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Liquidazione giudiziale: cosa cambia con il codice della crisi?

29 marzo 2023

Liquidazione giudiziale: cosa cambia nel 2022 con il codice della crisi d’impresa? Come noto nel 2022 è entrato in vigore il codice della crisi d’impresa. Tra le altre misure, si è prevista la sostituzione del fallimento con la liquidazione giudiziale. Ma è differente? Cosa cambia? Vediamo quali sono i presupposti per la dichiarazione della liquidazione giudiziale e le principali caratteristiche di questo istituto.

Liquidazione volontaria Codice della Crisi
Liquidazione volontaria Codice della Crisi

Liquidazione giudiziale: cosa cambia? quali sono i presupposti secondo il codice della crisi?

La liquidazione giudiziale è di fatto una procedura simile al fallimento.

Il presupposto per l’apertura della procedura di liquidazione giudiziale è quello di trovarsi di fronte a un imprenditore commerciale in stato di insolvenza e che possieda determinati limiti dimensionali, allo stesso modo in cui ciò avveniva per il fallimento.

In particolare l’art. 121 del codice della crisi prevede per la liquidazione giudiziale che Le disposizioni sulla liquidazione giudiziale si applicano agli imprenditori commerciali che non dimostrino il possesso congiunto dei requisiti di cui all'articolo 2, comma 1, lettera d), e che siano in stato di insolvenza.

Per cui, anzitutto, ciò che accomuna la liquidazione giudiziale con il fallimento è che si tratta di procedure applicabili ai soli imprenditori commerciali, attivabili in presenza del presupposto dell’insolvenza.

L’insolvenza quale presupposto per la procedura di liquidazione giudiziale

Il codice della crisi d’impresa non indica in cosa consista tale insolvenza, se non in modo generico all’art. 2 ove si indica che l’insolvenza che si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.

Riteniamo, comunque, che siano applicabili i principi già elaborati dalla giurisprudenza: riassume in modo preciso ciò che rappresenta l’insolvenza una recente sentenza della Corte d’Appello di Venezia, che distingue tra impresa in liquidazione e impresa non in liquidazione.

Se l’impresa non è in liquidazione ed è quindi operativa, l’insolvenza vi è se l’impresa stessa non è in grado di adempiere alle proprie obbligazioni. Si tratta di una valutazione che mette al centro la liquidità, perché ad esempio potrebbe fallire una impresa con un consistente patrimonio ma priva della liquidità necessaria ad assolvere regolarmente alle proprie obbligazioni.

Sul punto la Corte d’Appello di Venezia ha indicato che “il significato oggettivo dell'insolvenza implica una valutazione circa le condizioni economiche necessarie (secondo un criterio di normalità) all'esercizio di attività economiche; si identifica, dunque, con uno stato di impotenza funzionale non transitoria a soddisfare le obbligazioni inerenti all'impresa e si esprime, secondo una tipicità desumibile dai dati dell'esperienza economica, nell'incapacità di produrre beni con margine di redditività da destinare alla copertura delle esigenze di impresa (prima fra tutte l'estinzione dei debiti), nonché nell'impossibilità di ricorrere al credito a condizioni normali, senza rovinose decurtazioni del patrimonio (Cass. 7252/14)” (Corte d'Appello Venezia 07 novembre 2019).

In caso di impresa in liquidazione la valutazione è differente: mette al centro non tanti la liquidità quanto la differenza tra attivo e passivo: “la valutazione del giudice […] deve essere diretta ad accertare […] se gli elementi attivi del patrimonio sociale consentano di assicurare l'eguale ed integrale soddisfacimento dei creditori sociali (tra le altre, v. Cass.13644/13)” (Corte d'Appello Venezia 07 novembre 2019).

Limiti dimensionali prevista dal codice della crisi per la liquidazione giudiziale

Similmente a ciò che avveniva per il fallimento, anche per la procedura di liquidazione giudiziale sono fissati dei limiti dimensionali dell’impresa al di sotto dei quali non è possibile procedere.

Per cui la liquidazione giudiziale può essere evitata ai sensi dell’art. del codice della crisi d’impresa se la società sottoposta alla procedura volta alla dichiarazione di liquidazione giudiziale dimostri di possedere congiuntamente i seguenti requisiti:

    1. un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore;
    1. ricavi, in qualunque modo essi risultino, per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell'istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore;
    1. un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila.

Si tratta, come indica la previsione, di presupposti e requisiti da possedere congiuntamente: anche solo il superamento di uno di questi limiti comporta l’assoggettabilità alla liquidazione giudiziale.

