Azione di Rivendicazione: come funziona?
L'azione di rivendicazione è un importante strumento legale
nel diritto civile, in particolare a tutela del diritto di proprietà. Esso consente al
proprietario di un bene di reclamare il suo diritto nei confronti di chiunque
ne detenga il possesso senza avere un titolo valido. L'azione di rivendicazione
si fonda sul principio fondamentale che il diritto di proprietà deve essere
rispettato e tutelato.
Vediamo in cosa consiste questa azione di rivendicazione e
quali sono le principali regole che la riguardano.

Azione di Rivendicazione: Natura Giuridica
L'azione di rivendicazione è una delle cosiddette azioni
reali, che mirano a proteggere il diritto di proprietà e altri diritti reali.
Si contrappone alle azioni personali, che nascono da rapporti obbligatori tra
soggetti. La peculiarità delle azioni reali è che esse possono essere
esercitate contro chiunque detenga il bene, indipendentemente da qualsiasi
rapporto personale con il titolare del diritto.
Presupposti di tale Azione
Per poter agire con un'azione di rivendicazione, devono
essere presenti alcuni presupposti fondamentali. Prima di tutto, il ricorrente
deve essere il proprietario del bene, o comunque il titolare di un diritto reale
sullo stesso. Inoltre, il bene deve essere nelle mani di un soggetto diverso
dal titolare del diritto, che ne detiene il possesso senza titolo o con un
titolo non valido o estinto.
Un altro elemento importante riguarda la identificabilità
del bene: l'oggetto dell'azione di rivendicazione deve essere un bene specifico
e determinato. Infine, è importante che non sussistano situazioni che
precludono l'esercizio dell'azione, come la prescrizione o l'usucapione.
Chiaramente la difesa del detentore potrebbe impedire che il
proprietario ottenga la restituzione del suo bene. Ciò potrebbe accadere perché
il detentore: ha usucapito il bene o comunque ha un titolo per mantenere la
detenzione (locazione, comodato, ecc.).
La prova della proprietà
Dimostrare la proprietà di un bene in una causa di
rivendicazione può rappresentare una sfida significativa, spesso definita
"prova diabolica". Questo perché il reclamante deve fornire prove
convincenti per affermare il suo diritto di proprietà.
La natura e il tipo di prove richieste dipendono spesso dal
tipo di bene in questione. Per i beni immobili, ad esempio, i documenti legali
come l'atto di proprietà, la trascrizione nei registri immobiliari, o un contratto
di vendita autenticato possono fornire una prova solida del diritto di
proprietà. Ma anche qui la situazione non è semplice: di solito è necessario
dimostrare non solo il titolo di acquisto ma anche una serie continua di acquisti
per arrivare a un periodo superiore ai 20 anni: questa prova serve per dimostrare
che, se anche il venditore precedente non fosse stato il proprietario, vi sono i
presupposti per l’usucapione da parte di chi agisce in rivendicazione e ciò
sommando il possesso dei precedenti proprietari.
Per i beni mobili, la situazione può essere più complessa.
L'esistenza di un contratto di vendita o di un atto notarile può essere utile,
ma non sempre è sufficiente. Possono essere necessarie ulteriori prove, come
testimonianze, ricevute di acquisto, fotografie del bene o qualsiasi altro
elemento che possa dimostrare un legame tra il reclamante e il bene.
In ogni caso, la prova della proprietà richiede una valutazione
attenta di tutte le circostanze e delle prove disponibili. Il tribunale deve
essere convinto non solo che il reclamante abbia avuto la proprietà del bene,
ma anche che il suo diritto di proprietà sia ancora valido e non sia stato
trasferito o estinto.
La Procedura legale per agire con la Rivendicazione
L'azione di rivendicazione si svolge attraverso una
procedura civile.
Il titolare del diritto agisce con una causa presso il
tribunale competente, illustrando i presupposti della sua pretesa e fornendo
tutte le prove necessarie e anzitutto quelle della proprietà del bene.
Il giudice, dopo aver esaminato le prove e sentite le parti,
emette una sentenza.
Come anticipato, se il detentore non dimostra di avere un
titolo o diritto che lo autorizza a mantenere la detenzione del bene, il
giudice lo condannerà alla restituzione del bene.
È importante sottolineare che l'azione di rivendicazione è
una azione a tutela specifica: ciò significa che mira alla restituzione del
bene specifico, e non a un risarcimento in denaro.
Tuttavia, se la restituzione del bene non è possibile (ad
esempio il bene è distrutto o non si trova), il titolare del diritto può
chiedere un risarcimento.
Allo stesso modo un risarcimento può essere richiesto anche
se vi era un obbligo di restituzione e il detentore non ha provveduto
tempestivamente oppure se neppure in origine vi era un diritto che autorizzava
tale detenzione. In questo caso, il proprietario potrebbe richiedere il
risarcimento del danno per non aver potuto godere del bene da quando doveva
essere restituito (o da quando è stato sottratto dal detentore che mai ha avuto
il diritto di detenere) fino alla sua effettiva restituzione. La misura del
risarcimento dipende dal bene e dalle particolarità del caso: si pensi a un
immobile non restituito che poteva essere concesso in locazione, generando un
danno pari al possibile canone di locazione o al canone di mercato per i mesi di
ritardata restituzione.
Applicazione Pratica e Casi Tipici
L'azione di rivendicazione trova applicazione in una vasta
gamma di situazioni. Un caso tipico riguarda la proprietà immobiliare: se una
persona detiene il possesso di un immobile senza un titolo valido, il
proprietario può promuovere un'azione di rivendicazione.
