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Responsabilità oggettiva: cos'è e come funziona?

19 ottobre 2023

La responsabilità oggettiva è una forma di responsabilità civile in cui una persona può essere ritenuta responsabile di un danno, indipendentemente dalla presenza di colpa o dolo nella sua condotta. Si distingue dalla responsabilità soggettiva, che presuppone una condotta colpevole da parte del responsabile del danno. Anche nella responsabilità oggettiva è possibile essere esonerati dalla responsabilità, ma non semplicemente dimostrando l’assenza di colpa occorrendo, a seconda dei casi, la prova di avere adottato tutte le misure possibili per prevenire il danno oppure la prova del caso fortuito o della forza maggiore, ai quali è equiparato il fatto dello stesso danneggiato. Questo articolo esamina le diverse ipotesi di responsabilità oggettiva presenti nel sistema giuridico, spiegandone le caratteristiche e le specificità: tra le situazioni analizzate vi sono l’esercizio di attività pericolose, la rovina di edifici, il danno causato da cose in custodia o da animali e la circolazione dei veicoli.

Responsabilità oggettiva
Responsabilità oggettiva: cos'è e come funziona?

Responsabilità oggettiva: introduzione

La responsabilità oggettiva rappresenta un concetto chiave nel diritto civile, delineando una forma di imputazione di responsabilità a un soggetto indipendentemente dalla sua effettiva intenzione o colpa. Mentre la responsabilità soggettiva richiede una dimostrazione di colpa o dolo da parte dell'agente, quella oggettiva si fonda sull'idea che certe attività o situazioni comportino un rischio intrinseco, tale che chi le intraprende debba rispondere delle conseguenze dannose che ne derivano, anche se ha agito con la massima diligenza.

Questo tipo di responsabilità spesso trova applicazione in ambiti come il diritto ambientale, i danni causati da cose in custodia o dalla produzione di prodotti difettosi. Attraverso la responsabilità oggettiva, il sistema giuridico mira a proteggere le vittime, incentivare la prevenzione e garantire che chi svolge attività potenzialmente pericolose sia pienamente consapevole delle possibili ripercussioni.

Si tratta di una responsabilità con colpa presunta?

La responsabilità oggettiva, talvolta designata come "responsabilità senza colpa" o "con colpa presunta", rappresenta termini che possono trarre in inganno rispetto al vero significato e all'essenza di tale responsabilità.

Queste definizioni potrebbero suggerire che vi sia una mera presunzione di colpa a carico del soggetto responsabile. Tuttavia, in realtà, il concetto di responsabilità oggettiva va oltre la semplice presunzione. Essa si configura come una forma di responsabilità che grava su un individuo o entità a causa della particolare situazione in cui si trova, come delineato dalla specifica fattispecie normativa.

L'elemento distintivo è che il soggetto può non essere liberato dalla responsabilità semplicemente dimostrando l'assenza di colpa.

In molti casi, per escludere la propria responsabilità, deve dimostrare di avere adottato tutte le misure possibili per prevenire il danno. In altre circostanze, può essere necessario evocare l'intervento di fattori esterni, imprevedibili ed irresistibili, quali il caso fortuito o la forza maggiore, alle quali è equiparato il fatto dello stesso danneggiato. Questa complessità sottolinea che la responsabilità oggettiva non è una mera presunzione di colpa, ma un sistema giuridico ben più articolato e profondo.

Responsabilità oggettiva: regola o eccezioni?

Nel diritto civile italiano, la norma cardine in materia di responsabilità extracontrattuale è l'art. 2043 del codice civile, il quale stabilisce una responsabilità di natura soggettiva. Secondo questa disposizione, come noto, chiunque arrechi ad altri un danno ingiustamente, sia per dolo che per colpa, è tenuto a risarcirlo. In questo sistema, la responsabilità oggettiva rappresenta un'eccezione e non una regola generale. Questo significa che la responsabilità oggettiva interviene soltanto nelle specifiche fattispecie espressamente previste dalla legge. Al di fuori di queste situazioni, prevale il criterio della colpevolezza, ossia la responsabilità soggettiva.

Tuttavia, il panorama giuridico cambia quando ci si sposta verso il diritto dell'ambiente, in particolare in relazione al danno ambientale. In questo ambito, la regola generale è la responsabilità di tipo oggettivo, quantomeno per gli operatori professionali indicati nella disciplina in questione. La responsabilità soggettiva per colpa, invece, è residuale e si applica solo ai soggetti diversi.

