Equo compenso: cosa prevede il testo di legge per avvocati e professionisti?
Equo compenso: cosa prevede il testo di legge per avvocati e
professionisti?
La Camera dei Deputati, nella seduta del 12 aprile, ha approvato
definitivamente il disegno di legge sul cosiddetto equo compenso.
Dopo l’abrogazione delle tariffe per avvocati e professionisti
in generale, con la conseguente libertà di tali soggetti di pattuire il compenso
senza prescrizioni vincolanti, era emerso talvolta il problema della
pattuizione di compensi non equi, soprattutto in presenza di clienti di avvocati
e professionisti con una elevata forza contrattuale.
Cosa prevede la nuova legge sull’equo compenso?
Vediamo subiti quali sono i suoi contenuti più importanti:
tra gli allegati il testo in pdf della legge integrale.

Legge equo compenso: cos’è?
La legge indica che “per equo compenso si intende la
corresponsione di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del
lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione
professionale”.
Come noto, da oramai un decennio nell’ambito delle
professioni e anche per gli avvocati sono state abolite le tariffe obbligatorie,
che tra le altre funzioni potevano avere anche quella di indicare un compenso
corretto o equo.
Ai sensi dell’art. 2233 cc, dunque, la determinazione del
compenso degli avvocati e dei professionisti in generale era stato rimesso,
quindi, all’accordo tra le parti. Anche prima la disposizione indicava come
criterio preferenziale per la determinazione del compenso quello dell’accordo
tra le parti, ma nella sostanza la obbligatorietà della tariffa impediva la pattuizione
di compensi diversi.
Il problema che si è posto successivamente all’abrogazione
delle tariffe, che rappresenta la ragione per la quale la legge è intervenuta
sull’equo compenso per professionisti e avvocati, è che la libertà di
determinare il compenso aveva portato in alcuni casi alla fissazione di
compensi eccessivamente bassi, talvolta da parte di clienti forti che potevano
imporre al professionista, magari in cambio di una buona mole di incarichi, convenzioni
con riduzioni notevoli.
Di qui l’esigenza di imporre un limite: il compenso pattuito
deve essere equo, vale a dire, come indica la disposizione di legge, proporzionato
alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle
caratteristiche della prestazione professionale.
Equo compenso professionisti e avvocati: una parziale limitazione dell’autonomia contrattuale
Del tema del compenso del professionista intellettuale mi
sono già occupato sia in questo sito e sia con la pubblicazione di una
monografia.
Quello che ritengo utile sottolineare di questo intervento è
che la nuova legge non è tornata indietro del tutto.
Un tempo le tariffe garantivano anche l’equo compenso ma
limitavano la concorrenza non potendo differenziarsi i compensi.
Oggi non sono state introdotte delle nuove tariffe ma si è
posto un limite solo verso il basso: il compenso pattuito non può essere troppo
basso, tanto da diventare un compenso iniquo.
Ci pare un giusto bilanciamento tra l’esigenza di lasciare
una concorrenza anche nell’ambito dei rapporti tra clienti e professionisti o
avvocati in particolare e l’esigenza di tutelare questi soggetti laddove diventino
la parte debole del rapporto di fronte a clienti con una rilevante forza
contrattuale.
Peraltro, come diremo subito, il limite verso il basso non è
dato dal compenso medio ma da quello minimo: per cui l’autonomia contrattuale
resta e ci sono ampi margini per pattuizioni e costi di diverso tipo e, dunque,
per la concorrenza anche nell’ambito delle professioni regolamentate.
Legge equo compenso avvocati e professionisti: quale limite?
Come anticipato la legge sull’equo compenso prevede che
debba essere garantito e sia nullo (come diremo meglio in seguito) l’accordo
sul compenso di professionisti e avvocati in particolare se il compenso stesso
non sia proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al
contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale.
Ma come si verifica il rispetto di tali criteri?
L’art. 1 della legge sull’equo compenso indica che il
compenso sia equo ove sia conforme ai compensi ai vari parametri ministeriali e quindi rispettivamente:
- a) per gli avvocati: dal decreto del Ministro della
giustizia emanato ai sensi dell’articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre
2012, n. 247;
- b) per i professionisti iscritti agli or dini e collegi: dai
decreti ministeriali adottati ai sensi dell’articolo 9 del decreto-legge 24
gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012,
n. 27;
- c) per i professionisti di cui al comma 2 dell’articolo 1
della legge 14 gennaio 2013, n. 4, dal decreto del Ministro delle imprese e del
made in Italy da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore
della presente legge e, successiva mente, con cadenza biennale, sentite le
associazioni iscritte nell’elenco di cui al comma 7 dell’articolo 2 della
medesima legge n. 4 del 2013.
