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Passaggio in giudicato sentenza: cosa significa?

19 marzo 2024

Passaggio in giudicato sentenza: verifichiamo nell’articolo che segue cosa significa che per la sentenza avviene il passaggio in giudicato. Quali sono le conseguenze che derivano dal passaggio in giudicato della sentenza? Si tratta si una situazione immodificabile o il caso oggetto di giudizio, almeno in certi casi, può essere riesaminato? La questione qui affrontata del passaggio in giudicato della sentenza assume particolare rilievo dopo la recente decisione Cassazione Sezioni Unite 6 aprile 2023 n. 9479 su clausola abusiva, decreto ingiuntivo e giudicato: la decisione mette ben in luce come l’impostazione del nostro ordinamento sul giudicato della sentenza debba essere ripensata laddove sia necessario tutelare il consumatore. Vediamo i vari aspetti della questione.

Passaggio in giudicato sentenza
Passaggio in giudicato sentenza: cosa significa?

Passaggio in giudicato sentenza: introduzione

Il presente articolo si propone di analizzare il passaggio in giudicato delle sentenze civili alla luce dell'art. 2909 del Codice civile, esaminando i principi giuridici e i termini per l'impugnazione previsti dalla normativa. Il passaggio in giudicato di una sentenza è un fenomeno giuridico fondamentale nel diritto processuale civile, poiché conferisce (pur con dei limiti) alla decisione giudiziale una stabilità definitiva e una forza vincolante. L'art. 2909 del Codice civile stabilisce, infatti, che una sentenza passa in giudicato quando non è più impugnabile ovvero quando sono decorsi i termini per l'impugnazione senza che sia stata proposta. Il passaggio in giudicato rende la sentenza definitiva e inoppugnabile, con effetti diretti sulle parti coinvolte nel processo e sulle loro pretese.

Il medesimo fenomeno avviene anche per il procedimento per decreto ingiuntivo: dopo la notificazione del decreto ingiuntivo, il debitore può formulare opposizione entro 40 giorni e, se non procede, diventa definitivo il decreto ingiuntivo.

Il principio per il quale il passaggio in giudicato della sentenza copre il dedotto e il deducibile

Si dice peraltro che "il giudicato copre il dedotto e il deducibile": questa espressione si riferisce al principio secondo il quale la cosa giudicata (ovvero una sentenza per la quale sia avvenuto il passaggio in giudicato) non solo riguarda ciò che è stato effettivamente oggetto del processo e discusso tra le parti (il dedotto), ma anche ciò che avrebbe potuto essere oggetto del processo e che le parti avrebbero potuto far valere, ma non lo hanno fatto (il deducibile). In altre parole, una volta che una sentenza passa in giudicato, non è possibile proporre nuovamente la stessa domanda giudiziale basata sugli stessi fatti e diritti, né è possibile proporre altre domande basate su fatti e diritti che avrebbero potuto essere fatti valere nel processo precedente. Questo principio è fondamentale per garantire la stabilità delle decisioni giudiziali e la certezza del diritto, evitando che le parti possano ripetutamente proporre le stesse questioni davanti ai tribunali, prolungando indefinitamente i processi e generando inefficienze nel sistema giudiziario. Il principio per il quale il passaggio in giudicato copre il dedotto e il deducibile si basa sull'idea che le parti abbiano l'obbligo di esercitare i propri diritti e di far valere tutte le proprie pretese in maniera tempestiva e completa nel corso del processo. Se una parte non lo fa, non può successivamente lamentarsi della mancata considerazione di tali pretese, poiché la sentenza passata in giudicato preclude la possibilità di riproporre le stesse questioni davanti al giudice. Tuttavia, è importante notare che il principio del giudicato che copre il dedotto e il deducibile ha delle limitazioni, in quanto si applica solo alle questioni che avrebbero potuto essere oggetto del processo e che sono connesse alla causa originaria. Non si applica, invece, alle questioni totalmente estranee al processo o che non hanno alcun legame con la controversia originaria.