Responsabilità oggettiva per l'esercizio di attività pericolose ex art 2050 cc

La responsabilità oggettiva nell'esercizio di attività pericolose rappresenta un pilastro fondamentale del nostro sistema giuridico, essendo stata codificata per la prima volta nell'art. 2050 del codice civile del 1942. Questa disposizione ha segnato un distacco dalla generica norma di responsabilità delineata dall'art. 2043 cc, focalizzandosi sulle particolari attività che, pur essendo potenzialmente dannose, sono state ritenute essenziali per la società. La logica sottesa alla responsabilità oggettiva è chiara: anziché proibirle completamente, il legislatore ha scelto di ammettere tali attività, ma con una responsabilità rafforzata per chi le pratica. In questo modo, chi subisce danni ha la possibilità di ottenere un risarcimento più agevole, mentre chi svolge l'attività pericolosa è esposto a un onere probatorio e a un rischio maggiore.

Questa responsabilità oggettiva si divide in due categorie principali: le attività pericolose tipiche, che sono specificamente elencate in vari regolamenti e leggi, e le attività pericolose atipiche, la cui pericolosità viene determinata attraverso un'analisi caso per caso, basata sulla loro natura e potenziale danno. Ma non si tratta solo di distinguere tra diversi tipi di attività: è fondamentale anche differenziare tra la pericolosità inerente all'attività stessa e quella derivante dalla condotta di chi la esercita. Mentre la prima è, per sua natura, potenzialmente dannosa, la seconda diventa tale a causa di azioni imprudenti, imperite o negligenti da parte di chi la pratica.

È interessante notare come la giurisprudenza abbia affinato ulteriormente questa distinzione, differenziando tra la nozione di attività pericolosa prevista dall'art. 2050 e quella di condotta pericolosa. La responsabilità oggettiva inerente all'art. 2050 si manifesta solo quando l'attività presenta una notevole potenzialità di danno per terzi.

Chi esercita un'attività riconosciuta come pericolosa ha un onere probatorio rafforzato: per liberarsi dalla responsabilità, non è sufficiente dimostrare di non aver violato le norme, ma è essenziale provare di aver adottato tutte le precauzioni necessarie per prevenire l'evento dannoso.

Art. 2051 cc e responsabilità per cose in custodia

La responsabilità per cose in custodia è un principio cardine del nostro sistema giuridico, previsto dall'art. 2051 del codice civile. Tale norma sottolinea che chi ha in custodia una "cosa" è obbligato a rispondere dei danni che questa può causare, a meno che non provi il caso fortuito. Il concetto di "cosa" in questa disposizione è vasto, comprendendo qualsiasi elemento capace di causare danni in determinate circostanze.

La responsabilità oggettiva prevista da questo articolo non si basa sulla titolarità della proprietà della cosa, ma piuttosto sull'"effettivo potere fisico" su di essa. Questo potere, spesso definito "governo della cosa", implica il dovere di vigilare e controllare la cosa per evitare che possa arrecare danni.

Fondamentalmente, il concetto alla base della responsabilità oggettiva in questo contesto è il rischio associato alla custodia di una cosa che può causare danni. Se un danno si verifica a causa di questa "cosa", il danneggiato ha il compito di dimostrare che la cosa è stata una condizione necessaria e sufficiente per l'evento dannoso. Al custode, invece, incombe l'onere di dimostrare il caso fortuito, un elemento esterno e imprevedibile che interrompe il nesso causale tra la cosa e il danno.

In essenza, l'art. 2051 pone una responsabilità oggettiva sul custode, basata sulla relazione tra la cosa e chi ne ha il controllo effettivo. Questa responsabilità oggettiva mira a bilanciare il diritto del danneggiato a ottenere un risarcimento e la necessità di proteggere chi ha in custodia una cosa da responsabilità ingiuste. Tuttavia, esistono eccezioni, nelle quali il custode può esonerarsi dalla responsabilità.

