6 aprile 2025
La riforma del 2025 ha profondamente inciso sulla responsabilità dei sindaci nelle società di capitali, modificando l’art. 2407 c.c. e introducendo importanti novità in tema di azione di responsabilità, limiti economici ai risarcimenti e prescrizione quinquennale. Questo articolo analizza in modo chiaro e aggiornato cosa cambia per il collegio sindacale alla luce della nuova disciplina, approfondendo i casi di omessa vigilanza, la responsabilità solidale con gli amministratori, e i riflessi pratici per soci, creditori e terzi. Un contenuto utile per chi vuole capire davvero come funziona oggi l’azione di responsabilità contro i sindaci e quali sono i nuovi equilibri tra controllo e tutela.

Le novità della riforma 2025 sulla responsabilità dei sindaci
La legge 14 marzo 2025, n. 35, ha modificato in modo rilevante il regime di responsabilità dei sindaci delle società di capitali, intervenendo direttamente sull’art. 2407 c.c. con lo scopo di riequilibrare il rapporto tra doveri di vigilanza e rischio economico personale.
L’intervento normativo ha introdotto tre principali novità:
- Un tetto massimo di responsabilità civile, parametrato al compenso percepito dai sindaci e articolato su tre fasce (15, 12 e 10 volte il compenso annuo, a seconda della soglia retributiva), con esclusione del limite solo in caso di dolo;
- L’introduzione di un termine di prescrizione quinquennale per l’azione di responsabilità, decorrente dal deposito della relazione ex art. 2429 c.c., anziché dal momento della percezione del danno;
- Il riconoscimento espresso della possibilità che i sindaci rispondano anche nei confronti dei singoli soci e dei terzi, in continuità con quanto già previsto per gli amministratori.
Con queste modifiche, il legislatore ha inteso rendere più prevedibile l’esposizione patrimoniale dei sindaci, evitando il rischio di richieste risarcitorie sproporzionate, con conseguente impatto positivo anche sui costi delle polizze assicurative per la copertura dei rischi professionali.
Art. 2407 c.c.: cosa prevede la norma riformata nel 2025?
L’articolo 2407 del codice civile è il fulcro della disciplina sulla responsabilità del collegio sindacale. Pur rimanendo immutata la struttura generale della norma, la riforma del 2025 ne ha aggiornato significativamente il secondo comma, introducendo un meccanismo di limitazione della responsabilità risarcitoria per violazioni colpose, nonché un nuovo termine di prescrizione.
Ecco, in sintesi, il testo attuale dell’art. 2407 c.c. dopo la riforma:
Art. 2407 c.c. (Responsabilità dei sindaci)
I sindaci devono adempiere i loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell’incarico; sono responsabili della verità delle loro attestazioni e devono conservare il segreto sui fatti e sui documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio. Al di fuori delle ipotesi in cui hanno agito con dolo, anche nei casi in cui la revisione legale è esercitata dal collegio sindacale a norma dell’articolo 2409-bis, secondo comma, i sindaci che violano i propri doveri sono responsabili per i danni cagionati alla società che ha conferito l’incarico, ai suoi soci, ai creditori e ai terzi nei limiti di un multiplo del compenso annuo percepito, secondo i seguenti scaglioni: per i compensi fino a 10.000 euro, quindici volte il compenso; per i compensi da 10.000 a 50.000 euro, dodici volte il compenso; per i compensi maggiori di 50.000 euro, dieci volte il compenso. All’azione di responsabilità contro i sindaci si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 2393, 2393-bis, 2394, 2394-bis e 2395. L’azione di responsabilità verso i sindaci si prescrive nel termine di cinque anni dal deposito della relazione di cui all’articolo 2429 concernente l’esercizio in cui si è verificato il danno.
Il parametro della diligenza professionale nell’art. 2407 c.c.
La riforma del 2025 ha confermato che il primo comma dell’art. 2407 c.c. impone ai sindaci di adempiere ai propri doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell’incarico. Questo significa che non è sufficiente un comportamento generico ispirato alla buona fede o alla diligenza del buon padre di famiglia: la legge richiede una preparazione tecnica e una consapevolezza professionale adeguata al ruolo.
Il controllo esercitato dai sindaci, infatti, ha una natura specificamente professionale. La legge pretende che chi ricopre questa funzione possieda conoscenze qualificate e sia in grado di valutare correttamente l’operato degli amministratori e l’andamento della società. Non basta quindi adempiere in modo formale: è necessario agire con cura, attenzione e competenza, secondo gli standard richiesti a un soggetto esperto e consapevole delle proprie responsabilità.
