Le fonti del diritto italiano: quali sono?
Le fonti dei diritto: l'ordinamento giuridico è un complesso di regole e principi
che governano la convivenza sociale, e le sue fondamenta risiedono nelle varie
fonti del diritto italiane e europee.
Per i miei studenti ho preparato una breve guida: questo articolo offre una disamina dettagliata delle diverse fonti normative presenti nell'ordinamento italiano, toccando sia quelle nazionali che quelle di derivazione europea. Dallo studio delle leggi, decreti e regolamenti, alle norme di rango costituzionale, fino all'analisi dell'importanza dei trattati, direttive e regolamenti europei, l'articolo fornisce un quadro completo sulle dinamiche gerarchiche e interpretative che caratterizzano il sistema giuridico.

Le Fonti del Diritto italiano: Natura e Classificazione
Le fonti del diritto rappresentano quegli strumenti e
meccanismi attraverso cui nascono le norme giuridiche che regolamentano la vita
sociale. Esse forniscono le basi legali e il contesto per interpretare,
applicare e comprendere il diritto. In particolare, si possono distinguere due
categorie principali di fonti: le fonti di produzione e le fonti di cognizione.
Fonti di Produzione: Queste sono gli atti e i fatti che
danno origine alle norme giuridiche. Sono l'essenza stessa della formazione del
diritto. Si tratta, ad esempio, di leggi, regolamenti, decreti e consuetudini
che rappresentano la creazione formale di norme giuridiche da parte degli
organi competenti o dalla prassi sociale.
Fonti di Cognizione: Mentre le fonti di produzione
"creano" il diritto, le fonti di cognizione ci permettono di
"conoscere" il diritto. Queste fonti comprendono i documenti
ufficiali e le pubblicazioni che raccolgono e rendono accessibili al pubblico
le norme giuridiche. Un esempio emblematico è la Gazzetta Ufficiale, che non
crea diritto di per sé, ma rende noto il diritto creato attraverso le fonti di
produzione.
In sintesi, mentre le fonti di produzione sono il motore che
genera le norme giuridiche, le fonti di cognizione fungono da ponte,
permettendo alle persone e agli operatori del diritto di accedere e comprendere
tali norme. Entrambe sono fondamentali per il corretto funzionamento
dell'intero sistema giuridico.
Fonti del Diritto: Evoluzione e Panorama Attuale
In Italia, la gerarchia delle fonti del diritto ha subito
profonde evoluzioni nel corso del tempo. L'art. 1 delle preleggi del Codice
Civile del 1942 elenca le fonti del diritto come: leggi, regolamenti, norme
corporative e usi. Tuttavia, è fondamentale sottolineare come questo elenco sia
ormai datato e non rispecchi la complessità e le trasformazioni intervenute nel
panorama giuridico italiano nel corso degli anni.
In particolare, la promulgazione della Costituzione della
Repubblica Italiana nel 1948 ha rappresentato una svolta fondamentale,
introducendo principi e norme di rango costituzionale. Queste norme hanno
priorità rispetto a tutte le altre, essendo la Costituzione la legge
fondamentale dello Stato.
Successivamente, la nascita e l'affermazione delle Regioni,
con poteri legislativi in molte materie, hanno aggiunto un ulteriore strato di
complessità, con l'ingresso delle leggi regionali nel panorama delle fonti del
diritto.
Inoltre, con l'ingresso dell'Italia nell'Unione Europea, le
norme europee (come i Trattati, le direttive e i regolamenti) hanno acquisito
un ruolo di primaria importanza, imponendosi in molti casi sulla legislazione
nazionale, grazie al principio di primazia del diritto europeo.
Pertanto, l'elenco aggiornato delle fonti del diritto in Italia è il seguente:
- Norme Europee: Trattati, direttive e regolamenti dell'Unione Europea.
- Costituzione e Leggi Costituzionali: La Costituzione italiana rappresenta la legge suprema dello Stato; le leggi costituzionali intervengono su materie particolari e hanno una procedura di approvazione speciale.
- Leggi Nazionali: Norme approvate dal Parlamento o Governo a livello nazionale (legge, decreto legge e decreto legislativo).
- Leggi Regionali: Norme emanate dagli organi legislativi delle Regioni in materie di loro competenza.
- Regolamenti: Disposizioni di dettaglio emanate da organi dello Stato o delle Regioni per disciplinare specifiche materie.
