Blog

Quando non spetta il TFR al coniuge divorziato: casi ed esclusioni

4 agosto 2025

Quando non spetta il TFR al coniuge divorziato? La legge prevede che il coniuge divorziato titolare di assegno divorzile possa ottenere una quota del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) dell’ex coniuge. Tuttavia, esistono numerosi casi in cui questo diritto viene escluso: TFR maturato o percepito prima del divorzio, versamento in un fondo pensione complementare, anticipazioni incassate durante il matrimonio o la separazione, nuovo matrimonio del richiedente. In questo articolo analizziamo, con il supporto della giurisprudenza più recente, tutte le situazioni in cui il TFR non spetta e forniamo consigli pratici per tutelare i propri diritti.

Quando non spetta il TFR al coniuge divorziato

Il TFR e il diritto del coniuge divorziato

Il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) è una somma che il datore di lavoro accantona ogni anno a favore del lavoratore e che viene liquidata al termine del rapporto di lavoro. La disciplina di questo istituto, per i lavoratori del settore privato, è contenuta nell’art. 2120 del codice civile. In ambito familiare, la legge sul divorzio (L. n. 898/1970) prevede all’art. 12 bis un diritto specifico a favore del coniuge divorziato economicamente più debole: una quota del TFR percepito dall’altro coniuge.

Questa disposizione nasce con finalità sia assistenziali — garantire un sostegno economico a chi, dopo il divorzio, si trova in una condizione di maggiore fragilità — sia compensative, in riconoscimento del contributo dato alla vita familiare e professionale dell’altro coniuge. La quota è pari al 40% del TFR maturato durante il matrimonio, ma è riconosciuta solo se il richiedente è titolare di un assegno divorzile e non è passato a nuove nozze.

Il diritto alla quota del TFR non sorge in ogni caso: la legge e la giurisprudenza fissano precise condizioni e, in mancanza, il coniuge divorziato non può vantare alcuna pretesa. Comprendere queste condizioni è fondamentale per sapere quando il TFR spetta e quando invece è escluso.

Quando non spetta il TFR al coniuge divorziato

Il diritto alla quota del TFR può mancare in diversi casi, previsti dalla legge o chiariti dalla giurisprudenza. Il primo requisito imprescindibile è la titolarità di un assegno divorzile: se il giudice non ha riconosciuto alcun assegno, non sorge neppure il diritto alla quota del TFR. Inoltre, se il coniuge beneficiario si è risposato, la legge esclude automaticamente qualsiasi pretesa.

Un’altra ipotesi di esclusione riguarda il momento in cui il TFR è maturato o percepito. Se il diritto a ricevere il TFR è sorto prima della domanda di divorzio — ad esempio durante la vita matrimoniale o in costanza di separazione — la quota non spetta. Lo stesso vale quando il lavoratore ha incassato il TFR in anticipo, attraverso un’anticipazione o un acconto, prima dell’avvio del procedimento di divorzio: in questi casi, le somme sono entrate definitivamente nel suo patrimonio e non sono più soggette a divisione.

Infine, l’esclusione può derivare anche da scelte lecite del lavoratore, come il conferimento del TFR a un fondo di previdenza complementare, ipotesi che merita un approfondimento specifico per le sue implicazioni giuridiche e che tratteremo più avanti.

Esclusione del diritto in caso di separazione

Un equivoco frequente riguarda la possibilità di chiedere la quota di TFR durante la separazione personale dei coniugi. La legge, tuttavia, è chiara: il diritto alla quota sorge solo dopo la pronuncia di divorzio e a favore di chi percepisce un assegno divorzile. La separazione, anche se giudiziale e con assegno di mantenimento, non attribuisce alcun diritto sul TFR.

Questa distinzione si spiega con la diversa natura giuridica delle due situazioni. Durante la separazione il vincolo matrimoniale resta in vita, anche se sospeso negli effetti di convivenza e fedeltà; il patrimonio personale di ciascun coniuge resta nella sua disponibilità, e non vi sono diritti di partecipazione a somme percepite come indennità di fine rapporto. Il divorzio, invece, scioglie definitivamente il vincolo e apre alla possibilità di compensazioni economiche come quella prevista dall’art. 12 bis.

In concreto, se un lavoratore percepisce il TFR durante la separazione — ad esempio per cessazione anticipata del rapporto di lavoro — il coniuge separato non può pretendere alcuna quota, anche se poi dovesse chiedere e ottenere il divorzio in un momento successivo.

Conferimento del TFR in fondo pensione complementare

Una delle ipotesi più discusse di esclusione del diritto alla quota del TFR riguarda il caso in cui il lavoratore destina l’intero importo maturato a un fondo di previdenza complementare. Questa scelta, consentita dal d.lgs. 252/2005 e successive modifiche, comporta che le somme perdano la loro natura retributiva e assumano una funzione previdenziale. Non vengono più liquidate alla cessazione del rapporto di lavoro, ma restano investite fino al momento in cui maturano i requisiti per la pensione integrativa.

Secondo la Corte di Cassazione (sentenza luglio 2025), se il TFR viene conferito interamente al fondo pensione prima del divorzio o della cessazione del rapporto di lavoro, il coniuge divorziato non ha diritto alla quota prevista dall’art. 12 bis L. 898/1970. Il motivo è che la norma si applica esclusivamente al TFR “percepito” alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre la prestazione previdenziale complementare non viene incassata in quel momento, ma più tardi, sotto forma di rendita o capitale integrativo.

