2 marzo 2025
Il diritto di recesso è una facoltà fondamentale che consente di sciogliere un contratto unilateralmente, senza bisogno del consenso dell’altra parte. Ma in quali casi può essere esercitato? Quali sono i limiti previsti dalla legge? In questo articolo analizziamo nel dettaglio le norme che regolano il recesso nei contratti, con un focus: sulle disposizioni del Codice Civile e, in particolare, l'art. 1373 c.c. e sulle disposizioni del Codice del Consumo, che tutela i consumatori negli acquisti online e fuori dai locali commerciali. Approfondiremo il diritto di recesso nei contratti tra privati, i termini e le modalità per esercitarlo, come il periodo di 14 giorni concesso per gli acquisti a distanza, e le differenze tra il recesso negli acquisti online e quello effettuato in negozio. Inoltre, esamineremo altri casi rilevanti, come il recesso nei contratti di locazione, finanziamenti, lavoro e assicurazioni. Leggere con attenzione le condizioni contrattuali e conoscere le normative vigenti è essenziale per evitare sorprese e far valere i propri diritti. Scopri tutto quello che c’è da sapere sul diritto di recesso e le sue applicazioni pratiche in questa guida completa.

Diritto di recesso: cos’è e come funziona
Il diritto di recesso è uno strumento giuridico che consente a una parte di sciogliere un contratto unilateralmente, senza necessità di ottenere il consenso dell’altra. In alcuni casi, si tratta di un diritto previsto dalla legge, come avviene per i consumatori nei contratti a distanza o fuori dai locali commerciali. In altri, è il contratto stesso a prevedere la facoltà di recesso, disciplinando termini e condizioni per il suo esercizio. L’obiettivo principale di questa disciplina è garantire un bilanciamento tra la stabilità dei contratti e la tutela degli interessi di una delle parti, che può avere la necessità di svincolarsi dall’impegno preso. Tuttavia, il recesso non è sempre consentito e può essere sottoposto a limitazioni, come il pagamento di una penale o il rispetto di un periodo di preavviso. Per comprendere appieno quando e come si può recedere da un contratto, è necessario analizzare la normativa di riferimento, che include il Codice Civile e il Codice del Consumo, oltre a disposizioni specifiche per particolari tipologie contrattuali.
Quando si può esercitare?
Il principio generale che regola i contratti è quello della vincolatività delle obbligazioni: una volta stipulato un accordo, entrambe le parti sono tenute a rispettarlo. Tuttavia, la legge e la volontà contrattuale possono prevedere delle eccezioni a questo principio, permettendo il recesso in determinate circostanze. In linea generale, il diritto di recesso può essere esercitato in due principali situazioni:
- Quando è previsto dalla legge: Alcune norme riconoscono esplicitamente la possibilità di sciogliere un contratto unilateralmente. Ad esempio, nel settore del consumo, il Codice del Consumo concede ai privati un termine per ripensare agli acquisti effettuati a distanza o fuori dai locali commerciali. Altri esempi includono il recesso dai contratti di finanziamento e polizze assicurative entro un determinato periodo.
- Quando è previsto dal contratto: Le parti, nel rispetto dell’autonomia negoziale, possono inserire nei contratti delle clausole che disciplinano il diritto di recesso. In questi casi, il recesso avviene secondo le condizioni pattuite, che possono includere il pagamento di una penale, un preavviso o altri requisiti specifici. È fondamentale sottolineare che, in assenza di una norma o di una clausola contrattuale espressa, il contratto rimane vincolante e non può essere sciolto unilateralmente. Per questo motivo, la possibilità di recedere da un accordo deve essere valutata attentamente in base alla normativa applicabile e alle condizioni negoziali.
Diritto di recesso nel Codice Civile: regole e applicazione nei contratti
Il Codice Civile disciplina il recesso contrattuale con norme di carattere generale, applicabili ai diversi tipi di contratto. L’articolo principale di riferimento è l’art. 1373 c.c., che regola il recesso nei contratti a esecuzione continuata o periodica. Secondo questa disposizione, se il recesso è stato previsto dalle parti o dalla legge, il soggetto che lo esercita si libera dall’obbligazione contrattuale, fermo restando il pagamento di eventuali indennità o penalità concordate. Nel Codice Civile, il diritto di recesso può assumere forme differenti a seconda della natura del contratto:
- Contratti a esecuzione istantanea: Nei contratti in cui le obbligazioni delle parti si esauriscono in un’unica prestazione (come l’acquisto di un bene), il recesso è generalmente limitato e può avvenire solo nei casi previsti dalla legge o da specifiche condizioni contrattuali.