Impugnazioni e termini perentori

Le impugnazioni possono essere presentate dalle parti coinvolte nel processo che ritengano la sentenza non corretta. Esistono diverse tipologie di impugnazioni, tra cui l'appello, il ricorso per cassazione e il ricorso in revocazione. I termini per impugnare una sentenza variano a seconda del tipo di impugnazione.

Per quanto riguarda l'appello, il termine perentorio è di 30 giorni dalla notifica della sentenza per le parti costituite e di 6 mesi dalla pubblicazione della sentenza per le parti non costituite.

Per il ricorso per Cassazione, invece, il termine è di 60 giorni dalla notifica della sentenza o dell'ordinanza impugnata. Infine, per il ricorso in revocazione, il termine è di 30 giorni dalla scoperta del fatto o dalla notifica della sentenza o dell'ordinanza impugnata.

Effetti del passaggio in giudicato della sentenza

  • Cosa giudicata sostanziale: Una volta che una sentenza diventa definitiva, obbliga le parti a rispettare ciò che è stato stabilito dal giudice. Questo è l'effetto della cosa giudicata sostanziale, come indicato dall'art. 2909 del Codice Civile, che stabilisce che l'accertamento contenuto nella sentenza definitiva ha valore tra le parti, i loro eredi o aventi causa. La cosa giudicata sostanziale si riferisce all'effetto di diritto sostanziale prodotto dalla sentenza, che determina l'esistenza o l'inesistenza di un diritto tra le parti e impone loro di aderire a quanto deciso dal giudice. La cosa giudicata sostanziale è riconosciuta solo per le sentenze che decidono in modo irrevocabile sul merito. Tuttavia, la questione se estenderla anche ad altri provvedimenti decisionali è oggetto di discussione tra gli esperti di diritto.
  • Cosa giudicata formale: La cosa giudicata formale riguarda la stabilità che assume un provvedimento decisionale del giudice quando non è più impugnabile attraverso mezzi ordinari. In altre parole, si verifica la cosa giudicata formale quando il provvedimento non può più essere contestato dalle parti in giudizio o modificato dal giudice. L'art. 324 del Codice di Procedura Civile tratta esplicitamente la cosa giudicata formale e afferma che una sentenza si considera passata in giudicato quando non è più soggetta a regolamento di competenza, appello, ricorso per cassazione o revocazione per i motivi indicati nei numeri 4 e 5 dell'articolo 395. Sebbene il codice si riferisca solo alle sentenze, questa disposizione si estende anche ad altri provvedimenti decisionali, come i decreti e le ordinanze.

Passaggio in giudicato della sentenza e revocazione

La revocazione della sentenza civile è un istituto giuridico previsto dall'ordinamento italiano che consente di impugnare una sentenza nonostante il suo passaggio in giudicato, al fine di ottenere la sua modifica o annullamento in presenza di specifiche e gravi circostanze. Si tratta di una procedura applicabile in casi molto limitati: è interessante però ricordarla perché si tratta di una ipotesi che consente un riesame della vicenda nonostante il passaggio in giudicato.

Questa forma di impugnazione straordinaria è disciplinata dagli articoli 395 e seguenti del Codice di Procedura Civile. La revocazione si differenzia dalle impugnazioni ordinarie, come l'appello e il ricorso per cassazione, poiché interviene solo in situazioni eccezionali e non è soggetta ai normali termini di impugnazione previsti per le altre forme di impugnazione.Le cause di revocazione previste dall'art. 395 del Codice di Procedura Civile sono le seguenti:

    • Quando la sentenza è stata pronunciata in seguito a frode processuale compiuta da una delle parti o da un terzo in danno della parte soccombente (ad esempio, mediante l'uso di documenti falsi o il ricorso a testimonianze false).
  • Quando, dopo la pronuncia della sentenza, vengono scoperti documenti decisivi, precedentemente ignorati o tenuti nascosti dalla controparte, che avrebbero potuto influire sull'esito del processo se fossero stati conosciuti in tempo.
  • Quando la sentenza si fonda su una precedente sentenza penale per la quale si sia verificato il passaggio in giudicato che sia stata successivamente annullata o modificata per revisione.
  • Quando la sentenza è stata emessa in assenza di una delle parti a causa di notifica fraudolenta o inesistente, e la parte assente non ha avuto la possibilità di partecipare al processo.

