9 gennaio 2025
Il contratto di locazione, chiamato comunemente anche contratto di affitto, è un accordo legale grazie al quale un proprietario (locatore) concede a un inquilino (conduttore) l’uso temporaneo di un bene — spesso una casa o un immobile — in cambio del pagamento di un canone. A seconda delle esigenze, si possono distinguere diverse tipologie di contratto di locazione, come il contratto di locazione ad uso abitativo, il contratto di locazione commerciale o il contratto di locazione transitorio, con la possibilità di optare per regimi fiscali specifici, tra cui la cedolare secca. In questo articolo, analizzeremo la normativa che regola il contratto di locazione o affitto, le clausole ricorrenti (recesso, rinnovo, disdetta, deposito), i diritti e gli obblighi delle parti, le possibili controversie e le soluzioni, oltre agli aspetti fiscali più rilevanti.
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Contratto di locazione: cos'è e come funziona
Il contratto di locazione, spesso indicato anche come contratto di affitto, è l’accordo con cui un proprietario (locatore) concede a un inquilino (conduttore) l’uso temporaneo di un bene, mobile o immobile, dietro pagamento di un corrispettivo (canone). Sebbene nella prassi il termine “affitto” venga utilizzato prevalentemente per riferirsi alle locazioni di immobili (come abitazioni o locali commerciali), in senso tecnico l’affitto si applica più propriamente a beni produttivi di reddito (ad esempio un’azienda), mentre la locazione riguarda qualunque bene — inclusa la casa o un immobile non necessariamente produttivo. Il contratto può essere utilizzato, come anticipato, sia per beni mobili che immobili. Anche se di solito siamo più portati a pensare al bene immobile (per frequanza dell'utilizzo e per valore della cosa) è un contratto che spesso di utilizza anche per beni mobili: locazione di una bici, di un'auto, di una barca, ecc. In ambito immobiliare, si distinguono diverse tipologie di contratto di locazione:
- Contratto di locazione ad uso abitativo, destinato a chi cerca un alloggio per viverci in modo stabile o temporaneo.
- Contratto di locazione a uso commerciale, pensato per attività commerciali, artigianali o professionali.
- Contratto di locazione transitorio, che ha una durata limitata per rispondere a esigenze temporanee del conduttore (ad esempio uno stage, un trasferimento breve o altre situazioni specifiche).
A queste tipologie può aggiungersi la possibilità di optare per regimi fiscali agevolati, in particolare la cedolare secca, che consente al locatore di beneficiare di un’aliquota fissa sul canone di locazione, sostituendo le normali imposte IRPEF e le relative addizionali. Dal punto di vista degli obblighi delle parti, il locatore deve:
- Consegnare il bene (casa, appartamento, locale) in buone condizioni.
- Garantirne il pacifico godimento, intervenendo in caso di guasti o problemi di manutenzione straordinaria.
Il conduttore, invece, è tenuto a:
- Pagare il canone di locazione secondo tempi e modalità stabiliti.
- Utilizzare il bene rispettandone la destinazione d’uso pattuita.
- Restituire l’immobile alla scadenza, evitando di arrecare danni oltre il normale deterioramento d’uso.
Nei paragrafi successivi ci soffermeremo in modo più approfondito sui diritti e i doveri di locatore e conduttore, analizzando anche le clausole comuni e le possibili controversie che possono insorgere durante la locazione.
Obblighi del locatore
Il locatore, in un contratto di locazione (sia esso ad uso abitativo, commerciale o transitorio), ha come principale obbligo quello di consegnare l’immobile in buono stato, adatto all’uso pattuito. Ciò significa che la casa, l’ufficio o il negozio — a seconda del tipo di contratto — deve essere strutturalmente idoneo e privo di difetti sostanziali, salvo quelli già concordati con il conduttore. Tra i compiti del locatore rientra anche la manutenzione straordinaria, cioè gli interventi di natura non ordinaria (ad esempio, la sostituzione di un impianto elettrico obsoleto) e la garanzia del pacifico godimento dell’immobile: il conduttore deve poter utilizzare i locali senza subire turbative da parte di terzi o del proprietario stesso. Inoltre, il locatore è tenuto a registrare il contratto entro i termini di legge e, qualora opti per la cedolare secca, dovrà seguire la relativa procedura per beneficiare del regime fiscale agevolato.