- Contratti a esecuzione continuata o periodica: In questi casi, il recesso assume maggiore importanza. Ad esempio, in un contratto di fornitura periodica di servizi, una delle parti può avere la facoltà di interrompere il rapporto con un congruo preavviso. Un altro principio chiave riguarda l’efficacia del recesso: se il contratto ha già iniziato a produrre effetti, il recesso potrebbe non avere valore retroattivo, ma interrompere il rapporto solo per il futuro. Questo aspetto è particolarmente rilevante in ambito locativo, nei contratti di lavoro e nei contratti di fornitura di servizi continuativi. L’applicazione delle regole sul recesso nel Codice Civile dipende quindi dalla tipologia di contratto e dalle eventuali previsioni pattizie tra le parti. In ogni caso, è essenziale verificare se l’esercizio del recesso comporta delle conseguenze economiche, come il pagamento di una penale o il risarcimento del danno subito dall’altra parte contrattuale.
Art. 1373 c.c.: recesso dal contratto e limiti della revoca unilaterale
L’articolo 1373 del Codice Civile disciplina il recesso nei contratti, stabilendo i principi fondamentali che regolano la possibilità di sciogliere unilateralmente un accordo. La norma distingue tra contratti a esecuzione istantanea e contratti a esecuzione continuata o periodica, prevedendo limiti e condizioni differenti. Secondo l’art. 1373, comma 1, se una parte si è riservata la facoltà di recedere da un contratto, questa può esercitare tale diritto finché il contratto non abbia avuto un principio di esecuzione, a meno che la volontà contraria non risulti dall’accordo tra le parti o dalla natura del contratto stesso. Questo significa che il recesso può essere esercitato solo finché l’obbligazione contrattuale non abbia iniziato a produrre effetti concreti. Il comma 2 dello stesso articolo stabilisce che, nei contratti a esecuzione continuata o periodica, il recesso può essere esercitato anche dopo che l’accordo ha avuto esecuzione, ma senza effetto retroattivo. In altre parole, il soggetto che recede non può annullare le prestazioni già eseguite, ma solo interrompere quelle future. Ad esempio, un utente che sottoscrive un abbonamento a un servizio può recedere, ma le mensilità già pagate e usufruite non vengono rimborsate. L’art. 1373 c.c. pone anche una questione importante riguardo alle conseguenze economiche del recesso: quando il diritto di recesso è previsto da un contratto, questo può stabilire che il soggetto che si avvale di tale facoltà sia tenuto a versare un corrispettivo o una penale a favore della controparte. Questo aspetto è comune nei contratti di locazione, nei contratti di servizi e nelle polizze assicurative, dove la cessazione anticipata può comportare costi per il recedente. In sintesi, l’art. 1373 c.c. rappresenta il principale riferimento normativo per il recesso nei contratti di diritto comune, ma la sua applicazione dipende sempre dalla tipologia di accordo e dalle condizioni pattuite tra le parti.
Quando non si può esercitare il diritto di recesso dal contratto: limiti ed eccezioni
Nonostante l’importanza del diritto di recesso, esistono numerose situazioni in cui il suo esercizio è escluso o fortemente limitato. In alcuni casi, il legislatore ha voluto tutelare la stabilità dei rapporti contrattuali, evitando che una parte possa sciogliere arbitrariamente l’accordo a danno dell’altra. Tra le principali situazioni in cui il recesso non è consentito, si possono individuare le seguenti:
- Contratti con obbligazioni già eseguite: Se il contratto ha già prodotto tutti i suoi effetti, il recesso non è più possibile. Ad esempio, un consumatore che ha acquistato un bene personalizzato non può restituirlo solo perché ha cambiato idea.
- Beni e servizi esclusi dalla disciplina del Codice del Consumo: Anche nei contratti con i consumatori, il diritto di recesso non si applica a determinate categorie di beni e servizi. Tra questi rientrano:
- Prodotti personalizzati o su misura (ad esempio, mobili realizzati secondo le specifiche del cliente);
- Servizi già erogati (come consulenze o corsi online fruiti interamente);
- Biglietti per eventi o trasporti (come voli aerei o spettacoli, dove il recesso metterebbe a rischio la programmazione del servizio).
