9 novembre 2024
- Quando si parla di residenza e domicilio, spesso si tende a confondere questi due concetti, che in realtà hanno significati giuridici distinti. La differenza tra residenza e domicilio è rilevante, soprattutto in ambito legale e fiscale, perché ognuno di questi luoghi rappresenta un aspetto diverso della vita di una persona. In questo articolo analizziamo cosa si intende per domicilio e residenza, quali sono le loro caratteristiche secondo il Codice Civile, e come distinguere chiaramente tra i due.
Introduzione alla Differenza tra Residenza e Domicilio
La distinzione tra residenza e domicilio è stabilita dall’articolo 43 del Codice Civile italiano, che assegna a ciascuno di questi luoghi una funzione specifica nella vita della persona. La residenza rappresenta il luogo in cui una persona ha la sua dimora abituale, mentre il domicilio è il luogo dove ha fissato il centro principale dei suoi affari e interessi. Sebbene i due possano coincidere, è importante comprendere che, secondo la legge, possono anche essere differenti. Nei paragrafi successivi, esploreremo in dettaglio le definizioni di residenza e domicilio, con esempi pratici e riferimenti giuridici che aiutano a chiarirne la distinzione e l’applicazione.
Definizione di domicilio secondo il codice civile?
L’articolo 43 del Codice Civile definisce il domicilio come il “luogo in cui una persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi.” Questa definizione ha suscitato dibattito sulla reale portata del termine “affari e interessi”: esso indica solo il contesto economico e lavorativo, o può estendersi anche ad aspetti personali e familiari?
La dottrina è divisa in merito. Alcuni autori, come Pugliatti (Istituti di diritto civile, Milano, 1943, 272) e Costanza (Domicilio, residenza e dimora (dir. civ.), in EG, XII, Roma, 1989, 2), ritengono che il domicilio riguardi esclusivamente la sfera economica e patrimoniale. Secondo questa interpretazione, quindi, gli altri interessi della persona dovrebbero essere ricondotti alla residenza.
Altri studiosi, come Tedeschi (Domicilio, residenza e dimora, in NN.D.I., VI, Torino, 1960, 194), conferiscono invece al domicilio un significato più ampio, ritenendo che possa includere anche interessi morali, sociali e familiari. In questo senso, il domicilio potrebbe coincidere con la residenza, soprattutto se rappresenta il luogo centrale delle relazioni personali e familiari di una persona.
Questa interpretazione più estesa è spesso adottata anche dalla Corte di Cassazione. Ad esempio, la sentenza Cass. 8 marzo 2005, n. 5006 ha affermato che “per domicilio si intende il luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e dei suoi interessi, che non va individuato solo con riferimento ai rapporti economici e patrimoniali, ma anche ai suoi interessi morali, sociali e familiari.” Di conseguenza, il domicilio si caratterizza come il centro principale delle relazioni familiari, sociali ed economiche di una persona, potendo coincidere con la residenza abituale.
Domicilio eletto: cosa prevede l'articolo 47 del codice civile?
L’articolo 47 del Codice Civile introduce la possibilità di eleggere un “domicilio speciale” per determinati atti o affari, precisando che tale elezione deve avvenire in forma scritta. Questo tipo di domicilio permette di designare un luogo specifico per ricevere comunicazioni o notifiche relative a un certo affare o contratto.
Se viene eletto un domicilio speciale, ad esempio in un contratto, le notifiche legate a quel contratto possono essere indirizzate a tale domicilio, ma esistono eccezioni. Come osserva Costanza (Domicilio, residenza e dimora (dir. civ.), in EG, XII, Roma, 1989, 3), questo domicilio non è l’unico luogo dove effettuare notifiche: per alcuni atti, possono essere utilizzati anche altri indirizzi previsti dalla legge, come la residenza.
Un esempio particolare riguarda l’elezione di domicilio presso il difensore in una causa legale: in questo caso, le notifiche successive, come l’appello, devono essere inviate al domicilio eletto presso il difensore e non alla residenza della persona assistita.
La definizione di residenza
L’art. 43 del codice civile definisce la residenza di una persona riferendolo al luogo “in cui in cui la persona ha la dimora abituale”.
L’elemento caratterizzante della residenza è he la dimora deve essere abituale.
