Differenza tra domicilio e residenza
Differenza tra domicilio e residenza: quale è la
definizione dell’uno e dell’altro e quale è la differenza tra domicilio e residenza?
Analizziamo l’art. 43 che definisce domicilio e differenza e
cerchiamo di individuare la differenza tra i due luoghi che coinvolgono la
persona fisica.

Differenza tra domicilio e residenza: la definizione del primo
L’art. 43 del codice civile definisce il domicilio di
una persona riferendolo al “luogo in cui essa ha stabilito la sede principale
dei suoi affari e interessi”.
Si discute se la sede degli affari o interessi sia solo quella
legata alle attività economiche o lavorative o possa coincidere anche con il luogo
in cui la persona ha la propria dimora abituale (in questa seconda ipotesi il
domicilio coinciderebbe, come vedremo, con al residenza.
La dottrina sul punto è divisa:
alcuni autori ritengono che il domicilio (luogo degli affari
e interessi) sia riferibile solo al contesto economico e patrimoniale
(Pugliatti, Istituti di diritto civile, Milano, 1943, 272; Costanza, Domicilio, residenza e dimora (dir. civ.), in EG, XII, Roma, 1989, 2), dovendosi far riferimento per gli altri
interessi della persona al luogo di residenza;
altri autori, invece, occorre attribuire a questa locazione
un significato non limitato a tale contesto, potendo il luogo dei propri
interessi coincidere anche con le questioni extralavorative (Tedeschi,
Domicilio, residenza e dimora, in NN.D.I., VI, Torino, 1960, 194), potendo
allora il domicilio coincidere con il luogo di residenza.
In questo secondo senso si esprime di solito anche la
Cassazione che, infatti, ha indicato che può non esservi differenza tra
residenza e domicilio, potendo il secondo coincidere con la prima.
Ad esempio Cass. 8 marzo 2005, n. 5006 ha ritenuto che “i
fini della competenza territoriale, qualora sia convenuta una persona fisica, e
si faccia riferimento al luogo del domicilio, che è criterio di collegamento
rilevante sia ai fini dell'art. 18 cod. proc. civ. che dell'art. 20 cod. proc.
civ. ed autonomo rispetto a quello della residenza, s'intende per domicilio il
luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e dei
suoi interessi, che non va individuato solo con riferimento ai rapporti
economici e patrimoniali, ma anche ai suoi interessi morali, sociali e
familiari, che confluiscono normalmente nel luogo ove la stessa vive con la
propria famiglia; ne consegue che il domicilio è caratterizzato dall'intenzione
di costituire in un determinato luogo il centro principale delle proprie
relazioni familiari, sociali ed economiche”.
Il domicilio eletto ex art 47 cc
L’art. 47 del codice civile prevede il domicilio eletto.
La previsione indica che “Si può eleggere domicilio speciale per determinati
atti o affari. Questa elezione deve farsi espressamente per iscritto”.
Cosa avviene in caso di domicilio eletto?
Che, in relazione all’atto o all’affare per il quale è stato
eletto il domicilio, quello sarà il luogo da utilizzare ad esempio per le
comunicazioni.
In realtà, soprattutto ai fini di individuare il luogo per
le notificazioni, si precisa che quello è uno dei luoghi in cui il notificante
può notificare al notificato, ma non l’unico, ben potendo essere utilizzati gli
ulteriori luoghi individuati dalla legge in alternativa (ad esempio la residenza):
in questo senso ad esempio Costanza, Domicilio, residenza e dimora
(dir. civ.), in EG, XII, Roma, 1989, 3.
Questo vale se l’elezione di domicilio è contenuta in un
contratto (ed allora potrà notificare la citazione introduttiva della causa
che coinvolge quel rapporto appunto al domicilio eletto ma anche alla residenza)
ma non anche per l’elezione di domicilio presso il difensore che assiste
la persona in causa: l’appello ad esempio andrà notificato nel domicilio eletto
e non anche alla persona assistita presso la sua residenza.
La definizione di residenza e la differenza rispetto al domicilio
L’art. 43 del codice civile definisce la residenza di
una persona riferendolo al luogo “in cui in cui la persona ha la dimora
abituale”.
L’elemento caratterizzante della residenza è he la dimora
deve essere abituale.
Ad esempio Cass. 14 marzo 1986, n. 1738 ha sottolineato che “la
residenza di una persona è determinata dalla sua abituale e volontaria dimora
in un determinato luogo, cioè dall'elemento obiettivo della permanenza in tale
luogo e dall'elemento soggettivo dell'intenzione di abitarvi stabilmente,
rivelata dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle normali relazioni
sociali; questa stabile permanenza sussiste anche quando la persona si rechi a
lavorare o a svolgere altra attività fuori del comune di residenza, sempre che
conservi in esso l'abitazione, vi ritorni quando possibile e vi mantenga il centro
delle proprie relazioni familiari e sociali”.