- Contratti tra imprese (B2B): Il diritto di recesso disciplinato dal Codice del Consumo tutela esclusivamente i consumatori, ossia persone fisiche che acquistano beni o servizi per scopi non professionali. Nei contratti tra aziende, invece, il recesso è regolato dalle clausole contrattuali, senza una protezione automatica.
- Contratti con scadenze specifiche: In alcuni contratti, la stabilità dell’accordo è essenziale per la loro stessa natura. Ad esempio, un contratto di affitto a breve termine o un contratto di lavoro a tempo determinato non prevedono la possibilità di recesso anticipato senza giustificato motivo.
- Eccezioni nel settore finanziario: Sebbene esista una disciplina specifica per il recesso dai contratti di credito al consumo, i mutui e i contratti di investimento sono spesso esclusi o regolati da norme più restrittive. Ad esempio, il mutuatario non può semplicemente recedere da un mutuo dopo averlo firmato, ma deve seguire procedure specifiche come l'estinzione anticipata. Questi limiti dimostrano che il recesso non è un diritto assoluto e deve essere esercitato entro i limiti stabiliti dalla legge o dal contratto. In caso di dubbi, è sempre opportuno valutare con attenzione le condizioni contrattuali prima di sottoscrivere un accordo.
Diritto di recesso Codice del Consumo: tutela degli acquisti dei consumatori
Il Codice del Consumo (D.Lgs. 206/2005) rappresenta il principale riferimento normativo per la tutela dei consumatori nei contratti di acquisto di beni e servizi. Una delle disposizioni più rilevanti riguarda il diritto di recesso per gli acquisti effettuati a distanza (ad esempio, online o per telefono) e fuori dai locali commerciali (come nelle vendite porta a porta o nelle fiere). L’obiettivo di questa norma è proteggere il consumatore da scelte impulsive o da pratiche commerciali aggressive, concedendo un periodo di tempo entro cui è possibile ripensare all’acquisto e restituire il bene senza dover fornire spiegazioni. Questo diritto si applica in particolare quando il consumatore non ha avuto la possibilità di visionare fisicamente il prodotto prima di concludere l’acquisto.
La necessità di attezione da parte del consumatore
Tuttavia, la disciplina del Codice del Consumo non è priva di limitazioni. In alcuni casi, infatti, il recesso non è ammesso, come per i beni personalizzati, prodotti deperibili, servizi digitali già erogati e contratti di viaggio. Inoltre, il venditore è tenuto a rimborsare l’acquirente solo se il prodotto viene restituito nelle stesse condizioni in cui è stato ricevuto. Il Codice del Consumo prevede anche precise modalità di esercizio del recesso: il consumatore deve comunicarlo formalmente entro i termini previsti, utilizzando preferibilmente strumenti tracciabili come la raccomandata A/R o la PEC, per evitare contestazioni. La restituzione del bene deve avvenire entro 14 giorni dalla comunicazione del recesso, e il rimborso deve essere effettuato dal venditore entro lo stesso termine. L’importanza di queste norme è evidente soprattutto nell’e-commerce, dove le transazioni avvengono senza un contatto diretto tra acquirente e venditore. Proprio per questo, il Codice del Consumo rappresenta uno strumento essenziale per garantire trasparenza e fiducia nei rapporti commerciali tra professionisti e consumatori.
Diritto di recesso 14 giorni: termini e condizioni per il ripensamento nel codice del consumo
Uno degli aspetti più rilevanti del diritto di recesso nei contratti con i consumatori è il termine di 14 giorni entro cui è possibile annullare l’acquisto senza dover fornire motivazioni. Questo periodo di ripensamento è previsto dal Codice del Consumo per gli acquisti effettuati a distanza e fuori dai locali commerciali, ma non si applica agli acquisti effettuati direttamente nei negozi fisici, salvo eccezioni previste dal venditore stesso. L'art. 52 del codice del consumo prevede, in particolare, che "il consumatore dispone di un periodo di quattordici giorni per recedere da un contratto a distanza o negoziato fuori dei locali commerciali senza dover fornire alcuna motivazione e senza dover sostenere costi diversi da quelli previsti all'articolo 56, comma 2, e all'articolo 57". Il termine di 14 giorni inizia a decorrere:
- Per i beni: dal giorno in cui il consumatore riceve il prodotto.