Dunque, la valutazione concreta del compenso equo può essere
fatta in modo oggettivo con il confronto con tali parametri.
Come noto, però, i parametri contengono generalmente un
valore medio ma anche un valore minimo e massimo: il rinvio generico sembra
fare riferimento ai valori minimi, per cui il compenso pattuito si può ritenere
non equo quando sia inferiore ai minimi previsti dai vari decreti ministeriale.
D’altronde, se i decreti ministeriali consentono una liquidazione
a quei valori minimi, risulta difficile sostenere che non sia equo con compenso
per professionisti o avvocati che sia uguale o superiore a quel minimo.
Un compenso pattuito in misura superiore al minimo può essere considerato non equo?
Approfondiamo la questione da ultimo posta.
Un compenso pattuito in misura corrispondente o di poco
superiore ai minimi previsti dai decreti ministeriali può essere ritenuto non
equo?
La previsione di cui all’art. 1 della legge sull’equo
compenso, sembra lasciare spazio per una tale soluzione.
La disposizione indica che “per equo compenso si intende la
corresponsione di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del
lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale,
nonché conforme ai compensi previsti rispettivamente…” rinviando poi, come
anticipato, ai vari decreti ministeriali.
La legge può essere letta in due modi:
- a) un compenso che rispetti i parametri fissati dal decreto
ministeriale è equo, in quanto il rinvio assicura che vi sia proporzionalità
tra compenso stesso e quantità e qualità del lavoro svolto;
- b) sono richiesti due requisiti perché un compenso sia equo:
che sia proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto e che sia
conforme ai parametri fissati dai decreti ministeriali.
La seconda lettura potrebbe trovare un aggancio nel fatto che
la previsione parla di “nonché”, indicando quindi che entrambe le condizioni
devono essere rispettate.
Resta comunque il fatto che sembra difficile considerare non
proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto ecc. un compenso
pattuito entro il limite di ciò che prevedono i parametri (e, quindi, non equo),
almeno in linea generale e salvi casi particolari.
Ambito di applicazione della disciplina: per quali clienti di professionisti, come avvocati, architetti, commercialisti, ecc.?
A chi si applica e quando la legge sull’equo compenso?
L’art 2 della legge sull’equo compenso indica che il suo
ambito di applicazione coinvolge i professionisti intellettuali (le attività disciplinate
dall'articolo 2230 del codice civile), quando le loro attività siano svolte in
favore di:
- imprese bancarie
- imprese assicurative;
- società controllate e mandatarie delle imprese bancarie e
assicurative;
- nonché per le imprese che nell'anno precedente hanno
impiegato oltre 50 lavoratori o hanno avuto ricavi superiori a 10 milioni di
euro (fatta eccezione per quanto stabilito nel secondo periodo del comma 3 e di
cui diremo subito);
- inoltre, la legge si estende anche alle prestazioni fornite
dai professionisti alla pubblica amministrazione e alle società regolate dal
decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, sulle società a partecipazione
pubblica.
Il comma 3 al secondo periodo, invece, esclude che la
disciplina in questione sull’equo compenso sia applicabile alle prestazioni
fornite alle società veicoli di cartolarizzazione o agli agenti della
riscossione (per i soli agenti della riscossione, comunque, la norma prevede
che deve essere assicurato un compenso adeguato all'importanza del lavoro
svolto, pur tenendosi conto anche della eventuale ripetitività della
prestazione).
Legge equo compenso professionisti e avvocati: nullità dei compensi e di altre clausole
In caso di pattuizione di un compenso non equo l’art. 3
della relativa legge prevede come conseguenza la nullità della relativa clausola.
Si ribadisce, in particolare che sono nulle le pattuizioni
di un compenso inferiore agli importi stabiliti dai parametri per la
liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini o ai collegi
professionali, così come previsti dalla disposizione sopra richiamate
La previsione in questione, specifica però anche che, oltre alla
clausola sull’equo compenso, vi è nullità anche di altre ulteriori clausole, di
fatto sproporzionate in svantaggio per il professionista.
