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La separazione consensuale: come funziona e cosa comporta

20 aprile 2025

Cos’è la separazione consensuale? La separazione consensuale è l’accordo tra coniugi per regolare la fine della convivenza e della relazione matrimoniale, in mido concirdsto e evitando una causa. Quando c’è intesa su figli, casa e patrimonio, è possibile separarsi in modo rapido e con costi poù contenuti. In questo articolo spieghiamo in modo chiaro come funziona, quali sono le procedure previste, gli effetti legali e le novità introdotte dalla riforma Cartabia.

Separazione consensuale

Separazione consensuale: cos'è e come funziona?

La separazione consensuale è una procedura legale attraverso la quale due coniugi decidono di comune accordo di interrompere la convivenza matrimoniale, regolando aspetti fondamentali come l’affidamento dei figli, l’uso della casa coniugale e le questioni patrimoniali. Questo tipo di separazione si distingue per la volontà condivisa di entrambi i partner di definire in modo pacifico e collaborativo i termini della loro separazione.

Per avviare una separazione consensuale, è necessario che i coniugi siano d’accordo su tutte le condizioni relative alla loro separazione. In caso contrario, si dovrà procedere con una separazione giudiziale. La procedura può essere intrapresa anche in presenza di figli minori, purché l’accordo preveda misure adeguate per la loro tutela.

La separazione consensuale può essere formalizzata attraverso diverse modalità:

  • Presentando un ricorso congiunto al tribunale competente.
  • Avvalendosi della negoziazione assistita da avvocati.
  • Rivolgendosi all’ufficiale di stato civile del Comune, se non vi sono figli minori o maggiorenni non autosufficienti.

È consigliabile consultare un avvocato per valutare la modalità più adatta al proprio caso specifico.

Come si svolge la procedura: a chi rivolgersi e cosa serve

La procedura per la separazione consensuale varia in base alla modalità scelta. Nel caso di ricorso al tribunale, i coniugi devono presentare un ricorso congiunto, corredato da un accordo che disciplini tutti gli aspetti della separazione. Il giudice, dopo aver valutato la conformità dell’accordo all’interesse dei coniugi e dei figli, omologa l’accordo rendendolo esecutivo.

La negoziazione assistita prevede che ciascun coniuge sia assistito da un avvocato. Gli avvocati redigono un accordo che, una volta sottoscritto dalle parti, viene trasmesso al Procuratore della Repubblica per il nulla osta o l’autorizzazione, a seconda della presenza di figli minori.

Nel caso in cui non vi siano figli minori o maggiorenni non autosufficienti, i coniugi possono rivolgersi all’ufficiale di stato civile del Comune per formalizzare la separazione. In questo caso, non è necessaria l’assistenza di un avvocato, ma è comunque consigliata per garantire la corretta redazione dell’accordo.

La riforma Cartabia ha cambiato qualcosa nella procedura consensuale?

La riforma Cartabia, entrata in vigore nel 2023, ha introdotto significative modifiche nel diritto di famiglia, incidendo anche sulla procedura di separazione consensuale. Una delle novità principali è l’introduzione del “rito unico” per le controversie familiari, che mira a semplificare e accelerare i procedimenti.

In particolare, la riforma ha previsto la possibilità di presentare un ricorso congiunto per la separazione e il divorzio, consentendo ai coniugi di definire in un unico procedimento l’intera crisi coniugale. Questo approccio integrato riduce i tempi e i costi, favorendo una soluzione più rapida e meno conflittuale.

Inoltre, la riforma ha modificato i documenti che devono essere presentati in tribunale: oltre al certificato di matrimonio, di residenza e di famiglia e alle ultime tre dichiarazioni dei redditi, vanno documentati anche gli altri aspetti patrimoniali: proprietà immobiliari e di autovetture, strumenti finanziari e investimenti, conti correnti, quote societarie, ecc.

Quali sono i vantaggi rispetto alla separazione giudiziale

Rispetto alla separazione giudiziale, quella consensuale offre numerosi vantaggi in termini di tempi, costi e gestione del conflitto. I coniugi che riescono a trovare un accordo condiviso evitano la necessità di affrontare un procedimento contenzioso, che può durare anche anni e produrre un notevole impatto economico ed emotivo.

Nel percorso consensuale, le decisioni vengono prese in modo collaborativo, con la possibilità di personalizzare gli accordi in base alle esigenze familiari. Questo approccio, oltre a favorire un clima più disteso, consente anche una maggiore stabilità nel lungo periodo.