Questa interpretazione tutela la libertà del lavoratore di gestire la propria posizione previdenziale e riflette la natura contrattuale del rapporto con il fondo. Per il coniuge divorziato, però, significa che il conferimento in fondo pensione può rappresentare una causa legittima di esclusione della quota di TFR.

Anticipazioni e acconti sul TFR: perché non contano

Un’altra causa frequente di esclusione del diritto riguarda le anticipazioni o gli acconti sul TFR ricevuti dal lavoratore prima del divorzio. La legge (art. 2120 c.c.) consente al lavoratore, una sola volta nella carriera, di chiedere un’anticipazione fino al 70% del TFR maturato, in presenza di specifiche esigenze (acquisto della prima casa, spese sanitarie, ecc.). Queste somme, una volta incassate, entrano definitivamente nel patrimonio personale del lavoratore.

La giurisprudenza è costante nell’escludere che l’ex coniuge divorziato possa pretendere una quota di tali anticipazioni se sono state percepite durante il matrimonio o la separazione. L’art. 12 bis L. 898/1970 richiede che il TFR venga percepito alla cessazione del rapporto di lavoro e dopo l’instaurazione della causa di divorzio, o comunque in un momento in cui il diritto all’assegno divorzile sia già riconosciuto o richiesto.

Quindi, se l’anticipazione è stata incassata in un momento precedente, il coniuge divorziato non potrà rivendicare alcuna percentuale su quella somma, anche se la cessazione del rapporto di lavoro e il divorzio avvengono successivamente.

Come far valere il diritto alla quota del TFR

Per ottenere la quota di TFR, il coniuge divorziato deve essere titolare di un assegno divorzile e deve proporre specifica domanda, di solito nell’ambito del giudizio di divorzio o subito dopo la cessazione del rapporto di lavoro dell’ex coniuge. La domanda può essere proposta anche successivamente, purché entro i termini di prescrizione ordinaria.

La legge stabilisce che la richiesta debba essere rivolta direttamente all’ex coniuge obbligato, non al datore di lavoro. È quindi il lavoratore — e non l’azienda — a dover corrispondere la quota spettante. La percentuale, pari al 40% del TFR maturato durante il matrimonio, viene calcolata sull’importo netto percepito dal lavoratore, al netto cioè delle imposte e di eventuali detrazioni.

Se il TFR non è stato percepito o se rientra in una delle ipotesi di esclusione viste sopra — come conferimento in fondo pensione o anticipazione in costanza di matrimonio — il giudice rigetterà la richiesta. Per questo è importante raccogliere prove documentali sulla data di percezione e sulla natura delle somme incassate dall’ex coniuge.

Conclusioni e consigli legali

Il diritto del coniuge divorziato a una quota del TFR dell’ex coniuge non è automatico: dipende da condizioni precise fissate dalla legge e interpretate dalla giurisprudenza. Serve essere titolare di un assegno divorzile, non essersi risposati e dimostrare che il TFR è stato percepito dall’ex coniuge dopo la domanda di divorzio e alla cessazione del rapporto di lavoro.

Molte richieste vengono respinte perché il TFR è maturato o percepito prima del divorzio, o perché è stato destinato a un fondo pensione complementare, trasformandosi in una prestazione previdenziale. Lo stesso vale per le anticipazioni ricevute in costanza di matrimonio o separazione, ormai definitivamente entrate nel patrimonio del lavoratore.

Per evitare contenziosi inutili è opportuno valutare la propria posizione con l’aiuto di un avvocato esperto in diritto di famiglia e diritto del lavoro, capace di verificare le date, la documentazione e le possibili eccezioni. Se desideri una consulenza legale, puoi contattare i recapiti dello studio presenti nella pagina.

Articolo redatto da Avv. Prof. Marco Ticozzi – Studio Legale a Padova, Mestre Venezia e Treviso

FAQ – Quando non spetta il TFR al coniuge divorziato

1. Il coniuge separato ha diritto alla quota di TFR?

No. La legge riconosce questo diritto solo dopo il divorzio e a favore di chi percepisce un assegno divorzile.

2. Se il TFR è maturato prima della domanda di divorzio, posso chiederne una quota?

No. Se il diritto a percepire il TFR è sorto prima del divorzio, la quota non spetta.

3. Se l’ex coniuge ha versato il TFR in un fondo pensione complementare, posso ottenere la quota?

No. In questo caso il TFR perde natura retributiva e diventa previdenziale; la quota non è dovuta.

4. Le anticipazioni di TFR contano per il calcolo della quota?

No. Se percepite prima del divorzio, non sono considerate ai fini dell’art. 12 bis L. 898/1970.

5. Come si calcola la quota di TFR spettante?

Si calcola sul 40% dell’importo netto del TFR maturato durante il matrimonio, dopo imposte e detrazioni.

6. A chi devo rivolgere la richiesta della quota di TFR?

All’ex coniuge lavoratore, non al datore di lavoro.

Marco Ticozzi Avvocato Venezia

Richiedi una consulenza

contattaci