17 febbraio 2023
Cassazione Sezioni Unite 28 gennaio 2021 n. 2061 sul contratto di leasing, l’art. 1526 c.c. e il fallimento dell’utilizzatore: la recente sentenza affronta diverse questioni rilevanti e spesso oggetto di contenzioso.
In particolare Cassazione Sezioni Unite 28 gennaio 2021 n. 2061 sul contratto di leasing, l’art. 1526 cc e il fallimento dell’utilizzatore indica che la legge n. 124 del 2017 (art. 1, commi 136-140) non ha effetti retroattivi. La sentenza indica poi che in base all’art. 1526 c.c., in caso di fallimento dell’utilizzatore, il concedente che aspiri a diventare creditore concorrente ha l’onere di formulare una completa domanda di insinuazione al passivo, ex art. 93 l.f., in seno alla quale, invocando ai fini del risarcimento del danno l’applicazione dell’eventuale clausola penale stipulata in suo favore, dovrà offrire al giudice delegato la possibilità di apprezzare se detta penale sia equa ovvero manifestamente eccessiva, a tal riguardo avendo l’onere di indicare la somma esattamente ricavata dalla diversa allocazione del bene oggetto di leasing, ovvero, in mancanza, di allegare alla sua domanda una stima attendibile del valore di mercato del bene medesimo al momento del deposito della stessa.
Rinviamo alla motivazione che segue di particolare Cassazione Sezioni Unite 28 gennaio 2021 n. 2061 sul contratto di leasing, l’art. 1526 cc e il fallimento dell’utilizzatore.
Sezioni Unite leasing: art. 1526 c.c. e fallimento dell’utilizzatore.
Cassazione Sezioni Unite 28 gennaio 2021 n. 2061 su leasing, art. 1526 c.c. e fallimento dell’utilizzatore, dopo aver esaminato la giurisprudenza in materia e le diverse posizioni, indica chiaramente di voler rimanere fedele all’interpretazione più tradizionale.
Cassazione Sezioni Unite 28 gennaio 2021 n. 2061, infatti, sottolinea che “ritengono queste Sezioni Unite che non possa darsi seguito all'orientamento giurisprudenziale più recente, inaugurato dalla sentenza n. 8980 del 2019, e che, dunque, debba assicurarsi continuità al diritto vivente di risalente formazione (ma, come detto, ribadito anche da pronunce successive a quella portatrice di overruling), che ha costantemente tratto dall'art. 1526 c.c., in forza di interpretazione analogica, la disciplina atta a regolare gli effetti della risoluzione per inadempimento di contratto di leasing (traslativo) verificatasi prima dell'entrata in vigore della L. n. 124 del 2017 e del fallimento dell'utilizzatore resosi inadempiente” (Cassazione Sezioni Unite 28 gennaio 2021 n. 2061 su leasing, art. 1526 c.c. e fallimento dell’utilizzatore).
Cassazione Sez. Un. 28/01/2021 n. 2061: art 1526 cc, legge n. 124 del 2017 ed effetti retroattivi
Cassazione Sezioni Unite 28 gennaio 2021 n. 2061 su leasing, art. 1526 c.c. e fallimento dell’utilizzatore esclude anzitutto che le previsioni della legge n. 124 del 2017 possano avere effetti retroattivi.
Cassazione Sezioni Unite 28 gennaio 2021 n. 2061 “ai fini del presente scrutinio viene in rilievo la regola dettata dal citato art. 11 "preleggi" ("la legge non dispone che per l'avvenire"), in forza della quale, ove non sia il legislatore stesso a disporre in via retroattiva - e ciò può avvenire espressamente (anche tramite norma di interpretazione autentica) ovvero implicitamente (la retroattività essendo anche desumibile, se inequivocabile, in via interpretativa dalla disposizione interessata) -, un tale potere non è esercitabile dal giudice, neppure per il tramite del procedimento analogico, essendo l'efficacia temporale della fonte disponibile solo per il legislatore e pure per esso in termini tali da non poterne fare uso arbitrario (tra le molte, Corte Cost., sentenze n. 104 e n. 194 del 2018; Cass., S.U., 13 novembre 2019, n. 29459 e Cass., S.U., 7 maggio 2020, n. 8631)” (Cassazione Sezioni Unite 28 gennaio 2021 n. 2061 su leasing, art. 1526 c.c. e fallimento dell’utilizzatore).
