15 agosto 2024
Differenza tra domicilio e residenza: quale è la definizione dell’uno e dell’altro e quale è la differenza tra domicilio e residenza? Analizziamo l’art. 43 che definisce domicilio e differenza e cerchiamo di individuare la differenza tra i due luoghi che coinvolgono la persona fisica.
Quale è la definizione di domicilio?
L’art. 43 del codice civile definisce il domicilio di una persona riferendolo al “luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi”.
Si discute se la sede degli affari o interessi sia solo quella legata alle attività economiche o lavorative o possa coincidere anche con il luogo in cui la persona ha la propria dimora abituale (in questa seconda ipotesi il domicilio coinciderebbe, come vedremo, con al residenza.
La dottrina sul punto è divisa:
alcuni autori ritengono che il domicilio (luogo degli affari e interessi) sia riferibile solo al contesto economico e patrimoniale (Pugliatti, Istituti di diritto civile, Milano, 1943, 272; Costanza, Domicilio, residenza e dimora (dir. civ.), in EG, XII, Roma, 1989, 2), dovendosi far riferimento per gli altri interessi della persona al luogo di residenza;
altri autori, invece, occorre attribuire a questa locazione un significato non limitato a tale contesto, potendo il luogo dei propri interessi coincidere anche con le questioni extralavorative (Tedeschi, Domicilio, residenza e dimora, in NN.D.I., VI, Torino, 1960, 194), potendo allora il domicilio coincidere con il luogo di residenza.
In questo secondo senso si esprime di solito anche la Cassazione che, infatti, ha indicato che può non esservi differenza tra residenza e domicilio, potendo il secondo coincidere con la prima.
Ad esempio Cass. 8 marzo 2005, n. 5006 ha ritenuto che “i fini della competenza territoriale, qualora sia convenuta una persona fisica, e si faccia riferimento al luogo del domicilio, che è criterio di collegamento rilevante sia ai fini dell'art. 18 cod. proc. civ. che dell'art. 20 cod. proc. civ. ed autonomo rispetto a quello della residenza, s'intende per domicilio il luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e dei suoi interessi, che non va individuato solo con riferimento ai rapporti economici e patrimoniali, ma anche ai suoi interessi morali, sociali e familiari, che confluiscono normalmente nel luogo ove la stessa vive con la propria famiglia; ne consegue che il domicilio è caratterizzato dall'intenzione di costituire in un determinato luogo il centro principale delle proprie relazioni familiari, sociali ed economiche”.
In cosa consiste il domicilio eletto ex art 47 cc?
L’art. 47 del codice civile prevede il domicilio eletto. La previsione indica che “Si può eleggere domicilio speciale per determinati atti o affari. Questa elezione deve farsi espressamente per iscritto”.
Cosa avviene in caso di domicilio eletto?
Che, in relazione all’atto o all’affare per il quale è stato eletto il domicilio, quello sarà il luogo da utilizzare ad esempio per le comunicazioni.
In realtà, soprattutto ai fini di individuare il luogo per le notificazioni, si precisa che quello è uno dei luoghi in cui il notificante può notificare al notificato, ma non l’unico, ben potendo essere utilizzati gli ulteriori luoghi individuati dalla legge in alternativa (ad esempio la residenza): in questo senso ad esempio Costanza, Domicilio, residenza e dimora (dir. civ.), in EG, XII, Roma, 1989, 3.
Questo vale se l’elezione di domicilio è contenuta in un contratto (ed allora potrà notificare la citazione introduttiva della causa che coinvolge quel rapporto appunto al domicilio eletto ma anche alla residenza) ma non anche per l’elezione di domicilio presso il difensore che assiste la persona in causa: l’appello ad esempio andrà notificato nel domicilio eletto e non anche alla persona assistita presso la sua residenza.
La definizione di residenza
L’art. 43 del codice civile definisce la residenza di una persona riferendolo al luogo “in cui in cui la persona ha la dimora abituale”.
L’elemento caratterizzante della residenza è he la dimora deve essere abituale.
Ad esempio Cass. 14 marzo 1986, n. 1738 ha sottolineato che “la residenza di una persona è determinata dalla sua abituale e volontaria dimora in un determinato luogo, cioè dall'elemento obiettivo della permanenza in tale luogo e dall'elemento soggettivo dell'intenzione di abitarvi stabilmente, rivelata dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle normali relazioni sociali; questa stabile permanenza sussiste anche quando la persona si rechi a lavorare o a svolgere altra attività fuori del comune di residenza, sempre che conservi in esso l'abitazione, vi ritorni quando possibile e vi mantenga il centro delle proprie relazioni familiari e sociali”.