Obblighi del conduttore
Il conduttore, d’altra parte, è tenuto a pagare regolarmente il canone di locazione entro le scadenze fissate nel contratto. Deve inoltre provvedere alla manutenzione ordinaria, ossia a tutti quegli interventi di piccola entità necessari per mantenere l’immobile in buone condizioni (ad esempio, la sostituzione di lampadine, la tinteggiatura periodica o la pulizia degli spazi interni). Al conduttore spetta anche l’osservanza della destinazione d’uso stabilita nel contratto di locazione: non può, dunque, trasformare un locale commerciale in un’abitazione o viceversa, né utilizzare l’immobile per finalità differenti da quelle concordate. Alla scadenza del rapporto, infine, il conduttore deve restituire l’immobile nelle condizioni originarie, salvo il normale deterioramento d’uso, adempiendo così a un obbligo di legge e contrattuale.
Le varie tipologie di contratto a seconda dell'uso: abitativo, commerciale, trasitorio a canone concordato
I contratti di locazione relativi a immobili non sono tutti uguali e variano principalmente in base alla destinazione d’uso: ad esempio, un contratto di locazione ad uso abitativo ha regole e durate differenti rispetto a un contratto di locazione commerciale o a un contratto di locazione transitorio. Inoltre, il proprietario (locatore) può scegliere se optare o meno per la cedolare secca, un regime fiscale particolare che influisce sul calcolo e sul pagamento delle imposte. Ciascuna tipologia presenta specificità legate alla durata minima obbligatoria, alle modalità di rinnovo, al canone concordato o libero, e alle tutele previste per entrambe le parti. Nei prossimi paragrafi analizzeremo nel dettaglio le principali categorie di contratto immobiliare, evidenziandone caratteristiche, obblighi e vantaggi.
Contratto di locazione ad uso abitativo
Il contratto di locazione ad uso abitativo è la forma più diffusa di affitto per immobili residenziali e si basa sulle disposizioni della legge n. 431/1998. Nella versione più comune, definita “a canone libero”, prevede una durata minima di 4 anni, rinnovabile automaticamente di altri 4 anni qualora non intervenga disdetta da parte del locatore o del conduttore nei termini previsti. Durante questo periodo, il proprietario (locatore) è tenuto a garantire che la casa sia idonea all’uso abitativo concordato e a occuparsi della manutenzione straordinaria, mentre l’inquilino (conduttore) deve pagare regolarmente il canone e rispettare la destinazione residenziale dell’immobile. Trattandosi di un rapporto di lungo periodo, sono spesso previste clausole per il recesso anticipato da parte del conduttore, che tuttavia deve fornire un giustificato motivo (ad esempio, un trasferimento lavorativo) e un congruo preavviso (generalmente 6 mesi). Il contratto va obbligatoriamente registrato presso l’Agenzia delle Entrate e, in caso di scelta del regime fiscale agevolato, il locatore può optare per la cedolare secca, che prevede un’aliquota fissa sostitutiva dell’IRPEF e delle relative addizionali.
Contratto di locazione a canone concordato
Il contratto di locazione a canone concordato è una particolare formula di locazione ad uso abitativo, disciplinata dalla legge n. 431/1998, che prevede un canone di affitto definito sulla base di accordi territoriali stipulati tra le associazioni di categoria (dei proprietari e degli inquilini). Generalmente, questo tipo di contratto ha una durata minima di 3 anni, con rinnovo automatico di altri 2 anni (da cui la denominazione 3+2). La stipula di un contratto a canone concordato è vantaggiosa soprattutto nei Comuni ad alta tensione abitativa o nei centri urbani più grandi, dove il costo degli affitti risulta particolarmente elevato. Uno degli aspetti fondamentali di questa tipologia di locazione è il riferimento a parametri definiti localmente, che stabiliscono fasce di prezzo entro cui il canone deve rientrare. Ciò consente di calmierare i prezzi, offrendo canoni più sostenibili per gli inquilini e, allo stesso tempo, interessanti benefici fiscali per i proprietari, specialmente se si sceglie di aderire al regime della cedolare secca a un’aliquota ridotta (spesso al 10%). Oltre alle agevolazioni sulla tassazione, il contratto a canone concordato può prevedere vantaggi aggiuntivi per entrambe le parti, come sconti sull’imposta di registro e su eventuali spese connesse alla locazione. Per risultare valido, il contratto deve essere registrato entro i termini stabiliti dalla legge. Inoltre, è importante indicare nel testo contrattuale gli estremi dell’accordo territoriale di riferimento per determinare il canone. Dal punto di vista degli obblighi, restano fermi quelli generali della locazione: il proprietario (locatore) deve garantire la consegna dell’immobile in buono stato e provvedere alla manutenzione straordinaria, mentre il conduttore deve pagare regolarmente il canone pattuito, rispettare la destinazione d’uso concordata e restituire l’immobile al termine della locazione in condizioni adeguate.