Cassazione Sezioni Unite 28 gennaio 2021 n. 2061 su leasing, art. 1526 c.c. e fallimento dell’utilizzatore prosegue poi indicando che “con l'avvento della nuova legge si pone, dunque, un problema di effetti intertemporali rispetto alla disciplina previgente, che, se non regolati quest'ultimi direttamente dal legislatore tramite disposizioni che modulano la transizione dalla vecchia disciplina alla nuova (e, dunque, intervengono sui profili di eventuale ultrattività della prima o retroattività della seconda), sono da risolversi in base alla teoria del c.d. "fatto compiuto", che questa Corte da tempo risalente ha inteso seguire in modo costante (tra le altre, Cass., S.U., 12 dicembre 1967, n. 2926, Cass., 20 marzo 1969, n. 858, Cass., 11 luglio 1975, n. 2743, Cass., 29 aprile 1982, n. 2705; Cass., 28 aprile 1998, n. 4327, Cass., 28 settembre 2002, n. 14073, Cass., 3 luglio 2013, n. 16620, Cass., 2 agosto 2016, n. 16039, Cass., 13 ottobre 2016, n. 20680, Cass., 14 ottobre 2019, n. 25826, Cass., S.U., n. 29459 del 2019, citata).
La retroattività normativa, infatti, è da apprezzarsi come sussistente allorquando una disposizione di legge introduca, sulla base di una nuova qualificazione giuridica di fatti e rapporti già assoggettati all'imperio di una legge precedente, una nuova disciplina degli effetti che si sono già esauriti sotto la legge precedente, ovvero una nuova disciplina di tutti gli effetti di un rapporto posto in essere prima dell'entrata in vigore della nuova norma, senza distinzione tra effetti verificatisi anteriormente o posteriormente alla nuova disposizione, pur essendo possibile separare ontologicamente gli uni dagli altri e non sussistendo tra i medesimi un rapporto di inerenza o dipendenza.
Non è dato, invece, ravvisare la retroattività di una norma allorché essa disciplini status, situazioni e rapporti che, pur costituendo lato sensu effetti di un pregresso fatto generatore (previsti e considerati nel quadro di una diversa normazione), siano distinti ontologicamente e funzionalmente (indipendentemente dal loro collegamento con detto fatto generatore), in quanto suscettibili di una nuova regolamentazione mediante l'esercizio di poteri e facoltà non consumati sotto la precedente disciplina” (Cassazione Sezioni Unite 28 gennaio 2021 n. 2061 su leasing, art. 1526 c.c. e fallimento dell’utilizzatore).
Sezioni Unite leasing 2021: non retroattività della legge legge n. 124 del 2017
Cassazione Sezioni Unite 28 gennaio 2021 n. 2061 su leasing, art. 1526 c.c. e fallimento dell’utilizzatore, alla luce delle argomentazioni sopra evidenziate, ritiene dunque che “la disciplina recata dalla L. n. 124 del 2017 non ha, però, carattere retroattivo, essendo essa priva degli indici che consentono di riconoscerle efficacia regolativa per il passato, non avendo in tal senso disposto lo stesso legislatore, nè proponendosi la novella di operare una interpretazione autentica di un assetto legale precedente, in quanto essa interviene, in modo innovativo, a colmare una lacuna ordinamentale circa la disciplina del contratto di locazione finanziaria, cui soltanto il formante giurisprudenziale aveva posto rimedio attraverso l'integrazione analogica di cui si è già detto.
