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Sezioni Unite revocatoria contro fallimento

24 luglio 2020

Sezioni Unite e azione revocatoria contro fallimento: Cass. Sezioni Unite 24 giugno 2020, n. 12476 si esprime sulla ammissibilità o meno dell’azione revocatoria promossa contro il fallimento di un soggetto fallito.
Ci si chiede, infatti, se una tale azione contro un soggetto fallito sia ammissibile e quali rimedi in alternativa il creditore abbia contro il fallimento.
Qui di seguito le motivazioni di Cassazione Sezioni Unite 24 giugno 2020, n. 12476 sull’esclusione della possibilità di promuovere una revocatoria contro un fallimento.

Sezioni Unite Revocatoria Contro Fallimento
Sezioni Unite Revocatoria Contro Fallimento

Sezioni Unite revocatoria contro fallimento

Cass. Sezioni Unite 24 giugno 2020, n. 12476 affronta la questione della ammissibilità di una revocatoria contro un fallimento.
Indica anzitutto che “se, come oramai può dirsi pacifico, oggetto della domanda di revocatoria (ordinaria o fallimentare) non è il bene in sè, ma la reintegrazione della generica garanzia patrimoniale dei creditori mediante l'assoggettabilità del bene a esecuzione, ne deriva che il bene dismesso con l'atto revocando viene in considerazione, rispetto all'interesse di quei creditori, soltanto per il suo valore. Tale prospettiva è stata da questa Corte già considerata con la precisazione che, quando l'assoggettabilità del bene all'esecuzione diviene impossibile perchè il bene è stato alienato a terzi con atto opponibile ai creditori, il naturale sostitutivo è dato dalla reintegrazione dei creditori medesimi per equivalente pecuniario (v. Cass. n. 18369-10). Ciò è tanto vero che l'interesse del creditore ad agire in revocatoria non recede (e resta intatto) anche quando il bene oggetto dell'atto di cui si chiede la revoca non sia più nella disponibilità dell'acquirente, per essere stato da questi alienato a terzi con atto trascritto anteriormente alla trascrizione dell'atto di citazione in revocatoria. Ancora dal medesimo principio è stata tratta la conclusione che, nel caso in cui il curatore del fallimento abbia esercitato la revocatoria di un atto di compravendita, non costituisce domanda nuova quella dal medesimo formulata in sede di precisazione delle conclusioni, consistente nella condanna al pagamento dell'equivalente monetario, ove il convenuto abbia già alienato il bene medesimo con atto opponibile alla massa (v. Cass. n. 14098-09 e prima ancora Cass. n. 7790-99). La stessa prospettiva ha indotto questa Corte a ulteriormente precisare che non è di ostacolo alla pronuncia neppure il fatto che tra il fallimento e i subacquirenti sia intervenuta una transazione risolutivamente condizionata, in tutto o in parte, al rigetto della domanda nei confronti del primo acquirente. E questo ancora una volta perchè "il petitum della revocatoria" (in quel caso fallimentare) è rappresentato "dal recupero alla garanzia patrimoniale dei creditori del valore dei bene che è uscito dal patrimonio del fallito"; donde neppure la transazione impedisce di conseguire il risultato dell'azione, poichè lascia immutati gli elementi strutturali della domanda (Cass. n. 26041-13)” (Cass. Sezioni Unite 24 giugno 2020, n. 12476 su revocatoria contro un fallimento).

Azione Revocatoria contro fallimento: Cass. Sezioni Unite 24 giugno 2020, n. 12476

