazione dei dati", per cui essi debbono essere adeguati,
pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali
sono trattati.
La lett. d) dello stesso articolo esige che i dati siano
esatti e, se necessario, aggiornati e prescrive l'adozione di tutte le misure
ragionevoli per cancellare o rettificare tempestivamente i dati inesatti
rispetto alle finalità per le quali sono trattati (principio
dell'"esattezza").
La lettera e), infine, ammette l'identificazione degli
interessati per un arco di tempo non superiore al conseguimento delle finalità
per le quali i dati sono trattati; i dati personali possono essere conservati
per periodi più lunghi a condizione che siano trattati esclusivamente a fini di
archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini
statistici, conformemente all'art. 89, paragrafo 1, fatta salva l'attuazione di
misure tecniche e organizzative adeguate richieste dal presente regolamento a
tutela dei diritti e delle libertà dell'interessato (principio della
"limitazione della conservazione").
Ai sensi dell'art. 16 l'interessato ha il diritto di
ottenere dal titolare del trattamento la rettifica dei dati personali inesatti
che lo riguardano senza ingiustificato ritardo.
Secondo l'art. 17 l'interessato ha il diritto di ottenere
dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati personali che lo
riguardano senza ingiustificato ritardo e il titolare del trattamento ha
l'obbligo di cancellare senza ingiustificato ritardo i dati personali, quando
essi non sono più necessari rispetto alle finalità per le quali sono stati
raccolti o altrimenti trattati (lettera a), o l'interessato si oppone al
trattamento nei casi previsti (lettera c), o ancora i dati personali sono stati
trattati illecitamente (lettera d).
In forza del terzo paragrafo dell'art. 17 fanno eccezione,
tra l'altro e per quanto qui rileva, i casi in cui il trattamento sia
necessario: a) per l'esercizio del diritto alla libertà di espressione e di
informazione, o d) a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca
scientifica o storica o a fini statistici conformemente all'art. 89, paragrafo
1, nella misura in cui il diritto di cui al paragrafo 1 rischi di rendere
impossibile o di pregiudicare gravemente il conseguimento degli obiettivi di tale
trattamento.
La norma chiave è contenuta proprio nell'art. 89, che
riguarda le garanzie e deroghe relative al trattamento a fini di archiviazione
nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici,
che prevede che il trattamento a fini di archiviazione nel pubblico interesse,
di ricerca scientifica o storica o a fini statistici è soggetto a garanzie
adeguate per i diritti e le libertà dell'interessato, in conformità al
regolamento.
Tali garanzie assicurano che siano state predisposte misure
tecniche e organizzative, in particolare al fine di garantire il rispetto del
principio della minimizzazione dei dati.
Tali misure possono includere la pseudonimizzazione, purchè
le finalità in questione possano essere conseguite in tal modo. Qualora possano
essere conseguite attraverso il trattamento ulteriore che non consenta o non
consenta più di identificare l'interessato, tali finalità devono essere
conseguite in tal modo.
27. Quanto alla disciplina nazionale, attuativa del GDPR, il
D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 4 ("Codice della privacy", ovvero Codice
in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per
l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al regolamento UE n. 2016/679 del
Parlamento Europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla
protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati
personali, nonchè alla libera circolazione di tali dati e che abroga la
direttiva 95/46/CE) all'art. 4, comma 4, precisa che ai fini del codice si
intende per: a) "scopi storici", le finalità di studio, indagine,
ricerca e documentazione di figure, fatti e circostanze del passato; b)
"scopi statistici", le finalità di indagine statistica o di
produzione di risultati statistici, anche a mezzo di sistemi informativi
statistici; c) "scopi scientifici", le finalità di studio e di
indagine sistematica finalizzata allo sviluppo delle conoscenze scientifiche in
uno specifico settore.
L'art. 11 del Codice, sempre in armonia con la disciplina
Europea, prescrive che i dati personali oggetto di trattamento sono: a)
trattati in modo lecito e secondo correttezza; b) raccolti e registrati per
scopi determinati, espliciti e legittimi, ed utilizzati in altre operazioni del
trattamento in termini compatibili con tali scopi; c) esatti e, se necessario,
aggiornati; d) pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per
le quali sono raccolti o successivamente trattati; e) conservati in una forma
che consenta l'identificazione dell'interessato per un periodo di tempo non
superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o
successivamente trattati.
L'art. 99, in tema di durata del trattamento, dispone che il
trattamento di dati personali a fini di archiviazione nel pubblico interesse,
di ricerca scientifica o storica o a fini statistici può essere effettuato
anche oltre il periodo di tempo necessario per conseguire i diversi scopi per i
quali i dati sono stati in precedenza raccolti o trattati. Inoltre, ai fini di
archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini
statistici possono comunque essere conservati o ceduti ad altro titolare i dati
personali dei quali, per qualsiasi causa, è cessato il trattamento nel rispetto
di quanto previsto dall'art. 89, paragrafo 1, del Regolamento.