La norma peraltro precisa anche che tali valori possono essere aggiornati ogni tre anni con decreto del Ministro della Giustizia adottato a norma dell'articolo 348.

L’art 49 del codice della crisi d’impresa prevede poi che non si fa luogo all'apertura della liquidazione giudiziale se l'ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell'istruttoria è complessivamente inferiore a euro trentamila. Tale importo è periodicamente aggiornato con le modalità di cui all'articolo 2, comma 1, lettera d).

Competenza per i procedimenti previsti dal codice della crisi d’impresa

Tra le norme di interesse del nuovo codice della crisi d’impresa ci sono anzitutto quelle sulla competenza: art. 27 e 28.

Tali disposizioni prevedono nella sostanza che Il tribunale competente per i procedimenti di accesso a uno strumento di regolazione della crisi e dell'insolvenza o a una procedura di insolvenza dipende dalla tipologia di procedimento. Per le imprese in amministrazione straordinaria e ai gruppi di imprese di rilevante dimensione, la competenza spetta al tribunale sede delle sezioni specializzate in materia di imprese.

Per tutti gli altri procedimenti, il tribunale competente è quello nel cui circondario il debitore ha il centro degli interessi principali.

Il centro degli interessi principali del debitore si presume coincidente:

  • a) per la persona fisica esercente attività d'impresa, con la sede legale risultante dal registro delle imprese o, in mancanza, con la sede effettiva dell'attività abituale;
  • b) per la persona fisica non esercente attività d'impresa, con la residenza o il domicilio e, se questi sono sconosciuti, con l'ultima dimora nota o, in mancanza, con il luogo di nascita. Se questo non è in Italia, la competenza è del Tribunale di Roma;
  • c) per la persona giuridica e gli enti, anche non esercenti attività d'impresa, con la sede legale risultante dal registro delle imprese o, in mancanza, con la sede effettiva dell'attività abituale o, se sconosciuta, secondo quanto previsto nella lettera b), con riguardo al legale rappresentante.

L'articolo 28 stabilisce che lo spostamento del centro degli interessi principali non è rilevante ai fini della competenza se è avvenuto nell'anno precedente alla presentazione della richiesta di accesso a uno strumento per la gestione delle crisi e dell'insolvenza o per l'avvio della liquidazione giudiziale.

Liquidazione giudiziale codice della crisi: legittimazione per la domanda e notificazione

Il processo per accedere agli strumenti di gestione delle crisi e dell'insolvenza e alla liquidazione giudiziale si svolge davanti al Tribunale in forma collegiale.

La domanda del debitore deve specificare il tribunale, l'oggetto, le motivazioni e le conclusioni, ed essere firmata dall'avvocato con procura.

Entro il giorno successivo al deposito, la richiesta è comunicata al registro delle imprese tramite il cancelliere. L'iscrizione avviene il giorno dopo e, se la richiesta include misure protettive, il conservatore ne fa menzione esplicita. La richiesta e i documenti allegati sono inviati al pubblico ministero.

Il codice della crisi d'impresa chiarisce che, nel processo di liquidazione giudiziale, il debitore può comparire personalmente.

Se la richiesta viene presentata da un creditore, da coloro che hanno funzioni di controllo o vigilanza sull'impresa o dal pubblico ministero, la notifica del ricorso e del decreto di convocazione deve essere effettuata elettronicamente all'indirizzo di posta certificata del debitore registrato nel registro delle imprese o nell'Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC). Il risultato della comunicazione viene inviato al richiedente via posta elettronica certificata. Se la notifica non è possibile o non ha esito positivo a causa del destinatario, il ricorso e il decreto vengono notificati dalla cancelleria attraverso l'area web riservata prevista dall'articolo 359. La notifica si considera eseguita il terzo giorno successivo all'inserimento.

Se la notifica non è possibile o non ha esito positivo per motivi non imputabili al destinatario, la notifica viene effettuata personalmente dal richiedente secondo l'articolo 107, comma 1, del DPR 15 dicembre 1959, n. 1229, presso la sede registrata nel registro delle imprese o presso la residenza per soggetti non iscritti. Se la notifica non può essere eseguita in questo modo, viene effettuata tramite deposito presso la casa comunale della sede registrata nel registro delle imprese o presso la residenza per soggetti non iscritti, perfezionandosi al momento del deposito. Per le persone fisiche non tenute ad avere un domicilio digitale, la notifica viene effettuata anche tramite affissione di avviso in busta chiusa e sigillata sulla porta dell'abitazione o dell'ufficio e mediante raccomandata con avviso di ricevimento.

