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Liquidazione giudiziale requisiti e limiti dimensionali: quali presupposti?

9 aprile 2023

Liquidazione giudiziale requisiti e limiti dimensionali: quali sono i presupposti? La nuova disciplina fallimentare di cui al codice della crisi prevede, in luogo del fallimento, la liquidazione giudiziale. Quando può essere disposta? Quali sono i requisiti e i limiti dimensionali per poter disporre la liquidazione giudiziale di una impresa? Analizziamo la nuova disciplina e indichiamo, anche in modo schematico, quali siano i presupposti per attivarla

Liquidazione giudiziale requisiti e limiti dimensionali
Liquidazione giudiziale requisiti e limiti dimensionali: quali presupposti?

Liquidazione giudiziale requisiti dimensionali: onere della prova sui presupposti

L’art. 121 del codice della crisi di imprese indica che la liquidazione giudiziale può essere disposta nei confronti dell’impresa in stato di insolvenza che non dimostri il possesso congiunto dei requisiti di cui all'articolo 2, comma 1, lettera d) dello stesso codice della crisi d’impresa.

Tale previsione ci permette anzitutto di evidenziare, in merito a tali presupposti, che:

l’onere della prova incombe sulla impresa per la quale si chiede la dichiarazione giudiziale: l’art. 121 del codice della crisi, infatti, indica che la procedura di liquidazione giudiziale può essere disposta “agli imprenditori commerciali che non dimostrino…”;

la prova che deve essere fornita attiene al possesso congiunto di tutti i requisiti di cui all’art. 2, comma 1, lettera d) dello stesso codice della crisi: ciò significa che i tre requisiti e limiti dimensionali fissati per qualificare l’impresa come minore, e come tale non soggetta alla procedura in questione, devono essere posseduti congiuntamente.

Liquidazione giudiziale limiti dimensionali: quali sono?

Ma quali sono appunto questi requisiti e limiti dimensionali per la liquidazione giudiziaria?

Come visto l’art. 121 del codice della crisi rinvia all’art. 2, comma 1, lettera d), il quale contiene la definizione di impresa minore.

Infatti, la liquidazione giudiziale è applicabile solo alle imprese non qualificabili in tal modo, superando i requisiti e limiti dimensionali.

Venendo al concreto dei limiti e requisiti dimensionali della liquidazione giudiziale, è una impresa minore e, come tale, esclusa dalla procedura al nostro esame l'impresa che presenta congiuntamente i seguenti presupposti o requisiti:

1) un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore;

2) ricavi, in qualunque modo essi risultino, per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell'istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore;

3) un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila.

Come anticipato si tratta di requisiti o limiti dimensionali cumulativi: il superamento anche solo di uno dei limiti e anche solo per uno dei tre anni porta a ritenere soddisfatti i requisiti e presupposti per la dichiarazione di liquidazione giudiziale.

La previsione di cui all’art. 2 del codice della crisi, peraltro, precisa che i limiti e requisiti dimensionali possono essere aggiornati nel tempo e, in particolare, ogni tre anni con decreto del Ministro della giustizia.

Ma non sono in realtà solo questi i requisiti o limiti dimensionali riferibili alla liquidazione giudiziale: nella disciplina specifica di tale istituto sono indicati, infatti, ulteriori presupposti da rispettare.

Come offrire la prova del mancato superamento di questi presupposti?

La previsione non indica come debba essere offerta la prova del mancato superamento dei limiti o requisiti dimensionali di cui all’art. 2 del codice della crisi.

Una interessante sentenza della Corte d’Appello di Venezia, riferibile ai presupposti presenti nella previgente disciplina fallimentare il cui tenore era però analogo, ha indicato che “ai fini della prova della sussistenza dei requisiti di non fallibilità, di cui all'art. 1, 2 co., l.fall., i bilanci depositati, pur non essendo espressamente menzionati dall'articolo predetto, rappresentano strumenti di prova privilegiati.

Ciò non significa, tuttavia, che non siano ammissibili strumenti probatori alternativi, fermo rimanendo a carico dell'imprenditore l'onere di fornire la prova, con altri mezzi, della sussistenza dei requisiti di non fallibilità (cfr., da ultime, Cass. 27 settembre 2019, n. 24138 e Cass. civ. 26 novembre 2018 n. 30541)” (Corte d'Appello Venezia 11 marzo 2021).

Dunque, chiaramente il modo più semplice per offrire la prova liberatoria del mancato superamento dei limiti e requisiti dimensionali è quella che può derivare dall’analisi dei bilanci.