Omissis
Diritto all'oblio articolo di giornale: la soluzione del caso e le tutele per il soggetto leso
Cass. 31 gennaio 2023, n. 2893 sul diritto all’oblio
articolo di giornale, alla luce della disciplina ora richiamata, offre questa
soluzione per contemperare gli interessi coinvolti nella questione, da un lato
quello dell’informazione e dall’altro quello del diritto all’oblio di un
articolo di giornale.
La soluzione è quella indicata nella massima e ciò per le motivazioni
che seguono:
Omissis
28. La Corte, come già anticipato, ritiene che l'equo
contemperamento dei diritti in conflitto non possa essere raggiunto attraverso
l'accoglimento della richiesta principale dei ricorrenti, ossia la
cancellazione tout court degli articoli in questione dall'archivio on line del
quotidiano, che annichilerebbe con l'iperprotezione dei diritti alla
riservatezza degli interessati la funzione di memoria storica e documentale
dell'archivio del giornale, che è oggetto di un rilevante interesse pubblico,
di rilievo anch'esso costituzionale ex artt. 21 e 33 Cost., come rammenta
esattamente la controricorrente.
In altri termini, non sarebbe più possibile accedere
all'originario contenuto degli articoli ad uno studioso, storico o sociologo,
intenzionato a ricostruire l'andamento dei processi per reati contro la
pubblica amministrazione in quell'epoca, per esaminare il contenuto delle
accuse e il loro esito; e ciò anche se, poniamo, l'obiettivo della sua
inchiesta fosse rivolto a dimostrare gli eccessi di repressione giudiziaria o
gli abusi della carcerazione preventiva in un certo contesto Spa zio-temporale
oppure l'atteggiamento, più o meno "giustizialista" o
"garantista", della stampa e dell'opinione pubblica in quel contesto.
29. Una via adeguata di contemperamento non è neppure quella
della manipolazione del testo con l'introduzione di pseudonimi sostitutivi o
omissioni nominative, pur astrattamente contemplata dal GDPR. Infatti, lo
stesso art. 89 GDPR consente tali accorgimenti solo se le finalità in questione
possano essere conseguite in tal modo e non è questo il caso.
La memoria storica dell'archivio diverrebbe incompleta e
falsata e così se ne perderebbe la funzione.
30. Non è così per la richiesta di aggiornamento mediante la
mera apposizione agli articoli, su istanza dell'interessato, di una nota
informativa volta a dar conto del successivo esito dei procedimenti giudiziari
con l'assoluzione degli interessati e il risarcimento del danno per ingiusta
detenzione.
In tal modo l'identità dell'articolo, che in sè e per sè
rimane intonso, è adeguatamente preservata a fini di ricerca
storico-documentaristica, ma al contempo vengono rispettati i fondamentali
principi di minimizzazione ed esattezza sopra illustrati.
La soluzione accolta è inoltre conforme al principio di
contestualizzazione e aggiornamento dell'informazione.
Non paiono pertinenti rispetto a questo accorgimento le
critiche sopra riassunte nel p. 15: non si richiede infatti al gestore
dell'archivio di attivarsi in via generale per l'aggiornamento delle informazioni
alla luce degli sviluppi giudiziari successivi, che genererebbe effettivamente
costi ingenti e probabilmente insostenibili, incompatibili con la persistente
economicità degli archivi, ma solo di corrispondere senza ritardo a puntuali e
specifiche richieste degli interessati, documentalmente suffragate, non solo
con la deindicizzazione ma anche con l'apposizione di una breve nota
informativa sull'esito finale della vicenda giudiziaria, in calce o a margine
della pagina ove figura l'articolo.
31. La regola fondamentale per ogni bilanciamento di diritti
richiede la valutazione comparativa della gravità del sacrificio imposto agli
interessi in conflitto: la normale tollerabilità di una ingerenza nel diritto
altrui, secondo una risalente ma autorevolissima dottrina, va accertata anche
alla luce dei costi necessari per prevenirla.
E nel caso è sufficiente un costo modesto (l'inserzione di
una breve nota in calce o a margine e solo su richiesta di parte, che non
altera la funzione tipica dell'archivio) per la prevenzione di un pregiudizio
ben più consistente per l'interessato.
Tale modesto sacrificio ben può essere accollato a chi
gestisce l'impresa giornalistica, in logica di profitto, quale onere accessorio
all'attività imprenditoriale, che scatta solo se ed in quanto l'interessato
richieda la rettifica esplicativa del dato personale e l'inesattezza del dato
viene dedotta sulla base di accertamenti obiettivi e incontrovertibili quali
quelli provenienti da un documentato accertamento giudiziario passato in
giudicato.
Naturalmente questa tutela si aggiunge a quella consistente
nella deindicizzazione, nel caso accordata dalla attuale controricorrente
tempestivamente secondo la sentenza del Tribunale, non impugnata al riguardo.
Omissis