L'efficacia della legge del 2017 è, dunque, pro-futuro, senza che il legislatore si sia, però, preoccupato di dettare una disciplina intertemporale, avuto riguardo ai rapporti contrattuali in corso di svolgimento al momento della sua entrata in vigore. Disciplina che, pertanto, occorre individuare in forza del già ricordato principio (o teoria) del c.d. "fatto compiuto", che, come detto, questa Corte ha enunciato come regolatore delle interferenze dello jus superveniens sui rapporti giuridici suscettibili di esservi incisi e, tra questi, quelli di durata, tra cui, per l'appunto, il contratto di leasing. 4.5.1.1. - Deve ritenersi che l'applicazione della nuova legge è consentita, nei confronti di contratto di leasing finanziario concluso antecedentemente alla sua entrata in vigore (e che sia sussumibile nella fattispecie delineata dal comma 136; là dove, di norma, tale riscontro è positivo, giacchè detta fattispecie negoziale mutua morfologia e funzione del tipo dalla realtà socio-economica), allorchè, ancora in corso di rapporto, non si siano ancora verificati i presupposti (legali o convenzionali) della risoluzione per inadempimento dell'utilizzatore: ossia non si sia verificato, prima dell'entrata in vigore di detta legge, il fatto generatore degli effetti giuridici derivanti dalla applicazione del diritto previgente” (Cassazione Sezioni Unite 28 gennaio 2021 n. 2061 su leasing, art. 1526 c.c. e fallimento dell’utilizzatore).
In definitiva per Cassazione Sezioni Unite 28 gennaio 2021 n. 2061 su leasing, art. 1526 c.c. e fallimento dell’utilizzatore “non può, dunque, la L. n. 124 del 2017 trovare applicazione per il passato, ossia per i contratti di leasing finanziario in cui si siano già verificati, prima della sua entrata in vigore, presupposti della risoluzione per inadempimento dell'utilizzatore (essendo, quindi, stata proposta domanda giudiziale di risoluzione ex art. 1453 c.c. o avendo il concedente dichiarato di avvalersi della clausola risolutiva espressa ex art. 1456 c.c.), con la conseguenza che gli effetti risolutori non potranno essere, per detti contratti, quelli disciplinati dall'art. 1, comma 138 della medesima legge (ai quali si correla, poi, il procedimento di vendita o riallocazione del bene regolato dal successivo comma 139)” (Cassazione Sezioni Unite 28 gennaio 2021 n. 2061 su leasing, art. 1526 c.c. e fallimento dell’utilizzatore).
Cassazione 2061 del 2021 a Sezioni Unite: art. 1526 c.c. e leasing
Di rilievo anche alcune considerazioni della sentenza Cassazione Sezioni Unite 28 gennaio 2021 n. 2061 su leasing e fallimento dell’utilizzatore, sull’art. 1526 c.c.
Cassazione Sezioni Unite 28 gennaio 2021 n. 2061 evidenzia che “di qui, anzitutto il rilievo per cui l'equo compenso, ai sensi dell'art. 1526 c.c., comma 1 comprende la remunerazione del godimento del bene, il deprezzamento conseguente alla sua incommerciabilità come nuovo e il logoramento per l'uso, ma non include il risarcimento del danno spettante al concedente, che, pertanto, deve trovare specifica considerazione (Cass., 24 giugno 2002, n. 9162, Cass., 2 marzo 2007, n. 4969, Cass., 8 gennaio 2010, n. 73, Cass., 24 gennaio 2020, n. 1581) e, secondo la sua ordinaria configurazione di danno emergente e di lucro cessante (art. 1223 c.c., che impone che il danno patrimoniale sia integralmente ristorato, in applicazione del principio di indifferenza), tale da porre il concedente medesimo nella stessa situazione in cui si sarebbe trovato se l'utilizzatore avesse esattamente adempiuto (Cass. n. 888 del 2014 - che, tra l'altro, evoca al riguardo, sebbene soltanto in guisa di utile supporto ermeneutico e non già come diritto positivo applicabile alla fattispecie, la Convenzione Unidroit sul leasing finanziario internazionale stipulata ad Ottawa il 28 maggio 1988 e ratificata dalla L. n. 259 del 1993 - e Cass. n. 15202 del 2018, citate)” (Cassazione Sezioni Unite 28 gennaio 2021 n. 2061 su leasing, art. 1526 c.c. e fallimento dell’utilizzatore).
