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Azione di Rivendicazione: come funziona?

27 luglio 2023

L'azione di rivendicazione è un importante strumento legale nel diritto civile, in particolare a tutela del diritto di proprietà. Esso consente al proprietario di un bene di reclamare il suo diritto nei confronti di chiunque ne detenga il possesso senza avere un titolo valido. L'azione di rivendicazione si fonda sul principio fondamentale che il diritto di proprietà deve essere rispettato e tutelato. Vediamo in cosa consiste questa azione di rivendicazione e quali sono le principali regole che la riguardano.

Azione di Rivendicazione
Azione di Rivendicazione: come funziona?

Azione di Rivendicazione: Natura Giuridica

L'azione di rivendicazione è una delle cosiddette azioni reali, che mirano a proteggere il diritto di proprietà e altri diritti reali. Si contrappone alle azioni personali, che nascono da rapporti obbligatori tra soggetti. La peculiarità delle azioni reali è che esse possono essere esercitate contro chiunque detenga il bene, indipendentemente da qualsiasi rapporto personale con il titolare del diritto.

Presupposti di tale Azione

Per poter agire con un'azione di rivendicazione, devono essere presenti alcuni presupposti fondamentali. Prima di tutto, il ricorrente deve essere il proprietario del bene, o comunque il titolare di un diritto reale sullo stesso. Inoltre, il bene deve essere nelle mani di un soggetto diverso dal titolare del diritto, che ne detiene il possesso senza titolo o con un titolo non valido o estinto.

Un altro elemento importante riguarda la identificabilità del bene: l'oggetto dell'azione di rivendicazione deve essere un bene specifico e determinato. Infine, è importante che non sussistano situazioni che precludono l'esercizio dell'azione, come la prescrizione o l'usucapione.

Chiaramente la difesa del detentore potrebbe impedire che il proprietario ottenga la restituzione del suo bene. Ciò potrebbe accadere perché il detentore: ha usucapito il bene o comunque ha un titolo per mantenere la detenzione (locazione, comodato, ecc.).

La prova della proprietà

Dimostrare la proprietà di un bene in una causa di rivendicazione può rappresentare una sfida significativa, spesso definita "prova diabolica". Questo perché il reclamante deve fornire prove convincenti per affermare il suo diritto di proprietà.

La natura e il tipo di prove richieste dipendono spesso dal tipo di bene in questione. Per i beni immobili, ad esempio, i documenti legali come l'atto di proprietà, la trascrizione nei registri immobiliari, o un contratto di vendita autenticato possono fornire una prova solida del diritto di proprietà. Ma anche qui la situazione non è semplice: di solito è necessario dimostrare non solo il titolo di acquisto ma anche una serie continua di acquisti per arrivare a un periodo superiore ai 20 anni: questa prova serve per dimostrare che, se anche il venditore precedente non fosse stato il proprietario, vi sono i presupposti per l’usucapione da parte di chi agisce in rivendicazione e ciò sommando il possesso dei precedenti proprietari.

Per i beni mobili, la situazione può essere più complessa. L'esistenza di un contratto di vendita o di un atto notarile può essere utile, ma non sempre è sufficiente. Possono essere necessarie ulteriori prove, come testimonianze, ricevute di acquisto, fotografie del bene o qualsiasi altro elemento che possa dimostrare un legame tra il reclamante e il bene.

In ogni caso, la prova della proprietà richiede una valutazione attenta di tutte le circostanze e delle prove disponibili. Il tribunale deve essere convinto non solo che il reclamante abbia avuto la proprietà del bene, ma anche che il suo diritto di proprietà sia ancora valido e non sia stato trasferito o estinto.

La Procedura legale per agire con la Rivendicazione

L'azione di rivendicazione si svolge attraverso una procedura civile.

Il titolare del diritto agisce con una causa presso il tribunale competente, illustrando i presupposti della sua pretesa e fornendo tutte le prove necessarie e anzitutto quelle della proprietà del bene.

Il giudice, dopo aver esaminato le prove e sentite le parti, emette una sentenza.

Come anticipato, se il detentore non dimostra di avere un titolo o diritto che lo autorizza a mantenere la detenzione del bene, il giudice lo condannerà alla restituzione del bene.

È importante sottolineare che l'azione di rivendicazione è una azione a tutela specifica: ciò significa che mira alla restituzione del bene specifico, e non a un risarcimento in denaro.

Tuttavia, se la restituzione del bene non è possibile (ad esempio il bene è distrutto o non si trova), il titolare del diritto può chiedere un risarcimento.

Allo stesso modo un risarcimento può essere richiesto anche se vi era un obbligo di restituzione e il detentore non ha provveduto tempestivamente oppure se neppure in origine vi era un diritto che autorizzava tale detenzione. In questo caso, il proprietario potrebbe richiedere il risarcimento del danno per non aver potuto godere del bene da quando doveva essere restituito (o da quando è stato sottratto dal detentore che mai ha avuto il diritto di detenere) fino alla sua effettiva restituzione. La misura del risarcimento dipende dal bene e dalle particolarità del caso: si pensi a un immobile non restituito che poteva essere concesso in locazione, generando un danno pari al possibile canone di locazione o al canone di mercato per i mesi di ritardata restituzione.

Applicazione Pratica e Casi Tipici

L'azione di rivendicazione trova applicazione in una vasta gamma di situazioni. Un caso tipico riguarda la proprietà immobiliare: se una persona detiene il possesso di un immobile senza un titolo valido, il proprietario può promuovere un'azione di rivendicazione.