Cosa accade nella separazione consensuale se ci sono figli

In presenza di figli minorenni, la separazione consensuale mette al centro il benessere dei bambini. I genitori devono quindi trovare accordi su affidamento, residenza e mantenimento che tutelino il più possibile i minori. Il grande vantaggio di una soluzione consensuale è che madre e padre possono concordare insieme decisioni su misura, evitando ai figli traumi e incertezze. Una volta definito, l’accordo viene presentato al giudice per l’omologazione: il tribunale controllerà che le condizioni siano nell’interesse dei minori prima di dare il via libera definitivo.

Affidamento dei figli e tempi con i genitori

Oggi la regola generale è l’affidamento condiviso, in cui entrambi i genitori mantengono la responsabilità sui figli e prendono insieme le decisioni importanti (scuola, salute, educazione). Bisogna però stabilire con chi i figli vivranno principalmente e quanto tempo passeranno con l’altro genitore. Con la separazione consensuale, madre e padre possono elaborare un calendario flessibile adatto alla loro famiglia: sempre più spesso si vedono separazioni in cui i genitori hanno pari tempo con i figli e anche recenetenente la Cassazione ha indicato che ogni decisione, anche diversa, va motivata guardando all'interesse dei figli.

Mantenimento dei figli nella procedura consensuale

Anche l’aspetto economico va definito con chiarezza. Di solito, se i figli stanno prevalentemente con uno dei genitori, l’altro verserà ogni mese un assegno di mantenimento per contribuire alle spese di crescita. Questa somma copre i costi quotidiani dei bambini (casa, alimentazione, vestiario, ecc.): chi riceve l'assegno di mantenimento si onera delle soese ordinarie. L’importo è deciso dalle parti in base alle possibilità economiche di ciascuno e ai bisogni dei minori: vi è comunque il controllo del giudice che potrebbe non omologare la separazione ove ritenga che la somma non sia corretta.

Inoltre, i genitori stabiliscono come ripartire le spese straordinarie (spese mediche non coperte, attività scolastiche o sportive, ecc.), di solito dividendole a metà oppure con percentuali diverse se i redditi sono differenti.

Cosa succede con la casa, i soldi e i beni comuni

La gestione della casa coniugale è uno degli aspetti più delicati in ogni separazione, ma con la separazione consensuale i coniugi possono deciderne la sorte di comune accordo. Se ci sono figli minorenni, la prassi e la legge danno priorità al loro interesse: di solito la casa familiare viene lasciata al genitore presso cui i figli vivranno abitualmente, così che i bambini possano continuare a crescere nel loro ambiente senza traumi, anche se l’abitazione è intestata all’altro coniuge. In assenza di figli, invece, la casa non viene assegnata automaticamente a uno dei due: spetterà alla coppia trovare un’intesa. Se l’immobile è intestato ad entrambi, possono decidere di venderlo e dividersi il ricavato, oppure uno dei due può rilevare la quota dell’altro. Se la casa appartiene in via esclusiva a un coniuge, l’accordo potrà prevedere se e per quanto tempo l’altro potrà ancora abitarvi dopo la separazione.

Per quanto riguarda la gestione dei beni, molto dipende dal regime patrimoniale scelto durante il matrimonio: comunione dei beni o separazione dei beni. In caso di comunione, i beni acquistati durante il matrimonio – anche se intestati solo a uno dei due – si considerano in comproprietà e vanno divisi equamente, salvo diversa pattuizione. Questo vale per immobili, arredi, conti correnti e altri valori mobiliari. Se invece i coniugi avevano optato per la separazione dei beni, ciascuno mantiene la titolarità esclusiva di quanto acquistato a proprio nome. Tuttavia, nella pratica può accadere che beni di uso comune, come l’automobile o i mobili, siano stati acquistati da uno solo, ma con l’intesa che servissero a entrambi: anche questi aspetti possono essere regolati in accordo nella separazione consensuale, con attribuzioni, compensazioni o rinunce reciproche.

L’accordo può anche prevedere la gestione di debiti in corso, come rate di mutui, prestiti personali o finanziamenti, purché le condizioni siano chiare e non contrarie alla legge. In questi casi è utile, e spesso necessario, distinguere ciò che è obbligatorio dal punto di vista legale da ciò che è solo “interno” all’accordo tra coniugi. Ad esempio, se un coniuge si impegna a rimborsare all’altro metà delle rate residue di un prestito intestato a uno solo, è importante stabilire come e quando verrà adempiuto tale obbligo.

Il mantenimento del coniuge: quando è dovuto?