Sono quindi nulle le pattuizioni che:
- vietino al professionista di pretendere acconti nel corso
della prestazione;
- quelle che impongano l’anticipazione di spese
- e, più in generale, attribuiscano al committente vantaggi
sproporzionati rispetto alla quantità e alla qualità del lavoro svolto o del
servizio reso, nonché le clausole e le pattuizioni, anche se contenute in
documenti contrattuali distinti dalla convenzione, dall’incarico o
dall’affidamento tra il cliente e il professionista, che consistano:
a) nella riserva al cliente della facoltà di modificare unilateralmente
le condizioni del contratto;
b) nell’attribuzione al cliente della facoltà di rifiutare
la stipulazione in forma scritta degli elementi essenziali del contratto;
c) nell’attribuzione al cliente della facoltà di pretendere
prestazioni aggiuntive che il professionista deve eseguire a titolo gratuito;
d) nell’anticipazione delle spese a carico del
professionista;
e) nella previsione di clausole che impongono al
professionista la rinuncia al rimborso delle spese connesse alla presta- zione
dell’attività professionale oggetto della convenzione;
f) nella previsione di termini di paga- mento superiori a
sessanta giorni dalla data di ricevimento da parte del cliente della fattura o
di una richiesta di paga- mento di contenuto equivalente;
g) nel caso di un incarico conferito a un avvocato, nella
previsione che, in caso di liquidazione delle spese di lite in favore del
cliente, all’avvocato sia riconosciuto solo il minore importo previsto nella
convenzione, anche nel caso in cui le spese liquidate siano state interamente o
parzialmente corrisposte o recuperate dalla parte, ovvero solo il minore
importo liquidato, nel caso in cui l’importo previsto nella convenzione sia
maggiore;
h) nella previsione che, in caso di un nuovo accordo
sostitutivo di un altro precedentemente stipulato con il medesimo cliente, la
nuova disciplina in materia di compensi si applichi, se comporta compensi
inferiori a quelli previsti nel prece- dente accordo, anche agli incarichi pendenti
o, comunque, non ancora definiti o fatturati;
i) nella previsione che il compenso pattuito per
l’assistenza e la consulenza in materia contrattuale spetti solo in caso di
sottoscrizione del contratto;
l) nell’obbligo per il professionista di corrispondere al
cliente o a soggetti terzi compensi, corrispettivi o rimborsi connessi
all’utilizzo di software, banche di dati, sistemi gestionali, servizi di
assistenza tecnica, servizi di formazione e di qualsiasi bene o servizio la cui
utilizzazione o fruizione nello svolgimento dell’incarico sia richiesta dal
cliente.
Equo compenso e tutela del contraente debole
Come ben si vede, la norma richiama la disciplina sulle
clausole abusive a tutela del consumatore: sono invalide quelle che creano uno
squilibrio e si indicano comunque una serie di clausole che possono considerarsi
tali.
Sia questa somiglianza che l’indicazione letterale della norma
al nostro esame, spinge per la lettura di questo elenco come esemplificativo,
potendo sussistere altre ipotesi in cui di clausole che “attribuiscano al
committente vantaggi sproporzionati rispetto alla quantità e alla qualità del
lavoro svolto o del servizio”.
Il parallelismo con le clausole abusive prosegue perché la
legge sull’equo compenso per professionisti e avvocati in particolare prevede
che non siano nulle le clausole che riproducono disposizioni di legge.
Legge sull’equo compenso e nullità relativa delle clausole nulle
Peraltro, il parallelismo con la tutela del consumatore prosegue
ulteriormente perché si prevede espressamente che la nullità sia una ipotesi di
inefficacia relativa, giacché la “nullità delle singole clausole non comporta
la nullità del contratto, che rimane valido ed efficace per il resto. La
nullità opera solo a vantaggio del professionista ed è rilevabile d’ufficio”.
Come per il consumatore, dunque, si adotta per i professionisti
(avvocati, commercialisti, architetti, ecc.), che prestino servizi per un
cliente forte, una tutela in cui si privilegi la sopravvivenza del contratto
(essendo questo l’interesse del professionista: lavorare e guadagnare il giusto
e senza clausole sproporzionate) e nella quale è il legittimato a far valere la
invalidità è il solo soggetto debole.
Impugnazione del contratto contente compensi non equi: competenza, prescrizione, ecc.
Come si può tutelare il professionista che abbia pattuito
compensi non equi?
La legge in questione prevede all’art. 3 che sia impugnabile
la convenzione, il contratto, l’esito della gara, l’affidamento ecc. avanti al
Tribunale del luogo della residenza o del domicilio del professionista (altra
similitudine con il consumatore) per far valere la nullità dell’accordo o della
previsione sulla misura non equa del compenso o la nullità delle altre clausole.
Nel contenzioso il tribunale, se accerta la invalidità del
compenso non equo, ridetermina il compenso stesso secondo i parametri previsti
dai decreti ministeriali in vigore, ovviamente tenendo conto dell’opera
effettivamente prestata e chiedendo, se necessario, al professionista di
acquisire dall’ordine o dal collegio a cui è iscritto il parere sulla congruità
del compenso o degli onorari.
