Responsabilità oggettiva: cos'è e come funziona?
La responsabilità oggettiva è una forma di
responsabilità civile in cui una persona può essere ritenuta responsabile di un
danno, indipendentemente dalla presenza di colpa o dolo nella sua condotta. Si
distingue dalla responsabilità soggettiva, che presuppone una condotta
colpevole da parte del responsabile del danno.
Anche nella responsabilità oggettiva è
possibile essere esonerati dalla responsabilità, ma non semplicemente
dimostrando l’assenza di colpa occorrendo, a seconda dei casi, la prova di avere
adottato tutte le misure possibili per prevenire il danno oppure la prova del caso
fortuito o della forza maggiore, ai quali è equiparato il fatto dello stesso
danneggiato.
Questo articolo esamina le diverse ipotesi
di responsabilità oggettiva presenti nel sistema giuridico, spiegandone le
caratteristiche e le specificità: tra le situazioni analizzate vi sono l’esercizio
di attività pericolose, la rovina di edifici, il danno causato da cose in
custodia o da animali e la circolazione dei veicoli.

Responsabilità oggettiva: introduzione
La responsabilità oggettiva rappresenta un
concetto chiave nel diritto civile, delineando una forma di imputazione di
responsabilità a un soggetto indipendentemente dalla sua effettiva intenzione o
colpa. Mentre la responsabilità soggettiva richiede una dimostrazione di colpa
o dolo da parte dell'agente, quella oggettiva si fonda sull'idea che certe
attività o situazioni comportino un rischio intrinseco, tale che chi le
intraprende debba rispondere delle conseguenze dannose che ne derivano, anche
se ha agito con la massima diligenza.
Questo tipo di responsabilità spesso trova
applicazione in ambiti come il diritto ambientale, i danni causati da cose in
custodia o dalla produzione di prodotti difettosi. Attraverso la responsabilità
oggettiva, il sistema giuridico mira a proteggere le vittime, incentivare la
prevenzione e garantire che chi svolge attività potenzialmente pericolose sia
pienamente consapevole delle possibili ripercussioni.
Si tratta di una responsabilità con colpa presunta?
La responsabilità oggettiva, talvolta
designata come "responsabilità senza colpa" o "con colpa
presunta", rappresenta termini che possono trarre in inganno rispetto al
vero significato e all'essenza di tale responsabilità.
Queste definizioni potrebbero suggerire
che vi sia una mera presunzione di colpa a carico del soggetto responsabile.
Tuttavia, in realtà, il concetto di responsabilità oggettiva va oltre la
semplice presunzione. Essa si configura come una forma di responsabilità che
grava su un individuo o entità a causa della particolare situazione in cui si
trova, come delineato dalla specifica fattispecie normativa.
L'elemento distintivo è che il soggetto
può non essere liberato dalla responsabilità semplicemente dimostrando
l'assenza di colpa.
In molti casi, per escludere la propria
responsabilità, deve dimostrare di avere adottato tutte le misure possibili per
prevenire il danno. In altre circostanze, può essere necessario evocare
l'intervento di fattori esterni, imprevedibili ed irresistibili, quali il caso
fortuito o la forza maggiore, alle quali è equiparato il fatto dello stesso
danneggiato. Questa complessità sottolinea che la responsabilità oggettiva non
è una mera presunzione di colpa, ma un sistema giuridico ben più articolato e
profondo.
Responsabilità oggettiva: regola o eccezioni?
Nel diritto civile italiano, la norma
cardine in materia di responsabilità extracontrattuale è l'art. 2043 del codice
civile, il quale stabilisce una responsabilità di natura soggettiva. Secondo
questa disposizione, come noto, chiunque arrechi ad altri un danno ingiustamente,
sia per dolo che per colpa, è tenuto a risarcirlo. In questo sistema, la
responsabilità oggettiva rappresenta un'eccezione e non una regola generale.
Questo significa che la responsabilità oggettiva interviene soltanto nelle
specifiche fattispecie espressamente previste dalla legge. Al di fuori di
queste situazioni, prevale il criterio della colpevolezza, ossia la
responsabilità soggettiva.
Tuttavia, il panorama giuridico cambia
quando ci si sposta verso il diritto dell'ambiente, in particolare in relazione
al danno ambientale. In questo ambito, la regola generale è la responsabilità di
tipo oggettivo, quantomeno per gli operatori professionali indicati nella disciplina
in questione. La responsabilità soggettiva per colpa, invece, è residuale e si
applica solo ai soggetti diversi.
