Caparra Penitenziale: cos’è e come funziona?
La caparra penitenziale è un clausola contrattuale che può
essere inserita all’interno di un contratto e che spesso si trova in contratti
preliminari specie nel settore immobiliare.
A differenza della caparra confirmatoria, che opera in caso
di recesso per inadempimento di una parte, quella penitenziale costituisce il corrispettivo
per la facoltà di recesso attribuita a una o entrambe le parti.
Si tratta, nella sostanza, di un importo versato
dall'acquirente al venditore come garanzia del serio interesse nel concludere
la transazione. L'argomento è complesso e necessita di una disamina
approfondita per comprendere appieno i suoi aspetti e le implicazioni. Questo
articolo, diviso in paragrafi, analizzerà la caparra penitenziale in dettaglio,
spiegando la sua natura, le sue funzioni, le implicazioni legali e le
differenze rispetto ad altre tipologie.

Caparra penitenziale: cos’è? quale è la sua definizione?
La caparra penitenziale è una somma di denaro versato
dall'acquirente al venditore in fase di stipula di un contratto, con lo scopo da
un lato di garantire il serio interesse del primo a procedere all'acquisto del
bene e dall’altro di individuare il costo per la concessione del diritto di
recesso alle parti.
L’art. 1386 cc, in particolare, indica che “se nel contratto
è stipulato il diritto di recesso per una o per entrambe le parti, la caparra
ha la sola funzione di corrispettivo del recesso.
In questo caso, il recedente perde la somma data o deve
restituire il doppio di quella che ha ricevuta”.
In base all'opinione prevalente, la caparra penitenziale
svolge un ruolo di contropartita per il recesso (Marini, Caparra, I, Diritto
civile, in EG, V, Roma, 1988, 4; Mirabelli, Dei contratti in generale, in Comm.
cod. civ., IV, 2, 3a ed., Torino, 1980, 345). Ai sensi dell'art. 1373, il patto
di recesso può includere un corrispettivo: se tale contropartita è solo promessa
ci si riferisce a una multa penitenziale; se, invece, viene versata al momento
della stipulazione del contratto, ci troviamo di fronte a una caparra penitenziale
regolata dall’art. 1386 c.c. (De Nova, Caparra, in Digesto civ., II, Torino,
1988, 242).
Come indica la disposizione, se è stata pattuita una caparra
penitenziale e si attribuisce il diritto di recesso a una o entrambe le parti,
questa o queste possono recedere perdendo la somma versata. Se il recesso
viene svolto dal soggetto che aveva pagato la caparra la perderà, mentre se il
recesso viene svolto dal soggetto che l'aveva ricevuta, l’altra parte potrà
chiedere il pagamento del doppio della somma versata.
Per stabilire una caparra penitenziale, le parti devono
chiaramente concordare sul diritto di recesso; altrimenti, si suppone che la
caparra sia di tipo confirmatorio.
Per considerare una caparra come penitenziale e, quindi, per
stabilire che sia stato concordato un diritto di recesso, si ritiene necessaria
una chiara volontà in tal senso. L'uso del termine "caparra
penitenziale" potrebbe non essere sufficiente (Galgano, Degli effetti del
contratto, in Comm. Scialoja, Branca, sub artt. 1372-1386, Bologna-Roma, 1993,
174), poiché la stessa in caso di dubbio dovrebbe essere
sempre qualificata come confirmatoria (Bavetta, La caparra, Milano, 1963, 213).
Quando si menziona solo la caparra penitenziale secondo la
legge, essa è collegata al recesso unilaterale, a vantaggio di chi la versa. Per avere un recesso bilaterale, attivabile da entrambe le parti
coinvolte, le parti devono esplicitamente prevederlo.
Se nessuna delle parti esercita il diritto di recesso si
procede, come è stabilito per quella confirmatoria: la somma viene restituita
o l’importo viene decurtato dalla prestazione dovuta.
Funzione della caparra penitenziale
Come anticipato, la caparra penitenziale svolge due funzioni
principali:
- a) Garanzia del serio interesse dell'acquirente: versando la
caparra penitenziale, l'acquirente dimostra la sua serietà e impegno a portare
a termine la transazione. Questo rassicura il venditore che l'acquirente non si
tirerà indietro senza motivo valido.
- b) Indennizzo in caso di recesso: come anticipato la caparra
penitenziale opera come indennizzo in caso di recesso attribuito a una o
entrambe le parti. Differisce, da questo profilo, con quella confirmatoria che
è utilizzabile in caso di inadempimento di una parte.
