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Mutuo solutorio per ripianare debiti pregressi: la parola alle Sezioni Unite

5 settembre 2024

Il mutuo solutorio o mutuo per ripianare debiti pregressi, è un tipo di contratto di prestito utilizzato specificamente per estinguere una precedente esposizione debitoria. A differenza dei mutui tradizionali, le somme erogate non passano effettivamente nella disponibilità del mutuatario ma vengono utilizzate direttamente per saldare il debito esistente. Questa caratteristica peculiare ha sollevato interrogativi circa la validità del contratto e la possibilità di dichiararne la nullità. Il problema giuridico da esaminare riguarda la corretta interpretazione del concetto di disponibilità giuridica delle somme erogate in un mutuo solutorio. La ragione per la quale spesso vengono fatti questi contratti, è quella di ottenere una garanzia ipotecaria: il pagamento di un debito non garantito con una somma derivante da un mutuo ipotecario, da un lato fa beneficiare la banca delle garanzia connessa al nuovo finanziamento e dall'altra concede del tempo al debitore al quale viene accordata una dilazione di pagamento, anche molto lunga a seconda della scadenza del mutuo solutorio o per ripianare debiti pregressi. I soggetti che possono venire lesi da tale operazione sono eventuali diversi creditori, che si trovano una garanzia ipotecaria che limita le possibilità di avere un incasso dall'esecuzione su quel bene. Chiaramente, anche il debitore potrebbe cercare di mettere in discussione l'operazione, perchè la nullità del mutuo solutorio per ripianare debiti pregressi potrebbe mettere in discussione tutte le pattuzioni di quell'atto, come quelle sugli interessi.

Mutuo solutorio Sezioni Unite
Mutuo solutorio per ripianare debiti pregressi: la parola alle Sezioni Unite

Mutuo solutorio: quale definizione? È valido o vi è nullità?

Il mutuo solutorio è un contratto di prestito utilizzato per l'estinzione di un'esposizione debitoria preesistente che il mutuatario non è riuscito o non desidera estinguere con altre risorse o modalità entro le scadenze pattuite. Questo tipo di mutuo si distingue dagli altri in quanto il prestito ottenuto viene immediatamente impiegato per saldare un debito esistente, senza che le somme passino effettivamente nella disponibilità del mutuatario. In base all'articolo 1813 del Codice Civile, la validità di un mutuo e l'obbligazione di rimborso sorgono dal momento in cui il mutuante consegna al mutuatario le somme o i beni fungibili concordati. Tuttavia, nel caso del mutuo solutorio, sorge il problema di stabilire se il contratto si perfeziona e quindi se l'obbligo di rimborso è valido, anche quando la somma viene trasferita direttamente per l'estinzione del debito preesistente attraverso operazioni automatiche, senza che il mutuatario ne disponga liberamente.

Mutuo per ripianare debiti pregressi: Rimessione della questione alle Sezioni Unite della Cassazione

Recentemente, la Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione ha affrontato questa complessa questione in un'ordinanza interlocutoria (Cass., 10 luglio 2024, n. 18903), rimettendo la decisione alla Prima Presidente per un'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite. La Corte si è interrogata sulla validità del mutuo solutorio in assenza di espresse clausole autorizzative da parte della banca mutuante o di specificazioni sullo scopo del finanziamento. Tale questione giuridica potrebbe portare a una chiarificazione definitiva da parte delle Sezioni Unite, data la diversità di orientamenti riscontrabili nei precedenti giurisprudenziali.

Sentenze per la validità del finanziamento solutorio

Il primo orientamento, maggioritario, sostiene la validità del mutuo solutorio anche in assenza di un effettivo trasferimento materiale delle somme di denaro al mutuatario. Secondo questa posizione, espressa ad esempio nella sentenza della Corte di Cassazione, Sezione 3, n. 23149 del 25 luglio 2022 (Rv. 665427-01), il mutuo solutorio non è nullo poiché non viola né la legge né l'ordine pubblico. La giurisprudenza ritiene che l'accredito delle somme su un conto corrente sia sufficiente a soddisfare il requisito della "datio rei" giuridica, che è fondamentale per il perfezionamento del contratto di mutuo. Anche se le somme accreditate vengono immediatamente utilizzate per l'estinzione di un debito preesistente del mutuatario nei confronti del mutuante, questo processo non implica una semplice dilazione del termine di pagamento o un "pactum de non petendo". Piuttosto, l'uso delle somme per estinguere il debito precedente è considerato una legittima modalità di impiego del denaro, che purga il patrimonio del mutuatario da una passività preesistente. Questo orientamento ha radici profonde nella giurisprudenza della Cassazione, come evidenziato dalle sentenze della Sezione 1, n. 5193 del 9 maggio 1991 (Rv. 472085-01) e n. 1945 dell'8 marzo 1999 (Rv. 523924-01). Entrambe le decisioni affermano che il contratto di mutuo si perfeziona e l'obbligo di restituzione sorge nel momento in cui le somme mutuabili, anche se non materialmente consegnate, vengono messe a disposizione del mutuatario. Non rileva che tali somme debbano essere utilizzate per estinguere una precedente posizione debitoria verso il mutuante. Ulteriori sentenze e ordinanze che sostengono questa posizione includono la Sezione 3, Ordinanza n. 37654 del 30 novembre 2021 (Rv. 663324-01), la Sezione 3, Ordinanza n. 724 del 18 gennaio 2021, e la Sezione 1, Ordinanza n. 16377 del 9 giugno 2023, sebbene non massimate. Questo indirizzo giurisprudenziale, dominante, ritiene dunque che il mutuo solutorio debba essere considerato valido e perfetto anche in assenza di un effettivo trasferimento materiale di denaro al mutuatario, purché le somme siano state poste a sua disposizione e utilizzate per estinguere un debito preesistente.