Contratto di locazione commerciale
Il contratto di locazione commerciale riguarda immobili destinati a un uso professionale, artigianale o di natura imprenditoriale, come negozi, uffici, laboratori o capannoni industriali. Solitamente, la durata minima prevista dalla legge è di 6 anni (rinnovabili di altri 6), oppure di 9 anni per le attività alberghiere. Uno degli aspetti peculiari di questa tipologia è il diritto di prelazione a favore del conduttore nel caso in cui il locatore decida di vendere l’immobile, purché si tratti di locali in cui si svolgono attività a contatto diretto con il pubblico. Allo stesso modo, in caso di mancato rinnovo alla prima scadenza per volontà del locatore, può scattare l’indennità di avviamento commerciale a favore dell’inquilino. Le clausole contrattuali possono includere disposizioni relative alla ripartizione delle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria, alla possibilità di esporre insegne e loghi pubblicitari e a eventuali limitazioni riguardo a ristrutturazioni o modifiche interne. Anche per il contratto di locazione commerciale è possibile, in alcuni casi, optare per la cedolare secca, a condizione che il proprietario sia una persona fisica e l’immobile non sia utilizzato nell’esercizio di attività di impresa. Trattandosi di attività economiche, sono frequenti le clausole che disciplinano la sublocazione o la cessione di contratto, soprattutto quando il conduttore voglia cedere la propria attività ad altri soggetti.
Contratto di locazione transitorio
Il contratto di locazione transitorio è studiato per far fronte a esigenze di breve durata, non compatibili con i termini più lunghi previsti nelle locazioni ordinarie. Questo tipo di contratto può essere stipulato, ad esempio, per motivi di studio, lavoro stagionale o trasferimenti provvisori. La normativa prevede una durata massima solitamente di 18 mesi, che non può essere prorogata automaticamente. L’elemento essenziale è l’indicazione, all’interno del testo contrattuale, delle ragioni che giustificano la transitorietà (ad esempio un accordo che attesti il trasferimento temporaneo del conduttore o la necessità del locatore di rientrare in possesso dell’immobile a breve termine). In caso di mancata dimostrazione delle motivazioni, il contratto può essere considerato alla stregua di un ordinario uso abitativo. Il canone di locazione, in molti casi, deve attenersi ai parametri stabiliti dagli accordi territoriali (soprattutto se si intende usufruire di determinate agevolazioni fiscali). Questo strumento è particolarmente utile per studenti fuori sede, lavoratori in trasferta o per proprietari che prevedono di dover riutilizzare l’immobile entro breve tempo. Tuttavia, è importante redigere con cura il contratto per evitare controversie, indicando in modo chiaro la causa della transitorietà e le modalità di rinnovo o cessazione.
Disdetta contratto di locazione
La disdetta è l’atto con cui uno dei soggetti del contratto di locazione — locatore o conduttore — comunica la propria volontà di non rinnovare l’accordo al termine del periodo contrattuale stabilito. In alcune circostanze, la legge consente anche un recesso anticipato, ma solo per motivi specifici o previa pattuizione contrattuale. L’aspetto cruciale è capire come si applicano le regole di disdetta nei vari tipi di contratto (4+4, 3+2, transitorio, commerciale), tenendo presente che nei rapporti di locazione sono spesso previsti un “primo periodo” e un “secondo periodo” di durata, con condizioni diverse per ogni fase.
Disdetta nel contratto 4+4 (uso abitativo a canone libero)
Nel contratto di locazione 4+4, il primo periodo dura appunto quattro anni. Al termine dei primi quattro anni: Il locatore può dare disdetta solo in situazioni tassativamente previste dalla legge (ad esempio, se deve destinare l’immobile a uso proprio o a uso di un familiare, oppure se intende ristrutturarlo radicalmente). Se non si verifica una di queste ipotesi, il contratto si rinnova automaticamente per altri quattro anni. Il conduttore, invece, ha maggiore libertà di disdetta alla scadenza dei primi quattro anni, purché rispetti il termine di preavviso indicato dalla normativa o dal contratto (solitamente 6 mesi). Trascorsi gli otto anni (4+4), il rapporto può rinnovarsi ulteriormente alle stesse condizioni, salvo che una delle parti comunichi disdetta con il preavviso richiesto. In ogni caso, è obbligatorio inviare una comunicazione scritta (ad esempio raccomandata A/R o PEC) che confermi la volontà di non proseguire.