Nell’ambito della separazione consensuale, i coniugi possono stabilire, di comune accordo, che uno dei due versi all’altro un assegno di mantenimento. Non si tratta di un obbligo automatico: è previsto solo se ci sono determinate condizioni, che vengono valutate caso per caso. In genere, questo strumento serve a garantire un equilibrio economico tra le parti, specie quando uno dei due ha rinunciato a lavorare o ha un reddito molto più basso: la sua funzione è quella di garantire temporaneamente, durante la separazione, la possibilità di mantenere lo stesso tenore di vita con tutto durante il matrimonio (chiaramente in termini relativi perché la separazione crea costi - derivanti ad esempio dalla necessità di avere una doppia abitazione - che chiaramente non consentono ad entrambi le parti di continuare a vivere con lo stesso tenore di vita).

L’assegno può essere previsto a favore del coniuge che non ha mezzi adeguati per mantenersi da solo e che non riesce, per ragioni oggettive, a procurarseli. Non è collegato alla “colpa” della fine del rapporto, ma si fonda su un principio di solidarietà che permane anche dopo la fine della convivenza. I fattori che vengono considerati sono diversi: la durata del matrimonio, l’età dei coniugi, le condizioni di salute, le competenze professionali, le prospettive di reddito e l’eventuale presenza di figli minori da accudire.

Nel contesto consensuale, le parti possono determinare liberamente l’importo dell’assegno, la sua durata e perfino l’eventuale rinuncia. È importante però che l’accordo sia equilibrato e rispecchi le condizioni reali: il giudice, in fase di omologa, può rifiutarsi di approvare un accordo che ritenga lesivo per uno dei coniugi, anche se formalmente condiviso. Per questo motivo, è fondamentale farsi assistere da un avvocato che sappia valutare l’equità dell’accordo, tenendo conto delle norme e della giurisprudenza.

Va infine ricordato che l’assegno di mantenimento non ha funzione risarcitoria: non viene riconosciuto per compensare torti subiti, ma solo per garantire un minimo equilibrio economico, finché i coniugi restano legalmente sposati. Con il divorzio, questo tipo di sostegno può essere confermato, modificato o cessare, in base a nuove condizioni e a criteri diversi.

Quanto costa l’assistenza legale?

I costi per una separazione consensuale variano in base alla modalità scelta e alla complessità dell’accordo. Se si procede davanti al Comune, e non ci sono figli minori o patrimoni da regolare, il costo può essere molto contenuto: bastano poche decine di euro per i diritti di segreteria. Tuttavia, anche in questi casi è prudente farsi assistere da un avvocato per evitare errori nella redazione dell’accordo.

Quando si sceglie la negoziazione assistita o il ricorso congiunto in tribunale, va considerato l’onorario dei legali. In genere, se la separazione è semplice e senza contenziosi, è possibile definire un compenso contenuto. Alcuni studi legali offrono tariffe trasparenti e fisse, ma molto dipende dalle esigenze concrete della coppia.

Non va dimenticata la possibilità di accedere al patrocinio a spese dello Stato per chi ha un reddito familiare inferiore alla soglia prevista. È una strada percorribile anche nei procedimenti consensuali e consente, in alcuni casi, di affrontare la separazione senza costi legali.

Gli effetti della separazione: cosa cambia e cosa resta

La separazione consensuale non scioglie il matrimonio, ma ne sospende gli effetti più rilevanti. I coniugi non hanno più l’obbligo di convivenza e fedeltà, ma restano legati da alcuni vincoli, soprattutto se ci sono figli o obblighi economici.

Il regime patrimoniale si interrompe: se era in vigore la comunione dei beni, da quel momento ciascuno dei due è titolare esclusivo di ciò che acquista. Restano invece validi eventuali obblighi di mantenimento stabiliti in sede di accordo, oltre ai diritti successori, che cessano solo con il divorzio.

Cos’è l’omologa della sentenza?

Nel caso in cui la separazione consensuale venga presentata al tribunale, è necessaria l’omologazione da parte del giudice. L’omologa è un provvedimento che rende efficace e vincolante l’accordo raggiunto dai coniugi. Il tribunale verifica che i patti siano conformi alla legge e che tutelino adeguatamente eventuali figli minori.

La presenza del giudice non significa che ci sia un contenzioso: si tratta di un controllo tecnico e obbligatorio, ma generalmente, se l’accordo è equilibrato, l’omologa avviene senza modifiche. Il termine per la fissazione dell’udienza è solitamente breve, salvo sovraccarichi del tribunale.