Questo, infatti, è il dato centrale: se un soggetto ha la residenza nella propria abitazione può anche assentarsi per un periodo prolungato (ad esempio per una lunga vacanza) o per molti giorni all’anno (ad esempio se lavora lontano e torna nei fine settimana). La residenza resta tale se questa è il luogo centrale delle proprie relazioni famigliari e sociali (ad esempio perché quando la persona è assente, in quel luogo c’è la sua famiglia, rappresentando il luogo in cui si torna quando non si lavora lontano).
Differenza tra residenza anagrafica e reale
Come anticipato la residenza è il luogo della dimora abituale: il luogo in cui il soggetto ha il centro delle proprie relazioni familiari e sociali.
La residenza anagrafica non sempre coincide con quella effettiva.
Questo può capitare ad esempio perché il soggetto indica come residenza anagrafica un luogo differente da quello in cui ha la dimora abituale, ad esempio per sfruttare agevolazioni fiscali di vario genere (basti pensare a quelle riferibili alla prima casa, nella quale occorre risiedere). Chiaramente il Comune può fare le verifiche del caso e cancellare la persona da una residenza che non sia realmente tale.
In assenza di verifica, comunque, sul piano civilistico può rilevare il fatto che la residenza effettiva sia in un luogo differente da quello della residenza anagrafica.
Anzitutto la regola generale è quella che la residenza reale (civilistica) si presume coincidere con quella anagrafica: ad esempio Cass. 17 settembre 2020, n. 19431 ha indicato che “ai fini dell'individuazione del giudice territorialmente competente si presume la coincidenza della residenza effettiva e del domicilio con la residenza anagrafica […], salvo che risulti accertato non solo il concreto spostamento della sua dimora abituale o del centro principale dei suoi rapporti economici, morali, sociali e familiari, ma anche la volontarietà di tale spostamento”.
Dunque, ad esempio ai fini della notifica di un atto alla residenza di una persona, il soggetto che procede può fare riferimento alla residenza anagrafica perché quella effettiva si presume coincidere.
Ma cosa avviene se il notificante è a conoscenza che quella non è la residenza effettiva?
Lo indica la Cassazione con questa massima: “La notificazione eseguita, ai sensi dell'art. 140 c.p.c., è valida se eseguita nel luogo di residenza del destinatario risultante dai registri anagrafici, mentre non lo è se, pur effettuata presso tale luogo, sia conosciuta l'effettiva residenza, anche tramite le risultanze della relata, ovvero la stessa sia conoscibile con l'ordinaria diligenza. Difatti la circostanza secondo la quale nell'indirizzo risultante dai registri anagrafici si trovi la residenza effettiva (o la dimora o il domicilio) del destinatario costituisce mera presunzione superabile con qualsiasi mezzo di prova, in quanto non coperta dalla fidefacenza della relata” (Cass. 13 febbraio 2019, n. 4274).
Relazione al codice civile e differenza tra residenza e domicilio
È interessante notare come la relazione al codice civile spieghi espressamente che si è voluta mantenere una differenza tra residenza e domicilio e come la differenziazione tra i due istituti abbia una propria logica.
Indica la relazione al codice civile, infatti, che “Sono state apportate innovazioni sostanziali all'istituto del domicilio, così come era stato disciplinato nel progetto definitivo. Sì è considerato infatti che la distinzione fra domicilio e residenza è ormai consolidata da una tradizione secolare e da una lunga elaborazione dottrinale e giurisprudenziale. Né, in verità, si tratta di una distinzione artificiosa, perché non è raro il caso di persone che abbiano la dimora abituale in un luogo e la sede principale degli affari in un altro, questa possibilità si rende ancora più facile nelle condizioni della vita moderna, in vista del grande sviluppo e della rapidità dei mezzi di comunicazione”.
Conclusioni sulle differenze tra questi due luoghi della persona
In definitiva sul piano formale vi è una netta differenza tra domicilio e residenza.
La prima differenza consiste anzitutto nel fatto che il primo è definito in relazione al luogo in cui la persona ha la sede dei propri affari e interessi e il secondo, invece, in relazione al luogo in cui la persona ha la propria dimora abituale.
I due luoghi possono coincidere, ed allora non vi sarà alcuna differenza tra i due istituti, ma possono anche essere differenti coincidendo con due posti diversi.
Una seconda differenza è data dal fatto che il domicilio può anche essere rappresentato da più luoghi: ad esempio quando la persona svolga attività diverse e abbia più sedi lavorative. A differenza del domicilio, invece, la residenza è sempre e solo una: quella coincidente con il luogo in cui la persona ha il centro delle proprie relazioni familiari e sociali.
Una terza differenza è data dal fatto che il domicilio può essere eletto, mentre la residenza resta identificabile nel luogo di cui si è detto. Peraltro, come visto, ove quella anagrafica (scelta e indicata dal soggetto) non sia reale, la legge fa prevalere quella effettiva.
In definitiva la differenza tra i due istituti esiste: di qui, come indica la relazione al codice civile, può aver senso mantenere la distinzione.
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