- Usi: Prassi e consuetudini che, pur non essendo scritte, acquisiscono valore giuridico in virtù della loro reiterazione nel tempo e dell'accettazione da parte della comunità.
In conclusione, le fonti del diritto in Italia si presentano
come un mosaico in continuo divenire, frutto dell'interazione tra tradizione
nazionale, evoluzione istituzionale e integrazione europea.
La Gerarchia delle Fonti del Diritto italiano: Significato e Funzione
Nel contesto giuridico italiano, quando si parla di
"gerarchia delle fonti", si fa riferimento a un ordine predeterminato
secondo cui alcune fonti del diritto hanno una posizione di preminenza rispetto
ad altre. In sostanza, una fonte di rango superiore può dettare principi e
regole che devono essere rispettati da quelle di grado inferiore. Questa
strutturazione gerarchica delle fonti ha due finalità principali.
In primo luogo, serve a garantire coerenza e armonia
all'interno del sistema giuridico. Un tessuto normativo coeso si traduce in una
maggiore prevedibilità delle regole e in una maggiore certezza del diritto per
i cittadini.
In secondo luogo, la gerarchia delle fonti offre un criterio
di soluzione in caso di contrasto tra norme. Se due norme si trovano in
conflitto, prevale quella appartenente alla fonte di rango superiore. Ad
esempio, se una legge regionale dovesse contraddire una disposizione
costituzionale, la norma costituzionale avrebbe la precedenza, rendendo di
fatto inapplicabile la disposizione regionale contrastante.
Tuttavia, può capitare che si verifichino conflitti tra
norme provenienti da fonti dello stesso grado gerarchico. In questi casi, non
essendoci una fonte superiore a dirimere la questione, di solito si applica il
criterio temporale: la norma successivamente emanata prevale su quella
precedente. Questo principio, noto anche come "lex posterior derogat legi
priori", sottolinea l'idea che la norma più recente meglio rifletta la
volontà attuale del legislatore e, pertanto, debba avere la precedenza.
In sintesi, la gerarchia delle fonti non è solo un costrutto
teorico, ma uno strumento pratico che guida l'interpretazione e l'applicazione
del diritto, contribuendo all'equilibrio e alla coesione del sistema normativo
italiano.
Gerarchia e competenza
Esiste una particolare eccezione in merito alle relazioni tra
le leggi nazionali e quelle regionali. Mentre per la maggior parte delle fonti
vale il criterio gerarchico puro, nel rapporto tra legge statale e legge
regionale prevale il criterio della competenza. Ciò significa che non è la
gerarchia a determinare quale norma ha la precedenza, ma piuttosto l'ambito di
competenza assegnato dalla Costituzione. L'art. 117 della Costituzione
stabilisce, infatti, le materie di competenza esclusiva dello Stato e quelle di
competenza concorrente tra Stato e Regioni. Se una Regione emana una legge in
una materia di sua competenza, questa norma prevale su qualsiasi legge statale
che intervenga sullo stesso argomento. Allo stesso modo, una legge nazionale
prevale su una legge regionale se emessa in una materia di competenza esclusiva
dello Stato.
Conflitti Gerarchici nel Diritto Italiano: Sistemi Accentrato e Decentrato
All'interno dell'ordinamento giuridico, i conflitti tra
diverse fonti del diritto possono emergere in vari modi. La loro risoluzione
può avvenire attraverso un sistema accentrato o un sistema decentrato. La
scelta tra questi due metodi implica differenze sostanziali sia in termini di
procedura che di conseguenze pratiche.
Sistema Accentrato: In questo modello, la valutazione dei
conflitti gerarchici è affidata a un unico organo, al quale tutti i giudici
possono rimettere la questione. In Italia, questo sistema viene applicato
principalmente per valutare la costituzionalità delle leggi. Quando un giudice,
nel corso di un giudizio, ritiene che una norma possa essere in contrasto con
la Costituzione, egli non decide direttamente sulla questione ma rimette il
caso alla Corte Costituzionale. Quest'ultima, composta da giuristi altamente
qualificati, ha il compito di pronunciarsi sulla conformità o meno della norma
impugnata rispetto al testo costituzionale. Le decisioni della Corte sono
vincolanti e hanno efficacia "erga omnes", ovvero sono valide per
tutti e non solo per le parti del singolo processo. L'aspetto negativo di
questo sistema è la sua lentezza, dato che richiede passaggi procedurali
aggiuntivi e l'intervento di un organo specifico.