- Per i servizi: dal momento in cui il contratto è stato concluso. Affinché il recesso sia valido, il consumatore deve inviare una comunicazione formale al venditore, specificando la volontà di avvalersi di tale diritto. Molti siti di e-commerce mettono a disposizione un modulo precompilato per facilitare questa procedura, ma il consumatore può anche inviare una comunicazione via email, PEC o raccomandata A/R. Una volta comunicato il recesso, il consumatore è tenuto a restituire il bene entro 14 giorni, a proprie spese, salvo diverse indicazioni fornite dal venditore. Il rimborso deve avvenire entro lo stesso termine, e il venditore è obbligato a restituire l’intero importo, comprese le spese di spedizione iniziali, a meno che il consumatore non abbia scelto un metodo di consegna più costoso di quello standard offerto dal venditore. Se il venditore non rispetta i termini per il rimborso, il consumatore può agire per vie legali o segnalare il problema alle autorità competenti, come l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM). Questo meccanismo di ripensamento di 14 giorni rappresenta una delle tutele più forti per i consumatori e contribuisce a rendere gli acquisti online più sicuri, garantendo una protezione efficace contro decisioni affrettate o acquisti indesiderati.
Diritto di recesso online: modalità e rimborsi per gli acquisti su internet per i consumatori
L’acquisto di beni e servizi online è ormai una pratica diffusa, ma presenta alcune peculiarità rispetto agli acquisti tradizionali. Proprio per questo, il Codice del Consumo ha introdotto norme specifiche per garantire ai consumatori una protezione adeguata, tra cui il diritto di recesso. Chi effettua un acquisto su un sito di e-commerce ha 14 giorni di tempo per ripensarci e restituire il prodotto, senza obbligo di fornire giustificazioni. Questo termine decorre dal momento in cui l’acquirente riceve il bene, e la richiesta di recesso deve essere comunicata al venditore attraverso un modulo standard, una email o una lettera raccomandata. In alternativa, molti e-commerce mettono a disposizione sezioni dedicate per la gestione dei resi. Una volta comunicato il recesso, il consumatore è obbligato a restituire il prodotto, generalmente a proprie spese, salvo diversa indicazione del venditore. È importante che il prodotto venga restituito nelle stesse condizioni in cui è stato ricevuto, con confezione integra e accessori inclusi, per evitare la decurtazione del rimborso. Il venditore, dal canto suo, è tenuto a rimborsare il consumatore entro 14 giorni dalla ricezione della comunicazione di recesso. Se il prodotto non è ancora stato restituito, il rimborso può essere posticipato fino al momento in cui il venditore riceve la merce o fino a quando il consumatore dimostra di averla effettivamente spedita. Il rimborso deve includere il prezzo del prodotto e le spese di spedizione iniziali, ma il venditore può trattenere eventuali costi aggiuntivi se il cliente ha scelto una modalità di consegna più costosa di quella standard. Grazie a queste regole, gli acquisti online sono diventati molto più sicuri per i consumatori, riducendo il rischio di truffe o acquisti incauti. Tuttavia, per evitare problemi, è sempre consigliabile leggere attentamente le politiche di reso indicate dal venditore prima di effettuare un acquisto.
Casi esclusi
Non tutti gli acquisti online, però, rientrano in questa disciplina. Il diritto di recesso non è applicabile ai beni digitali già scaricati (come ebook e software), ai prodotti personalizzati, ai beni deperibili e ai servizi già eseguiti. Inoltre, non si applica ai contratti tra imprese (B2B), che devono regolare il recesso attraverso accordi specifici.
Diritto di recesso in negozio: cosa succede per gli acquisti nei punti vendita
A differenza degli acquisti online, chi compra un prodotto in negozio non ha automaticamente diritto al recesso. Infatti, il Codice del Consumo non prevede l’obbligo per i negozianti di accettare resi o cambi di merce, salvo che il prodotto sia difettoso o non conforme a quanto dichiarato al momento della vendita. Molti consumatori credono erroneamente di poter restituire un prodotto comprato in negozio semplicemente perché hanno cambiato idea, ma la realtà è diversa: il recesso è un diritto che esiste solo per gli acquisti a distanza o fuori dai locali commerciali. Quando si acquista in un punto vendita fisico, il cliente ha la possibilità di vedere, toccare e provare il prodotto, eliminando il rischio di errore o di acquisto impulsivo. Tuttavia, molti negozi offrono comunque la possibilità di effettuare resi o cambi su base volontaria, come strategia commerciale per fidelizzare i clienti. In questi casi, è il negoziante a stabilire le regole del reso, che possono prevedere:
- Un periodo entro cui restituire il prodotto (ad esempio, 30 giorni dall’acquisto).
