30 novembre 2023
La concessione abusiva di credito rappresenta un fenomeno in cui un istituto di credito, solitamente una banca, fornisce finanziamenti a un'impresa in difficoltà economica senza prospettive concrete di risanamento o riequilibrio finanziario. Questa pratica di concessione abusiva del credito va oltre una mera valutazione del merito creditizio, configurandosi come un illecito quando la banca agisce con imprudenza o negligenza, ignorando o sottovalutando lo stato di crisi dell'impresa. La responsabilità della banca in tali casi emerge da una valutazione ex ante, ovvero un'analisi preventiva delle condizioni finanziarie dell'impresa e delle reali possibilità di superare la crisi. Se tale valutazione rivela che il credito concesso non contribuirà in modo significativo al risanamento o al riequilibrio dell'impresa, la concessione del credito può essere considerata abusiva. In questo contesto, la banca può essere ritenuta responsabile per aver aggravato la situazione finanziaria dell'impresa, con potenziali ripercussioni legali e risarcitorie. Spieghiamo ora in cosa consiste la concessione abusiva di credito e verifichiamo in quali casi, oltre alla responsabilità degli amministratori, è configurabile quella delle banca per la concessione del credito in modo illegittimo.
Concessione abusiva di credito: cos’è?
La concessione abusiva di credito è una tematica complessa che riguarda le banche e il loro ruolo nel finanziamento delle imprese. Fondamentalmente, questo fenomeno si verifica quando una banca fornisce credito a un'impresa, pur essendo consapevole o dovendo essere consapevole, che l'impresa è in uno stato di crisi finanziaria irreversibile. Questa pratica può portare a diversi problemi.
Innanzitutto, sostenere artificialmente un'impresa in difficoltà può ritardare l'apertura di una procedura concorsuale, aggravando così il dissesto finanziario dell'impresa. Questo ritardo può danneggiare sia l'impresa stessa, che accumula ulteriori perdite, sia i suoi creditori, che recuperano meno di quanto dovuto. Inoltre, può indurre in errore terze parti, facendo loro credere che l'impresa sia in buona salute e degna di fiducia commerciale, con conseguente danno in caso di mancato adempimento dovuto all'insolvenza.
La situazione si complica ulteriormente perché, da un lato, le banche potrebbero essere ritenute responsabili per l'interruzione improvvisa del credito, violando il dovere di buona fede negoziale, mentre dall'altro, la concessione di credito può essere interpretata sia come segno di ignoranza della crisi dell'impresa, sia come un tentativo di aiutare l'impresa a superare le sue difficoltà.
In teoria, è importante distinguere tra i casi in cui il credito è concesso in modo costruttivo, per sostenere le imprese in difficoltà con la speranza di un loro risanamento, e quelli in cui il credito è fornito a imprese già insolventi, per trarne vantaggi illeciti. Tuttavia, nella pratica, questa distinzione è spesso difficile da effettuare. È fondamentale che le banche, per evitare una concessione abusiva del credito, dimostrino di aver valutato con diligenza professionale lo stato di salute dell'impresa prima di concedere il credito.
Infine, l'abuso nella concessione di credito si collega alla nozione di abuso del diritto, che si verifica quando i poteri concessi vengono utilizzati non per lo scopo previsto dalla legge o dal contratto, ma per obiettivi ulteriori. In questo contesto, l'abuso si manifesta come una violazione del dovere di buona fede. Tuttavia, i confini di questo abuso rimangono sfuggenti, specialmente in assenza di norme specifiche che lo regolamentino, rendendo cruciale un'attenta valutazione giurisprudenziale e normativa per identificare responsabilità precise.
La base giuridica della responsabilità per l'abusiva concessione del credito
La questione della responsabilità delle banche in concorso con soggetti autori di illeciti penali o civili è complessa e sfaccettata.
Dal profilo penale ricordiamo che la legge fallimentare prima e il codice della crisi ora puniscono la concessione abusiva di credito.
L’art. 325 del codice della crisi, in merito alla concessione abusiva del credito, prevede che:
1. Gli amministratori, i direttori generali, i liquidatori e gli imprenditori esercenti un’attività commerciale che ricorrono o continuano a ricorrere al credito, anche al di fuori dei casi di cui agli articoli 322 e 323, dissimulando il dissesto o lo stato d'insolvenza sono puniti con la reclusione da sei mesi a tre anni.