Cass. Sezioni Unite 24 giugno 2020, n. 12476 sulla revocatoria contro un fallimento prosegue poi indicando che “la stabilità di codesto assetto di principi ha un indubbio peso. Essa dà forza a quanto alla fine, sulla scorta di attendibile dottrina, è stato ipotizzato dall'ordinanza interlocutoria. Consente cioè di affermare che il fallimento del terzo acquirente, dichiarato dopo l'atto di alienazione, vale a dire dopo l'atto di frode determinativo della lesione della garanzia patrimoniale ma prima che l'azione revocatoria sia esercitata, impedisce solo l'esercizio dell'azione costitutiva, non anche invece l'esercizio di quell'azione restitutoria per equivalente parametrata al valore del bene sottratto alla garanzia patrimoniale. Il fallimento del terzo acquirente, prevenuto all'azione costitutiva, rende l'azione suddetta inammissibile perchè non è consentito incidere sul patrimonio del menzionato fallimento recuperando il bene alla sola garanzia patrimoniale del creditore dell'alienante: e quindi perchè non è dato di sottrarre quel bene all'asse fallimentare cristallizzato al momento della dichiarazione di fallimento. Ma, così come accade ove prevenuta sia la rivendita con atto già trascritto, il fallimento dell'acquirente impedisce di recuperare il bene onde esercitare su questo l'azione esecutiva, non di insinuarsi al passivo di quel fallimento per il corrispondente controvalore. Nè in questo senso assume rilevanza impeditiva il principio di cristallizzazione del passivo. E' essenziale notare che in tal caso viene in esame direttamente l'atto col quale la garanzia patrimoniale si dice esser stata lesa, e l'atto è anteriore al fallimento del terzo acquirente. Cosicchè ai creditori dell'alienante non può esser precluso, nelle forme e con gli effetti che il sopravvenuto fallimento consente, l'esercizio della pretesa volta a ottenere la reintegrazione per equivalente. Tali forme sono quelle indotte dalle regole della concorsualità, giacchè il fallimento apre il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito nello specifico e qui rilevante senso che chiunque si affermi creditore e intenda concorrere sul ricavato della liquidazione di beni compresi nell'asse fallimentare resta soggetto alle regole che il legislatore ha prescritto per l'accertamento del passivo. E ciò vale quale che sia il fatto generatore della pretesa, alla sola condizione che esso (fatto) nella specie identificabile nell'atto lesivo della garanzia patrimoniale - sia anteriore alla sentenza di fallimento. L'esigenza che anche in questi casi la pretesa creditoria sia soggetta a una verifica endoconcorsuale - con possibilità di contraddittorio con gli altri creditori controinteressati - è d'altronde connaturata al carattere dell'esecuzione fallimentare, e l'afferente accertamento esaurisce la propria rilevanza nell'ambito della procedura fallimentare medesima (L. Fall., art. 96)” (Cass. Sezioni Unite 24 giugno 2020, n. 12476 su revocatoria contro un fallimento).

Revocatoria contro fallimento: conclusioni di Cass. Sezioni Unite 24 giugno 2020, n. 12476

Cass. Sezioni Unite 24 giugno 2020, n. 12476 sulla revocatoria contro un fallimento quindi conclude che “devono essere affermati i seguenti principi di diritto: - oggetto della domanda di revocatoria (ordinaria o fallimentare) non è il bene in sè, ma la reintegrazione della generica garanzia patrimoniale dei creditori mediante l'assoggettabilità del bene a esecuzione; - il bene dismesso con l'atto revocando viene in considerazione, rispetto all'interesse dei creditori dell'alienante, soltanto per il suo valore; - ove l'azione costitutiva non sia stata dai creditori dell'alienante introdotta prima del fallimento dell'acquirente del bene che ne costituisce oggetto, essa stante l'intangibilità dell'asse fallimentare in base a titoli formati dopo il fallimento (cd. cristallizzazione) - non può essere esperita con la finalità di recuperare il bene alienato alla propria esclusiva garanzia patrimoniale, poichè giustappunto si tratta di un'azione costitutiva che modifica ex post una situazione giuridica preesistente; - in questo caso i creditori dell'alienante (e per essi il curatore fallimentare ove l'alienante sia fallito) restano tutelati nella garanzia patrimoniale generica dalle regole del concorso, nel senso che possono insinuarsi al passivo del fallimento dell'acquirente per il valore del bene oggetto dell'atto di disposizione astrattamente revocabile, demandando al giudice delegato di quel fallimento anche la delibazione della pregiudiziale costitutiva” (Cass. Sezioni Unite 24 giugno 2020, n. 12476 su revocatoria contro un fallimento).
di Marco Ticozzi

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Marco Ticozzi Avvocato Venezia

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