Questo, infatti, è il dato centrale: se un soggetto ha la
residenza nella propria abitazione può anche assentarsi per un periodo
prolungato (ad esempio per una lunga vacanza) o per molti giorni all’anno (ad
esempio se lavora lontano e torna nei fine settimana). La residenza resta tale
se questa è il luogo centrale delle proprie relazioni famigliari e sociali (ad
esempio perché quando la persona è assente, in quel luogo c’è la sua famiglia,
rappresentando il luogo in cui si torna quando non si lavora lontano).
Differenza tra residenza anagrafica e reale
Come anticipato la residenza è il luogo della dimora abituale:
il luogo in cui il soggetto ha il centro delle proprie relazioni familiari e
sociali.
La residenza anagrafica non sempre coincide con quella
effettiva.
Questo può capitare ad esempio perché il soggetto indica
come residenza anagrafica un luogo differente da quello in cui ha la dimora
abituale, ad esempio per sfruttare agevolazioni fiscali di vario genere (basti pensare
a quelle riferibili alla prima casa, nella quale occorre risiedere).
Chiaramente il Comune può fare le verifiche del caso e cancellare la persona da
una residenza che non sia realmente tale.
In assenza di verifica, comunque, sul piano civilistico può rilevare
il fatto che la residenza effettiva sia in un luogo differente da quello della
residenza anagrafica.
Anzitutto la regola generale è quella che la residenza reale
(civilistica) si presume coincidere con quella anagrafica: ad esempio
Cass. 17 settembre 2020, n. 19431 ha indicato che “ai fini dell'individuazione
del giudice territorialmente competente si presume la coincidenza della
residenza effettiva e del domicilio con la residenza anagrafica […], salvo che
risulti accertato non solo il concreto spostamento della sua dimora abituale o
del centro principale dei suoi rapporti economici, morali, sociali e familiari,
ma anche la volontarietà di tale spostamento”.
Dunque, ad esempio ai fini della notifica di un atto alla
residenza di una persona, il soggetto che procede può fare riferimento alla
residenza anagrafica perché quella effettiva si presume coincidere.
Ma cosa avviene se il notificante è a conoscenza che quella
non è la residenza effettiva?
Lo indica la Cassazione con questa massima: “La
notificazione eseguita, ai sensi dell'art. 140 c.p.c., è valida se eseguita nel
luogo di residenza del destinatario risultante dai registri anagrafici, mentre
non lo è se, pur effettuata presso tale luogo, sia conosciuta l'effettiva
residenza, anche tramite le risultanze della relata, ovvero la stessa sia
conoscibile con l'ordinaria diligenza. Difatti la circostanza secondo la quale
nell'indirizzo risultante dai registri anagrafici si trovi la residenza
effettiva (o la dimora o il domicilio) del destinatario costituisce mera
presunzione superabile con qualsiasi mezzo di prova, in quanto non coperta
dalla fidefacenza della relata” (Cass. 13 febbraio 2019, n. 4274).
Relazione al codice civile e differenza tra residenza e domicilio
È interessante notare come la relazione al codice civile
spieghi espressamente che si è voluta mantenere una differenza tra residenza e domicilio
e come la differenziazione tra i due istituti abbia una propria logica.
Indica la relazione al codice civile, infatti, che “Sono
state apportate innovazioni sostanziali all'istituto del domicilio, così come
era stato disciplinato nel progetto definitivo. Sì è considerato infatti che la
distinzione fra domicilio e residenza è ormai consolidata da una
tradizione secolare e da una lunga elaborazione dottrinale e giurisprudenziale.
Né, in verità, si tratta di una distinzione artificiosa, perché non è raro il
caso di persone che abbiano la dimora abituale in un luogo e la sede principale
degli affari in un altro, questa possibilità si rende ancora più facile nelle
condizioni della vita moderna, in vista del grande sviluppo e della rapidità
dei mezzi di comunicazione”.
Differenza tra domicilio e residenza: conclusioni
In definitiva sul piano formale vi è una netta differenza
tra domicilio e residenza.
La prima differenza consiste anzitutto nel fatto che
il primo è definito in relazione al luogo in cui la persona ha la sede dei propri
affari e interessi e il secondo, invece, in relazione al luogo in cui la
persona ha la propria dimora abituale.
I due luoghi possono coincidere, ed allora non vi sarà alcuna
differenza tra i due istituti, ma possono anche essere differenti coincidendo
con due posti diversi.
Una seconda differenza è data dal fatto che il domicilio
può anche essere rappresentato da più luoghi: ad esempio quando la persona
svolga attività diverse e abbia più sedi lavorative. A differenza del domicilio,
invece, la residenza è sempre e solo una: quella coincidente con il luogo in
cui la persona ha il centro delle proprie relazioni familiari e sociali.
Una terza differenza è data dal fatto che il domicilio
può essere eletto, mentre la residenza resta identificabile nel luogo di cui si
è detto. Peraltro, come visto, ove quella anagrafica (scelta e indicata dal
soggetto) non sia reale, la legge fa prevalere quella effettiva.
In definitiva la differenza tra i due istituti esiste: di
qui, come indica la relazione al codice civile, può aver senso mantenere la
distinzione.