La legge precisa che il parere di congruità è solo un elemento
di prova, come tale non vincolante, e che, in caso di necessità, è possibile
disporre una consulenza tecnica.
L’art. 4 della legge sull’equo compenso precisa peraltro che
il giudice, oltre a rideterminare il compenso, può anche condannare il cliente
al pagamento di un indennizzo in favore del professionista fino al doppio della
differenza tra compenso pattuito e compenso dovuto, fatto salvo il risarcimento
dell’eventuale maggiore danno. La previsione è molto interessante perché nella
sostanza ha natura sanzionatoria (una sorta di danno punitivo) essendo l’indennizzo
dovuto a prescindere da un concreto danno, che è risarcibile in aggiunta.
Chiaramente, la dichiarazione di invalidità delle altre clausole,
comporterà conseguenze diverse a seconda dei casi dovendosi nella sostanza
applicare il contratto, depurato dalle clausole nulle, e chiaramente la legge per
quanto non previsto.
Da ultimo, in merito alla prescrizione dell’azione del
professionista per farsi riconoscere l’equo compenso, la legge prevede all’art.
5 che la prescrizione stessa decorre solo dal momento in cui cessa il rapporto
con l’impresa e, nel caso di pluralità di prestazioni rese a seguito di un
unico incarico, dal giorno del compimento dell’ultima prestazione.
Recupero del credito dei professionisti quali avvocati, architetti, commercialisti, ecc.
La legge sull’equo compenso per professionisti (avvocati,
commercialisti, architetti, ecc.) prevede inoltre che, in alternativa alle
procedure giudiziali, sia possibile agire in forza del parere di congruità
emesso dall’ordine o dal collegio professionale.
Infatti, si indica che “il parere di congruità emesso
dall’ordine o dal collegio professionale sul compenso o sugli onorari richiesti
dal professionista costituisce titolo esecutivo, anche per tutte le spese
sostenute e documentate, se rilasciato nel rispetto della procedura di cui alla
legge 7 agosto 1990, n. 241, e se il debitore non propone opposizione innanzi
all’autorità giudiziaria, ai sensi dell’articolo 281-undecies del codice di
procedura civile, entro quaranta giorni dalla notificazione del parere stesso a
cura del professionista”.
Si tratta di uno strumento utile per i professionisti (avvocati,
commercialisti, architetti, ecc.), potendo agire senza necessità di rivolgersi
al tribunale, quantomeno in assenza di contestazione da parte del cliente.
Convenzioni con equo compenso negoziate con le associazioni di categoria
Di interesse è anche la previsione di cui all’art. 6 della
legge sull’equo compenso per professionisti (avvocati, commercialisti,
architetti, ecc.): si prevede la possibilità per le imprese di cui all’articolo
2, comma 1 (quelle interessate da questa disciplina) di adottare modelli standard
di convenzione, che siano previamente concordati con i Consigli nazionali degli
ordini o collegi professionali delle categorie interessate (avvocati,
commercialisti, architetti, ecc.).
Si prevede, in particolare, che i compensi previsti in tali
accordi negoziati si presumano equi e ciò fino a prova contraria.
Legge equo compenso avvocati e professionisti: da quando entra in vigore?
Una norma transitoria della legge sull’equo compenso per professionisti
(avvocati, commercialisti, architetti, ecc.) prevede espressamente che le varie
previsioni ora esaminate “non si applicano alle convenzioni in corso,
sottoscritte prima della data di entrata in vigore della medesima legge”.
Dunque, l’equo compenso per i professionisti (avvocati,
commercialisti, architetti, ecc.) è imposto solo per le convenzioni nuove o che
verranno rinnovate dalla legge in questione in poi.
Equo compenso: quale tutela per avvocati e professionisti anche diversi come architetti e commercialisti?
Come anticipato, la legge in questione ha un ambito di
applicazione relativamente ristretto: si applica solo ai contratti tra professionisti
(avvocati, commercialisti, architetti, ecc.) e imprese bancarie e assicurative
o comunque imprese di grandi dimensioni.
Ma erano proprio questi i contesti in cui si era sentito il
problema di garantire al professionista una tutela: una tutela circa il fatto
che il compenso non fosse troppo basso e circa il fatto che ulteriori clausole non
creassero una sproporzione nei rapporti tra le parti.
Ci sembra, in definitiva, che la legge sull’equo compenso
per professionisti (avvocati, commercialisti, architetti, ecc.) abbia trovato
un corretto equilibrio: limitando l’intervento dove necessario ma mantenendo,
anche in questo contesto, una certa autonomia contrattuale.
In allegato alla pagina il testo in pdf della legge integrale
sull’equo compenso per professionisti (avvocati, commercialisti, architetti,
ecc.).