Disdetta nella locazione 3+2 (canone concordato)
Nel contratto a canone concordato 3+2, il periodo iniziale è di tre anni, al termine dei quali il contratto si rinnova di diritto per altri due anni in assenza di disdetta. Anche qui, il locatore può inviare la disdetta dopo i primi tre anni soltanto per i motivi specifici previsti dalla legge (analogi a quelli del 4+4). Se mancano queste condizioni, il contratto prosegue per altri due anni e, solo allo scadere dei cinque anni complessivi, si arriva a una nuova possibilità di disdetta. Per il conduttore è invece più semplice rinunciare al rinnovo, purché rispetti i termini di preavviso (solitamente 6 mesi) e comunichi in forma scritta l’intenzione di non proseguire.
Disdetta nel contratto di locazione transitorio
Il contratto transitorio ha una durata massima di 18 mesi e serve a soddisfare esigenze temporanee, che devono essere indicate e motivate all’interno del testo contrattuale. Qui, la disdetta si intreccia con la natura stessa della transitorietà: alla scadenza naturale, il contratto termina automaticamente senza necessità di comunicazione, a meno che il locatore e il conduttore non decidano di stipulare un nuovo accordo. Se una delle parti desidera interrompere prima del tempo, deve esserci una ragione giustificativa (ad esempio, il venire meno della causa transitoria) e, di solito, è necessario un preavviso scritto stabilito contrattualmente. Il rispetto dei motivi di transitorietà, in ogni caso, è fondamentale per la validità di questa forma contrattuale.
Disdetta e contratto commerciale (6+6)
Nel contratto di locazione commerciale, la durata minima legale è di sei anni, rinnovabili di altri sei (6+6). Alla fine dei primi sei anni, il locatore può dare disdetta solo per le motivazioni specificate dalla normativa, ad esempio se intende destinare l’immobile a una propria attività commerciale, oppure se vuole ristrutturarlo in modo da rendere impossibile la prosecuzione dell’attività del conduttore. Se nessuna delle circostanze di legge è presente, scatta il rinnovo automatico per ulteriori sei anni. Nel caso del conduttore, invece, c’è più flessibilità: può scegliere di non rinnovare il contratto alla scadenza dei sei anni rispettando il preavviso previsto nel contratto (solitamente 6 o 12 mesi). Decorso il periodo complessivo di dodici anni (6+6), si può continuare il rapporto, ma sempre con la possibilità di dare disdetta alla scadenza successiva, comunicandolo nei tempi previsti.
Differenza tra Disdetta e recesso anticipato o risoluzione anticipata
L’ipotesi di un recesso anticipato — cioè prima della scadenza convenuta — spesso richiede motivi specifici (per esempio, “gravi motivi” nel caso del conduttore in un contratto a uso abitativo) oppure una clausola contrattuale che lo consenta. Se non c’è un accordo in tal senso e non ricorrono le situazioni stabilite dalla legge, la parte che intende sciogliere il contratto dovrà attendere la scadenza naturale ed esercitare la disdetta nei modi e nei tempi opportuni. In tutte queste situazioni, è essenziale che la comunicazione di disdetta o recesso sia inviata con il giusto preavviso, generalmente 6 mesi nei contratti a uso abitativo e variabile (tra 6 e 12 mesi) nei contratti a uso commerciale. L’inosservanza del termine rende la disdetta inefficace, obbligando a proseguire il rapporto fino a nuova scadenza o a un eventuale accordo delle parti per anticipare la fine del contratto. Al di là delle specifiche durate e dei motivi di disdetta, il denominatore comune di qualsiasi contratto di locazione è la necessità di comunicare in forma scritta (lettera raccomandata A/R, PEC o altro mezzo legalmente valido) l’intenzione di non rinnovare. Seguire correttamente questi passaggi aiuta a evitare controversie e a gestire con ordine la fine del rapporto locatizio.