Procedimento per la liquidazione giudiziale: instaurazione del contraddittorio

In seguito a una domanda di liquidazione giudiziale, il tribunale emette un decreto che convoca le parti entro 45 giorni dalla presentazione del ricorso. Tra la notifica e l'udienza, deve trascorrere un periodo di almeno 15 giorni. Tuttavia, questi tempi possono essere abbreviati dal presidente del tribunale o dal giudice relatore delegato con un decreto motivato, in caso di particolari urgenze.

Il decreto stabilisce un termine fino a sette giorni prima dell'udienza per la presentazione di memorie scritte o un termine ridotto nel caso menzionato nel primo periodo del comma 3. Quando il debitore si costituisce, deve depositare i bilanci degli ultimi tre anni o, se non è obbligato a redigere un bilancio, le dichiarazioni fiscali relative ai tre anni precedenti o per tutta la durata dell'impresa, se questa è stata più breve.

Il tribunale può delegare l'ascolto delle parti al giudice relatore. In questo caso, il giudice delegato si occupa dell'ammissione e dello svolgimento dei mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti d'ufficio. Il giudice può anche richiedere informazioni da banche dati pubbliche e registri pubblici.

Rinuncia alla domanda di liquidazione giudiziale codice della crisi

Capita con una certa frequenza che l’attivazione della richiesta di liquidazione giudiziale porti a una trattativa e ad accordi tra creditore e debitore.

Se l’accordo si raggiunge, questi di solito prevede la rinuncia alla richiesta di liquidazione giudiziale.

Cosa accade in questo caso?

L’art. 43 del codice della crisi d’impresa prevede che, in caso di rinuncia alla domanda di cui all'articolo 40, il procedimento si estingue fatta però salva la volontà di proseguirlo manifestata dagli intervenuti o dal pubblico ministero per l'apertura della liquidazione giudiziale.

Sull'estinzione il tribunale provvede con decreto e, nel dichiarare l'estinzione, può condannare la parte che vi ha dato causa alle spese.

Quando la domanda è stata iscritta nel registro delle imprese, il cancelliere comunica immediatamente il decreto di estinzione al medesimo registro per la sua iscrizione da effettuarsi entro il giorno successivo.

Decisione sulla richiesta di liquidazione giudiziale secondo il codice della crisi d'impresa

L’art. 49 del codice della crisi d’impresa prevede che il tribunale, definite le domande di accesso a uno strumento di regolazione della crisi e dell'insolvenza eventualmente proposte, su ricorso di uno dei soggetti legittimati e accertati i presupposti dell'articolo 121, dichiara con sentenza l'apertura della liquidazione giudiziale.

Con la sentenza il tribunale:

  • a) nomina il giudice delegato per la procedura;
  • b) nomina il curatore e, se utile, uno o più esperti per l'esecuzione di compiti specifici in luogo del curatore;
  • c) ordina al debitore il deposito entro tre giorni dei bilanci e delle scritture contabili e fiscali obbligatori;
  • d) stabilisce il luogo, il giorno e l'ora dell'udienza in cui si procederà all'esame dello stato passivo, entro il termine perentorio di non oltre centoventi giorni dal deposito della sentenza, ovvero centocinquanta giorni in caso di particolare complessità della procedura;
  • e) assegna ai creditori e ai terzi, che vantano diritti reali o personali su cose in possesso del debitore, il termine perentorio di trenta giorni prima dell'udienza di cui alla lettera d) per la presentazione delle domande di insinuazione;
  • f) autorizza il curatore, con le modalità di cui agli articoli 155-quater, 155-quinquies e 155-sexies delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile: 1) ad accedere alle banche dati dell'anagrafe tributaria e dell'archivio dei rapporti finanziari; 2) ad accedere alla banca dati degli atti assoggettati a imposta di registro e ad estrarre copia degli stessi; 3) ad acquisire l'elenco dei clienti e l'elenco dei fornitori di cui all'articolo 21 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 e successive modificazioni; 4) ad acquisire la documentazione contabile in possesso delle banche e degli altri intermediari finanziari relativa ai rapporti con l'impresa debitrice, anche se estinti; 5) ad acquisire le schede contabili dei fornitori e dei clienti relative ai rapporti con l'impresa debitrice.



Reclamo avverso il decreto che respinge la liquidazione giudiziale

Se il tribunale respinge la richiesta di liquidazione giudiziale, la decisione viene presa tramite un decreto motivato, che può essere contestato.

L'articolo 50 del codice della crisi d'impresa sulla liquidazione giudiziale stabilisce che, se il tribunale respinge la domanda, emette un decreto motivato. Il cancelliere comunica il decreto alle parti e, se è stata disposta la pubblicità della domanda, lo iscrive nel registro delle imprese.

