19 marzo 2024
Scientia decoctionis: quale è il suo significato?
Come rileva nella Azione Revocatoria fallimentare?
Nella azione revocatoria fallimentare l’elemento soggettivo della conoscenza dello stato di insolvenza (appunto scientia decoctionis) è nella maggior parte dei casi fornito attraverso una prova presuntiva.
Una recente sentenza della Corte d’Appello di Venezia, avente a oggetto una revocatoria fallimentare, si sofferma proprio sulla prova dell’elemento soggettivo (scientia decoctionis), vale a dire la conoscenza dello stato di insolvenza, in un’azione revocatoria fallimentare.
Scientia decoctionis significato
Nel panorama del diritto fallimentare, la frase "scientia decoctionis" assume un significato peculiare e di fondamentale importanza.
Derivando etimologicamente dal latino, dove "decoctio" si riferisce all'atto di bollire per estrarre l'essenza e "scientia" indica la conoscenza, nel contesto giuridico, questa locuzione si traduce come "conoscenza dello stato di insolvenza".
Questa consapevolezza è centrale nelle questioni legali legate ai fallimenti. In molte giurisdizioni, le leggi fallimentari stabiliscono che determinate transazioni, realizzate poco prima della dichiarazione di fallimento, possano essere revocate, soprattutto se sono state compiute quando il debitore era già insolvente e l'altro soggetto coinvolto era o avrebbe dovuto essere al corrente di tale condizione. Questa premessa legale mira a proteggere l'integrità del processo fallimentare e a prevenire manovre fraudolente che potrebbero danneggiare i creditori. Così, la "scientia decoctionis" non è solo una questione di conoscenza, ma diventa un pilastro nell'assegnazione di responsabilità e nella tutela dell'equità nelle procedure fallimentari (par condicio creditorum).
Conoscenza stato insolvenza e Revocatoria fallimentare: introduzione.
Azione revocatoria fallimentare conoscenza stato insolvenza: scientia decoctionis. Come abbiamo anticipato, la prova della conoscenza dello stato di insolvenza (scientia decoctionis) nell’ambito di una azione revocatoria fallimentare generalmente è fornita per presunzioni. La sentenza della Corte d’Appello non lo precisa, non essendo rilevante la questione, ma chiaramente tale presunzione può atteggiarsi in modo differente a seconda del soggetto convenuto in una azione revocatoria fallimentare, valutando: se sia un soggetto che ha accesso alla centrale rischi; se sia un soggetto che può presumersi chieda informazioni al proprio debitore sulla situazione patrimoniale; se sia un soggetto che possa presumersi svolga verifiche periodiche sui dati pubblici del proprio debitore ecc. Chiaramente, al comune creditore, non può imporsi un onere di auto informarsi, onere che si può far gravare, invece, su soggetti qualificati o società di una certa dimensione, che generalmente adottano tali comportamenti. Questa differenziazione ha un rilevante impatto nell'azione revocatoria fallimentare.
Il creditore ‘comune’, infatti, secondo l’id quod plerumque accidit, attende il pagamento o al più lo sollecita, senza monitorare in via preventiva i suoi debitori. Come può, in una azione revocatoria fallimentare, ritenersi che vi sia la conoscenza dello stato di insolvenza (scientia decoctionis) per la sola presenza di elementi sintomatici per i quali manchi la prova della loro conoscenza?
La prova tramite presunzioni della scientia decoctionis
Nel contesto delle procedure fallimentari, uno degli aspetti cruciali da determinare è se un creditore fosse a conoscenza, o avrebbe dovuto ragionevolmente esserlo, dello stato di insolvenza del debitore al momento di determinate transazioni. Spesso, non esiste una prova diretta di tale consapevolezza, rendendo necessaria una valutazione basata su elementi presuntivi. Questi indizi possono includere una serie di segnali che, presi singolarmente o collettivamente, indicano una possibile insolvenza. Ad esempio, ritardi significativi o ripetuti nei pagamenti da parte del debitore, la presenza di protesti o l'emissione di assegni senza copertura possono servire come campanelli d'allarme. Allo stesso modo, la consultazione dei dati di bilancio, qualora presentino indicatori negativi come passività crescenti o perdite significative, può offrire ulteriori prove di uno stato precario delle finanze del debitore. Pertanto, pur in assenza di una dichiarazione esplicita di insolvenza, questi elementi presuntivi possono costituire una base solida per sostenere che un creditore era, o avrebbe dovuto essere, consapevole della situazione finanziaria precaria del debitore.