Per proporre un ricorso in revocazione, la parte interessata deve agire entro un termine perentorio di 30 giorni dalla scoperta del fatto che giustifica la revocazione o, nel caso di notifica fraudolenta o inesistente, dalla data in cui viene a conoscenza della sentenza. Se il ricorso in revocazione viene accolto, il giudice può annullare o modificare la sentenza impugnata e, se necessario, disporre la riapertura del processo per riesaminare la controversia alla luce delle nuove circostanze emerse.

Tutela del consumatore e tangibilità del giudicato della sentenza

La recente sentenza Cassazione Sezioni Unite 6 aprile 2023 n. 9479 su clausola abusiva, decreto ingiuntivo e giudicato pome in luce come l’ordinamento di derivazione comunitaria imponga talvolta un ripensamento ai tradizionali istituti interni.

Ciò vale anche per il passaggio in giudicato, che non può valere a limitare i diritti del consumatore (ad esempio in relazione alle clausole abusive).

La questione di pone nei casi in cui il creditore agisca in via ingiuntiva contro il debitore -consumatore in forza di un contratto contenente clausole abusive: il giudice che emette l’ingiunzione ha l’obbligo di verificare la presenza di clausole abusive (e nel caso di agire di conseguenza) e, se tale controllo non vi è stato, occorre consentirlo anche successivamente ove il consumatore non abbia fatto opposizione, pur provocando il passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo.

Sula questione Cassazione Sezioni Unite 6 aprile 2023 n. 9479 ha indicato come lo strumento utile per il consumatore ingiunto che non abbia opposto a suo tempo il decreto è quello dell’opposizione tardiva: si tratta di una azione che si lascia preferire perché è rimedio che l’ordinamento stesso appresta contro il giudicato (cfr. Cass., S.U., 16 novembre 1998, n. 11549; Cass., 6 ottobre 2005, n. 19429; Cass., 24 marzo 2021, n. 8299) e, quindi, consente, anzitutto, di mantenere ferma la configurazione del decreto ingiuntivo non opposto quale provvedimento idoneo a passare in giudicato formale e a produrre effetti di giudicato sostanziale.

Inoltre, in quanto rimedio di sistema contro il giudicato, tale soluzione permette, anche nel limitato campo del decreto ingiuntivo non opposto in materia consumeristica, di fare salvo il principio secondo cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile. - Al tempo stesso, l’opposizione ex art. 650 c.p.c. si presenta come risposta coerente rispetto ai dicta della CGUE, giacché è idonea a rimettere in discussione il risultato di condanna conseguito dal creditore con il decreto ingiuntivo non opposto proprio in ragione del carattere abusivo della clausola del contratto fonte del diritto azionato in via monitoria, così da poter determinare la caducazione di quel decreto ovvero la riduzione del suo importo quale conseguenza della dichiarazione della natura abusiva di una o più clausole, con sentenza – come detto - suscettibile di passare in giudicato formale e con attitudine al giudicato sostanziale.

Passaggio in giudicato sentenza: conclusioni

Come visto, il passaggio in giudicato di una sentenza civile, regolato dall'art. 2909 del Codice civile, è un fenomeno giuridico di fondamentale importanza nel sistema giuridico italiano. Esso rappresenta la conclusione definitiva di un processo civile, assicurando stabilità e certezza alle decisioni giudiziali e garantendo la tutela dei diritti delle parti coinvolte.

La comprensione dei termini per l'impugnazione e degli effetti del passaggio in giudicato è fondamentale per gli operatori del diritto e per i cittadini, al fine di garantire il corretto esercizio dei diritti e delle azioni previste dalla legge.Pur evidenziando ciò in linea generale, risulta oggi di fondamentale importanza la comprensione dei più recenti orientamenti in tema di tutela del consumatore, che possono addirittura mettere in discussione il passaggio in giudicato della sentenza.

Marco Ticozzi Avvocato Venezia

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