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L’onorario dell’avvocato: come funziona, come si calcola, quando si paga

10 aprile 2025

L’onorario dell’avvocato è il compenso per l’attività svolta dal legale e può variare in base al tipo di incarico, alla complessità e al valore della causa. In questo articolo spieghiamo come funziona, quali sono i criteri per determinarlo, cosa succede se non c’è un preventivo e quali sono i costi medi secondo i parametri forensi aggiornati. Un aiuto concreto per capire i tuoi diritti e scegliere con consapevolezza.

Onorario avvocato

Cos’è l’onorario dell’avvocato e perché può variare

Quando si parla di onorario dell’avvocato, si fa riferimento al compenso che il professionista percepisce per l’attività svolta in favore del cliente. A differenza di quanto molti pensano, non esiste un tariffario fisso valido per tutti: l’ammontare dell’onorario può variare in modo anche significativo, a seconda di diversi fattori previsti dalla normativa e dalla prassi forense. In primo luogo, conta il tipo di incarico: una consulenza stragiudiziale ha un peso diverso da una causa civile, così come un parere scritto è ben distinto dalla difesa in giudizio.

L’onorario può anche dipendere dal grado di complessità della questione, dall’urgenza, dal valore economico della causa e dal risultato ottenuto. Inoltre, incide molto anche l’esperienza del professionista: è normale che un avvocato con vent’anni di carriera chieda un compenso più elevato rispetto a un collega più giovane. Nella nostra esperienza, ci capita spesso che i clienti ci chiedano “ma quanto costa fare una causa?”, ma la risposta non può essere standardizzata: ogni vicenda merita una valutazione concreta e personalizzata.

Il principio dell’accordo tra cliente e legale

La regola generale, stabilita dall’art. 2233 del codice civile, è che il compenso dell’avvocato debba essere determinato mediante accordo tra le parti. Questo accordo può essere verbale o scritto, ma la forma scritta è sempre preferibile, anche per ragioni di trasparenza e tutela reciproca. La legge prevede infatti che, salvo casi eccezionali, il professionista debba fornire un preventivo scritto al momento dell’accettazione dell’incarico. Questo serve a evitare fraintendimenti e contestazioni future.

In pratica, il rapporto tra avvocato e cliente è basato su fiducia e chiarezza. Il cliente ha diritto a sapere in anticipo quanto potrà spendere, e l’avvocato ha l’obbligo di informarlo con precisione. Può sembrare una formalità, ma un preventivo chiaro e condiviso evita conflitti, soprattutto a fine causa, quando si tirano le somme. Un esempio tipico: un cliente ci ha chiesto di assisterlo in una causa di sfratto, immaginando che “tanto sarà una cosa semplice”. Ma dopo un esame preliminare, abbiamo dovuto spiegare che la situazione era più articolata del previsto e il preventivo ha dovuto tenerne conto.

Come si calcola l’onorario: parametri forensi e accordi personalizzati

Il calcolo dell’onorario dell’avvocato avviene oggi principalmente sulla base di due criteri: da un lato i parametri forensi stabiliti dal decreto ministeriale 55/2014 (più volte aggiornato), e dall’altro gli accordi personalizzati tra avvocato e cliente. I parametri ministeriali non sono vincolanti, ma forniscono un riferimento oggettivo per stabilire il compenso in funzione della tipologia di attività, del valore della controversia e della complessità del caso.

L’avvocato, però, può pattuire un compenso anche in misura fissa, a forfait, o con tariffa oraria. In alcuni casi si può prevedere un compenso a risultato, purché sia combinato con una base fissa minima. È bene sapere che il cliente ha facoltà di richiedere spiegazioni dettagliate sulla formazione del compenso. Molti clienti, ad esempio, chiedono: “perché si pagano due volte, prima l’acconto e poi il saldo?” — la risposta sta nel fatto che l’acconto serve a coprire l’avvio del lavoro, mentre il saldo riflette l’attività complessiva, inclusa la fase conclusiva o eventuali imprevisti processuali.

Quanto costa una causa in base ai parametri forensi aggiornati

Per avere un’idea orientativa dei costi di una causa civile, è utile fare riferimento ai parametri medi stabiliti dal D.M. 147/2022, che rappresentano la base per la liquidazione giudiziale del compenso dell’avvocato, in assenza di diverso accordo scritto tra le parti. Tali valori sono articolati per scaglioni di valore della causa e si riferiscono all’intero procedimento, considerando tutte le fasi (studio della causa, fase introduttiva, istruttoria e decisionale).