Sistema Decentrato: Contrariamente al sistema accentrato, in
un modello decentrato ogni giudice, nel contesto del proprio giudizio, ha la
facoltà di valutare i conflitti gerarchici e di decidere in merito. Questo
metodo si applica in Italia per tutti i conflitti che non riguardano la
costituzionalità delle leggi. Il vantaggio principale è la maggiore rapidità
nella risoluzione delle questioni, poiché si evitano passaggi procedurali
aggiuntivi. Tuttavia, essendo ogni giudice autonomo nella sua valutazione, le
decisioni prese non hanno efficacia "erga omnes" e, pertanto, non
creano un precedente vincolante per tutti.
In conclusione, mentre il sistema accentrato assicura
decisioni uniformi e di ampio raggio, il sistema decentrato garantisce una
maggiore rapidità ma con una portata limitata delle decisioni. Entrambi i
sistemi hanno pro e contro, e la loro coesistenza nell'ordinamento italiano è
frutto di scelte storiche e di equilibri istituzionali.
Prevalenza tra Fonti del diritto Europee e la Costituzione
L'interazione tra il diritto dell'Unione Europea (UE) e le
leggi nazionali, in particolare le costituzioni degli Stati membri, è una
questione centrale nella giurisprudenza e nella dottrina giuridica europea. Il
principio cardine, consolidato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia
dell'Unione Europea (CGUE), è quello della "primazia" del diritto
europeo. Secondo tale principio, in caso di conflitto tra una norma europea e
una norma nazionale, anche di rango costituzionale, è la norma europea che prevale.
La ragione di questa primazia risiede nella natura stessa
dell'Unione: per garantire l'efficacia e l'uniformità del diritto europeo in
tutti gli Stati membri, è essenziale che le norme europee abbiano la stessa
applicazione in ogni Stato, indipendentemente dalle disposizioni nazionali
contrarie. Questo non significa, tuttavia, che le costituzioni nazionali siano
subordinate in ogni aspetto al diritto europeo. La questione della primazia
emerge solo quando vi è un conflitto diretto e concreto tra le due fonti.
In Italia, ad esempio, la Corte Costituzionale ha
riconosciuto la primazia del diritto europeo, ma con una precisazione
importante: se una norma europea dovesse contraddire i principi fondamentali
della Costituzione italiana, sarebbe compito della Corte Costituzionale
valutare e risolvere tale contrasto, preservando l'identità costituzionale del
paese.
In sintesi, sebbene la primazia del diritto europeo sia un
principio fondamentale, essa coesiste con il rispetto delle identità
costituzionali degli Stati membri, che rimangono sovrani nell'ambito dei loro
principi fondamentali e valori costituzionali.
Fonti di Derivazione Europea: Trattati, Regolamenti e Direttive
Nell'ambito dell'Unione Europea, le fonti di derivazione
europea rappresentano gli strumenti normativi attraverso i quali vengono
stabiliti principi, regole e obblighi vincolanti per gli Stati membri. Esse si
articolano principalmente in trattati, regolamenti e direttive.
- Trattati: Sono gli accordi fondamentali che stabiliscono le
basi dell'Unione Europea e delineano i principi generali, gli obiettivi, le
competenze e l'organizzazione delle istituzioni europee. Essi hanno una natura
sovranazionale e sono direttamente vincolanti per gli Stati membri.
- Regolamenti: Questi sono atti normativi di natura generale
che hanno effetto immediato e diretto in tutti gli Stati membri. Ciò significa
che, una volta adottati, diventano automaticamente parte dell'ordinamento
giuridico di ciascuno Stato membro e sono direttamente applicabili anche nei
rapporti che coinvolgono i singoli cittadini, senza necessità di ulteriore
trasposizione o adattamento.
- Direttive: A differenza dei regolamenti, le direttive
stabiliscono obiettivi specifici che gli Stati membri devono raggiungere, ma
lasciano loro la libertà su come raggiungerli. Le direttive danno un termine
agli Stati per la loro attuazione nel diritto interno. Se uno Stato non
traspone una direttiva entro il termine stabilito, questa non crea diritti
diretti per i cittadini in assenza di norme attuative. Tuttavia, se lo Stato
tarda o manca nell'attuare una direttiva, può essere sanzionato dall'UE. Inoltre,
secondo la sentenza Francovich della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, se
il mancato adempimento o la cattiva trasposizione di una direttiva causa un
danno ai cittadini, essi possono chiedere un risarcimento allo Stato
inadempiente.