Entro 30 giorni dalla comunicazione, il richiedente o il pubblico ministero possono presentare reclamo contro il decreto alla Corte di Appello, che, dopo aver ascoltato le parti, decide in camera di consiglio con un decreto motivato. Si applicano gli articoli 737 e 738 del codice di procedura civile.

Il decreto della corte di appello che respinge il reclamo non può essere impugnato in Cassazione. Tuttavia, se il reclamo viene accolto, la Corte di Appello dichiara aperta la liquidazione giudiziale con una sentenza e rimanda gli atti al tribunale, che adotta, con decreto, le misure previste dall'articolo 49, comma 3.

La sentenza della Corte d'Appello che dispone la liquidazione giudiziale può essere impugnata in Cassazione. La sentenza della corte di appello e il decreto del tribunale vengono iscritti nel registro delle imprese su richiesta del cancelliere del tribunale.

Impugnazione della sentenza del Tribunale di accoglimento della richiesta secondo il codice della crisi

Quando invece il Tribunale accoglie la richiesta di liquidazione giudiziale, provvede con sentenza che è impugnabile con reclamo.

L'articolo 51 del codice della crisi d'impresa riguardante la liquidazione giudiziale stabilisce che le parti possono presentare reclamo contro la sentenza del tribunale che approva il concordato preventivo, il piano di ristrutturazione soggetto a omologazione, gli accordi di ristrutturazione o che dispone l'apertura della liquidazione giudiziale.

La sentenza che dichiara aperta la liquidazione giudiziale può essere contestata anche da chiunque abbia un interesse.

Il reclamo viene presentato tramite un ricorso da depositare presso la cancelleria della corte di appello entro 30 giorni.

L'articolo 51 del codice della crisi d'impresa sulla liquidazione giudiziale specifica che il ricorso deve contenere:

  • a) l'indicazione della corte di appello competente;
  • b) le generalità dell'impugnante e del suo procuratore e l'elezione del domicilio nel comune in cui ha sede la corte di appello;
  • c) l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si basa l'impugnazione, con le relative conclusioni;
  • d) l'indicazione dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti.

L'articolo 51 del codice della crisi d'impresa riguardante la liquidazione giudiziale stabilisce che il termine per presentare il reclamo inizia, per le parti, dalla data di notifica telematica del provvedimento effettuata dall'ufficio e, per gli altri interessati, dalla data di iscrizione nel registro delle imprese.

La procedura successiva è la seguente:

  • il presidente, nei cinque giorni successivi al deposito del ricorso, designa il relatore, e fissa con decreto l'udienza di comparizione entro sessanta giorni dal deposito del ricorso;
  • il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, è notificato a cura della cancelleria o in via telematica, al reclamante, al curatore o al commissario giudiziale e alle altre parti entro dieci giorni;
  • tra la data della notificazione e quella dell'udienza deve intercorrere un termine non minore di trenta giorni;
  • le parti resistenti devono costituirsi, a pena di decadenza, almeno dieci giorni prima dell'udienza, eleggendo il domicilio nel comune in cui ha sede la corte di appello. La costituzione si effettua mediante il deposito in cancelleria di una memoria contenente l'esposizione delle difese in fatto e in diritto, nonché l'indicazione dei mezzi di prova e dei documenti prodotti.

Durante l'udienza, il collegio, dopo aver ascoltato le parti, raccoglie, anche di propria iniziativa e nel rispetto del principio del contraddittorio, tutte le prove che ritiene necessarie, eventualmente delegando un suo membro. La corte, una volta conclusa la discussione, decide sul ricorso con una sentenza entro 30 giorni.

La sentenza viene notificata, a cura della cancelleria e in modalità telematica, alle parti e deve essere pubblicata e iscritta nel registro delle imprese secondo quanto previsto dall'articolo 45.

Il termine per presentare il ricorso in cassazione è di 30 giorni dalla notifica.

Liquidazione giudiziale codice della crisi: inefficacia di atti e revocatoria

Analogamente al fallimento, la procedura di liquidazione giudiziale contempla l'inefficacia di alcuni atti e la possibilità di revocare atti e pagamenti.

In particolare, l'articolo 163 del codice della crisi d'impresa riguardante la liquidazione giudiziale stabilisce che gli atti a titolo gratuito sono inefficaci nei confronti dei creditori, se effettuati dal debitore dopo il deposito della domanda seguita dall'apertura della liquidazione giudiziale o nei due anni precedenti, escludendo i regali d'uso e gli atti compiuti per adempiere a un dovere morale o per scopi di pubblica utilità, purché la liberalità sia proporzionata al patrimonio del donante. I beni oggetto degli atti di cui al comma 1 sono acquisiti al patrimonio della liquidazione giudiziale tramite trascrizione della sentenza che ha dichiarato l'apertura della procedura concorsuale.