Cassazione Sezioni Unite 28 gennaio 2021 n. 2061 aggiunge poi che “il risarcimento del danno del concedente può, però, essere oggetto di determinazione anticipata attraverso una clausola penale ai sensi dell'art. 1382 c.c. e in questo senso si è, del resto, dispiegata l'autonomia privata nella costruzione, in base a modelli standardizzati, del social-tipo "contratto di leasing", come risulta dalla stessa casistica oggetto di cognizione giudiziale, anche da parte di questa Corte di legittimità.
In tale contesto, quindi, si è fatta applicazione dell'art. 1526 c.c., comma 2 e del principio, già contemplato dall'art. 1384 c.c. (di cui la prima disposizione è un portato specifico), della riduzione equitativa, ad opera del giudice, della penale che, sebbene comunque lecita, si palesi manifestamente eccessiva, così da ricondurre l'autonomia contrattuale nei limiti in cui essa appare meritevole di tutela e riequilibrando, quindi, la posizione delle parti, avendo pur sempre riguardo all'interesse che il creditore aveva all'adempimento integrale (Cass., S.U., 13 settembre 2005, n. 18128).
Ecco, dunque, che la complessiva operazione - originatasi in seno all'autonomia privata e sussunta, attraverso l'analogia, nell'art. 1526 c.c. - trova la sua compiuta regolamentazione attraverso la peculiare rilevanza che viene ad assumere dello stesso art. 1526 c.c., il comma 2 ossia la norma che disciplina la clausola penale (c.d. clausola di confisca) e, quindi, il risarcimento del danno spettante in base ad essa al concedente in ipotesi di risoluzione del contratto di leasing traslativo per inadempimento dell'utilizzatore.
Ed è attraverso lo spettro filtrante di detta disposizione che la giurisprudenza di questa Corte ha potuto selezionare quali delle clausole standardizzate dall'autonomia privata fosse o meno meritevole di tutela alla luce della ratio di evitare indebite locupletazioni in capo al concedente e rispondente, quindi, ad un equilibrato assetto delle posizioni delle parti contrattuali” (Cassazione Sezioni Unite 28 gennaio 2021 n. 2061 su leasing, art. 1526 c.c. e fallimento dell’utilizzatore).
Cassazione Sezioni Unite 28 gennaio 2021 n. 2061 su leasing, art. 1526 c.c. e fallimento dell’utilizzatore ha quindi ad esempio indicato che “si è ritenuto manifestamente eccessiva la penale che, mantenendo in capo al concedente la proprietà del bene, gli consente di acquisire i canoni maturati fino al momento della risoluzione, ciò comportando un indebito vantaggio derivante dal cumulo della somma dei canoni e del residuo valore del bene (tra le molte, Cass., 27 settembre 2011, n. 19732, nonchè la citata Cass. n. 1581 del 2020). E' stata, invece, reputata coerente con la previsione contenuta nell'art. 1526 c.c., comma 2 la penale inserita nel contratto di leasing traslativo prevedente l'acquisizione dei canoni riscossi con detrazione, dalle somme dovute al concedente, dell'importo ricavato dalla futura vendita del bene restituito (tra le altre, le citate Cass. n. 15202 del 2018 e Cass. n. 1581 del 2020, nonchè Cass., 28 agosto 2019, n. 21762 e Cass., 8 ottobre 2019, n. 25031)” (Cassazione Sezioni Unite 28 gennaio 2021 n. 2061 su leasing, art. 1526 c.c. e fallimento dell’utilizzatore).
La decisione Cassazione Sezioni Unite 28 gennaio 2021 n. 2061, continua poi indicando che “ove la vendita o altra allocazione sul mercato del bene concesso in leasing non avvenga, non vi può essere (come precisato da Cass. n. 15202 del 2018, citata) "in concreto una locupletazione che eluda il limite... ai vantaggi perseguiti e legittimamente conseguibili dal concedente in forza del contratto".