In conclusione, mentre i trattati e i regolamenti hanno una
portata diretta e immediata, le direttive richiedono un'azione da parte degli
Stati membri per diventare effettive e garantire i diritti dei cittadini. La
chiara distinzione tra queste fonti assicura un equilibrio tra l'autonomia
degli Stati e la necessità di un'azione coordinata e uniforme a livello
europeo.
La Costituzione e le Leggi Costituzionali: Caratteristiche e Procedure
La Costituzione rappresenta la legge fondamentale di uno
Stato, definendo la struttura, i principi e le regole essenziali
dell'ordinamento. In Italia, la Costituzione entrata in vigore nel 1948 è il
pilastro del sistema giuridico, stabilendo i diritti e i doveri dei cittadini,
l'organizzazione degli organi statali e le relazioni tra questi.
Le leggi costituzionali, a loro volta, hanno un rango
superiore rispetto alle leggi ordinarie e sono destinate a modificare o
integrare la Costituzione. La procedura per approvarle è particolarmente
rigorosa e si differenzia da quella delle leggi ordinarie per garantire che
tali cambiamenti siano frutto di un ampio consenso.
Per approvare una legge costituzionale in Italia, sono
necessari diversi passaggi:
La proposta deve essere approvata in ciascuna Camera del
Parlamento (Camera dei deputati e Senato della Repubblica) in due successive
deliberazioni.
Tra la prima e la seconda deliberazione deve intercorrere un
intervallo di almeno tre mesi.
La seconda approvazione deve avvenire con la maggioranza
assoluta dei membri di ciascuna Camera.
Se, nella seconda votazione, la proposta ottiene il voto
favorevole di almeno due terzi dei membri di ciascuna Camera, la legge
costituzionale è definitivamente approvata. In caso contrario, può essere
sottoposta a referendum popolare se, entro tre mesi dalla sua approvazione, ne
facciano richiesta un quinto dei membri di una Camera o 500.000 elettori o
cinque Consigli regionali.
La legge ordinaria, invece, non necessita di questi passaggi
rigorosi e può essere approvata con una procedura più snella, richiedendo
soltanto la maggioranza dei voti dei presenti in ciascuna Camera.
In sintesi, la Costituzione e le leggi costituzionali
rappresentano l'architrave del sistema giuridico italiano, e la loro modifica
richiede un processo particolarmente attento e ponderato per riflettere la
volontà e il consenso della nazione.
Le Fonti del diritto con forza di legge: Legge, Decreto Legge e Decreto Legislativo
In Italia, al livello delle leggi, troviamo diverse fonti
normative, ciascuna con caratteristiche e procedimenti di adozione distinti.
Queste fonti sono: la legge, il decreto legge e il decreto legislativo.
- Legge: Si tratta della fonte normativa classica, adottata
dal Parlamento attraverso un procedimento ordinario che prevede diverse letture
sia alla Camera dei deputati che al Senato della Repubblica. Una volta
approvata dalle due Camere e promulgata dal Presidente della Repubblica, la
legge viene pubblicata nella Gazzetta Ufficiale e diventa vincolante per tutti.
- Decreto Legge: È uno strumento normativo d'urgenza adottato
dal Governo in casi di necessità e urgenza. Ha una validità temporanea di 60
giorni, durante i quali il Parlamento deve convertirlo in legge, attraverso un
procedimento accelerato, altrimenti perde efficacia. Il decreto legge, pur
essendo adottato dal Governo, deve comunque ricevere una ratifica parlamentare
per diventare definitivo e, se non convertito, le sue disposizioni cessano di
avere effetto, salva la regolamentazione degli effetti giuridici prodotti
durante la sua vigenza.
- Decreto Legislativo: Questa tipologia normativa nasce dalla
delega che il Parlamento conferisce al Governo per l'adozione di norme su
materie specifiche. Il Parlamento delinea le linee guida e i principi
direttivi, mentre il Governo, entro i limiti e le indicazioni fornite, emana il
decreto legislativo. Una volta adottato, il decreto ha forza e valore di legge
e, pertanto, vincola i cittadini nello stesso modo di una legge ordinaria.
In sintesi, mentre la legge rappresenta la tipica
manifestazione della volontà legislativa del Parlamento, il decreto legge e il
decreto legislativo sono strumenti che coinvolgono in modi diversi anche il
Governo, sia per affrontare situazioni di particolare urgenza sia per
disciplinare materie complesse, rispettando le direttive stabilite dal
Parlamento stesso.