2. La pena è aumentata nel caso di società soggette alle disposizioni di cui al capo II, titolo III, parte IV, del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni.
3. Salve le altre pene accessorie di cui al libro I, titolo II, capo III, del codice penale, la condanna importa l'inabilitazione all'esercizio di un'impresa commerciale e l’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a tre anni.
Sul piano civile, dunque, la responsabilità degli amministratori in caso di ricorso abusivo al credito o di aggravamento del dissesto è disciplinata da norme specifiche.
In questo contesto, la banca potrebbe essere ritenuta corresponsabile dal profilo extracontrattuale insieme agli amministratori per la concessione abusiva del credito se si tratti di attività illegittima che danneggia l'impresa o i creditori.
Le norme bancarie impongono alle banche di operare con sana e prudente gestione, tenendo conto della stabilità e dell'efficienza del sistema finanziario. Questi principi pubblicistici suggeriscono che la concessione del credito da parte delle banche non sia un mero affare privato, ma possa avere implicazioni più ampie che influenzano il sistema economico nel suo complesso.
Nel caso di danni subiti dai creditori, si applica la normativa sulla responsabilità extracontrattuale. La giurisprudenza riconosce che un terzo che contribuisce all'inadempimento del debitore può essere responsabile in solido per il danno causato. Questo principio si applica anche alle banche, a seconda della natura della loro condotta, sia essa dolosa o colposa.
Infine, recenti pronunce della Suprema Corte hanno introdotto l'idea di una responsabilità contrattuale verso l'impresa finanziata, basata su norme che impongono obblighi di buona fede, protezione e informazione. Tuttavia, questa figura di responsabilità da contatto sociale ha confini incerti e manca di un supporto normativo specifico, richiedendo un'analisi più rigorosa da parte della giurisprudenza.
In sintesi, la responsabilità della banca nel contesto di illeciti penali o civili è un terreno complesso che richiede un'attenta valutazione delle circostanze specifiche e delle normative applicabili, sia penali che civili.
Le recenti sentenze di Cassazione
La Cassazione ha, anche di recente, confermato come una tale responsabilità per concessione abusiva del credito possa in astratto sussistere.
La sentenza della Cassazione del 27 ottobre 2023, n. 29840, offre un chiarimento importante sulla natura e le implicazioni della "concessione abusiva di credito". Secondo questa sentenza, l'erogazione del credito è considerata abusiva quando viene concessa, con dolo o colpa, a un'impresa che si trova in una situazione di difficoltà economico-finanziaria e senza prospettive concrete di superamento della crisi. In pratica, se una banca o un altro soggetto finanziatore fornisce credito a un'impresa in queste condizioni, viene interpretato come un mancato adempimento dei suoi doveri primari di prudente gestione.
La sentenza stabilisce che, in tali circostanze, l'erogazione del credito costituisce un illecito da parte del soggetto finanziatore. Questo perché il finanziatore, agendo con imprudenza, contribuisce a un eventuale aggravamento del dissesto finanziario dell'impresa, favorito dalla continuazione della sua attività. Di conseguenza, il soggetto finanziatore può essere obbligato a risarcire il danno derivante da questa azione.
La sentenza fa riferimento a una precedente decisione (Cass. (ord.) 30.6.2021, n. 18610) che definisce la "concessione abusiva di credito" come l'azione del finanziatore che concede o continua a concedere credito a un imprenditore in stato di insolvenza o di crisi evidente, senza un'adeguata valutazione della situazione. Fondamentale, in questo contesto, è l'assenza di prospettive reali e ragionevolmente valutate, ex ante, di superamento della crisi.
In sintesi, questa sentenza sottolinea la responsabilità dei soggetti finanziatori nel valutare con attenzione la situazione finanziaria dell'impresa prima di concedere il credito, per evitare il rischio di aggravare ulteriormente una situazione di crisi economica e finanziaria.
Concessione abusiva del credito e doveri dell’operatore bancario per Cassazione 30 giugno 2021, n. 18610
La sentenza Cassazione 30 giugno 2021, n. 18610 si concentra sulla fattispecie della concessione abusiva di credito, delineando i doveri degli operatori bancari e le possibili conseguenze legali della loro violazione.