Le presunzioni connesse al ritardo nei pagamenti.
Nella sentenza 11 aprile 2019 della Corte d'Appello Venezia, ci si sofferma su alcuni elementi presuntivi della conoscenza dello stato di insolvenza (scientia decoctionis) nella azione revocatoria fallimentare.
Anzitutto il primo elemento valorizzato nella revocatoria fallimentare era quello del ritardo da parte del debitore nei pagamenti. Ovviamente, in generale, tale elemento può essere valorizzato nella azione revocatoria fallimentare per la prova della scientia decoctionis (conoscenza stato insolvenza) se il ritardo abbia un carattere di anormalità e come tale sia indicativo di un’insolvenza.
E proprio questo viene precisato nella sentenza in merito alla valenza di tale elemento presuntivo della conoscenza dello stato di insolvenza (scientia decoctionis) nella azione revocatoria fallimentare: “quanto ai ritardi dei pagamenti occorre considerare che il ritardo nei pagamenti ancora non risulta significativo di una situazione di effettiva insolvenza, siccome ben compatibile - com'è notorio nell'ambito commerciale - con condizioni di temporanea illiquidità. Ritenere che ritardi - anche reiterati - di due-tre mesi nei pagamenti equivalgano a insolvenza val quanto ritenere in stato di decozione una larghissima parte del settore imprenditoriale, in quanto è noto che - soprattutto in congiunture economiche difficili - la prassi del ritardo nei pagamenti trova notevole diffusione.
Tanto più tali ritardi non potevano essere nel caso di specie denotare uno stato di insolvenza di V., se è vero, come risulta dalla stessa sentenza del tribunale, che "da fine 2005 in poi vi sono stati numerosi pagamenti oltre i 60 giorni indicati in fattura", ossia che si trattava di condotte risalenti nel tempo, onde anche gli ulteriori argomenti che il tribunale ha cercato di desumere da tali ritardi non paiono affatto persuasivi” (Corte d'Appello Venezia 11 aprile 2019 su azione revocatoria fallimentare conoscenza stato insolvenza - scientia decoctionis).
Scientia decoctionis e notizie di stampa.
Azione revocatoria fallimentare conoscenza stato insolvenza: scientia decoctionis. Un secondo elemento utilizzato per la prova della scientia decoctionis (conoscenza stato insolvenza) nella azione revocatoria fallimentare è dato dalle notizie di stampa. Anche ora la sentenza ritiene non utilizzabile tale elemento e ciò per due motivi.
Dal primo profilo di carattere generale “relativamente alle notizie giornalistiche riportate dalla stampa, anche specializzata, nazionale e locale, premesso che possono essere ritenute astrattamente rilevanti soltanto quelle precedenti l'epoca del pagamento (21-1-2009), occorre muovere dal rilievo, esplicitato dalla stessa curatela di non aver mai "inteso valorizzare le sole notizie di stampa come fonte primaria od esclusiva dalla quale poter evincere, a livello presuntivo, la conoscenza dello stato di insolvenza di V., da parte di T.". Va in proposito ricordato che la giurisprudenza della s.corte ha riconosciuto alle notizie di stampe la possibilità di costituire indizio da cui - assieme ad altri - poter trarre la prova della sussistenza della scientia decoctionis (lo ricorda, in motivazione, Cass. 3299/2017)” (Corte d'Appello Venezia 11 aprile 2019 su azione revocatoria fallimentare conoscenza stato insolvenza - scientia decoctionis).