Risoluzione del contratto di locazione
La risoluzione del contratto di locazione è un meccanismo che comporta la fine anticipata del rapporto per effetto di un grave inadempimento di una delle parti. Nel caso più frequente, il motivo è il mancato pagamento del canone da parte del conduttore, circostanza che fa scattare la cosiddetta morosità. In queste situazioni, il locatore ha la facoltà di avviare la procedura di sfratto per morosità, uno strumento giuridico più rapido rispetto a una causa civile ordinaria, poiché segue un rito semplificato. Lo sfratto per morosità, infatti, permette al proprietario di ottenere in tempi relativamente brevi un provvedimento che ordina al conduttore di rilasciare l’immobile. Se l’inquilino non salda gli arretrati o non si oppone entro i termini di legge, il giudice può convalidare lo sfratto, fissando la data entro cui l’immobile dovrà essere restituito. In mancanza di un rilascio spontaneo, il locatore potrà richiedere l’esecuzione forzata con l’intervento dell’ufficiale giudiziario, recuperando così la disponibilità del bene. Oltre al mancato pagamento del canone, altri inadempimenti (come la reiterata violazione delle clausole contrattuali o la mancata manutenzione ordinaria) possono giustificare la richiesta di risoluzione del contratto; tuttavia, la morosità rimane la causa più comune e anche quella più agevolmente difendibile in giudizio dal locatore. All’interno del contratto di locazione è spesso inserita una clausola risolutiva espressa, ossia una previsione che stabilisce anticipatamente che il contratto si risolva automaticamente in caso di determinati inadempimenti (ad esempio, il mancato pagamento anche di una sola mensilità del canone o il mancato rispetto di particolari obblighi). Qualora si verifichi la situazione descritta nella clausola, il locatore può far dichiarare la risoluzione senza dover dimostrare che la violazione della controparte sia grave.
Differenza tra sfratto per morosità e sfratto per finita locazione, e ruolo (ed eccezioni) della mediazione obbligatoria
In materia locatizia, la procedura di sfratto per morosità si attiva quando l’inquilino non paga regolarmente il canone, consentendo al locatore di ottenere un ordine di rilascio dell’immobile in tempi relativamente rapidi; diversamente, lo sfratto per finita locazione scatta una volta concluso il periodo di affitto (ad esempio alla scadenza naturale del contratto o in caso di recesso anticipato per motivi legittimi) e mira unicamente a recuperare la disponibilità del bene, senza che vi sia un inadempimento del conduttore. In entrambi i casi, si segue inizialmente un rito sommario, che prevede una fase introduttiva priva di contraddittorio completo; se il conduttore non si oppone o non regolarizza la propria posizione (ad esempio saldando i canoni arretrati), il giudice può convalidare lo sfratto. Sul piano processuale, è bene evidenziare che nelle cause di merito relative a contratti di locazione (e, più in generale, nelle controversie rientranti nelle materie elencate dall’art. 5 del D.lgs. 28/2010), la mediazione preventiva è obbligatoria. Tuttavia, il procedimento per convalida di licenza o sfratto rientra tra le cosiddette esclusioni parziali: ciò significa che il tentativo di mediazione diventa necessario soltanto dopo che il conduttore si sia opposto e il rito si sia convertito da sommario a ordinario (in modo simile a quanto accade nel procedimento per ingiunzione). La ratio è che nella prima fase manchi un contraddittorio pieno, mentre nella seconda, divenuta contenziosa, è possibile favorire un accordo tra le parti. Riguardo a chi debba attivare la mediazione obbligatoria, la giurisprudenza di merito prevalente individua il soggetto onerato nel locatore, benché un orientamento minoritario ritenga che la relativa iniziativa spetti al conduttore. Qualora il giudizio venga dichiarato improcedibile per mancata mediazione, l’ordinanza di rilascio già ottenuta non risulta automaticamente annullata, poiché si tratta di un provvedimento anticipatorio sottoposto alla condizione risolutiva di un’eventuale sentenza di merito contraria. Infine, anche i procedimenti possessori sono parzialmente esclusi dall’obbligo di mediazione e possono esservi sottoposti soltanto dopo la pronuncia del provvedimento ex art. 703, comma 3, c.p.c., ossia quando si instaura la fase a contraddittorio pieno.
Il termine di grazia nel contratto di locazione
Nel contratto di locazione ad uso abitativo, la legge prevede un meccanismo di “sanatoria” della morosità che tutela il conduttore in difficoltà e gli consente di evitare la risoluzione del rapporto per inadempimento. Si tratta del cosiddetto termine di grazia, introdotto dall’art. 55 della legge n. 392/1978, secondo cui il conduttore moroso può sanare il proprio debito in sede giudiziale entro la prima udienza, versando tutti i canoni non pagati e gli oneri accessori maturati fino a quel momento, comprensivi di interessi legali e spese processuali. Questa possibilità può essere esercitata non più di tre volte in un quadriennio. Qualora il conduttore non riesca a saldare l’intero importo alla prima udienza, la normativa consente al giudice di assegnare un termine fino a 90 giorni per il pagamento, purché sussistano comprovate condizioni di difficoltà economica. In questo caso, l’udienza viene rinviata a una data successiva di pochi giorni rispetto alla scadenza del termine concesso, in modo da verificare l’avvenuto versamento. È importante sottolineare che, trattandosi di una misura eccezionale, il termine di grazia si applica solo alle locazioni abitative: nel contratto di locazione a uso commerciale, infatti, non esiste un analogo istituto che consenta al conduttore di “sanare” la morosità nel corso del giudizio. Pertanto, in caso di mancato pagamento del canone nei contratti commerciali, il conduttore non beneficia di questa particolare tutela e la procedura di sfratto rimane l’unico strumento di risoluzione disponibile per il locatore.