- Doveri dell'operatore bancario: La sentenza enfatizza il fatto che un operatore bancario, nel concedere credito, deve rispettare i principi di "sana e corretta gestione". Ciò implica la verifica del merito creditizio del cliente basandosi su informazioni adeguate. Questi principi sono ribaditi in molte norme del testo unico bancario (t.u.b.) e riguardano vari aspetti dell'operatività bancaria, come l'esercizio dell'attività bancaria, la fusione e scissione di banche, e i requisiti per gli esponenti aziendali. Inoltre, il t.u.b. prevede specifiche disposizioni per la vigilanza da parte della Banca d'Italia, focalizzate sul "contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni". Norme analoghe sono presenti nel testo unico della finanza e nel codice delle assicurazioni private.
- Violazione di obblighi legali primari e obbligazione risarcitoria: La sentenza riconosce che, benché l'obbligo di sana e prudente gestione sia imposto per proteggere l'intero sistema economico, la concessione di credito qualificabile come "abusiva" può anche costituire un illecito del finanziatore per il danno causato al patrimonio del soggetto finanziato. Tale danno sorge quando il finanziatore non rispetta i suoi doveri primari di una gestione prudente. Di conseguenza, le prescrizioni di vigilanza diventano rilevanti nella valutazione della violazione di questi obblighi, per determinare la responsabilità in base alla diligenza professionale dovuta.
La Corte ricorda che, sebbene non esista un dovere generale di prevenire danni, vi sono molte situazioni in cui nascono doveri specifici e regole di azione, la cui inosservanza può integrare una responsabilità. In particolare, la normativa che regola il sistema bancario impone comportamenti specifici, la cui violazione può essere considerata una colpa in omittendo, e quindi può configurare una violazione dei doveri gravanti sul soggetto "banca" a causa del proprio status.
In sostanza, questa sentenza chiarisce che le banche hanno il dovere di valutare con prudenza la concessione del credito, non solo per proteggere l'intero sistema economico ma anche per evitare di causare danni ai singoli soggetti finanziati. La violazione di questo dovere può comportare una responsabilità risarcitoria per i danni causati.
Confine tra concessione lecita e abusiva
L’aspetto problematico della questione relativa alla concessione abusiva del credito è dato dalla difficoltà di individuare il confine tra lecito e abusivo.
Come indica la sentenza Cassazione 30 giugno 2021, n. 18610 vi è un “favor normativo per il finanziamento a fini di risanamento dell'impresa. Per vero, il legislatore da tempo mostra un netto favor verso il sostegno finanziario dell'impresa, ai fini della risoluzione della crisi attraverso istituti che ne scongiurino il fallimento, favorendo la maggiore soddisfazione dei creditori”.
Come può poi considerarsi abusività la concessione di credito ad un soggetto poi fallito, se l’ordinamento vede positivamente il finanziamento in sostegno delle imprese in difficoltà?
Chiaramente la difficoltà di individuare la fattispecie abusiva non elimina il fatto che, in determinate circostanze, il finanziamento possa essere ritenuto appunto non legittimo.
Ma quando vi è questa concessione abusiva di credito?
Come anticipato quando, con valutazione x ante, quel finanziamento non era da fare.
Ma vediamo cosa indica la Cassazione sul punto.
Concessione abusiva di credito: come verificare se è illegittima?
La sentenza Cassazione 30 giugno 2021, n. 18610 affronta il delicato equilibrio tra la concessione di un finanziamento considerato "lecito" e uno "abusivo", in particolare nel contesto delle imprese in crisi. Essa evidenzia come il sistema giuridico sia orientato a valorizzare l'assistenza creditizia alle imprese in difficoltà, al fine di prevenire il fallimento e garantire una migliore soddisfazione dei creditori.
- Bilanciamento degli interessi: La sentenza riconosce che esistono norme speciali che stabiliscono procedure dettagliate e controlli per la concessione di credito, mirate al recupero della continuità aziendale. Tuttavia, sottolinea anche che tali pratiche non dovrebbero diventare un mezzo per aumentare il dissesto finanziario.