Ecco alcuni esempi indicativi (al netto di spese e imposte):

  • Valore della causa da 5.200 a 26.000 euro: compenso medio 5.077 €
  • Valore da 26.000 a 52.000 euro: compenso medio 7.616 €
  • Valore da 52.000 a 260.000 euro: compenso medio 14.103 €
  • Valore da 260.000 a 520.000 euro: compenso medio 22.457 €

A questi importi vanno aggiunti:

  • il 15% per spese generali forfettarie,
  • il 4% di CPA (contributo alla Cassa Forense),
  • e il 22% di IVA.

Per esempio, per una causa da 30.000 euro, il compenso base di 7.616 € può arrivare a circa 10.600 € lordi complessivi, tenendo conto delle maggiorazioni obbligatorie. È importante sottolineare che i giudici possono applicare aumenti o riduzioni fino al 50% rispetto ai valori medi, in base alla difficoltà della causa, alla qualità della prestazione e ad altri elementi valutativi.

In ogni caso, resta sempre preferibile definire il compenso con accordo scritto tra avvocato e cliente, così da evitare incertezze e permettere una programmazione chiara dei costi.

Quanto costa l’assistenza stragiudiziale secondo i parametri forensi

Anche per l’attività stragiudiziale — come consulenze, redazione di pareri, lettere formali, assistenza nelle trattative — il compenso dell’avvocato può essere determinato, in mancanza di accordo scritto, sulla base dei parametri forensi previsti dal D.M. 147/2022. In questo caso, il compenso non si articola per fasi processuali, ma tiene conto della complessità dell’incarico, del valore della questione trattata e del tempo dedicato.

I parametri medi (sempre al netto di spese e imposte) sono i seguenti:

  • Valore da 5.200 a 26.000 euro: compenso medio 1.985 €
  • Valore da 26.000 a 52.000 euro: compenso medio 2.410 €
  • Valore da 52.000 a 260.000 euro: compenso medio 4.536 €
  • Valore da 260.000 a 520.000 euro: compenso medio 6.164 €

Come per le attività giudiziali, anche in ambito stragiudiziale questi importi devono essere maggiorati di:

  • 15% per spese generali,
  • 4% per CPA,
  • 22% per IVA.

Ad esempio, per una questione di valore compreso tra 26.000 e 52.000 euro, un compenso medio di 2.410 €, con le maggiorazioni obbligatorie, arriva a superare i 3.300 € complessivi. In caso di maggiore complessità o urgenza, il compenso può essere aumentato fino al 50%, sempre nei limiti previsti dai parametri.

Va ricordato che, anche nelle pratiche stragiudiziali, è sempre preferibile concordare in anticipo e per iscritto il compenso professionale, magari stabilendo un forfait, una tariffa oraria o un compenso misto, in modo da adattarlo alle esigenze del cliente e alla natura dell’incarico.

Spese, diritti e compensi: cosa rientra e cosa no

Nel parlare di onorario, spesso si crea confusione tra compenso professionale e spese vive sostenute nel corso dell’attività legale. È utile chiarire che l’onorario è solo una delle voci del costo complessivo dell’assistenza legale. A questo si aggiungono diritti di segreteria, contributo unificato, spese di notifica, bolli, eventuali consulenze tecniche, e ogni altra anticipazione effettuata per conto del cliente.

Ad esempio, un cliente ci ha recentemente chiesto se l’importo che gli avevamo indicato per una causa includesse “tutto”. In realtà, il compenso per l’attività difensiva copriva solo le prestazioni professionali, mentre le spese per il CTU (consulente tecnico d’ufficio) e per l’iscrizione a ruolo della causa erano escluse. Questi aspetti devono essere chiariti fin dall’inizio e, se possibile, dettagliati per iscritto. Anche il rimborso forfettario delle spese generali (attualmente fissato per legge al 15% del compenso) va inserito nel conteggio finale, ma molti non ne sono a conoscenza.

Quando si paga l’avvocato: acconto, saldo e anticipazioni

Il pagamento dell’avvocato può essere modulato in più fasi, e questo dipende dall’accordo tra le parti. In genere, si prevede un acconto iniziale, utile a coprire l’avvio dell’attività, e un saldo finale, a chiusura del mandato. In alcuni casi, si può prevedere un pagamento intermedio in caso di durata lunga o articolata della prestazione. È buona prassi che tutto ciò sia definito all’inizio, anche per evitare fraintendimenti.

Una domanda che sentiamo spesso è: “Ma se perdo la causa, devo comunque pagare l’avvocato?” La risposta è sì. Il compenso del legale non dipende dall’esito della causa, salvo che non sia stato espressamente pattuito un compenso “a risultato” (ma anche in quel caso deve essere previsto un minimo garantito). È importante che il cliente comprenda che il lavoro dell’avvocato è professionale e deve essere retribuito per l’attività svolta, indipendentemente dalla sentenza finale. Anche in materia stragiudiziale, il pagamento è dovuto per il solo fatto dell’attività resa, a prescindere dagli sviluppi.