L'articolo 165 del codice della crisi d'impresa riguardante la liquidazione giudiziale prevede, per l'azione revocatoria ordinaria, che il curatore possa richiedere che siano dichiarati inefficaci gli atti compiuti dal debitore a danno dei creditori, secondo le norme del codice civile. L'azione è proposta dinanzi al tribunale competente ai sensi dell'articolo 27 sia nei confronti del contraente immediato sia nei confronti dei suoi aventi causa nei casi in cui sia proponibile contro di loro.

L'articolo 165 del codice della crisi d'impresa riguardante la liquidazione giudiziale prevede, per gli atti a titolo oneroso, pagamenti e garanzie, che la revocatoria avvenga in modo simile a quanto previsto per il fallimento.

Sono quindi revocati, salvo che l'altra parte provi che non conosceva lo stato d'insolvenza del debitore:

  • a) gli atti a titolo oneroso in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal debitore sorpassano di oltre un quarto ciò che a lui è stato dato o promesso, se compiuti dopo il deposito della domanda cui è seguita l'apertura della liquidazione giudiziale o nell'anno anteriore;
  • b) gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento, se compiuti dopo il deposito della domanda cui è seguita l'apertura della liquidazione giudiziale o nell'anno anteriore;
  • c) i pegni, le anticresi e le ipoteche volontarie costituiti dopo il deposito della domanda cui è seguita l'apertura della liquidazione giudiziale o nell'anno anteriore per debiti preesistenti non scaduti;
  • d) i pegni, le anticresi e le ipoteche giudiziali o volontarie costituiti dopo il deposito della domanda cui è seguita l'apertura della liquidazione giudiziale o nei sei mesi anteriori per debiti scaduti.

L'articolo 165 del codice della crisi d'impresa riguardante la liquidazione giudiziale stabilisce inoltre che, se il curatore dimostra che l'altra parte era a conoscenza dello stato d'insolvenza del debitore, saranno revocati i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, gli atti a titolo oneroso e quelli che costituiscono un diritto di prelazione per debiti, anche di terzi, creati contestualmente, se effettuati dal debitore dopo il deposito della domanda seguita dall'apertura della liquidazione giudiziale o nei sei mesi precedenti.

Così come per la revocatoria fallimentare, anche in questo caso sono previste delle esenzioni.

Infatti, non sono soggetti all'azione revocatoria:

  • a) i pagamenti di beni e servizi effettuati nell'esercizio dell’attività d'impresa nei termini d'uso;
  • b) le rimesse effettuate su un conto corrente bancario che non hanno ridotto in maniera durevole l'esposizione del debitore nei confronti della banca;
  • c) le vendite e i preliminari di vendita trascritti ai sensi dell'articolo 2645-bis del codice civile, i cui effetti non siano cessati ai sensi del comma terzo della suddetta disposizione, conclusi a giusto prezzo e aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l'abitazione principale dell'acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado, ovvero immobili ad uso non abitativo destinati a costituire la sede principale dell'attività d'impresa dell'acquirente, purché alla data dell'apertura della liquidazione giudiziale tale attività sia effettivamente esercitata ovvero siano stati compiuti investimenti per darvi inizio;
  • d) gli atti, i pagamenti effettuati e le garanzie concesse su beni del debitore posti in essere in esecuzione del piano attestato di cui all'articolo 56 o di cui all'articolo 284 e in esso indicati. L'esclusione non opera in caso di dolo o colpa grave dell'attestatore o di dolo o colpa grave del debitore, quando il creditore ne era a conoscenza al momento del compimento dell'atto, del pagamento o della costituzione della garanzia. L'esclusione opera anche con riguardo all'azione revocatoria ordinaria;
  • e) gli atti, i pagamenti e le garanzie su beni del debitore posti in essere in esecuzione del concordato preventivo, del piano di ristrutturazione di cui all'articolo 64-bis omologato e dell'accordo di ristrutturazione omologato e in essi indicati, nonché gli atti, i pagamenti e le garanzie legalmente posti in essere dal debitore dopo il deposito della domanda di accesso al concordato preventivo o all'accordo di ristrutturazione. L'esclusione opera anche con riguardo all'azione revocatoria ordinaria;
  • f) i pagamenti eseguiti dal debitore a titolo di corrispettivo di prestazioni di lavoro effettuate da suoi dipendenti o altri suoi collaboratori, anche non subordinati;
  • g) i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti dal debitore alla scadenza per ottenere la prestazione di servizi strumentali all'accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza e alle procedure di insolvenza previsti dal presente codice.