Responsabilità oggettiva per l'esercizio di attività pericolose ex art 2050 cc
La responsabilità oggettiva nell'esercizio
di attività pericolose rappresenta un pilastro fondamentale del nostro sistema
giuridico, essendo stata codificata per la prima volta nell'art. 2050 del
codice civile del 1942. Questa disposizione ha segnato un distacco dalla
generica norma di responsabilità delineata dall'art. 2043 cc, focalizzandosi
sulle particolari attività che, pur essendo potenzialmente dannose, sono state
ritenute essenziali per la società. La logica sottesa alla responsabilità
oggettiva è chiara: anziché proibirle completamente, il legislatore ha scelto
di ammettere tali attività, ma con una responsabilità rafforzata per chi le
pratica. In questo modo, chi subisce danni ha la possibilità di ottenere un
risarcimento più agevole, mentre chi svolge l'attività pericolosa è esposto a
un onere probatorio e a un rischio maggiore.
Questa responsabilità oggettiva si divide
in due categorie principali: le attività pericolose tipiche, che sono
specificamente elencate in vari regolamenti e leggi, e le attività pericolose
atipiche, la cui pericolosità viene determinata attraverso un'analisi caso per
caso, basata sulla loro natura e potenziale danno. Ma non si tratta solo di
distinguere tra diversi tipi di attività: è fondamentale anche differenziare
tra la pericolosità inerente all'attività stessa e quella derivante dalla
condotta di chi la esercita. Mentre la prima è, per sua natura, potenzialmente
dannosa, la seconda diventa tale a causa di azioni imprudenti, imperite o
negligenti da parte di chi la pratica.
È interessante notare come la
giurisprudenza abbia affinato ulteriormente questa distinzione, differenziando
tra la nozione di attività pericolosa prevista dall'art. 2050 e quella di
condotta pericolosa. La responsabilità oggettiva inerente all'art. 2050 si
manifesta solo quando l'attività presenta una notevole potenzialità di danno
per terzi.
Chi esercita un'attività riconosciuta come
pericolosa ha un onere probatorio rafforzato: per liberarsi dalla
responsabilità, non è sufficiente dimostrare di non aver violato le norme, ma è
essenziale provare di aver adottato tutte le precauzioni necessarie per
prevenire l'evento dannoso.
Art. 2051 cc e responsabilità per cose in custodia
La responsabilità per cose in custodia è
un principio cardine del nostro sistema giuridico, previsto dall'art. 2051 del
codice civile. Tale norma sottolinea che chi ha in custodia una
"cosa" è obbligato a rispondere dei danni che questa può causare, a
meno che non provi il caso fortuito. Il concetto di "cosa" in questa
disposizione è vasto, comprendendo qualsiasi elemento capace di causare danni
in determinate circostanze.
La responsabilità oggettiva prevista da
questo articolo non si basa sulla titolarità della proprietà della cosa, ma
piuttosto sull'"effettivo potere fisico" su di essa. Questo potere,
spesso definito "governo della cosa", implica il dovere di vigilare e
controllare la cosa per evitare che possa arrecare danni.
Fondamentalmente, il concetto alla base
della responsabilità oggettiva in questo contesto è il rischio associato alla
custodia di una cosa che può causare danni. Se un danno si verifica a causa di
questa "cosa", il danneggiato ha il compito di dimostrare che la cosa
è stata una condizione necessaria e sufficiente per l'evento dannoso. Al
custode, invece, incombe l'onere di dimostrare il caso fortuito, un elemento
esterno e imprevedibile che interrompe il nesso causale tra la cosa e il danno.
In essenza, l'art. 2051 pone una
responsabilità oggettiva sul custode, basata sulla relazione tra la cosa e chi
ne ha il controllo effettivo. Questa responsabilità oggettiva mira a bilanciare
il diritto del danneggiato a ottenere un risarcimento e la necessità di
proteggere chi ha in custodia una cosa da responsabilità ingiuste. Tuttavia,
esistono eccezioni, nelle quali il custode può esonerarsi dalla responsabilità.