Questa impostazione si riflette anche in altre norme del codice civile, come l’art. 2397, che stabilisce il possesso di specifici requisiti professionali per i membri del collegio sindacale. La responsabilità, dunque, non nasce solo da comportamenti dolosi o gravemente colposi, ma anche da condotte negligenti che non rispettano il livello minimo di diligenza professionale richiesto per l’incarico.
Responsabilità esclusiva del sindaco: quando l’omissione è autonoma
In alcuni casi, i sindaci possono essere ritenuti responsabili anche se non vi è stato alcun illecito da parte degli amministratori. Si tratta della cosiddetta responsabilità esclusiva, che si configura quando il danno alla società è riconducibile a una violazione diretta degli obblighi propri del collegio sindacale, a prescindere da quanto compiuto (o non compiuto) dagli organi gestori.
Questa ipotesi si verifica, ad esempio, quando i sindaci forniscono attestazioni non veritiere, violano l’obbligo di riservatezza o non si attivano correttamente in caso di cessazione degli amministratori. In tutte queste situazioni, il comportamento omissivo o scorretto riguarda direttamente i sindaci, e non ha bisogno di essere collegato a un’inadempienza altrui per dar luogo a una responsabilità.
La legge prevede che questa responsabilità possa colpire il singolo componente o estendersi all’intero collegio sindacale, in forma solidale. Tuttavia, per evitare di essere coinvolto in una decisione sbagliata, il sindaco dissenziente ha la possibilità – e il dovere – di far annotare il proprio dissenso nei verbali, come previsto dall’art. 2404 c.c.
Questa forma di responsabilità mette in evidenza quanto sia importante che ogni sindaco svolga il proprio ruolo in modo attivo e consapevole, senza limitarsi a seguire passivamente le decisioni della maggioranza o a confidare nell’operato altrui.
Quando i sindaci rispondono insieme agli amministratori
La legge prevede che, in alcuni casi, i sindaci possano essere ritenuti responsabili insieme agli amministratori per i danni subiti dalla società. Si tratta di situazioni in cui, pur non avendo direttamente causato il danno, i componenti del collegio sindacale non hanno vigilato come avrebbero dovuto.
Non basta che un amministratore compia un atto dannoso perché scatti automaticamente la responsabilità dei sindaci. Affinché questi ultimi siano coinvolti, è necessario che si possa affermare che con una vigilanza più attenta il danno si sarebbe potuto evitare o almeno limitare. È questo il cuore della cosiddetta responsabilità concorrente, regolata dal secondo comma dell’art. 2407 c.c.
La legge non assegna ai sindaci poteri di intervento diretto nella gestione, ma riconosce loro precisi doveri di controllo e di segnalazione. Se questi doveri non vengono rispettati, e l’omissione si collega causalmente al danno, la responsabilità si estende anche a loro, in forma solidale con chi ha materialmente compiuto l’atto.
L’omessa vigilanza come fonte di responsabilità autonoma
Un’altra ipotesi ricorrente di responsabilità riguarda i casi in cui i sindaci non svolgono con sufficiente attenzione il loro compito di controllo. In questi casi non c’è un illecito da parte degli amministratori a cui si somma una vigilanza carente, ma un’omissione vera e propria del collegio sindacale, che diventa l’unica causa del danno.
La norma, così come interpretata dalla prassi e dalla giurisprudenza più recente, richiede ai sindaci non solo di accorgersi delle irregolarità, ma anche di attivarsi concretamente per farvi fronte. Limitarsi a riportare un problema nella relazione al bilancio, infatti, non è sufficiente. Occorre che i sindaci usino tutti gli strumenti previsti dalla legge per intervenire, segnalare, sollecitare.
Anche quando i fatti dannosi si sono verificati prima della loro nomina, i sindaci non sono esenti da responsabilità: devono comunque verificare la situazione esistente e reagire, se necessario. Se non lo fanno, e la loro inerzia contribuisce a mantenere o peggiorare la situazione, possono essere chiamati a rispondere in base all’art. 2407 c.c. per colpa grave nell’esercizio della vigilanza.
Prova del danno e legame con l’inadempimento del sindaco
Affinché possa essere riconosciuta la responsabilità dei sindaci, non è sufficiente dimostrare che la società ha subito un danno. Occorre anche che tale danno sia riconducibile a una loro omissione specifica: in altre parole, serve provare che, se il collegio sindacale avesse vigilato correttamente, il danno non si sarebbe verificato o sarebbe stato inferiore.
La legge non presuppone un automatismo: il fatto che un amministratore abbia agito illecitamente non implica di per sé che i sindaci debbano rispondere. È necessario che emerga anche un loro comportamento negligente, legato all’incarico di controllo.