L'art. 2051 del codice civile prevede una forma di responsabilità oggettiva per coloro che hanno una "cosa" in custodia, ma, come in molte norme giuridiche, esistono delle eccezioni. Una delle principali vie per liberarsi da questa responsabilità è fornire la prova del "caso fortuito". La prova liberatoria rappresenta, quindi, un elemento fondamentale per chi si trova nella posizione di custode e desidera sottrarsi all'obbligo di risarcire il danno.

Il caso fortuito è inteso come un evento imprevedibile ed inevitabile, esterno e indipendente dalla volontà del custode e dalla natura della cosa custodita. Questo può includere eventi naturali di straordinaria intensità, come terremoti o alluvioni, o azioni di terzi che interrompono il nesso causale tra la cosa e il danno prodotto.

Per esempio, se un albero ben curato e monitorato in un giardino privato cade a causa di un'inaspettata e violenta tempesta, danneggiando un'abitazione vicina, il proprietario dell'albero potrebbe liberarsi dalla responsabilità dimostrando che la caduta è stata causata esclusivamente dal fenomeno atmosferico imprevedibile e non da una cattiva manutenzione dell'albero.

Un altro esempio potrebbe essere quello di un terzo che interviene deliberatamente, causando un danno che altrimenti non si sarebbe verificato. Se una persona, ad esempio, sabota deliberatamente una bicicletta parcheggiata, causandone la caduta e danneggiando un passante, il proprietario della bicicletta potrebbe liberarsi dalla responsabilità dimostrando che il danno è stato causato esclusivamente dall'azione del terzo e non da una sua negligenza nella custodia della bicicletta.

Infine, c'è da considerare anche il comportamento del danneggiato: se la vittima si è esposta imprudentemente al pericolo, pur potendo prevederlo con una normale diligenza, la responsabilità del custode potrebbe essere esclusa o quantomeno ridotta. Si pensi a chi scivola sul pavimento bagnato che è segnalato, o chi inciampa su un marciapiede chiaramente rotto, ecc.

Danno Cagionato dagli Animali e Responsabilità Oggettiva

La responsabilità oggettiva per danno cagionato dagli animali è chiaramente delineata dall'art. 2052 del codice civile.

Tale normativa stabilisce che il proprietario dell'animale o chiunque se ne serva è responsabile per i danni causati dall'animale, indipendentemente dal fatto che l'animale si trovi sotto la sua diretta custodia o si sia smarrito o fuggito. In questo contesto, il concetto di "uso dell'animale" è fondamentale. Non si riferisce semplicemente alla custodia fisica, ma piuttosto all'utilizzo dell'animale in modo conforme alla sua natura e alla sua destinazione economica e sociale.

La distinzione chiave qui è che ci troviamo di fronte a un caso di responsabilità oggettiva, dove non è richiesta la dimostrazione della colpa per stabilire la responsabilità. Ciò implica che, se un animale causa danno, la responsabilità ricade sul proprietario o su chi lo utilizza, a meno che non si possa dimostrare un caso fortuito come causa del danno.

Quando parliamo di danno causato da animali, la responsabilità grava, come stabilito dall'art. 2052 del Codice Civile, sul proprietario o su chi utilizza l'animale. Tuttavia, appunto, esistono circostanze che possono escludere o limitare tale responsabilità, e a questo proposito entra in gioco la cosiddetta "prova liberatoria".

Il caso fortuito rappresenta una delle principali prove liberatorie nel contesto della responsabilità per danno causato da animali. Si tratta di un evento imprevisto, imprevedibile e inevitabile, che rompe il nesso causale tra la custodia o l'uso dell'animale e il danno che ne è derivato. Non basta, ad esempio, dimostrare che si è usata la normale diligenza nella custodia dell'animale; è necessario che l'evento si caratterizzi per la sua assoluta eccezionalità e che si inserisca in modo improvviso, soverchiando ogni possibilità di controllo da parte dell'uomo.

Equiparato al caso fortuito, c'è il "fatto dello stesso danneggiato". Questa situazione si verifica quando il comportamento della persona danneggiata contribuisce in modo determinante all'evento dannoso, in maniera tale da interrompere il nesso causale e liberare il detentore o il proprietario dell'animale dalla responsabilità.

Per chiarire meglio, ecco alcuni esempi:

Un esempio classico è quando una persona, pur conoscendo la presenza di un animale potenzialmente pericoloso, adotta comportamenti rischiosi o provocatori. Ad esempio, una persona che passa dietro a un cavallo magari facendo movimenti o rumori che lo spaventano, può essere considerata responsabile del proprio danno se il cavallo reagisce spaventato.