I Regolamenti nel Sistema Giuridico Italiano
I regolamenti sono atti normativi emessi da diversi enti,
sia a livello centrale, come il Governo, sia a livello territoriale, come
Comuni e Regioni, o da enti non territoriali, come le Università.
Essi rivestono un ruolo di fonti secondarie del diritto, in
quanto fondano la loro esistenza e legittimità nella legge. I regolamenti non
possono, per principio, introdurre norme in contrasto con le disposizioni di
legge, come stabilito dagli articoli 3 e 4 delle preleggi.
All'interno della categoria dei regolamenti, troviamo due
tipologie principali:
Regolamenti di esecuzione: Questi sono volti a dettagliare e
specificare i modi concreti di attuazione di una nuova legge, come delineato
dagli articoli 3 e 4 delle preleggi.
Regolamenti indipendenti: Introdotto dalla legge n. 400 del
1988, questi regolamenti intervengono in materie non precedentemente
disciplinate dalla legge. La medesima legge, nell'ottica di una politica di
"delegificazione", ha riconosciuto al Governo il potere di emanare
regolamenti indipendenti, purché non riguardino materie soggette a riserva di
legge.
Più in generale la delegificazione può essere fatta in vari
modi, eliminando la legge e lasciando autonomia ai regolamenti oppure indicando
nella legge i principi generali e lasciando ai regolamenti la disciplina di
dettaglio. Questa pratica permette maggiore flessibilità e tempestività
nell'adeguamento alle nuove esigenze e contesti, garantendo però che le regole
fondamentali siano sempre fissate dal Parlamento attraverso la legge.
I regolamenti possono assumere diverse denominazioni, a
seconda dell'organo che li adotta o della loro portata. Tra i più importanti
possiamo ricordare:
- Decreto Ministeriale (D.M.): emanato da un ministero,
riguarda materie di competenza di quel particolare dicastero.
- Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
(D.P.C.M.): adottato dal Presidente del Consiglio, spesso ha una portata
interministeriale o riguarda materie di particolare rilevanza.
- Decreto del Presidente della Repubblica (D.P.R.): emesso dal
Presidente della Repubblica, su proposta del Governo, riguarda materie di
particolare importanza e solennità.
Fonti del diritto: Gli Usi Normativi nel Sistema Giuridico italiano
Gli usi normativi rappresentano una particolare categoria di
fonti del diritto, fondamentali nella tradizione giuridica di molti paesi, tra
cui l'Italia (anche se nel tempo hanno perso molto del loro rilievo).
A differenza delle leggi o dei regolamenti, gli usi non
derivano da un atto formale di un organo legislativo o esecutivo; piuttosto,
nascono e si consolidano grazie alla reiterazione di comportamenti da parte di
una comunità, che li riconosce come regole vincolanti nel tempo.
Gli usi hanno carattere normativo quando, oltre alla
reiterazione di un certo comportamento, vi è la convinzione, da parte della
collettività, che tale comportamento sia obbligatorio, come se fosse previsto
da una norma. In questo senso, si parla di "opinio juris", cioè la
percezione che un comportamento sia giuridicamente vincolante.
Gli "usi" rappresentano una delle forme attraverso
le quali si manifesta la consuetudine, ovvero la ripetizione di comportamenti
da parte di una collettività che assume un valore normativo. Tuttavia, è
essenziale distinguere tra usi normativi e usi contrattuali, poiché ricoprono
funzioni diverse e operano in contesti distinti. Gli usi contrattuali hanno una
funzione interpretativa ed integrativa. Quando le parti stipulano un contratto,
spesso fanno riferimento, esplicito o implicito, agli usi del settore o della
località in cui operano. Questi usi possono aiutare a interpretare le
intenzioni delle parti o a colmare eventuali lacune nel contratto.
Entrata in vigore delle norme e principio di irretroattività
Le norme, una volta approvate, entrano in vigore e
cominciano a produrre effetti giuridici. In Italia, il principio di
irretroattività è fondamentale per garantire certezza del diritto e proteggere
le aspettative dei cittadini.
Per quanto riguarda le norme penali, la Costituzione,
all'art. 25, stabilisce espressamente che nessuno può essere punito se non in
forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso. Questo
significa che una nuova norma penale non può avere effetti retroattivi e quindi
non può punire comportamenti che, al momento in cui sono stati posti in essere,
non erano considerati reati.
