Tassazione caparra penitenziale trattenuta
Tassazione caparra penitenziale trattenuta: in caso di
recesso da un contratto e incasso definitivo di una caparra penitenziale, il
soggetto che incassa definitivamente la somma, trattenendola, è soggetto a
tassazione.
Sulla questione si sono espresse due sentenze di Cassazione
che offrono soluzioni diverse.

Tassazione caparra penitenziale: Cos’è e come funziona questa clausola contrattuale?
La caparra penitenziale rappresenta un importo in denaro
versato dall'acquirente al venditore durante la stipulazione di un contratto,
con l'obiettivo di assicurare il serio interesse dell'acquirente nell'acquisto
del bene e, al contempo, di stabilire il costo per concedere il diritto di
recesso alle parti coinvolte.
L'art. 1386 del codice civile specifica che, se nel
contratto è previsto il diritto di recesso per una o entrambe le parti, la
caparra ha esclusivamente la funzione di contropartita per il recesso. In
questa situazione, la parte recedente perde la caparra versata o deve
restituire il doppio dell'importo ricevuto.
A differenza della caparra confirmatoria, che si applica in
caso di recesso per inadempimento di una delle parti, la caparra penitenziale
rappresenta il corrispettivo per il diritto di recesso concesso a una o
entrambe le parti.
Come suggerisce la norma, se è stata concordata una caparra
penitenziale e si assegna il diritto di recesso a una o entrambe le parti,
queste possono recedere perdendo la caparra versata o avendo diritto al pagamento
del doppio dell'importo (restituzione della caparra e pagamento di un importo
equivalente). Se il recesso è esercitato dalla parte che ha versato la caparra,
essa la perderà, mentre se il recesso è esercitato dalla parte che ha ricevuto
la caparra, l'altra parte potrà richiedere il pagamento del doppio della
caparra versata.
Tassazione caparra penitenziale trattenuta: tesi per cui non genera reddito o plusvalenza
Nel campo giurisprudenziale, vi è dibattito riguardo alla
questione se, in caso di recesso dal contratto, la parte che trattiene definitivamente
la caparra debba pagare delle tasse, considerando la caparra come un reddito o
una plusvalenza.
Le decisioni in materia di caparra confirmatoria non sono
univoche.
In particolare, la Cassazione del 23 ottobre 2019, n. 27129,
ha stabilito che la caparra penitenziale non sia soggetta a tassazione e non
costituisca reddito. La sentenza ha sottolineato gli aspetti che seguono:
- Non essendovi plusvalenza tassabile, è esclusa la
possibilità di attribuire all'importo trattenuto dal promittente venditore,
come caparra penitenziale a seguito dell'esercizio del diritto di recesso del
promittente acquirente, la natura di "provento conseguito in sostituzione
di reddito", in particolare plusvalenza, qualificabile come reddito
diverso e tassabile.
- Tuttavia, va chiarito che la tassazione dell'importo ricevuto dal promittente venditore non può essere affermata attribuendo alla caparra penitenziale una funzione risarcitoria che non le appartiene, in contrasto con quanto espresso dalla Cassazione, sez. 5, del 31 maggio 2016, n. 11307 (non massimata).
- Poiché non è contestato che, nel caso in esame, l'incasso da
parte del promittente venditore dell'importo di Euro 84.535,00, considerato
dall'Ufficio come plusvalenza tassabile, si configuri come corrispettivo del
diritto di recesso attribuito alla promittente acquirente e da quest'ultima
esercitato, la netta distinzione tra caparra penitenziale, disciplinata
dall'art. 1386 c.c., e clausola penale, di cui all'art. 1382 c.c., anche in
relazione alla caparra confirmatoria di cui all'art. 1385 c.c., nonché sul
piano sistematico (cfr., per tutte, Cass. sez. 3, 16 maggio 2006, n. 11356),
impedisce di considerare la caparra trattenuta come risarcimento della perdita
di proventi che, per loro natura, avrebbero generato redditi tassabili in ragione
del conseguimento di una plusvalenza (come invece ritenuto dalla citata Cass.
n. 11307/16).
Tuttavia, questa soluzione non è universalmente accettata
dalla giurisprudenza.
Tassazione caparra penitenziale: opinione contraria
Come indicato nella sentenza precedentemente analizzata, la
decisione del 2019 non è in linea con un precedente della Cassazione. Infatti,
con la sentenza del 31 maggio 2016, n. 11307, la Cassazione non aveva
modificato la decisione del giudice di merito che riteneva tassabile il
provento derivante dalla caparra penitenziale.
Infatti, Cass. 31 maggio 2016, n. 11307 ha sostenuto che:
- non erano state contestate in modo adeguato le ragioni della
tassabilità della somma concordata e percepita dal contribuente, alla luce
della normativa sulle imposte sui redditi, e non veniva individuato l'errore o
gli errori di diritto commessi dal giudice d'appello.
- La Commissione regionale aveva condiviso la tassabilità
della caparra incassata dal contribuente, per inadempimento della parte
promissaria acquirente, in base alla sua natura risarcitoria, applicando la
disciplina tributaria prevista dall'art. 6, comma 2, e art. 67, comma 1, lett.
a), del TUIR.
- La Commissione aveva osservato che la clausola penale
rientrava nel disposto dell'art. 6, comma 2, del TUIR, secondo il quale sono
considerati redditi della stessa categoria di quelli perduti le indennità
conseguite a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di
diritti. La dottrina concordava nell'affermare che, in caso di inadempimento
dell'obbligazione principale, la corresponsione della penale avesse una base
civilistica essenzialmente risarcitoria.
- Secondo il giudice di merito, l'incremento patrimoniale che
avviene a favore della parte non inadempiente, con l'incasso della penale,
presenta una componente risarcitoria della perdita subita e una componente
risarcitoria del mancato guadagno. Quest'ultima è assimilata a reddito e quindi
soggetta a imposizione diretta, in quanto surrogatoria del mancato reddito a
causa dell'inadempimento dell'altro contraente. Per individuare tali componenti
all'interno della prestazione risarcitoria, si è fatto riferimento al criterio
basato sull'attitudine a produrre reddito della prestazione principale rimasta
ineseguita. In caso affermativo, l'incasso della penale viene considerato
reddito per la parte relativa a tale mancato reddito. Di conseguenza, la penale
è soggetta a imposizione diretta, poiché la prestazione principale rimasta
ineseguita (cessione dell'immobile) avrebbe costituito reddito ai sensi
dell'art. 67, comma 1, TUIR. Il Collegio condivideva quindi le asserzioni
dell'Ufficio riguardo alla caparra incamerata, poiché costituiva il
risarcimento della perdita di proventi che, per loro natura e in base a quanto
precedentemente considerato, avrebbero generato redditi tassabili per un
soggetto privato, con il conseguimento di una plusvalenza ai sensi dell'art. 67
del Tuir.