L'art. 2051 del codice civile prevede una
forma di responsabilità oggettiva per coloro che hanno una "cosa" in
custodia, ma, come in molte norme giuridiche, esistono delle eccezioni. Una
delle principali vie per liberarsi da questa responsabilità è fornire la prova
del "caso fortuito". La prova liberatoria rappresenta, quindi, un
elemento fondamentale per chi si trova nella posizione di custode e desidera
sottrarsi all'obbligo di risarcire il danno.
Il caso fortuito è inteso come un evento
imprevedibile ed inevitabile, esterno e indipendente dalla volontà del custode
e dalla natura della cosa custodita. Questo può includere eventi naturali di
straordinaria intensità, come terremoti o alluvioni, o azioni di terzi che
interrompono il nesso causale tra la cosa e il danno prodotto.
Per esempio, se un albero ben curato e
monitorato in un giardino privato cade a causa di un'inaspettata e violenta
tempesta, danneggiando un'abitazione vicina, il proprietario dell'albero
potrebbe liberarsi dalla responsabilità dimostrando che la caduta è stata
causata esclusivamente dal fenomeno atmosferico imprevedibile e non da una
cattiva manutenzione dell'albero.
Un altro esempio potrebbe essere quello di
un terzo che interviene deliberatamente, causando un danno che altrimenti non
si sarebbe verificato. Se una persona, ad esempio, sabota deliberatamente una
bicicletta parcheggiata, causandone la caduta e danneggiando un passante, il
proprietario della bicicletta potrebbe liberarsi dalla responsabilità
dimostrando che il danno è stato causato esclusivamente dall'azione del terzo e
non da una sua negligenza nella custodia della bicicletta.
Infine, c'è da considerare anche il
comportamento del danneggiato: se la vittima si è esposta imprudentemente al
pericolo, pur potendo prevederlo con una normale diligenza, la responsabilità
del custode potrebbe essere esclusa o quantomeno ridotta. Si pensi a chi
scivola sul pavimento bagnato che è segnalato, o chi inciampa su un marciapiede
chiaramente rotto, ecc.
Danno Cagionato dagli Animali e Responsabilità Oggettiva
La responsabilità oggettiva per danno
cagionato dagli animali è chiaramente delineata dall'art. 2052 del codice
civile.
Tale normativa stabilisce che il
proprietario dell'animale o chiunque se ne serva è responsabile per i danni
causati dall'animale, indipendentemente dal fatto che l'animale si trovi sotto
la sua diretta custodia o si sia smarrito o fuggito. In questo contesto, il
concetto di "uso dell'animale" è fondamentale. Non si riferisce
semplicemente alla custodia fisica, ma piuttosto all'utilizzo dell'animale in
modo conforme alla sua natura e alla sua destinazione economica e sociale.
La distinzione chiave qui è che ci
troviamo di fronte a un caso di responsabilità oggettiva, dove non è richiesta
la dimostrazione della colpa per stabilire la responsabilità. Ciò implica che,
se un animale causa danno, la responsabilità ricade sul proprietario o su chi
lo utilizza, a meno che non si possa dimostrare un caso fortuito come causa del
danno.
Quando parliamo di danno causato da
animali, la responsabilità grava, come stabilito dall'art. 2052 del Codice
Civile, sul proprietario o su chi utilizza l'animale. Tuttavia, appunto, esistono
circostanze che possono escludere o limitare tale responsabilità, e a questo
proposito entra in gioco la cosiddetta "prova liberatoria".
Il caso fortuito rappresenta una delle
principali prove liberatorie nel contesto della responsabilità per danno
causato da animali. Si tratta di un evento imprevisto, imprevedibile e
inevitabile, che rompe il nesso causale tra la custodia o l'uso dell'animale e
il danno che ne è derivato. Non basta, ad esempio, dimostrare che si è usata la
normale diligenza nella custodia dell'animale; è necessario che l'evento si
caratterizzi per la sua assoluta eccezionalità e che si inserisca in modo
improvviso, soverchiando ogni possibilità di controllo da parte dell'uomo.
Equiparato al caso fortuito, c'è il
"fatto dello stesso danneggiato". Questa situazione si verifica
quando il comportamento della persona danneggiata contribuisce in modo
determinante all'evento dannoso, in maniera tale da interrompere il nesso
causale e liberare il detentore o il proprietario dell'animale dalla
responsabilità.
Per chiarire meglio, ecco alcuni esempi:
Un esempio classico è quando una persona,
pur conoscendo la presenza di un animale potenzialmente pericoloso, adotta
comportamenti rischiosi o provocatori. Ad esempio, una persona che passa dietro
a un cavallo magari facendo movimenti o rumori che lo spaventano, può essere
considerata responsabile del proprio danno se il cavallo reagisce spaventato.