In sede di giudizio, quindi, bisogna dimostrare almeno tre elementi: l’esistenza di un danno patrimoniale, il fatto che il collegio non abbia esercitato il controllo come avrebbe dovuto, e un nesso di causalità tra quest’ultima omissione e il danno. Solo se questi requisiti sono presenti, la responsabilità può essere effettivamente affermata.
L’azione di responsabilità contro i sindaci nel codice civile
Quando i sindaci violano i loro doveri, è possibile agire nei loro confronti attraverso specifici strumenti giuridici previsti dalla legge. L’art. 2407, comma 3, c.c. stabilisce che si applichino, in quanto compatibili, le norme già previste per la responsabilità degli amministratori (artt. 2393-2395 c.c.).
In particolare, l’azione può essere esercitata dalla società, dai creditori, dai singoli soci e, con la riforma del 2025, anche da terzi danneggiati, sempre che il danno sia legato a una violazione dei doveri sindacali.
La riforma ha anche chiarito che i soci possono agire in via individuale, purché detengano almeno un quinto del capitale sociale, salvo diversa previsione statutaria (non superiore a un terzo). In più, è stato stabilito che l’azione non comporta automaticamente la revoca dei sindaci, a tutela della loro indipendenza.
Queste previsioni completano il quadro dell’art. 2407 c.c., offrendo più certezze operative e rafforzando la tutela della società, senza però esporre i sindaci a un contenzioso sproporzionato.
Il nuovo termine di prescrizione nell’azione contro i sindaci dopo la riforma 2025
Tra le novità più rilevanti introdotte dalla riforma del 2025 vi è la ridefinizione del termine di prescrizione per l’azione di responsabilità contro i sindaci. In precedenza, la decorrenza del termine era collegata alla percezione del danno, una scelta che creava incertezza e possibili estensioni indefinite nel tempo.
Il nuovo testo dell’art. 2407 c.c. ha stabilito che la responsabilità dei sindaci si prescrive in cinque anni a partire dalla data di deposito della relazione prevista dall’art. 2429 c.c., relativa all’esercizio in cui si è verificato il danno. Si tratta di un criterio oggettivo e verificabile, pensato per garantire maggiore certezza giuridica e per evitare contenziosi aperti a distanza di molti anni.
Con questa modifica, il legislatore ha cercato un equilibrio: da un lato, concedere un tempo sufficiente per accertare eventuali irregolarità; dall’altro, tutelare i sindaci dal rischio di un’esposizione troppo lunga nel tempo, che avrebbe potuto ostacolare la loro attività futura o rendere più onerose le coperture assicurative.
Organi di controllo e Codice della crisi: una deroga rilevante
L’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza ha portato con sé una serie di modifiche anche alla disciplina degli obblighi dei sindaci. In particolare, l’art. 14 del Codice prevede un’importante deroga all’obbligo di segretezza, normalmente imposto ai componenti del collegio sindacale.
Quando emergono segnali di crisi aziendale, i sindaci, così come i revisori, hanno il dovere di segnalare tempestivamente tali situazioni all’organismo di composizione della crisi. In questo specifico contesto, non sono più vincolati alla riservatezza, ma devono anteporre la tutela dell’interesse dei creditori e la salvaguardia della continuità aziendale.
La norma conferma l’orientamento sempre più evidente del legislatore: il collegio sindacale non è più solo un controllore passivo, ma deve assumere un ruolo attivo nella prevenzione delle crisi. Questo rafforza il legame tra il sistema di controllo societario e le regole di allerta previste dal nuovo Codice, in un’ottica di responsabilità anticipata e cooperazione con gli altri organi.
Un sistema di responsabilità più chiaro e bilanciato con la riforma dell'art 2407 cc
Con l’intervento normativo del 2025, la disciplina sulla responsabilità dei sindaci è stata resa più definita e coerente con l’evoluzione del ruolo del collegio sindacale. Le modifiche introdotte all’art. 2407 c.c. hanno chiarito i margini della responsabilità civile, fissando limiti economici certi e scadenze temporali precise, a tutela sia della società che degli stessi organi di controllo.
Il sistema attuale riconosce il ruolo centrale del collegio sindacale nella prevenzione delle irregolarità e nella vigilanza sull’operato degli amministratori, ma allo stesso tempo protegge i sindaci da richieste risarcitorie eccessive, quando non vi sia una responsabilità diretta o una colpa effettiva nella vigilanza.
Il nuovo equilibrio normativo punta a responsabilizzare senza intimidire, a favorire una vigilanza attenta ma non paralizzata dal timore di esposizione illimitata. Una prospettiva utile anche per rafforzare la fiducia verso chi ricopre incarichi di controllo, incentivando professionalità competenti e capaci di svolgere con serietà le proprie funzioni.

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