Nullità del mutuo per ripianare debiti pregressi

Il secondo orientamento, minoritario, ritiene che il mutuo solutorio non configuri un vero e proprio contratto di mutuo, bensì un'operazione meramente contabile che non implica la reale consegna di denaro dal mutuante al mutuatario. Questo punto di vista si basa sull'idea che il semplice utilizzo di somme da parte di un istituto di credito per ripianare una pregressa esposizione debitoria del correntista, accompagnato dalla costituzione di una garanzia reale in favore della banca, non soddisfa i requisiti del mutuo ipotecario. Secondo questo orientamento, per configurare un mutuo ipotecario, è necessario che vi sia un effettivo trasferimento delle somme di denaro al mutuatario, il quale deve poter disporre liberamente delle somme erogate. Questo orientamento è sostenuto da diverse decisioni della Corte di Cassazione, come la sentenza della Sezione 1, n. 1517 del 25 gennaio 2021 (Rv. 660370-01), e l'ordinanza della Sezione 1, n. 20896 del 5 agosto 2019 (Rv. 655022-01). Entrambe le decisioni affermano che l'operazione di utilizzo delle somme per ripianare un debito esistente, pur accompagnata da una garanzia reale, rappresenta una mera movimentazione contabile tra dare e avere sul conto corrente. Non si tratta quindi di un vero mutuo ipotecario, poiché manca la "datio rei", ossia la consegna reale delle somme al mutuatario, che è un requisito fondamentale per il perfezionamento del contratto di mutuo. In senso simile si colloca la sentenza della Sezione 3, n. 7740 dell'8 aprile 2020, che non è stata massimata, e la sentenza della Sezione 3, n. 12007 del 3 maggio 2024 (Rv. 670868-01). Quest'ultima decisione riguarda un accordo negoziale in cui la banca concede una somma a mutuo, con l'intesa che questa sia immediatamente restituita al mutuante e svincolata a favore del mutuatario solo al verificarsi di determinate condizioni. Tale impostazione conferma che, se le somme oggetto del mutuo ipotecario non sono effettivamente entrate nella disponibilità del mutuatario, non si realizza la "realtà" del mutuo. A sostegno di questa tesi, è stato evidenziato in dottrina che il mutuo solutorio produce l'effetto sostanziale di dilatare le scadenze dei debiti pregressi, senza introdurre una novazione dell'obbligazione originale. Secondo l'articolo 1231 del Codice Civile, le modificazioni accessorie di un'obbligazione, come la modifica delle condizioni economiche o del tasso di interesse, non determinano una novazione dell'obbligazione stessa. La dottrina ritiene, pertanto, che anche il mutuo solutorio, seppur modificando il rapporto obbligatorio esistente, non comporta una vera novazione in quanto manca l'animus novandi, ovvero la chiara e inequivocabile volontà di estinguere l'obbligazione precedente e sostituirla con una nuova.

Problema Giuridico Principale e Motivo del Rinvio alle Sezioni Unite

Il problema giuridico principale nella controversia sul mutuo solutorio riguarda la corretta interpretazione del concetto di "disponibilità giuridica" delle somme erogate a titolo di mutuo. La questione centrale è se l'accredito delle somme su un conto corrente, utilizzato immediatamente per l'estinzione di un debito preesistente del mutuatario, soddisfi il requisito della "datio rei" e quindi perfezioni il contratto di mutuo. Entrambi gli orientamenti giurisprudenziali concordano sul fatto che, per il perfezionamento del mutuo, sia sufficiente la dazione giuridica delle somme, ovvero il trasferimento formale e non necessariamente materiale delle stesse. Tuttavia, il contrasto emerge sull'interpretazione della "traditio", cioè il passaggio delle somme dal mutuante al mutuatario. Il punto cruciale è stabilire se l'accredito su un conto corrente per estinguere un debito esistente possa essere considerato come una vera e propria "traditio" che rende le somme disponibili al mutuatario. L'orientamento minoritario sostiene che la semplice operazione contabile di accredito per il ripianamento di debiti preesistenti non costituisce una vera "traditio" in quanto le somme non entrano nella disponibilità effettiva del mutuatario. Secondo questa visione, per soddisfare il requisito della disponibilità giuridica, il mutuante deve creare un titolo autonomo di disponibilità a favore del mutuatario, separato dalla soddisfazione di debiti preesistenti. Questo garantisce che le somme escono dal patrimonio del mutuante e entrano effettivamente in quello del mutuatario, che ne può disporre autonomamente. Al contrario, l'orientamento maggioritario ritiene che l'accredito sul conto corrente, anche se utilizzato immediatamente per estinguere un debito, integri la "traditio rei". In questa prospettiva, il ripianamento dei debiti pregressi con le somme accreditate rappresenta una modalità legittima di impiego delle stesse, che soddisfa il requisito della disponibilità giuridica. Il rinvio della questione alle Sezioni Unite si è reso necessario a causa del persistente contrasto giurisprudenziale e dell'importanza di stabilire un principio di diritto chiaro e univoco. In particolare, le Sezioni Unite sono chiamate a determinare se il ripianamento delle passività effettuato autonomamente dalla banca attraverso operazioni di giroconto soddisfi il requisito della disponibilità giuridica e, in caso affermativo, se tale operazione renda il contratto di mutuo valido e idoneo a costituire titolo esecutivo. Questa decisione è fondamentale per chiarire i confini dell'operatività del mutuo solutorio e fornire certezza giuridica su una questione che coinvolge numerose transazioni finanziarie.

Marco Ticozzi Avvocato Venezia

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