Altri casi possono riguardare beni mobili, come automobili o opere d'arte, o diritti reali su beni altrui, come l'usufrutto o l'uso. In tutti questi casi, l'azione di rivendicazione consente di proteggere il diritto del titolare e garantire il rispetto della proprietà e degli altri diritti reali.

Che differenza c'è tra l'azione di rivendicazione e quella di reintegrazione?

L'azione di rivendicazione e l'azione di reintegrazione sono entrambi strumenti legali che consentono una azione per avere in restituzione un bene, ma differiscono notevolmente per natura, scopo e applicazione.

L'azione di rivendicazione, come indicato precedentemente, è un mezzo legale che permette al proprietario di un bene di rivendicarne la proprietà nei confronti di chi lo detiene senza un titolo valido. Essa mira a proteggere il diritto di proprietà, consentendo al legittimo proprietario di riavere il possesso del bene. L'azione di rivendicazione può essere promossa contro chiunque detenga il bene, indipendentemente dal fatto che tale persona sia in buona o cattiva fede.

Invece, l'azione di reintegrazione è uno strumento di tutela specifico per il possesso. Quest'azione è utilizzata quando un soggetto è stato spogliato del possesso di un bene mediante violenza o minaccia, o quando il bene è stato sottratto in assenza del possessore. L'azione di reintegrazione serve a restituire il possesso a chi lo aveva precedentemente, indipendentemente dal fatto che questo soggetto sia o meno il proprietario del bene.

In sostanza, la differenza fondamentale tra l'azione di rivendicazione e l'azione di reintegrazione sta nel fatto che la prima è basata sul diritto di proprietà, mentre la seconda è basata sul possesso. L'azione di rivendicazione può essere promossa solo dal proprietario del bene o dal titolare di un altro diritto reale, mentre l'azione di reintegrazione può essere promossa da chiunque avesse il possesso del bene, indipendentemente dal titolo (o anche in assenza di titolo).

Quale differenza con l’azione di restituzione?

Generalmente si distingue tra la azione di rivendicazione e quella di restituzione.

Con l'azione di restituzione generalmente ci si riferisce alla richiesta di restituzione di un bene basata su un rapporto contrattuale: locazione, comodato, leasing, ecc.

Se un soggetto concede ad altri l’utilizzo di un bene per un dato tempo, al termine del contratto ha diritto alla sua restituzione.

Dale diritto si fonda sul contratto e sugli obblighi che da esso ne derivano: pertanto il concedente (locatore, comodante, ecc.) non deve necessariamente dimostrare la proprietà del bene ma fonda la richiesta di restituzione sugli obblighi contrattali (a fine locazione il conduttore deve restituire il bene locato al locatore).

Come noto, peraltro, non è detto che il concedente sia il proprietario: per cui la scelta di agire con l’azione di restituzione che deriva dal contratto può derivare anche dall’assenza di alternativa.

Ma, anche se i soggetti coincido, spesso conviene agire con la richiesta di restituzione fondata sul contratto per evitare di dover fornire la prova della proprietà.

Per contro, l’azione di rivendicazione è l’unica strada possibile quando il detentore abbia un bene senza titolo contrattuale, che consenta di chiedere la restituzione del bene in forza degli obblighi che da esso derivano.

In definitiva, la differenza fondamentale tra le due azioni risiede nel fatto che l'azione di rivendicazione è basata sul diritto di proprietà, mentre l'azione di restituzione si basa sulle disposizioni e obblighi contrattuali.

Quando si prescrive l'azione di rivendicazione?

Nel diritto italiano, l'azione di rivendicazione non è soggetta a prescrizione. Questo è previsto dall'articolo 2934 del codice civile italiano, che stabilisce: "Non si prescrivono l'azione con la quale il proprietario rivendica la sua cosa da chi la possiede o la detiene e le altre azioni reali immobiliari, eccetto il diritto di servitù prediale, e l'azione per ottenere la divisione di un muro o di un fossato in comune."

Pertanto, il proprietario di un bene può esercitare l'azione di rivendicazione in qualsiasi momento, senza timore che il suo diritto possa essere estinto per effetto della prescrizione. Tuttavia, è importante notare che l'usucapione può avere effetti indiretti sull'azione di rivendicazione. Ad esempio, se il possessore del bene ha acquisito il possesso per usucapione (cioè, ha acquisito la proprietà del bene attraverso il possesso continuato e non contestato per un certo periodo di tempo), il proprietario originario non sarà più in grado di esercitare l'azione di rivendicazione.

Pertanto, se è vero che non si prescrive l’azione di rivendicazione la stessa può essere impedita in presenza di una richiesta riconvenzionale del possessore del bene, che potrà ottenere la proprietà del bene ove lo abbia usucapito a seguito di un possesso prolungato.

Inoltre, anche se l'azione di rivendicazione non si prescrive, il diritto alla restituzione dei frutti o dei profitti derivanti dal bene si prescrive dopo cinque anni dalla rivendicazione. Questo significa che, anche se il proprietario può rivendicare il bene in qualsiasi momento, non può reclamare i frutti o i profitti derivanti dal bene che risalgono a più di cinque anni prima della rivendicazione.

Azione di rivendicazione: Conclusione

L'azione di rivendicazione è un potente strumento di tutela del diritto di proprietà e degli altri diritti reali. Essa consente di far valere questi diritti contro chiunque detenga il bene, garantendo il rispetto dei principi fondamentali del diritto civile. Con la sua ampia applicabilità, l'azione di rivendicazione rappresenta un pilastro del nostro sistema di protezione dei diritti reali.

Marco Ticozzi Avvocato Venezia

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