Come contestare un onorario ritenuto eccessivo

La contestazione dell’onorario dell’avvocato è ammessa solo in determinate situazioni, in particolare quando non esiste un accordo scritto tra le parti sul compenso. In assenza di un preventivo o di una pattuizione esplicita, il cliente può richiedere che il compenso venga determinato sulla base dei parametri forensi attualmente in vigore, fissati con decreto ministeriale. Questi parametri, però, non sono automatici, ma prevedono fasce di valore e criteri variabili, lasciando al giudicante un certo margine di apprezzamento.

La valutazione tiene conto, tra l’altro, della difficoltà dell’incarico, del valore della causa, del numero di atti redatti, delle udienze sostenute e dei risultati ottenuti. È anche possibile che le parti abbiano inteso concludere un accordo verbale, ma abbiano poi avuto percezioni differenti sul contenuto: da qui possono nascere contenziosi. In questi casi, la persona interessata può rivolgersi all’Ordine degli Avvocati competente, per ottenere un parere di congruità, oppure, nei casi più delicati, al giudice per una valutazione più formale. Naturalmente, si tratta di situazioni che si possono evitare facilmente se l’accordo è definito con chiarezza sin dall’inizio.

Cosa prevede la legge in assenza di un preventivo scritto

L’assenza di un preventivo scritto non esonera il cliente dal pagamento dell’onorario all’avvocato, ma può rendere più delicato stabilire l’esatto ammontare del compenso. In questi casi, la normativa prevede che il compenso debba essere determinato in base ai parametri forensi previsti dal decreto ministeriale vigente, tenendo conto della complessità dell’incarico, del numero di prestazioni svolte, del valore della causa e di altri elementi indicati nel DM 55/2014.

In assenza di accordo, il giudice (o il Consiglio dell’Ordine, se viene chiesto un parere di congruità) valuterà se l’importo richiesto sia proporzionato al lavoro effettivamente svolto. Il fatto che non vi sia un documento scritto, tuttavia, non significa che il cliente possa rifiutarsi di pagare. È fondamentale quindi, per evitare contestazioni, formalizzare per iscritto le condizioni economiche sin dall’inizio del rapporto professionale. Questo non solo tutela il legale, ma anche il cliente, che potrà avere maggiore certezza sui costi dell’assistenza legale.

Conclusione

Il tema dell’onorario dell’avvocato è spesso percepito con incertezza, sia da parte di chi si rivolge per la prima volta a un legale, sia da chi ha già avuto esperienze passate. Conoscere come funziona il sistema dei compensi, quali regole si applicano in caso di accordo o di assenza di accordo, e quali sono i diritti e i doveri reciproci, permette di impostare il rapporto tra cliente e avvocato in modo trasparente, corretto e privo di conflitti.

Affidarsi a un avvocato che esplicita in modo chiaro il proprio onorario, che è disponibile a fornire un preventivo scritto e a motivare ogni voce del compenso, è un passo importante verso una tutela efficace dei propri interessi. Se desideri una consulenza legale su questo tema, puoi contattare i recapiti dello studio presenti nella pagina.

Articolo redatto da Avv. Prof. Marco Ticozzi. Per una consulenza legale puoi contattare lo studio ai recapiti indicati nella pagina.

Avv. Prof. Marco Ticozzi – Studio Legale a Padova, Mestre Venezia e Treviso

FAQ sull’onorario dell’avvocato

1. L’avvocato è obbligato a fornire un preventivo scritto?

Sì, secondo la normativa vigente, il professionista è tenuto a fornire un preventivo scritto al momento del conferimento dell’incarico, indicando le voci previste e i criteri di calcolo del compenso.

2. Cosa succede se non c’è accordo sul compenso?

In assenza di accordo, l’onorario viene determinato secondo i parametri forensi ministeriali, sulla base della complessità dell’attività svolta e del valore della causa.

3. L’onorario include anche le spese vive?

No, l’onorario riguarda solo il compenso professionale. Le spese vive (come bolli, notifiche, consulenze tecniche, contributi unificati) sono solitamente escluse e vanno rimborsate a parte.

4. È possibile chiedere una parcella a forfait?

Sì, il compenso può essere stabilito a forfait o con tariffa oraria, purché vi sia un accordo chiaro tra le parti. In alcuni casi si può anche prevedere un compenso a risultato.

5. Cosa può fare un cliente se ritiene l’onorario troppo alto?

Può chiedere un parere di congruità al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, oppure rivolgersi al giudice per far valutare se il compenso è equo rispetto all’attività svolta.

6. Quando si deve pagare l’avvocato?

Generalmente si versa un acconto all’inizio dell’incarico e si salda al termine. È possibile concordare pagamenti rateali o in più fasi, se previsto nel mandato.

Marco Ticozzi Avvocato Venezia

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