Un errore comune è credere che l’accordo abbia effetto immediato già al momento della firma. In realtà, fino all’omologa, l’accordo non produce effetti giuridici: non si può, ad esempio, escludere un coniuge dalla casa né pretendere il pagamento dell’assegno pattuito.

Per questo motivo è importante seguire l’intero iter con attenzione. L’avvocato non solo assiste nella redazione dell’accordo, ma vigila sulla corretta presentazione della documentazione e sulle tempistiche del tribunale, evitando intoppi o ritardi che possono avere conseguenze concrete.

Quali obblighi ci sono dopo la sentenza di separazione

La separazione non segna una chiusura definitiva tra i coniugi, soprattutto quando ci sono obblighi economici o figli da gestire. L’eventuale assegno di mantenimento deve essere versato con puntualità, secondo quanto concordato o stabilito dal giudice. Qualsiasi modifica richiede un nuovo accordo o un provvedimento del tribunale.

Oltre al mantenimento, permangono doveri di lealtà e collaborazione nella gestione dei figli. Anche in presenza di forte conflitto personale, le decisioni che riguardano salute, scuola e attività del minore devono essere condivise.

Chi non rispetta questi obblighi rischia conseguenze concrete, che possono includere esecuzioni forzate, sanzioni e, nei casi più gravi, denunce penali. Per questo è sempre preferibile prevenire i contrasti, chiarendo ogni punto già in fase di accordo.

Riconciliazione o divorzio

Dopo la separazione consensuale, i coniugi possono decidere di ricominciare insieme. Non serve alcuna formalità: basta riprendere la convivenza con l’intenzione reciproca di annullare gli effetti della separazione. Tuttavia, è utile darne comunicazione formale per evitare problemi futuri, ad esempio in caso di successione o previdenza.

Se invece il rapporto è definitivamente concluso, si può chiedere il divorzio trascorsi sei mesi dalla data di comparizione davanti al giudice o dalla firma dell’accordo in Comune. È possibile chiedere il divorzio anche congiuntamente, in modo semplice e veloce, specie se gli accordi restano invariati rispetto alla separazione.

Un passaggio sottovalutato è la verifica della coerenza tra gli accordi presi in sede di separazione e quelli previsti per il divorzio. In alcuni casi, è opportuno modificarli, soprattutto se le condizioni economiche o familiari sono cambiate nel frattempo.

Per entrambi i percorsi – riconciliazione o divorzio – è consigliabile confrontarsi con un avvocato. L’interruzione formale di un rapporto matrimoniale ha conseguenze su molti aspetti, dal patrimonio alla genitorialità. Meglio essere preparati.

FAQ sulla separazione consensuale

Cos’è la separazione consensuale?

È l’accordo tra due coniugi per separarsi legalmente stabilendo insieme le condizioni economiche, genitoriali e personali, senza andare in giudizio.

Chi può chiedere la separazione consensuale?

Tutti i coniugi, purché siano d’accordo su ogni punto: casa, mantenimento, eventuali figli, beni comuni. Serve l’intesa su tutto.

Come funziona la procedura?

Può avvenire in Comune, tramite negoziazione assistita o in tribunale. In base al caso (figli o no), si sceglie la via più adatta, con l’assistenza di un avvocato.

Quanto costa una separazione consensuale?

Da poche decine di euro (in Comune, senza figli) a 2000 - 5000 euro se servono avvocati per accordi più complessi, a salire in presenza di questioni rilevanti (complessità, patrimoni importanti, divisioni immobiliari, ecc.).

Quanto tempo serve per concluderla?

Dipende: da un mese in Comune a tre o quattro mesi in tribunale. Con l’avvocato, la negoziazione può essere più veloce.

Come funziona la separazione consensuale con figli?

L’accordo deve specificare dove vivranno, chi decide cosa, come vengono divise le spese. Serve l’approvazione del giudice, che valuta l’interesse dei minori.

Quali obblighi restano dopo la separazione consensuale?

Mantenimento dei figli, rispetto delle modalità di affido, eventuale assegno all’altro coniuge, collaborazione educativa.

Cosa cambia con la riforma Cartabia?

È possibile un unico atto per separazione e divorzio. Viene incentivata la negoziazione assistita e la procedura è più semplice.

Ho ancora diritti verso il mio ex coniuge dopo la separazione?

Sì: fino al divorzio restano alcuni diritti, anche successori. Ma solo il divorzio scioglie completamente il legame.

Marco Ticozzi Avvocato Venezia

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