- Limiti alla concessione del credito: Viene evidenziato che, nonostante l'esistenza di strumenti di supporto alle imprese in crisi, la concessione di credito deve comunque rispettare determinati limiti. L'operatore bancario è tenuto a un bilanciamento tra il rischio di non recuperare il credito già concesso e il rischio di aggravare ulteriormente la situazione economica del debitore.
- Rigoroso esame giudiziale: Ogni decisione di concessione di credito deve essere valutata con rigore, considerando tutte le circostanze del caso specifico. Il giudice deve stabilire se il finanziatore ha agito con imprudenza, negligenza o violazione di leggi e regolamenti, oppure se ha esercitato la dovuta cautela.
- Valutazione ex ante del finanziamento: La banca, nel concedere credito a un'impresa in crisi, deve basarsi su una valutazione ex ante della situazione, considerando la possibilità di superamento della crisi o almeno la ragionevole permanenza dell'impresa sul mercato. Questa valutazione deve avvenire in buona fede, basandosi su documenti e dati affidabili.
- Standard professionale della banca: La banca deve seguire standard professionali elevati nel valutare il merito creditizio, avvalendosi di metodi, procedure e competenze necessarie.
- Distinzione tra finanziamento meritevole e abusivo: Il confine tra un finanziamento lecito e abusivo dipende dalla ragionevolezza e fattibilità di un piano aziendale. Un criterio chiave è la capacità del piano di risanare la situazione debitoria dell'impresa e di riequilibrare la sua situazione finanziaria.
In conclusione, la sentenza stabilisce che la responsabilità per concessione abusiva di credito deve essere valutata con attenzione, tenendo conto della natura e delle prospettive del finanziamento. La distinzione tra un finanziamento lecito e abusivo si basa sulla ragionevolezza e sulla fattibilità delle prospettive di risanamento dell'impresa finanziata.
La motivazione di Cassazione 30 giugno 2021, n. 18610
In relazione a quanto appena osservato sulla concessione abusiva di credito riportiamo parte delle motivazioni della sentenza Cassazione 30 giugno 2021, n. 18610, stante la loro rilevanza.
Per tale sentenza ecco quando il finanziamento è lecito:
“Sarà compito del giudice del merito individuare lo spazio ammissibile per il finanziamento lecito, allorché, pur se concesso in presenza di una situazione di difficoltà economico-finanziaria dell'impresa, sussistevano ragionevoli prospettive di risanamento.
Quel che rileva, dunque, non è più il fatto in sé che l'impresa finanziata sia in istato di crisi o d'insolvenza, pur noto al finanziatore, onde questi abbia così cagionato un ritardo nella dichiarazione di fallimento: quel che rileva è unicamente l'insussistenza di fondate prospettive, in base a ragionevolezza e ad una valutazione ex ante, di superamento di quella crisi.
In sostanza, sovente il confine tra finanziamento "meritevole" e finanziamento "abusivo" si fonderà sulla ragionevolezza e fattibilità di un piano aziendale”.
La sentenza offre anche un criterio.
Indica infatti che “un criterio di diritto positivo può essere rinvenuto nell'art. 67 L. Fall.: il quale, similmente al D.Lgs. n. 14 del 2019, artt. 56 e 284, menziona il piano "che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria”.
Ovviamente tale criterio può essere applicato anche a una impresa in crisi ma priva di un piano strutturato. In ogni caso, comunque, in presenza di difficoltà, la banca può concedere credito se questo con valutazione ex ante appaia utile al risanamento o al riequilibrio.
Sempre Cassazione 30 giugno 2021, n. 18610 indica che “L'intrinseca ragionevolezza di tali criteri può, dunque, offrire logici parametri anche per la valutazione del caso in esame.
Onde, allorché la banca effettui finanziamenti all'impresa in istato di crisi, vuoi all'interno di una soluzione concordata, vuoi indipendentemente da essa, quello indicato potrà costituire il parametro per valutare la ravvisabilità, oppure no, di una responsabilità per concessione abusiva di credito; dovendosi, peraltro, osservare come, in ipotesi di procedura formalizzata e sottoposta a controlli esterni, i margini di tale responsabilità saranno, in concreto, alquanto ristretti”.
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