Clausole ed elementi essenziali
Il contratto di locazione deve contenere i dati anagrafici del locatore e del conduttore, inclusi nome, cognome, data e luogo di nascita, codice fiscale e residenza. L'accordo deve includere anche una descrizione dettagliata dell'immobile o della casa, indicando l'indirizzo, la metratura, il piano, la tipologia di immobile (casa, appartamento, villetta, etc.) o i dati catastali (è necessario che l’oggetto sia determinabile e identificabile con certezza) , e la destinazione d'uso (abitazione, ufficio, negozio, etc.). La durata del contratto può essere pattuita dalle parti anche se, come visto, per le varie tipologie di affitto esistono obblighi specifici: durata minima, rinnovi automatici alla prima scadenza, ecc. È importante specificare nell’accordo contrattuale la data di inizio (può iniziare in un momento successivo alla firma) e fine del rapporto giuridico, eventuali proroghe automatiche e le condizioni per il rinnovo o la disdetta. Il contratto deve indicare l'importo del canone di locazione, la periodicità di pagamento (mensile, trimestrale, etc.) e la modalità di pagamento (bonifico bancario, assegno, etc.). Inoltre, è possibile stabilire la presenza di eventuali aumenti del canone nel corso del rapporto contrattuale, ad esempio in base all'indice ISTAT. Nell'accordo generalmente si indica la presenza di un deposito cauzionale, che serve a garantire il locatore in caso di inadempimenti del conduttore. Generalmente, l'importo del deposito corrisponde a due o tre mensilità del canone di affitto (ma in alcuni casi può essere pattuito in misura maggiore) e viene restituito al termine del contratto, salvo eventuali trattenute per coprire danni o mancati pagamenti.
Quali sono le clausole opportune da inserire in una locazione?
Sono diverse le clausole di interesse che le parti possono inserire nel contratto di locazione. Ovviamente sarebbe utile una valutazione caso per caso e la predisposizione di un contratto con la consulenza di un avvocato esperto in diritto immobiliare, in modo da consentire al cliente di prevenire eventuali problemi. Le clausole più comuni che si possono inserire nell'affitto sono:
- Manutenzione e riparazioni: l'accordo deve stabilire chi si occupa della manutenzione ordinaria e straordinaria della casa e delle parti comuni, suddividendo le responsabilità tra locatore e conduttore. Generalmente nelle locazioni a uso abitativo ci sono meno possibilità di derogare la normativa standard, che onera il locatore della straordinaria manutenzione e il locatore di quella ordinaria.
- Regolamento interno e uso dell'immobile: l'accordo può prevedere un regolamento interno che stabilisce le regole di comportamento all'interno dell'immobile e delle parti comuni, come ad esempio l'orario di silenzio, l'uso delle aree verdi e dei parcheggi (specie se il bene sia in condominio e tali obblighi siano previsti nel regolamento comune: può anche bastare in questo caso indicare che il conduttore si impegna a rispettare il regolamento condominiale e che è a lui noto). Una delle previsioni talvolta inserite nel contratto di locazione è quella del divieto di introdurre nell’immobile (spesso una casa) animali domestici (l’interesse del locatore potrebbe essere quello di evitare danni): si discute se la clausola in questione sia valida, non essendo unanimemente condiviso. Inoltre, l'accordo deve specificare la destinazione d'uso dell'immobile, vietando usi impropri o molesti.
- Rinnovo e recesso: Il contratto deve indicare le condizioni e i termini per il rinnovo, la disdetta e il recesso anticipato da parte del locatore e del conduttore. Spesso è presente nell’accordo contrattuale la clausola che consente al conduttore di recedere anticipatamente dalla scadenza contrattuale con un certo preavviso.
- Sublocazione e cessione del contratto: l'accordo può stabilire se è consentita la sublocazione (ovvero l'affitto dell'immobile da parte del conduttore a terzi) e la cessione del contratto (ovvero il trasferimento dell'affitto a un nuovo conduttore). In genere, queste operazioni richiedono il consenso del locatore.