Ma, per verificare i limiti e presupposti dimensionali, possono essere utilizzati altri documenti (si pensi alle società di persone che non hanno i bilanci depositati in Camera di Commercio), così come astrattamente anche i bilanci potrebbero essere disattesi: si pensi al creditore che abbia un credito o documenti crediti (magari non risultati dai bilanci) per rimporti maggiori rispetto a quelli indicati nei limiti dimensionali e che consentono, quindi, di procedere con l’apertura della liquidazione giudiziale.

Limiti e requisiti dimensionali per la liquidazione giudiziale: debiti risultanti dall’istruttoria

L’art 49 del codice della crisi d’impresa aggiunge ulteriori limiti o requisiti dimensionali con specifico riferimento a ciò che risulta dalla istruttoria del procedimento per la dichiarazione di liquidazione giudiziale.

I requisiti e limiti dimensionali di cui all’art. 2 e riportati nel paragrafo precedete, sono dati che possono risultare anche da accertamenti esterni alla procedura, come ad esempio dal bilancio.

L’art. 49 del codice della crisi richiede un ulteriore limite o requisito dimensionale: indica, infatti, che non si procede alla dichiarazione di liquidazione giudiziale nel caso in cui l'ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell'istruttoria del procedimento volto alla dichiarazione della liquidazione giudiziale sia complessivamente inferiore a euro trentamila.

Anche questo importo può essere periodicamente aggiornato, come previsto per i limiti e requisiti dimensionali di cui all’art. 2.

Il limite o requisito dimensionale di cui all’art. 49 del codice della crisi ha lo scopo di evitare il fallimento di imprese minori, vale a dire con debiti (accertati in giudizio) trascurabili.

È da sottolineare che questo è un limite o requisito dimensionale che rappresenta una condizione per poter dichiarare la liquidazione giudiziale. In ciò si differenzia dai limiti e requisiti dimensionali di cui all’art. 2 e di cui al paragrafo che precede: in quel caso l’onere della prova della dimostrazione del mancato superamento dei presupposti o limiti è dell’impresa che subisce la procedura e, ove nulla dimostri, sarà possibile dichiarare la liquidazione giudiziale.

È da sottolineare che la medesima previsione era prevista anche dall’art. 15 della legge fallimentare.

Proprio questa analogia tra le due previsioni ci consente di richiamare un precedente, riferibile quindi anche al caso in questione. La Cassazione sul punto aveva indicato che l'articolo 15, comma 9, della Legge Fallimentare (per il quale "non si fa luogo alla dichiarazione di fallimento se l'ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell'istruttoria prefallimentare è complessivamente inferiore a euro trentamila") si deve interpretare “nel senso che la condizione ostativa all'apertura della procedura concorsuale non risiede nella circostanza il credito in capo a colui che presenta l'istanza di fallimento sia inferiore a tale limite, ma unicamente nel fatto che sussista la prova positiva, comunque acquisita, di un ammontare dei debiti scaduti ed impagati di importo complessivamente inferiore ad curo trentamila” (Cass. 14 Novembre 2017, n. 26926).

Per cui, non serve che il credito di euro 30.000 verso l’impresa da assoggettare alla procedura di liquidazione giudiziale sia di titolarità del creditore che agisce, ma solo che si porvi che esistono debiti di questo ammontare. Ciò potrebbe essere difficoltoso, ad esempio, per società di persone che non hanno bilanci pubblici.

Da sottolineare che la sentenza conferma il limite e requisito di cui all’art 49 (ex 15 Legge fallimentare) costituisce una condizione all’apertura della procedura.

Liquidazione giudiziale limiti e requisiti dimensionali: conclusioni sui presupposti della procedura

Come abbiamo visto la procedura della liquidazione giudiziale contiene diversi limiti e requisiti dimensionali, rappresentanti dei presupposti, per poter dichiarare aperta la procedura.

La funzione d tali presupposti è quella di riservare questa procedura alle sole imprese non piccole, appunto secondo la definizione contenuta nell’art. 2 di impresa minore.

Infatti, le imprese minori non sono soggette alla liquidazione giudiziale ma casomai possono accedere alle procedure per tali soggetti come quella del sovraindebitamento oppure del concordato minore o della liquidazione controllata.

Ma, come visto, anche nella disciplina previgente il fallimento, oggi sostituito con la liquidazione giudiziale, prevedeva dei limiti o requisiti funzionali per la medesima ragione.

Marco Ticozzi Avvocato Venezia

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