Infine, l'articolo 165 del codice della crisi d'impresa sulla liquidazione giudiziale stabilisce che le disposizioni di questo articolo non si applicano all'istituto di emissione, alle operazioni di credito su pegno e di credito fondiario, e che sono valide le disposizioni delle leggi speciali.

L'articolo 170 del codice della crisi d'impresa sulla liquidazione giudiziale definisce i limiti temporali per le azioni revocatorie e d'inefficacia. In particolare, le azioni revocatorie e di inefficacia regolamentate in questa sezione non possono essere intraprese dal curatore oltre tre anni dall'apertura della liquidazione giudiziale e si prescrivono comunque dopo cinque anni dall'esecuzione dell'atto.

Inoltre, si specifica che, quando una domanda di accesso a una procedura concorsuale è seguita dall'apertura della liquidazione giudiziale, i termini degli articoli 163, 164, 166, commi 1 e 2, e 169 decorrono dalla data di pubblicazione della suddetta domanda di accesso.

Domanda di ammissione al passivo e codice della crisi: avviso e formalizzazione della richiesta

L’art. 200 del codice della crisi d’impresa sulla liquidazione giudiziale disciplina l’avviso ai creditori

e agli altri interessati.

Il curatore è obbligato a informare prontamente tutti coloro che, in base alla documentazione a sua disposizione o alle informazioni raccolte, appaiono come creditori o detentori di diritti reali o personali su beni mobili e immobili di proprietà o in possesso del debitore inclusi nella liquidazione giudiziale (questa comunicazione avviene tramite posta elettronica certificata, se l'indirizzo del destinatario è disponibile nel registro delle imprese o nell'Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata delle imprese e dei professionisti; in tutti gli altri casi, la comunicazione viene inviata mediante lettera raccomandata indirizzata alla sede, residenza o domicilio del destinatario) le seguenti informazioni:

  • a) che possono partecipare al concorso trasmettendo la domanda con le modalità indicate nell'articolo 201, anche senza l'assistenza di un difensore;
  • b) la data, l'ora e il luogo fissati per l'esame dello stato passivo e il termine entro cui vanno presentate le domande;
  • c) ogni utile informazione per agevolare la presentazione della domanda e con l'avvertimento delle conseguenze di cui all'articolo 10, comma 3, nonché della sussistenza dell'onere previsto dall'articolo 201, comma 3, lettera e);
  • d) che possono chiedere l'assegnazione delle somme non riscosse dagli aventi diritto e i relativi interessi ai sensi dell'articolo 232, comma 4;
  • e) il domicilio digitale assegnato alla procedura.

Il successivo art. 201 del codice della crisi d’impresa sulla liquidazione giudiziale disciplina, poi, la domanda di ammissione al passivo.

Si sottolinea che le richieste di ammissione al passivo per un credito, restituzione o rivendicazione di beni mobili o immobili inclusi nella procedura, così come le richieste di partecipazione alla ripartizione delle somme ottenute dalla liquidazione di beni ipotecati come garanzia di debiti altrui, devono essere presentate tramite ricorso, inviato secondo quanto stabilito dal comma 2, almeno trenta giorni prima dell'udienza fissata per l'esame dello stato passivo.

Non è richiesta l'assistenza di un avvocato, in quanto il ricorso può essere firmato direttamente dalla parte interessata ed è redatto secondo gli articoli 20, comma 1-bis, o 22, comma 3, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 e successive modifiche. Entro il termine stabilito dal comma 1, il ricorso viene inviato all'indirizzo di posta elettronica certificata del curatore indicato nell'avviso previsto dall'articolo 200, insieme ai documenti di cui al comma 6. L'originale del titolo di credito allegato al ricorso deve essere depositato presso la cancelleria del tribunale.