Diversamente, per le norme civili, il principio di
irretroattività è regolamentato dall'articolo 11 del Codice Civile, che
stabilisce che le leggi non hanno effetto retroattivo se non quando lo
prevedono espressamente. Questa è una distinzione cruciale: sebbene la regola
generale sia che le norme civili non siano retroattive, la legge stessa può
derogare a tale principio e prevedere espressamente che una determinata
disposizione abbia effetto sulle situazioni preesistenti.
Un caso emblematico in cui si realizza questo tipo di deroga
è l'interpretazione autentica. Quando il legislatore interviene per chiarire il
significato di una norma attraverso un'interpretazione "autentica",
quella interpretazione può avere effetto retroattivo, influenzando le
situazioni e i rapporti giuridici sorti sotto la vigenza della norma
originaria, prima dell'intervento interpretativo.
Cessazione di efficacia delle norme: l’abrogazione
Le norme giuridiche, pur essendo entrate in vigore e avendo
prodotto effetti, possono cessare di avere efficacia, e ciò si verifica quando
vengono abrogate. L'abrogazione rappresenta, in sostanza, l'atto con cui una
norma preesistente viene eliminata dall'ordinamento giuridico. Questa
eliminazione può manifestarsi in due modi distinti: l'abrogazione espressa e
l'abrogazione tacita.
L'abrogazione espressa avviene quando una norma successiva
stabilisce esplicitamente di eliminare una norma o un insieme di norme
precedentemente in vigore. La legge o l'atto normativo successivo, in altre
parole, menziona direttamente le disposizioni da abrogare, indicandole in modo
specifico.
L'abrogazione tacita, al contrario, si verifica in assenza
di una dichiarazione esplicita. Si ha un'abrogazione tacita quando una nuova
norma, pur senza menzionare la norma preesistente, introduce disposizioni
incompatibili con essa o regola in modo esaustivo una materia, rendendo
implicitamente superflue o incoerenti le disposizioni precedenti. In questi
casi, si presume che il legislatore, con l'emanazione della nuova norma, abbia
inteso sostituire integralmente la normativa precedente, benché non abbia fatto
riferimento esplicito alla sua abrogazione.
In entrambi i casi, con l'abrogazione, la norma cessa di
produrre effetti, sebbene gli effetti già prodotti durante la sua vigenza
rimangano, di regola, intatti.
Le fonti del diritto italiano: l’interpretazione delle norme giuridiche
L'interpretazione delle norme è l'attività attraverso la
quale si cerca di comprenderne il significato, con l'obiettivo di applicarle in
modo corretto ai casi concreti. Questa attività può essere complessa, poiché il
linguaggio delle norme, pur tendendo alla chiarezza, può presentare ambiguità o
lasciare spazi di incertezza. Per risolvere tali ambiguità e comprendere il
vero intento del legislatore, esistono diversi criteri interpretativi:
- Interpretazione letterale: è il criterio di
base, e si riferisce alla semplice lettura del testo della norma. Consiste nel
dedurre il significato della disposizione legale dalle parole utilizzate e
dalla loro disposizione all'interno del testo. Tuttavia, non sempre il
significato letterale rispecchia l'intenzione del legislatore o la funzione
della norma nell'ordinamento.
- Interpretazione secondo la ratio della norma: va oltre il
mero testo della legge e cerca di individuare lo spirito e la finalità per cui
la norma è stata emanata. Si tratta di comprendere la ragione sottesa, cioè
l'obiettivo che il legislatore voleva raggiungere, anche se non espressamente
indicato nel testo.
- Interpretazione analogica: si verifica quando una norma non
disciplina espressamente un determinato caso, ma esiste una situazione simile
regolamentata dalla legge. In tali casi, se si ravvisa una similitudine
sostanziale tra il caso regolamentato e quello non previsto, si può estendere
per analogia l'applicazione della norma al caso non disciplinato.
- Interpretazione costituzionalmente orientata: è un criterio
fondamentale in tutti gli ordinamenti che prevedono una Costituzione. Consiste
nell'interpretare le norme in modo che esse siano conformi ai principi e ai
valori costituzionali. Se una legge può avere diverse interpretazioni, si deve
optare per quella che rispetta maggiormente i principi costituzionali.
Ogni criterio ha la sua rilevanza e utilità, e spesso
possono essere utilizzati insieme per fornire un'interpretazione coerente e
giusta di una norma. Tuttavia, l'obiettivo principale rimane sempre quello di
garantire certezza del diritto e giustizia nella sua applicazione ai casi
concreti.