Ad esempio Cass. 14 marzo 1986, n. 1738 ha sottolineato che “la residenza di una persona è determinata dalla sua abituale e volontaria dimora in un determinato luogo, cioè dall'elemento obiettivo della permanenza in tale luogo e dall'elemento soggettivo dell'intenzione di abitarvi stabilmente, rivelata dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle normali relazioni sociali; questa stabile permanenza sussiste anche quando la persona si rechi a lavorare o a svolgere altra attività fuori del comune di residenza, sempre che conservi in esso l'abitazione, vi ritorni quando possibile e vi mantenga il centro delle proprie relazioni familiari e sociali”.
Questo, infatti, è il dato centrale: se un soggetto ha la residenza nella propria abitazione può anche assentarsi per un periodo prolungato (ad esempio per una lunga vacanza) o per molti giorni all’anno (ad esempio se lavora lontano e torna nei fine settimana). La residenza resta tale se questa è il luogo centrale delle proprie relazioni famigliari e sociali (ad esempio perché quando la persona è assente, in quel luogo c’è la sua famiglia, rappresentando il luogo in cui si torna quando non si lavora lontano).
Differenza tra residenza anagrafica e reale
La residenza, secondo il Codice Civile, è il luogo della dimora abituale di una persona, dove questa ha il centro delle sue relazioni familiari e sociali. Tuttavia, non sempre la residenza anagrafica (quella registrata presso il Comune) coincide con la residenza effettiva. Questo può avvenire, ad esempio, quando un individuo dichiara come residenza anagrafica un luogo diverso da quello in cui vive abitualmente, magari per beneficiare di agevolazioni fiscali, come quelle per la prima casa.
Sul piano civilistico, la regola generale è che la residenza effettiva si presume coincidente con quella anagrafica. La Cassazione, infatti, nella sentenza n. 19431 del 17 settembre 2020, ha affermato che, per individuare la competenza territoriale, si presume che residenza effettiva e anagrafica coincidano, salvo prova contraria che dimostri un concreto e volontario spostamento della dimora abituale.
Tuttavia, se chi notifica un atto è a conoscenza della residenza effettiva diversa da quella anagrafica, la notifica deve essere effettuata nel luogo reale di dimora. Come specificato dalla Cassazione (sentenza n. 4274 del 13 febbraio 2019), la notifica presso la residenza anagrafica non è valida se risulta che il destinatario risiede altrove in modo stabile e tale residenza è conoscibile con l’ordinaria diligenza.
Differenza tra domicilio e residenza: la relazione al codice civile
È interessante notare come la relazione al codice civile spieghi espressamente che si è voluta mantenere una differenza tra residenza e domicilio e come la differenziazione tra i due istituti abbia una propria logica.
Indica la relazione al codice civile, infatti, che “Sono state apportate innovazioni sostanziali all'istituto del domicilio, così come era stato disciplinato nel progetto definitivo. Sì è considerato infatti che la distinzione fra domicilio e residenza è ormai consolidata da una tradizione secolare e da una lunga elaborazione dottrinale e giurisprudenziale. Né, in verità, si tratta di una distinzione artificiosa, perché non è raro il caso di persone che abbiano la dimora abituale in un luogo e la sede principale degli affari in un altro, questa possibilità si rende ancora più facile nelle condizioni della vita moderna, in vista del grande sviluppo e della rapidità dei mezzi di comunicazione”.
Conclusioni su questi due luoghi della persona
In sintesi, la differenza tra residenza e domicilio è rilevante sotto diversi profili giuridici e pratici. La residenza identifica il luogo della dimora abituale di una persona, dove essa ha stabilito il centro delle sue relazioni familiari e sociali. Il domicilio, invece, rappresenta la sede principale degli affari e interessi di una persona e può, in certi casi, coincidere con la residenza.
Ecco una sintesi delle differenze principali:
• Residenza: luogo unico, che rappresenta il centro della vita privata e familiare. È determinata in base alla dimora abituale.
• Domicilio: può essere uno o più luoghi dove la persona ha fissato i suoi principali interessi o affari, inclusi quelli economici e sociali, e può essere eletto per specifici atti.
• Residenza anagrafica vs. residenza reale: la residenza registrata presso il Comune è presunta coincidente con quella effettiva, salvo prova contraria; la residenza effettiva prevale su quella anagrafica quando vi siano discrepanze.
In definitiva, mantenere la distinzione tra questi due concetti consente di rispondere in modo adeguato a esigenze diverse della vita giuridica e personale, come evidenziato nella relazione al Codice Civile. Questa differenziazione risulta ancora più importante nella società moderna, dove gli impegni lavorativi, familiari e sociali possono trovarsi in luoghi differenti.
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