Il contenuto obbligatorio relativo al ricorso che contiene la domanda di ammissione al passivo è quello che segue:

  • a) l'indicazione della procedura cui si intende partecipare e le generalità del creditore ed il suo numero di codice fiscale, nonché' le coordinate bancarie dell'istante o la dichiarazione di voler essere pagato con modalità, diversa dall'accredito in conto corrente bancario, stabilita dal giudice delegato ai sensi dell'articolo 230, comma 1;
  • b) la determinazione della somma che si intende insinuare al passivo, ovvero la descrizione del bene di cui si chiede la restituzione o la rivendicazione, ovvero l'ammontare del credito per il quale si intende partecipare al riparto se il debitore nei cui confronti è aperta la liquidazione giudiziale è terzo datore d'ipoteca;
  • c) la succinta esposizione dei fatti e degli elementi di diritto che costituiscono la ragione della domanda;
  • d) l'eventuale indicazione di un titolo di prelazione, nonché' la descrizione del bene sul quale la prelazione si esercita, se questa ha carattere speciale;
  • e) l'indicazione dell'indirizzo di posta elettronica certificata, al quale ricevere tutte le comunicazioni relative alla procedura, le cui variazioni è onere comunicare al curatore.

Al ricorso devono poi essere allegati ovviamente i documenti dimostrativi del diritto fatto valere.

Liquidazione giudiziale: il progetto di stato passivo

L’art. 203 del codice della crisi d’impresa sulla liquidazione giudiziale disciplina poi il progetto di stato passivo e udienza di discussione.

Il curatore analizza le richieste di cui all'articolo 201 e prepara elenchi distinti dei creditori e dei titolari di diritti su beni mobili e immobili di proprietà o posseduti dal debitore, esprimendo per ciascuno le sue ragioni. Il curatore può sollevare eccezioni riguardo a fatti estintivi, modificativi o impeditivi del diritto, nonché l'inefficacia del titolo alla base del credito o del diritto di prelazione, anche se l'azione relativa è prescritta.

Il curatore deposita il progetto di stato passivo, accompagnato dalle relative domande, presso la cancelleria del tribunale almeno 15 giorni prima dell'udienza prevista per l'esame dello stato passivo e, entro lo stesso termine, lo invia ai creditori e ai titolari di diritti sui beni all'indirizzo indicato nella domanda di ammissione al passivo.

Creditori, titolari di diritti sui beni e debitore possono esaminare il progetto e presentare al curatore osservazioni scritte e documenti aggiuntivi, secondo le modalità previste dall'articolo 201, comma 2, fino a cinque giorni prima dell'udienza.

Durante l'udienza per l'esame dello stato passivo, il giudice delegato, anche in assenza delle parti, decide su ogni richiesta, tenendo conto delle conclusioni formulate, delle eccezioni del curatore, di quelle rilevabili d'ufficio e di quelle sollevate dagli altri interessati. Il giudice delegato può svolgere atti di istruzione su richiesta delle parti, in linea con le esigenze di celerità del procedimento.

L'articolo 204 successivo del codice della crisi d'impresa sulla liquidazione giudiziale stabilisce che il giudice delegato, con decreto brevemente motivato, accoglie totalmente, parzialmente, respinge o dichiara inammissibile la domanda presentata ai sensi dell'articolo 201. La dichiarazione di inammissibilità della domanda non impedisce una successiva riproposizione.

Una volta completato l'esame di tutte le domande, il giudice delegato forma lo stato passivo e lo rende esecutivo con un decreto depositato in cancelleria. Il decreto che rende esecutivo lo stato passivo e le decisioni prese dal tribunale al termine dei giudizi di cui all'articolo 206, limitatamente ai crediti accertati e al diritto di partecipare alla ripartizione quando il debitore ha concesso un'ipoteca a garanzia di debiti altrui, hanno effetti solo ai fini del concorso.

L'articolo 205 successivo del codice della crisi d'impresa sulla liquidazione giudiziale prevede la comunicazione dell'esito del procedimento di accertamento del passivo, indicando che il curatore, subito dopo la dichiarazione di esecutività dello stato passivo, ne comunica l'esito inviando una copia a tutti i ricorrenti, informandoli del diritto di presentare opposizione in caso di mancato accoglimento della domanda. La comunicazione include anche una esposizione anche se solo sintetica delle prospettive concrete legate al soddisfacimento dei creditori concorsuali.

Impugnazioni allo stato passivo secondo il codice della crisi dell'impresa


L'articolo 206 del codice della crisi d'impresa riguardante la liquidazione giudiziale stabilisce le impugnazioni, prevedendo che contro il decreto che rende esecutivo lo stato passivo si possano presentare opposizioni, impugnazioni dei crediti ammessi o revocazioni.

L'opposizione è presentata da creditori o titolari di diritti su beni mobili o immobili che contestano l'accoglimento parziale o il rigetto della loro domanda. L'opposizione è diretta contro il curatore.

L'impugnazione è proposta dal curatore, dal creditore o dal titolare di diritti su beni mobili o immobili che contestano l'accoglimento della domanda di un creditore o di un altro concorrente. L'impugnazione è rivolta al creditore concorrente la cui domanda è stata accolta, e il curatore partecipa al procedimento.