Contratto di locazione cedolare secca: i profili fiscali aggiornati al 2024
La cedolare secca è un regime opzionale che permette ai proprietari di immobili ad uso abitativo di sostituire l’IRPEF con un’imposta sostitutiva, semplificando il pagamento di tasse e riducendo gli oneri burocratici. Con questa scelta, il locatore non versa l’imposta di registro e di bollo sulla locazione, ma rinuncia anche all’adeguamento del canone secondo gli indici ISTAT. Nel 2024 l’aliquota resta al 21% per i contratti a canone libero e al 10% per i canoni concordati, mentre passa al 26% per gli affitti brevi dal secondo immobile locato in poi, misura inserita dal legislatore per scoraggiare la moltiplicazione di locazioni turistiche gestite come vere e proprie attività d’impresa. Per poter aderire alla cedolare secca, l’immobile deve essere accatastato a uso abitativo (categorie A1-A11, esclusa A10) e concesso in locazione da persone fisiche al di fuori dell’esercizio di attività imprenditoriali o professionali. L’opzione si esercita al momento della registrazione del contratto o di una sua proroga e può essere revocata o rinnovata ogni anno, rispettando le scadenze fiscali. I versamenti si effettuano con la stessa tempistica dell’IRPEF, suddivisi in acconto e saldo, indicando i relativi importi nella dichiarazione dei redditi. Nonostante le nuove restrizioni per chi gestisce più immobili destinati a locazioni brevi, la cedolare secca continua a rappresentare una soluzione vantaggiosa per la maggior parte dei proprietari che desiderano un sistema di tassazione semplificato e un’aliquota fissa spesso più conveniente rispetto alla tassazione ordinaria.
Registrazione del contratto di locazione
La registrazione di un contratto di locazione è un passaggio obbligatorio che va effettuato entro 30 giorni dalla data di stipula o di decorrenza dell’accordo, se anteriore. In Italia, la registrazione avviene presso l’Agenzia delle Entrate e può essere eseguita telematicamente o tramite modulistica cartacea (ad esempio, il modello RLI). Il pagamento delle imposte di registro e di bollo, dovute in via ordinaria, può essere sostituito, laddove sia possibile, dall’adesione al regime della cedolare secca, grazie al quale il locatore versa un’imposta sostitutiva senza ulteriori bolli o imposte di registro. La mancata o tardiva registrazione espone le parti a sanzioni amministrative, oltre a rendere il contratto potenzialmente nullo. In caso di proroga o risoluzione anticipata, è importante ricordarsi di registrare anche questi eventi, onde evitare contestazioni fiscali e amministrative.
Spese condominiali e ripartizione dei costi
Uno dei temi più delicati in una locazione riguarda la suddivisione delle spese condominiali tra locatore e conduttore. In linea di massima, il conduttore deve farsi carico delle spese ordinarie, come la pulizia e l’illuminazione delle parti comuni, la manutenzione ordinaria dell’ascensore, la gestione degli spazi verdi e altri servizi comuni. Al locatore competono invece le spese straordinarie, come le ristrutturazioni importanti o la sostituzione di impianti fondamentali (caldaie centralizzate, parti strutturali e così via). È fondamentale che il contratto specifichi chiaramente la ripartizione di costi e oneri condominiali, facendo eventualmente riferimento a tabelle di riparto standard o ad accordi di categoria. Un’adeguata trasparenza in merito ai costi evita incomprensioni e controversie, specialmente nei casi di condomini con servizi particolarmente complessi o costosi.
Sublocazione e cessione del contratto
Sublocazione e cessione del contratto sono due concetti simili ma distinti, che spesso generano confusione tra le parti. La sublocazione consiste nel concedere in locazione, in tutto o in parte, l’immobile che il conduttore occupa, a un terzo soggetto (subconduttore). Salvo quanto diversamente previsto dalla legge, la sublocazione è consentita solo se espressamente autorizzata dal locatore nel contratto. Ciò evita che l’immobile venga sfruttato da persone diverse da quelle concordate, garantendo un maggiore controllo sulle condizioni d’uso. La cessione del contratto, invece, implica il trasferimento dell’intero rapporto locatizio dal conduttore originario a un nuovo conduttore, sostituendolo in tutti i diritti e gli obblighi. Anche in questo caso, è richiesto in genere il consenso del locatore, poiché muta la controparte contrattuale. È importante regolare tali aspetti già nel testo del contratto o, in mancanza, tramite appositi accordi successivi, al fine di evitare problemi legali e preservare gli interessi di tutte le parti coinvolte.
Check-list di fine locazione
Quando si avvicina la scadenza o la risoluzione del contratto, è buona prassi per locatore e conduttore procedere a una verifica congiunta delle condizioni dell’immobile. Ecco una breve check-list:
- Stato dell’immobile: effettuare un sopralluogo finale, magari confrontando le foto o il verbale di consegna iniziale. Controllare pareti, pavimenti, impianti elettrici e idraulici, e annotare eventuali danni o manutenzioni da effettuare.