Dal secondo profilo del caso particolare, poi, è stato valorizzato –per escludere che le notizie di stampa potessero fondare una presunzione di scientia decoctionis (conoscenza stato insolvenza) nella azione revocatoria fallimentare- il fatto che la stessa stampa valorizzasse tentativi di salvataggio dell’impresa poi fallita “ora non pare fondatamente sostenibile che T. s.a.s. avrebbe dovuto rendersi conto di una situazione di conclamata insolvenza se, almeno sino a marzo-aprile 2009, vi era un primario gruppo imprenditoriale (S. di S.) disposto a rendersi acquirente della V. assumendosene i debiti per centinaia di milioni di euro e, dunque, che confidava con tale immissione di liquidità di rilanciare l'azienda” (Corte d'Appello Venezia 11 aprile 2019 su azione revocatoria fallimentare conoscenza stato insolvenza - scientia decoctionis).
Conoscenza stato di insolvenza: Corte d'Appello Venezia su altri elementi e loro conoscibilità.
Azione revocatoria fallimentare conoscenza stato insolvenza: scientia decoctionis. La sentenza prosegue poi esaminando altri elementi astrattamente presuntivi della conoscenza dello stato di insolvenza (scientia decoctionis) nella azione revocatoria fallimentare.
La sentenza ben evidenzia come la presunzione di conoscenza stato insolvenza (scientia decoctionis) nella azione revocatoria fallimentare debba tenere conto delle caratteristiche del creditore verso il quale si agisce con una azione revocatoria fallimentare, non essendo sempre possibile onerarlo della verifica della presenza di elementi sintomatici dello stato di insolvenza. Come a dire che, nell'azione revocatoria fallimentare, al creditore ‘comune’ non si può imporre un onere di auto informazione, facendo conseguire l'intervenuta prova della conoscenza dello stato di insolvenza (scientia decoctionis) al semplice ricorrere di elementi astrattamente conoscibili ma non conosciuti.
La sentenza, in merito alla conoscenza dello stato di insolvenza (scientia decoctionis) nella azione revocatoria fallimentare, evidenzia che “la curatela insiste nel richiamare circostanze, a suo dire, idoneamente dimostrative della situazione di insolvenza nella quale si dibatteva V., ma il punto è che occorre dimostrarne la conoscenza o almeno la concreta ed effettiva conoscibilità da parte di T. Così che le banche avessero revocato gli affidamenti o che vi fosse un ingente mole di creditori che avevano azionato procedure monitorie nei confronti di V. sono dati che potrebbero rivestire idonea valenza dimostrativa se risultasse la loro conoscenza o conoscibilità da parte della appellata (o che la appellata fosse almeno fra quei creditori che cercarono di recuperare giudizialmente il loro credito)” (Corte d'Appello Venezia 11 aprile 2019 su azione revocatoria fallimentare conoscenza stato insolvenza - scientia decoctionis).
Concluso sulla scientia decoctionis
Azione revocatoria fallimentare conoscenza stato insolvenza: scientia decoctionis. Chiaramente le questioni di prova della conoscenza dello stato di insolvenza (scientia decoctionis) nella azione revocatoria fallimentare sono questioni di merito da valutare caso per caso.
La sentenza qui richiamata ci pare di interesse soprattutto perché pone in luce come, dal profilo giuridico, la prova della conoscenza dello stato di insolvenza (scientia decoctionis) nella azione revocatoria fallimentare può anche essere presuntiva e fondata sulla astratta conoscibilità degli elementi di prova, ma ciò nei limiti in cui sia possibile addossare al creditore un onere di auto informazione. Il che può avvenire se, secondo l'id quod plerumque accidit, si tratta di un creditore che nella sua attività imprenditoriale monitorare tali dati del suo debitore. Se, per le caratteristiche non qualificate del creditore, non è possibile desumere la conoscenza dello stato di insolvenza (scientia decoctionis) dalla astratta conoscibilità degli elementi di fatto che fondano tale presunzione nell'azione revocatoria fallimentare, tale strumento presuntivo non è utilizzabile ed occorre allora ricorrere alla prova diretta, vale a dire quella volta a dimostrare una conoscenza effettiva da parte del creditore di tali elementi sintomatici dell’insolvenza.
Azione revocatoria fallimentare conoscenza stato insolvenza: scientia decoctionis.
di Marco Ticozzi
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