Per cui resta fermo il diritto dell'utilizzatore "di ripetere l'eventuale maggior valore che dalla vendita del bene (a prezzo di mercato)" ricavi il concedente, "rispetto alle utilità che (quest'ultimo)... avrebbe tratto dal contratto qualora finalizzato con il riscatto del bene" (quale tutela già settorialmente tipizzata legalmente, come detto, dallo stesso art. 72-quater L. Fall.). Con l'ulteriore puntualizzazione che, nel caso in cui la clausola penale non faccia riferimento ad una collocazione del bene a prezzi di mercato, essa "dovrà esser letta negli stessi termini alla luce del parametro della buona fede contrattuale, ex art. 1375 c.c." (così ancora Cass. n. 15202 del 2018).
Se, invece, il contratto preveda una clausola penale manifestamente eccessiva (acquisizione dei canoni riscossi e mantenimento della proprietà del bene: c.d. clausola di confisca), essa, ai sensi dell'art. 1526 c.c., comma 2, andrà ridotta dal giudice, anche d'ufficio (ove, naturalmente, la penale stessa sia stata fatta oggetto di domanda ovvero dedotta in giudizio come eccezione - in senso stretto - nel rispetto delle preclusioni di rito: Cass., 12 settembre 2014, n. 19272), nell'esercizio del potere correttivo della volontà delle parti contrattuali affidatogli dalla legge, al fine di ristabilire in via equitativa un congruo contemperamento degli interessi contrapposti (Cass., S.U., n. 18128 del 2005, citata) e, quindi, nella specie dovendo operare una valutazione comparativa tra il vantaggio che la penale inserita nel contratto di leasing traslativo assicura al contraente adempiente e il margine di guadagno che il medesimo si riprometteva legittimamente di trarre dalla regolare esecuzione del contratto (tra le altre, Cass. n. 4969 del 2007, citata, e Cass., 21 agosto 2018, n. 20840).
A tal riguardo, tenuto conto delle circostanze concrete del caso oggetto di sua cognizione, occorrerà che il giudice privilegi la soluzione innanzi evidenziata, e, quindi, ferma restando l'irripetibilità dei canoni già riscossi, provveda ad una stima del bene ai valori di mercato al momento della restituzione dello stesso (se il bene non sia stato venduto o altrimenti allocato e, dunque, in tale evenienza costituendosi a parametro i valori rispettivamente conseguiti) e, quindi, detragga il valore stimato dalle somme dovute al concedente, con eventuale residuo da attribuire - in fattispecie (come quella in esame) di fallimento dell'utilizzatore successivo alla intervenuta risoluzione contrattuale - alla curatela” (Cassazione Sezioni Unite 28 gennaio 2021 n. 2061 su leasing, art. 1526 c.c. e fallimento dell’utilizzatore).
In tale prospettiva, è da sottolineare anche l’onere che viene fatto gravare da Cassazione Sezioni Unite 28 gennaio 2021 n. 2061 sul concedente: “in siffatto contesto, il concedente che aspiri a diventare creditore concorrente ha l'onere di formulare una domanda di insinuazione al passivo, ex art. 93 L. Fall., in seno alla quale, invocando l'applicazione dell'eventuale clausola penale stipulata in suo favore, offra al giudice delegato la possibilità di apprezzare se detta penale sia equa ovvero manifestamente eccessiva; e per consentire siffatta valutazione da parte del giudice delegato, è chiaro onere dell'istante quello di indicare la somma esattamente ricavata dalla diversa allocazione del bene oggetto di leasing, ovvero, in mancanza, di allegare alla sua domanda una stima attendibile del valore di mercato del bene medesimo al momento del deposito della stessa” (Cassazione Sezioni Unite 28 gennaio 2021 n. 2061 su leasing, art. 1526 c.c. e fallimento dell’utilizzatore).
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