- Contatori e utenze: rilevare le letture finali dei contatori (luce, gas, acqua) e comunicare l’eventuale chiusura o voltura delle utenze, così da evitare costi a carico di chi non ne usufruisce più.
- Restituzione chiavi: concordare data e modalità per la riconsegna delle chiavi. Se le chiavi sono multiple (portoncino, garage, cantina, ecc.), occorre verificare che vengano restituite tutte.
- Deposito cauzionale: il locatore deve restituire il deposito cauzionale (al netto di eventuali danni imputabili al conduttore), entro i tempi previsti dal contratto e dalla legge. È consigliabile documentare per iscritto gli esiti del sopralluogo e le eventuali spese sostenute per ripristini o danni.
Una gestione chiara di queste fasi finali evita incomprensioni e potenziali controversie, concludendo in modo ordinato la relazione contrattuale e favorendo la soddisfazione di entrambe le parti.
FAQ – Domande frequenti sul contratto di locazione
1. Che cosa si intende per contratto di locazione?
È un accordo legale tra un locatore (proprietario) e un conduttore (inquilino) che consente l’uso temporaneo di un bene (mobile o immobile), in cambio di un canone. Nel linguaggio comune viene spesso definito “contratto di affitto”, anche se tecnicamente l’affitto riguarda beni produttivi di reddito (ad esempio, un’azienda).
2. Quali sono le caratteristiche del contratto di locazione ad uso abitativo?
È la formula più diffusa per gli immobili residenziali, disciplinata in particolare dalla legge n. 431/1998. Prevede generalmente una durata minima di 4 anni, rinnovabili di altri 4 (4+4), oppure formule diverse come il 3+2 a canone concordato. Il locatore deve garantire la manutenzione straordinaria e il conduttore è tenuto a pagare regolarmente il canone.
3. Come funziona il contratto di locazione commerciale (6+6)?
È destinato agli immobili in cui si svolgono attività professionali, artigianali o imprenditoriali. Di solito ha una durata minima di 6 anni, rinnovabili di altri 6, con particolari tutele per il conduttore (ad esempio, diritto di prelazione in caso di vendita o indennità di avviamento, se previsto dalla legge).
4. Quando si usa il contratto di locazione transitorio?
È la formula pensata per esigenze temporanee (ad esempio, trasferimenti di lavoro o studio). Ha una durata massima di 18 mesi e, per essere valido, deve indicare chiaramente le ragioni della transitorietà. Se queste non sussistono, il contratto si trasforma in una locazione abitativa ordinaria.
5. Cos’è la cedolare secca su un contratto di locazione e quando conviene?
È un regime fiscale opzionale che sostituisce l’IRPEF e le addizionali regionali e comunali con un’imposta sostitutiva, il cui valore può variare a seconda del tipo di contratto (21% per i contratti a canone libero, 10% per i contratti a canone concordato, 26% per gli affitti brevi dal secondo immobile locato in poi). Conviene soprattutto se si preferisce una tassazione fissa e l’esenzione da imposte di registro e bollo, a fronte della rinuncia all’aggiornamento ISTAT del canone.
6. In cosa consiste il contratto di locazione a canone concordato?
È un tipo di affitto ad uso abitativo in cui il canone è stabilito secondo accordi territoriali tra associazioni di proprietari e di inquilini. La durata tipica è 3 anni, rinnovabili di 2 (3+2). Spesso offre vantaggi fiscali, specie se abbinato alla cedolare secca con aliquota ridotta (10%).
7. Come si effettua la disdetta del contratto di locazione?
La disdetta è l’atto con cui una delle parti (locatore o conduttore) comunica la volontà di non rinnovare il contratto alla scadenza. Ogni tipologia (4+4, 3+2, commerciale, transitorio) ha regole e preavvisi specifici. In generale, il locatore può dare disdetta solo per i motivi previsti dalla legge, mentre il conduttore può farlo con maggiore libertà, purché rispetti i termini di preavviso indicati nel contratto o dalla normativa di riferimento.
8. Che differenza c’è tra disdetta e risoluzione del contratto di locazione?
La disdetta riguarda la scadenza naturale dell’accordo (o la scadenza intermedia, nei casi previsti), mentre la risoluzione è legata a un grave inadempimento, come la morosità nel pagamento del canone. In caso di risoluzione, il locatore può avviare lo sfratto per morosità, una procedura più rapida rispetto a una causa ordinaria, che permette di riottenere l’immobile in tempi più brevi.
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