Un altro esempio si ha quando una persona
si introduce in un'area non accessibile al pubblico, come un immobile privato,
e viene attaccata da un cane da guardia. In questo caso, l'intrusione abusiva
può essere vista come un comportamento imprudente che ha causato il danno
soprattutto se era segnalata la presenza di un cane da guardia.
In tutti questi casi, il comportamento
della vittima ha un ruolo centrale nel determinare l'evento dannoso, e
pertanto, la responsabilità può essere esclusa o limitata per chi detiene o
possiede l'animale.
Art. 2053 cc e Rovina di Edificio
L'art. 2053 del Codice Civile italiano
regolamenta una particolare forma di responsabilità extracontrattuale
conosciuta come "responsabilità da rovina di edificio". Questa norma
stabilisce che il proprietario di un edificio o di altra costruzione è responsabile
del danno derivante dalla rovina di tutto o di parte di esso, a meno che non
provi la causa estranea. In sostanza, se un edificio o una parte di esso
dovesse crollare o cadere, causando danni a terzi (che potrebbero essere danni
materiali o lesioni personali), il proprietario dell'edificio è ritenuto
responsabile di tali danni.
La particolarità di questa norma risiede
nel fatto che non è necessario dimostrare la colpa del proprietario per
stabilire la sua responsabilità. Infatti, si tratta di una forma di
responsabilità oggettiva, in cui il proprietario è responsabile per il semplice
fatto della rovina, a meno che non riesca a dimostrare che il crollo o la
caduta sono stati causati da un evento esterno imprevedibile, come un terremoto
o un altro evento di forza maggiore, oppure da un fatto di un terzo per il
quale non ha responsabilità.
Pertanto, nella pratica, la responsabilità
da rovina di edificio pone un onere probatorio sul proprietario, che dovrà
dimostrare di aver fatto tutto il possibile per mantenere l'edificio in buone
condizioni o di non avere alcuna colpa nella sua rovina.
Responsabilità Oggettiva nella Circolazione dei Veicoli secondo l'Art. 2054 c.c.
L'art. 2054 del Codice Civile italiano
affronta la responsabilità derivante dalla circolazione dei veicoli. La norma
stabilisce una forte responsabilità a carico del conducente del veicolo, il
quale risulta essere responsabile per eventuali danni causati a terzi, a meno
che non dimostri di aver fatto tutto il possibile per evitarlo. In questo
contesto, non basta che il conducente fornisca la prova di avere agito con la
necessaria diligenza: ciò che è richiesto è la prova di un fatto specifico che
abbia causato l'evento dannoso. Per esempio, potrebbe essere il comportamento
imprevedibile di un pedone che attraversa la strada in modo repentino o
l'azione improvvisa di un altro conducente che frena bruscamente o invade una
corsia di marcia.
Accanto a questa responsabilità oggettiva
del conducente, l'art. 2054 c.c. prevede anche una responsabilità indiretta del
proprietario del veicolo. Questo significa che il proprietario può essere
ritenuto responsabile per i danni causati dal veicolo, anche se non era lui a
guidarlo al momento dell'incidente. Come noto, peraltro, per i veicoli vi è un
obbligo di assicurazione per cui, l’ipotetica responsabilità del proprietario poi
di fatto grava sulla compagnia assicurativa.
Relativamente alla prova liberatoria del proprietario, è da sottolineare che tale soggetto non risponde se dimostra che la circolazione del veicolo è avvenuta contro la sua volontà.
Il proprietario di un veicolo non può sottrarsi alla responsabilità semplicemente affermando che il veicolo circolava senza il suo permesso. È indispensabile che il veicolo sia stato utilizzato espressamente contro la volontà del proprietario, e che quest'ultimo abbia dimostrato un comportamento attivo e concreto per impedire tale circolazione. Di conseguenza, se un veicolo viene rubato e il proprietario non ha adottato precauzioni adeguate per prevenire tale furto o l'uso successivo del veicolo, la sua responsabilità potrebbe non essere esclusa. Ad esempio la giurisprudenza ha ritenuto che risponda del danno causato dai ladri con un incidente, il proprietario in caso di furto di un’auto lasciata parcheggiata con le chiavi a bordo.