Differenze tra caparra penitenziale, confirmatoria e reale
La caparra penitenziale è spesso confusa con altre due
tipologie accostabili: quella confirmatoria e reale. È importante
comprendere le differenze tra queste tre forme di caparra per evitare malintesi
e problemi legali.
a) Caparra confirmatoria: serve a
rafforzare l'obbligo contrattuale tra le parti. In caso di inadempimento da
parte dell'acquirente, il venditore può trattenere l'intero importo come risarcimento del danno. Se invece è il venditore a non rispettare
gli obblighi contrattuali, è tenuto a restituire il doppio dell'importo versato
dall'acquirente.
b) Caparra reale: viene utilizzata
per garantire l'adempimento di un obbligo contrattuale specifico, come la
consegna di un bene o la prestazione di un servizio. La caparra reale può
essere restituita all'acquirente al momento dell'adempimento dell'obbligo,
oppure trattenuta dal venditore in caso di inadempimento.
La caparra penitenziale serve come contropartita per il
diritto di recesso che una delle parti si è riservata, escludendo quindi l'idea
di inadempimento e distaccandosi dalle clausole penali.
Essa appartiene alla categoria delle caparre, tra cui figura
anche la caparra confirmatoria disciplinata dall'art. 1385. Entrambe le caparre
hanno la funzione di perfezionare un patto reale riguardante il recesso, che è
accessorio a un contratto principale.
Tuttavia, poiché in questo caso il recesso è giustificato
non da un inadempimento ma da un accordo, la caparra penitenziale fa parte
anche della categoria dei recessi convenzionali, regolati dall'art. 1373. La
combinazione tra il recesso convenzionale oneroso e la caparra penitenziale è
presente nella norma dell'art. 1373 comma 3°, che impedisce a un terzo di
recedere senza aver prima versato la contropartita.
Mentre l'art. 1373 riguarda solo il recesso unilaterale,
l'art. 1386 si riferisce anche al recesso bilaterale. Di conseguenza, la
peculiarità dell'art. 1386 risiede nel fatto che regolamenta anche un recesso
bilaterale oneroso attraverso la disciplina della caparra penitenziale,
situazione non prevista dall'art. 1373.
Aspetti legali della caparra penitenziale
Quali sono le principali regole che coinvolgono la caparra
penitenziale?
Ecco alcuni aspetti di rilievo:
- a) Stipulazione del contratto: la caparra penitenziale deve
essere pattuita e versata al momento della stipula del contratto preliminare,
affinché sia valida e opponibile alle parti. Specie la giurisprudenza sulla
caparra confirmatoria, ha indicato che il versamento può anche essere
successivo alla conclusione del contratto purché preceda l’adempimento dello
stesso.
- b) Importo della caparra: deve essere proporzionato al valore del bene oggetto della
compravendita. Non esiste una percentuale fissa stabilita dalla legge, ma è
consigliabile non superare il 20-30% del prezzo totale. Come noto in tema di
caparra si discute anche della possibilità di ridurla, similmente a ciò che
avviene per la penale.
- c) Restituzione o trattenimento della caparra: in caso di recesso
di parte dell'acquirente, il venditore può trattenere la caparra penitenziale.
Se invece è il venditore a recedere (se il contratto consente anche il suo recesso),
deve restituire la caparra all'acquirente e versare un importo pari alla stessa
somma.
Consigli pratici
Per evitare problemi e controversie legate alla caparra
penitenziale, è importante seguire alcune raccomandazioni pratiche:
- a) Consultare un avvocato o un esperto legale prima di
stipulare un contratto di compravendita e versare una caparra penitenziale.
- b) Assicurarsi che il contratto preliminare sia redatto in
modo chiaro e preciso, con una descrizione dettagliata delle condizioni e delle
conseguenze in caso di inadempimento.
- c) Versare la caparra penitenziale tramite un metodo di
pagamento tracciabile, come un assegno circolare o un bonifico bancario, e
conservare una copia della ricevuta di pagamento.
- d) In caso di dubbi o problemi, rivolgersi a un avvocato o a
un mediatore per cercare una soluzione amichevole tra le parti.
Tassabilità della caparra penitenziale
Si discute in giurisprudenza se, in caso di recesso dal
contratto, il soggetto che incassa definitivamente la caparra penitenziale debba pagare
delle tasse, costituendo tale incasso un reddito o una plusvalenza.
Le sentenze note in tema di caparra penitenziale non sono
univoche.
Cass. 23 ottobre 2019, n. 27129, in particolare
e da ultimo, ha escluso che la caparra penitenziale sia tassabile e faccia reddito.
La sentenza, infatti, indica che “va osservato che, non
essendovi plusvalenza tassabile, avuto riguardo alle considerazioni esposte nel
paragrafo precedente, è esclusa in radice la possibilità di attribuire
all'importo trattenuto dal promittente venditore, come caparra penitenziale per
effetto dell'esercizio del diritto di recesso della società promittente
acquirente, natura di "provento conseguito in sostituzione di reddito",
nella specie plusvalenza, quale reddito diverso, assoggettabile a tassazione.