- L’obbligo di presentare lo scontrino o la ricevuta fiscale.
- La restituzione del denaro o la possibilità di ottenere un buono acquisto. Fa eccezione il caso in cui il prodotto acquistato presenti un difetto di conformità. In questa situazione, il consumatore ha diritto alla riparazione, sostituzione o rimborso ai sensi della garanzia legale di conformità, che dura due anni dalla data di acquisto. Un altro caso in cui il negoziante è obbligato ad accettare un reso è quando nel contratto di vendita è espressamente prevista la clausola di recesso, ad esempio nei contratti di finanziamento collegati all’acquisto di un bene. Per evitare spiacevoli sorprese, il consiglio è sempre quello di informarsi prima dell’acquisto sulle politiche di reso del negozio e, se possibile, chiedere al commerciante di riportare chiaramente sulla ricevuta o sullo scontrino le condizioni per la restituzione della merce.
Come far cessare gli effetti di un contratto senza complicazioni
Esistono diverse situazioni in cui una persona può trovarsi nella necessità di sciogliere un contratto, anche al di fuori delle ipotesi classiche di recesso previste dalla legge o dal contratto stesso. In questi casi, è importante seguire una procedura chiara per evitare problemi legali o contestazioni da parte della controparte. Il primo passo per annullare un contratto è verificare attentamente le condizioni contrattuali. Molti accordi prevedono clausole specifiche che regolano lo scioglimento anticipato, imponendo il pagamento di una penale o richiedendo un preavviso scritto. Se il contratto non prevede alcuna forma di recesso, bisogna valutare altre possibilità, come la risoluzione per inadempimento o il mutuo consenso tra le parti. Se il recesso è consentito, è essenziale comunicare la propria intenzione in modo formale e tracciabile. Le modalità più sicure includono:
- Raccomandata con ricevuta di ritorno (A/R), per avere una prova dell’invio e della ricezione.
- Posta elettronica certificata (PEC), se la controparte è dotata di un indirizzo PEC.
- Email con conferma di lettura, se il contratto lo consente espressamente. La comunicazione deve essere chiara, indicando i riferimenti del contratto, la volontà di scioglierlo e, se richiesto, i motivi del recesso. Se il contratto prevede una penale o costi di uscita, è importante rispettare queste condizioni per evitare contestazioni legali. In alcuni casi, può essere utile negoziare un’uscita consensuale con l’altra parte. Questo è particolarmente importante nei rapporti commerciali o professionali, dove una soluzione amichevole può evitare controversie e mantenere buoni rapporti tra le parti. Infine, è sempre consigliabile conservare tutta la documentazione relativa al recesso, compresi eventuali scambi di email o lettere, per dimostrare di aver rispettato le procedure previste dal contratto o dalla legge.
Le tempistiche per il rimborso e gli obblighi del venditore
Quando un contratto viene sciolto e il consumatore ha diritto a un rimborso, il venditore è tenuto a rispettare precise tempistiche per la restituzione del denaro. Le norme variano in base alla tipologia di contratto, ma in generale il rimborso deve avvenire entro 14 giorni dalla comunicazione del recesso. Per gli acquisti online o a distanza, il Codice del Consumo stabilisce che il venditore deve rimborsare l’intera somma pagata dal consumatore, comprese le spese di spedizione iniziali, a meno che il cliente non abbia scelto un metodo di consegna più costoso rispetto a quello standard offerto dal venditore. Il rimborso può essere effettuato tramite:
- Bonifico bancario o accredito sulla carta di pagamento utilizzata per l’acquisto.
- Riaccredito sul conto PayPal o su altri sistemi di pagamento elettronico.
- Buono acquisto, ma solo se il consumatore accetta questa modalità. Se il rimborso non viene effettuato entro i termini previsti, il consumatore può chiedere un risarcimento per il ritardo, segnalare il venditore all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) o, in casi estremi, intraprendere un’azione legale. Per i contratti di servizi, come abbonamenti o forniture, le modalità di rimborso dipendono dalle condizioni contrattuali. Ad esempio, se un cliente recede da un contratto di telefonia, l’operatore può trattenere i costi dei servizi già usufruiti, ma non può imporre penali abusive. Anche nei contratti di finanziamento e nei mutui, la legge prevede precisi obblighi per gli istituti di credito. Se il consumatore esercita il recesso entro 14 giorni, la banca deve restituire gli importi già versati senza applicare costi aggiuntivi, salvo eventuali interessi maturati nel periodo di validità del contratto. In generale, il venditore o il fornitore del servizio deve agire in modo trasparente e rispettare i termini di legge per il rimborso, evitando pratiche scorrette che potrebbero essere contestate dagli organi di tutela dei consumatori.