Altri casi possono riguardare beni mobili, come automobili o
opere d'arte, o diritti reali su beni altrui, come l'usufrutto o l'uso. In
tutti questi casi, l'azione di rivendicazione consente di proteggere il diritto
del titolare e garantire il rispetto della proprietà e degli altri diritti
reali.
Che differenza c'è tra l'azione di rivendicazione e quella di reintegrazione?
L'azione di rivendicazione e l'azione di reintegrazione sono
entrambi strumenti legali che consentono una azione per avere in restituzione
un bene, ma differiscono notevolmente per natura, scopo e applicazione.
L'azione di rivendicazione, come indicato precedentemente, è
un mezzo legale che permette al proprietario di un bene di rivendicarne la
proprietà nei confronti di chi lo detiene senza un titolo valido. Essa mira a
proteggere il diritto di proprietà, consentendo al legittimo proprietario di
riavere il possesso del bene. L'azione di rivendicazione può essere promossa
contro chiunque detenga il bene, indipendentemente dal fatto che tale persona
sia in buona o cattiva fede.
Invece, l'azione di reintegrazione è uno strumento di tutela
specifico per il possesso. Quest'azione è utilizzata quando un soggetto è stato
spogliato del possesso di un bene mediante violenza o minaccia, o quando il
bene è stato sottratto in assenza del possessore. L'azione di reintegrazione
serve a restituire il possesso a chi lo aveva precedentemente,
indipendentemente dal fatto che questo soggetto sia o meno il proprietario del
bene.
In sostanza, la differenza fondamentale tra l'azione di
rivendicazione e l'azione di reintegrazione sta nel fatto che la prima è basata
sul diritto di proprietà, mentre la seconda è basata sul possesso. L'azione di
rivendicazione può essere promossa solo dal proprietario del bene o dal
titolare di un altro diritto reale, mentre l'azione di reintegrazione può
essere promossa da chiunque avesse il possesso del bene, indipendentemente dal
titolo (o anche in assenza di titolo).
Quale differenza con l’azione di restituzione?
Generalmente si distingue tra la azione di rivendicazione e
quella di restituzione.
Con l'azione di restituzione generalmente ci si riferisce
alla richiesta di restituzione di un bene basata su un rapporto contrattuale:
locazione, comodato, leasing, ecc.
Se un soggetto concede ad altri l’utilizzo di un bene per un
dato tempo, al termine del contratto ha diritto alla sua restituzione.
Dale diritto si fonda sul contratto e sugli obblighi che da
esso ne derivano: pertanto il concedente (locatore, comodante, ecc.) non deve necessariamente
dimostrare la proprietà del bene ma fonda la richiesta di restituzione sugli
obblighi contrattali (a fine locazione il conduttore deve restituire il bene
locato al locatore).
Come noto, peraltro, non è detto che il concedente sia il proprietario:
per cui la scelta di agire con l’azione di restituzione che deriva dal
contratto può derivare anche dall’assenza di alternativa.
Ma, anche se i soggetti coincido, spesso conviene agire con
la richiesta di restituzione fondata sul contratto per evitare di dover fornire
la prova della proprietà.
Per contro, l’azione di rivendicazione è l’unica strada
possibile quando il detentore abbia un bene senza titolo contrattuale, che
consenta di chiedere la restituzione del bene in forza degli obblighi che da
esso derivano.
In definitiva, la differenza fondamentale tra le due azioni
risiede nel fatto che l'azione di rivendicazione è basata sul diritto di
proprietà, mentre l'azione di restituzione si basa sulle disposizioni e obblighi
contrattuali.
Quando si prescrive l'azione di rivendicazione?
Nel diritto italiano, l'azione di rivendicazione non è
soggetta a prescrizione. Questo è previsto dall'articolo 2934 del codice civile
italiano, che stabilisce: "Non si prescrivono l'azione con la quale il
proprietario rivendica la sua cosa da chi la possiede o la detiene e le altre
azioni reali immobiliari, eccetto il diritto di servitù prediale, e l'azione
per ottenere la divisione di un muro o di un fossato in comune."
Pertanto, il proprietario di un bene può esercitare l'azione
di rivendicazione in qualsiasi momento, senza timore che il suo diritto possa
essere estinto per effetto della prescrizione. Tuttavia, è importante notare
che l'usucapione può avere effetti indiretti sull'azione di rivendicazione.
Ad esempio, se il possessore del bene ha acquisito il possesso per usucapione
(cioè, ha acquisito la proprietà del bene attraverso il possesso continuato e
non contestato per un certo periodo di tempo), il proprietario originario non
sarà più in grado di esercitare l'azione di rivendicazione.
Pertanto, se è vero che non si prescrive l’azione di
rivendicazione la stessa può essere impedita in presenza di una richiesta riconvenzionale
del possessore del bene, che potrà ottenere la proprietà del bene ove lo abbia
usucapito a seguito di un possesso prolungato.
Inoltre, anche se l'azione di rivendicazione non si
prescrive, il diritto alla restituzione dei frutti o dei profitti derivanti dal
bene si prescrive dopo cinque anni dalla rivendicazione. Questo significa che,
anche se il proprietario può rivendicare il bene in qualsiasi momento, non può
reclamare i frutti o i profitti derivanti dal bene che risalgono a più di
cinque anni prima della rivendicazione.
Azione di rivendicazione: Conclusione
L'azione di rivendicazione è un potente strumento di tutela
del diritto di proprietà e degli altri diritti reali. Essa consente di far
valere questi diritti contro chiunque detenga il bene, garantendo il rispetto
dei principi fondamentali del diritto civile. Con la sua ampia applicabilità,
l'azione di rivendicazione rappresenta un pilastro del nostro sistema di
protezione dei diritti reali.