Un altro esempio si ha quando una persona si introduce in un'area non accessibile al pubblico, come un immobile privato, e viene attaccata da un cane da guardia. In questo caso, l'intrusione abusiva può essere vista come un comportamento imprudente che ha causato il danno soprattutto se era segnalata la presenza di un cane da guardia.

In tutti questi casi, il comportamento della vittima ha un ruolo centrale nel determinare l'evento dannoso, e pertanto, la responsabilità può essere esclusa o limitata per chi detiene o possiede l'animale.

Art. 2053 cc e Rovina di Edificio

L'art. 2053 del Codice Civile italiano regolamenta una particolare forma di responsabilità extracontrattuale conosciuta come "responsabilità da rovina di edificio". Questa norma stabilisce che il proprietario di un edificio o di altra costruzione è responsabile del danno derivante dalla rovina di tutto o di parte di esso, a meno che non provi la causa estranea. In sostanza, se un edificio o una parte di esso dovesse crollare o cadere, causando danni a terzi (che potrebbero essere danni materiali o lesioni personali), il proprietario dell'edificio è ritenuto responsabile di tali danni.

La particolarità di questa norma risiede nel fatto che non è necessario dimostrare la colpa del proprietario per stabilire la sua responsabilità. Infatti, si tratta di una forma di responsabilità oggettiva, in cui il proprietario è responsabile per il semplice fatto della rovina, a meno che non riesca a dimostrare che il crollo o la caduta sono stati causati da un evento esterno imprevedibile, come un terremoto o un altro evento di forza maggiore, oppure da un fatto di un terzo per il quale non ha responsabilità.

Pertanto, nella pratica, la responsabilità da rovina di edificio pone un onere probatorio sul proprietario, che dovrà dimostrare di aver fatto tutto il possibile per mantenere l'edificio in buone condizioni o di non avere alcuna colpa nella sua rovina.

Responsabilità Oggettiva nella Circolazione dei Veicoli secondo l'Art. 2054 c.c.

L'art. 2054 del Codice Civile italiano affronta la responsabilità derivante dalla circolazione dei veicoli. La norma stabilisce una forte responsabilità a carico del conducente del veicolo, il quale risulta essere responsabile per eventuali danni causati a terzi, a meno che non dimostri di aver fatto tutto il possibile per evitarlo. In questo contesto, non basta che il conducente fornisca la prova di avere agito con la necessaria diligenza: ciò che è richiesto è la prova di un fatto specifico che abbia causato l'evento dannoso. Per esempio, potrebbe essere il comportamento imprevedibile di un pedone che attraversa la strada in modo repentino o l'azione improvvisa di un altro conducente che frena bruscamente o invade una corsia di marcia.

Accanto a questa responsabilità oggettiva del conducente, l'art. 2054 c.c. prevede anche una responsabilità indiretta del proprietario del veicolo. Questo significa che il proprietario può essere ritenuto responsabile per i danni causati dal veicolo, anche se non era lui a guidarlo al momento dell'incidente. Come noto, peraltro, per i veicoli vi è un obbligo di assicurazione per cui, l’ipotetica responsabilità del proprietario poi di fatto grava sulla compagnia assicurativa.

Relativamente alla prova liberatoria del proprietario, è da sottolineare che tale soggetto non risponde se dimostra che la circolazione del veicolo è avvenuta contro la sua volontà.

Il proprietario di un veicolo non può sottrarsi alla responsabilità semplicemente affermando che il veicolo circolava senza il suo permesso. È indispensabile che il veicolo sia stato utilizzato espressamente contro la volontà del proprietario, e che quest'ultimo abbia dimostrato un comportamento attivo e concreto per impedire tale circolazione. Di conseguenza, se un veicolo viene rubato e il proprietario non ha adottato precauzioni adeguate per prevenire tale furto o l'uso successivo del veicolo, la sua responsabilità potrebbe non essere esclusa. Ad esempio la giurisprudenza ha ritenuto che risponda del danno causato dai ladri con un incidente, il proprietario in caso di furto di un’auto lasciata parcheggiata con le chiavi a bordo.

Marco Ticozzi Avvocato Venezia

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