Altri casi di recesso unilaterale dal contratto: locazioni, lavoro, finanziamenti e assicurazioni
Oltre ai contratti di acquisto, esistono numerosi altri ambiti in cui il recesso unilaterale può essere esercitato. In questi casi, le regole variano in base al settore e alla natura del contratto. Contratti di locazione: Il conduttore (inquilino) ha la possibilità di recedere anticipatamente da un contratto di affitto, ma solo se previsto dall’accordo o per gravi motivi, con un preavviso di almeno sei mesi. Il locatore, invece, può recedere solo alla scadenza del contratto e in casi specifici stabiliti dalla legge. Rapporti di lavoro: Il lavoratore ha diritto a dimettersi in qualsiasi momento, rispettando il preavviso contrattuale previsto dal contratto collettivo applicato. Anche il datore di lavoro può interrompere il rapporto, ma deve rispettare le regole del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo. Finanziamenti e mutui: Il consumatore può esercitare il recesso entro 14 giorni dalla firma del contratto, senza penalità e senza dover fornire giustificazioni. Se il recesso avviene oltre tale termine, è comunque possibile estinzione anticipata, ma spesso è prevista una penale. Polizze assicurative: Le assicurazioni sulla vita e i contratti assicurativi a lungo termine prevedono un periodo di ripensamento, solitamente di 30 giorni, entro cui l’assicurato può recedere senza costi. Dopo questo termine, il recesso può comportare costi o perdite economiche. Questi esempi dimostrano che il recesso non è regolato solo per gli acquisti di beni e servizi, ma è una facoltà che si applica a molti contratti di natura economica e professionale. Per evitare problemi, è sempre consigliabile leggere attentamente le clausole contrattuali e informarsi sui tempi e sulle modalità per l’eventuale scioglimento del contratto.
FAQ sul Diritto di Recesso
Cos’è il diritto di recesso e quando si può esercitare?
Il diritto di recesso permette di sciogliere un contratto unilateralmente, senza necessità di motivazioni. Si può esercitare quando previsto dalla legge, ad esempio negli acquisti online o fuori dai locali commerciali, o se il contratto lo consente espressamente.
Cosa prevede il Codice Civile sul diritto di recesso?
L’art. 1373 c.c. stabilisce che il recesso è possibile solo se previsto dalla legge o dal contratto. Nei contratti a esecuzione continuata, ha effetto solo per il futuro, senza valore retroattivo, e può comportare il pagamento di una penale o il rispetto di un preavviso.
In quali casi non si può esercitare il diritto di recesso?
Il recesso non è sempre ammesso. È escluso per beni personalizzati, biglietti per eventi, servizi già eseguiti e contratti tra imprese, salvo accordo tra le parti. Anche mutui e finanziamenti possono avere limiti oltre i 14 giorni di ripensamento previsti per i consumatori.
Quali sono i tempi previsti dal Codice del Consumo?
Il Codice del Consumo concede 14 giorni per ripensare agli acquisti effettuati online o fuori dai locali commerciali. Il termine decorre dalla consegna del bene o dalla firma del contratto per i servizi.
Come si esercita il diritto di recesso negli acquisti online?
Bisogna comunicare la decisione al venditore entro 14 giorni, via email, PEC o modulo sul sito. Il prodotto va restituito nelle condizioni originali e il venditore ha 14 giorni per rimborsare il pagamento, comprese le spese di spedizione standard.
È possibile restituire un acquisto fatto in negozio?
No, per gli acquisti in negozio il diritto di recesso non si applica. Alcuni commercianti permettono il reso come politica commerciale, offrendo il cambio del prodotto o un buono acquisto entro un certo periodo.
Quando viene effettuato il rimborso dopo il recesso?
Il venditore deve rimborsare l’importo entro 14 giorni dalla richiesta, ma può attendere di ricevere il prodotto restituito o una prova della spedizione. Il rimborso avviene con lo stesso metodo di pagamento dell’acquisto.
Cosa fare se il venditore rifiuta il diritto di recesso?
Se il venditore non rispetta il diritto di recesso, il consumatore può segnalare la violazione all’AGCM, rivolgersi a un’associazione di tutela dei consumatori o, in casi estremi, agire per vie legali.

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