Nei casi di cui ai commi 2 e 3, la parte contro cui è proposta l'impugnazione, entro i limiti delle conclusioni presentate nel procedimento di accertamento del passivo, può proporre impugnazione incidentale anche se per essa è decorso il termine previsto dall'articolo 207, comma 1.

L'articolo 207 del codice della crisi d'impresa sulla liquidazione giudiziale chiarisce che le impugnazioni di cui all'articolo 206 devono essere presentate con ricorso entro il termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione di cui all'articolo 205 o, nel caso di revocazione, dalla scoperta della falsità, del dolo, dell'errore o del documento di cui all'articolo 206, comma 5.

Il contenuto del ricorso è il seguente:

  • a) l'indicazione del tribunale, del giudice delegato e della procedura di liquidazione giudiziale;
  • b) le generalità dell'impugnante e l'elezione del domicilio nel comune ove ha sede il tribunale che ha aperto la liquidazione giudiziale;
  • c) l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si basa l'impugnazione e le relative conclusioni;
  • d) a pena di decadenza, le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio, nonché' l'indicazione specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti.

In seguito a un ricorso, entro cinque giorni dal deposito del ricorso, il presidente nomina il relatore, a cui può delegare la gestione del procedimento, e stabilisce con decreto l'udienza di comparizione entro sessanta giorni dal deposito del ricorso.

Il ricorso, insieme al decreto che fissa l'udienza, deve essere notificato dal ricorrente al curatore e all'eventuale controinteressato entro dieci giorni dalla comunicazione del decreto.

Tra la data di notifica e quella dell'udienza deve trascorrere un periodo non inferiore a trenta giorni.

Le parti resistenti devono costituirsi almeno dieci giorni prima dell'udienza, scegliendo come domicilio il comune in cui si trova il tribunale.

La costituzione avviene attraverso il deposito di una memoria difensiva che, a pena di decadenza, deve contenere le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio, nonché l'indicazione specifica dei mezzi di prova e dei documenti prodotti contestualmente. L'impugnazione incidentale tardiva si presenta, a pena di decadenza, nella memoria di cui al presente comma.

Se viene proposta un'impugnazione incidentale tardiva, il tribunale adotta le misure necessarie per garantire il contraddittorio.

Il giudice può ammettere e procedere con i mezzi istruttori. Successivamente, il collegio decide in via definitiva sull'opposizione, impugnazione o revocazione con un decreto motivato, entro sessanta giorni dall'udienza o dalla scadenza del termine eventualmente assegnato per il deposito delle memorie.

Il decreto viene comunicato alle parti dalla cancelleria, che hanno trenta giorni di tempo per proporre ricorso per Cassazione.

Liquidazione giudiziale: domanda tardiva di ammissione allo stato passivo

L'art. 208 del codice della crisi d'impresa riguardante la liquidazione giudiziale disciplina le domande tardive.

In particolare, le richieste di ammissione al passivo di un credito, di restituzione o rivendicazione di beni mobili e immobili, inviate al curatore oltre il termine di trenta giorni prima dell'udienza prevista per la verifica del passivo e non oltre sei mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo, sono considerate tardive. In caso di particolare complessità della procedura, il tribunale può estendere questo ultimo termine fino a dodici mesi con la sentenza che dichiara aperta la liquidazione giudiziale.

Il processo di accertamento delle domande tardive avviene nelle stesse modalità previste dall'articolo 203. Nel caso di presentazione di domande tardive, il giudice delegato stabilisce un'udienza entro i successivi quattro mesi per esaminarle, a meno che non ci siano motivi d'urgenza. Il curatore informa coloro che hanno presentato la domanda e i creditori già ammessi al passivo sulla data dell'udienza. Si applicano le disposizioni degli articoli 201-207.

Trascorso il termine del primo comma e fino a quando non siano esaurite tutte le ripartizioni dell'attivo della liquidazione giudiziale, la domanda tardiva è ammissibile solo se il richiedente dimostra che il ritardo è stato causato da un motivo non imputabile a lui e se invia la domanda al curatore entro sessanta giorni dalla cessazione della causa che ne ha impedito il deposito tempestivo. Se la domanda risulta chiaramente inammissibile perché il richiedente non ha indicato le circostanze legate al ritardo, non ne ha fornito prova documentale o non ha specificato i mezzi di prova da utilizzare per dimostrarne la non imputabilità, il giudice delegato dichiara l'inammissibilità della domanda con decreto. Il decreto può essere contestato secondo l'articolo 124.

Marco Ticozzi Avvocato Venezia

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