5.2. Va in ogni caso chiarito che la soggezione a tassazione dell'importo
comunque incassato dal promittente venditore non può essere affermata
attribuendo alla caparra penitenziale una funzione risarcitoria che le è
estranea, non potendosi al riguardo convenire con quanto invece esposto da
Cass. sez. 5, 31 maggio 2016, n. 11307 (non massimata). Non essendo in fatto
contestato che nella fattispecie in esame l'incasso da parte del promittente
venditore dell'importo di Euro 84.535,00, considerato dall'Ufficio come
plusvalenza tassabile, si configuri come corrispettivo del diritto di recesso
attribuito alla promittente acquirente e da quest'ultima esercitato, la chiara
differenza sul piano testuale tra caparra penitenziale, disciplinata dall'art.
1386 c.c. e clausola penale, di cui all'art. 1382 c.c., anche in relazione alla
caparra confirmatoria di cui all'art. 1385 c.c., nonchè sul piano sistematico
(cfr., per tutte, Cass. sez. 3, 16 maggio 2006, n. 11356), impedisce di
considerare la caparra incamerata come risarcimento della perdita dei proventi
che, per loro natura, avrebbero generato redditi tassabili in ragione del
conseguimento di una plusvalenza (come invece ritenuto dalla citata Cass. n.
11307/16)”.
Come si indica espressamente, questa sentenza che precede
non condivide la posizione indicata in precedenza sempre dalla Cassazione.
Con la sentenza Cass. 31 maggio 2016, n. 11307 la Cassazione
non aveva riformato la decisione in sede di giudizio di merito di considerare
tassabile il provento derivante dalla caparra penitenziale.
La decisione, infatti, indicava che “non vengono contestate
in mulo idoneo le ragioni dell'imponibilità della somma convenuta, e percepita
dal contribuente, alla luce della disciplina delle imposte sui redditi, ed a
ben vedere non viene individuato l'errore o gli errori di diritto commessi dal
giudice d'appello.
La Commissione regionale ha infatti condiviso la ritenuta
tassabilità della caparra incassata dal contribuente, per inadempimento della
parte promissaria acquirente, in ragione della sua riconosciuta "natura
risarcitoria, in applicazione della disciplina tributaria prevista dall'art. 6,
comma 2, e art. 67, comma 1, lett. a), del tuir".
Ha osservato infatti. che l'inquadramento della clausola
penale rientra pienamente nel disposto dell'art. 6, comma 2, del tuir, secondo
il quale sono considerati redditi della stessa categoria di quelli perduti
"le indennità conseguite a titolo di risarcimento di danni consistenti
nella perdita di diritti", concordando la dottrina nell'affermare che, in
caso di inadempimento dell'obbligazione principale, la rilevanza
dell'imposizione diretta della corresponsione della penale ha per base la
visione civilistica della fattispecie come essenzialmente risarcitoria.
"In questa prospettiva - prosegue il giudice di merito
- in seno all'incremento patrimoniale che si verifica a vantaggio della parte
non inadempiente, con l'introito della penale, sono state individuate, ai fini
tributari, una componente risarcitoria della perdita subita ed una componente
risarcitoria del mancato guadagno;
quest'ultima "è assimilata a reddito, e quindi
assoggettata ad imposizione diretta, in quanto surrogatoria del mancato reddito
a causa dell'inadempimento dell'altro contraente. Per l'individuazione di tali
componenti all'interno della prestazione risarcitoria si è fatto ricorso al
criterio riferito all'attitudine a produrre reddito della prestazione
principale rimasta ineseguita. In caso affermativo, l'introito della penale
viene a sua volta considerato reddito per la parte afferente a tale mancato
reddito. Ne consegue che la penale è assoggettabile ad imposizione diretta, in
quanto la prestazione principale rimasta ineseguita (cessione dell'immobile)
avrebbe costituito reddito ai sensi dell'art. 67, comma 1, tuir. Il Collegio
condivide quindi le asserzioni dell'Ufficio circa la caparra incamerata
costituendo la stessa il risarcimento della perdita di proventi che, per loro
natura e in base a quanto sopra considerato avrebbero generato redditi
tassabili per un soggetto privato, con il conseguimento di una plusvalenza ai
sensi dell'art. 67 del tuir".
Caparra penitenziale: conclusione
La caparra penitenziale è uno strumento utile e importante
nel contesto delle compravendite immobiliari e dei contratti in generale.
Tuttavia, è fondamentale comprendere la natura, le funzioni e le implicazioni
legali della caparra penitenziale per evitare problemi e controversie. Seguendo
le raccomandazioni pratiche e le disposizioni legali, sia acquirenti che
venditori possono beneficiare della protezione offerta dalla caparra penitenziale
e concludere transazioni in modo sicuro e soddisfacente.